12 aprile 2012
Videosorveglianza e divieto di controllo a distanza dei lavoratori. Una lettura ragionata dell’art. 4 dello Statuto dei lavoratori
Recentemente mi è capitato di leggere qualche provvedimento autorizzativo di alcune DPL in merito all’installazione e all’utilizzo delle videocamere di sorveglianza all’interno di un ambiente di lavoro.
Nei provvedimenti c’erano prescrizioni in alcuni casi molto stringenti, che andavano dall’obbligo della consegna al personale di un’apposita informativa e dell’acquisizione del consenso espresso, alla prescrizione del posizionamento della telecamera dietro al cassiere, piuttosto che del posizionamento della telecamera in modo da riprendere solo le mani del lavoratore e il cassetto del denaro.
Una DPL ha prescritto di non inquadrare le postazioni fisse di lavoro, e un cliente mi ha chiesto come è possibile, in questo modo, tutelare i dipendenti e gli incassi di un supermercato in caso di rapina. Questo mi ha portato a leggere ancora una volta l’art. 4 dello Statuto dei lavoratori… ormai vecchio di oltre quarant’anni.
Una lettura ragionata della norma dell’art. 4 dello Statuto dei lavoratori ritengo che debba essere questa: il 1° comma prevede un divieto assoluto di utilizzo della videosorveglianza per finalità di controllo dei lavoratori stabilendo che “E’ vietato l’uso d’impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori”.
Nel 2° comma però, il legislatore fa un’eccezione al divieto assoluto del comma precedente, prevedendo implicitamente la possibilità di una “incidentalità” del controllo. In pratica, il legislatore riprende il concetto espresso nel 1° comma dell’art. 4 riferendosi agli impianti e alle apparecchiature di controllo che non abbiano la finalità esclusiva di controllare il lavoratore, ma “che siano richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro, e dai quali”, incidentalmente ne “derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori”. In questo caso – dice l’art. 4 – gli impianti “possono essere installati soltanto previo accordo con le Rappresentanze Sindacali Aziendali, oppure, in mancanza di queste, con la Commissione interna. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l’Ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l’uso di tali impianti”.
Stante questa lettura ragionata, a mio avviso il potere autorizzativo della DPL è limitato alla verifica dell’esistenza dell’incidentalità del controllo sui lavoratori e alla prescrizione di comportamenti e utilizzi degli strumenti di videosorveglianza conformi a quanto previsto dal testo di legge.
In pratica la DPL dovrebbe solo verificare che le telecamere non abbiano lo scopo esclusivo di controllare i dipendenti (come ad esempio se le telecamere fossero installate negli spogliatoi), o che le videoregistrazioni non siano utilizzate dal datore di lavoro per comminare provvedimenti disciplinari, o che le telecamere, correttamente installate nell’aree dove il controllo sui lavoratori è solo incidentale, non siano poi orientate in modo tale da avere come unico scopo il controllo dei dipendenti.
Scritto il 13-4-2012 alle ore 07:39
La normativa cosa dice riguardo il controllo a distanza sui PC tramite l’utilizzo di alcuni programmi (LogMeIn, Log Wiever ecc.)?
Scritto il 13-4-2012 alle ore 09:52
L’Autorità Garante per la privacy con il provvedimento a carattere generale n. 13 del 1° marzo 2007 ha disciplinato il controllo da parte dei datori di lavoro sull’utilizzo degli strumenti informatici sul luogo di lavoro (posta elettronica e Internet) e ha dettato le linee guida alle quali tutti i datori di lavoro debbono attenersi per effettuare le loro eventuali verifiche sul corretto utilizzo di tali strumenti.
Tutti i datori di lavoro, per poter legittimamente controllare i dipendenti devono adeguare la propria struttura, la propria organizzazione, i propri regolamenti interni, alle prescrizioni imposte dal Garante, a pena dell’inutilizzabilità dei dati raccolti tramite i controlli eventualmente posti in essere, anche ove gli stessi portino a conoscenza del compimento di gravi inadempimenti contrattuali.
Oggi quindi, non è più possibile per i datori di lavoro sottrarsi all’adozione di precise policy con le quali informare i propri dipendenti circa l’uso della rete Internet e della posta elettronica aziendale e sulla possibilità che siano effettuati controlli. Inoltre, fatti salvi gli elementi essenziali dell’informativa contenuti nell’art. 13 del Codice della privacy, il provvedimento del 1° marzo 2007 impone al datore di lavoro di inserire nell’informativa ai dipendenti anche l’indicazione delle modalità di utilizzazione degli strumenti aziendali messi a disposizione, nonché delle relative procedure di controllo.
Con il suo provvedimento il Garante si è preoccupato di realizzare un delicato bilanciamento degli interessi, contemperando quello del datore di lavoro a prevenire usi arbitrari degli strumenti informatici aziendali con quello dei lavoratori alla tutela della loro riservatezza.
Per realizzare tale bilanciamento e dettare le sue linee guida, il Garante si preoccupa, in particolare, del coordinamento tra il D.Lgs. n. 196/03 sulla protezione dei dati personali e le norme della L. n. 300/70 (Statuto dei lavoratori), in materia di tutela della riservatezza dei lavoratori, vale a dire gli artt. 4 e 8, richiamati rispettivamente dagli artt. 114 e 113 del D.Lgs 196/03. Infatti, l’Autorità precisa che gli strumenti hardware e software per il controllo dell’utente di un sistema di comunicazione elettronica sono ricompresi tra le apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori disciplinate dall’art. 4 dello Statuto e, così pronunciandosi, conferma l’orientamento della prevalente giurisprudenza del lavoro in tema di controlli a distanza attraverso Internet e la posta elettronica aziendale. In altri termini, il Garante ribadisce il divieto di utilizzare tali mezzi informatici allo scopo di ricostruire e di controllare direttamente l’attività dei lavoratori, ovvero altre condotte personali, con la conseguente inutilizzabilità dei dati eventualmente raccolti in maniera illecita e ferma restando l’eventuale responsabilità civile e penale del datore di lavoro.
D’altronde, il Garante ribadisce anche la possibilità di introdurre lecitamente dei sistemi informatici di controllo “indiretto” (o preterintenzionale) dei lavoratori, per esigenze produttive o organizzative o, comunque, per necessità di sicurezza sul lavoro, purché sia rispettata la procedura dell’art. 4, comma 2, della L. n. 300/70 (cioè soltanto se vi sia un accordo con le RSU aziendali o, in mancanza, un’autorizzazione del Servizio Ispettivo della competente Direzione Provinciale del Lavoro) e questo proprio perché tali strumenti possono consentire, anche indirettamente, un controllo sull’attività lavorativa dei dipendenti.
Con riferimento a questa seconda ipotesi di controllo e sul presupposto che, in ogni caso, si è determina comunque un “trattamento di dati personali dei lavoratori”, il Garante detta alcune linee guida alle quali tutti i datori di lavoro devono conformarsi. Legga il provvedimento.
Scritto il 17-4-2012 alle ore 11:57
Buongiorno Sig. Marcello,
a proposito del suo commento interpretativo dell’articolo 4 che approvo in pieno, Le chiedo una precisazione.
Per la conclusione di un accordo sindacale da parte di un’azienda è prevista una forma particolare o può essere redatto in forma libera?Mi è capitato di vedere in un’azienda che seguo per la consulenza finanziaria un accordo sottoscritto dal legale rappresentante dell’impresa e dal rappresentante sindacale ma che si intitolava informativa e formalmente appariva come un’informativa ai sensi dell’art. 13 pur essendo sottoscritto da entrambe le parti.
Esiste un facsimile da seguire o un provvedimento che chiarisca quale deve essere la forma dell’atto e quali gli elementi essenziali del contenuto?
Quanto alla videosorveglianza, che credo sia una delle materie in cui è specializzato, so che la durata delle registrazione delle immagini può essere conservata per 24 ore ma nell’accordo sindacale che le ho menzionato prima è di 7 giorni. Mi chiedo allora è possibile, se previsto dall’accordo sindacale aumentare la durata delle registrazioni a 7 giorni ?
Esiste un provvedimento che lo prevede?
Grazie
MARTA
Scritto il 18-4-2012 alle ore 19:50
Buonasera Sig. Marcello sono un dipendente di un’azienda di trasporti pubblici dove i mezzi sono dotati di apparecchiature satellitari.Tali apparecchiature possono essere utilizzate per contestazioni nei confrondi del personale.
Scritto il 19-4-2012 alle ore 12:21
Antonio, come troverà ampiamente spiegato in questo mio thread: http://marcellopolacchini.postilla.it/2010/05/03/nuovo-provvedimento-sulla-videosorveglianza-aspetti-particolari-legati-ai-rapporti-di-lavoro/
è vietato il controllo a distanza dell’attività lavorativa dei dipendenti (art. 4 Legge n. 300/1970); pertanto la videosorveglianza non può essere utilizzata dal datore di lavoro per contestazioni disciplinari.
Scritto il 19-4-2012 alle ore 12:34
Marta, l’accordo sindacale raggiunto tra il datore di lavoro e i rappresentanti sindacali dei lavoratori può essere riportato in forma libera in un “verbale di accordo” sottoscritto da ambo le parti, senza particolari formalità. Non c’è un fac-simile specifico, anche se i verbali di accordo sulla VDS devono contenere almeno i seguenti elementi: caratteristiche tecniche dell’impianto, finalità (lecite) della sua installazione, posizionamento delle TLC con relativo angolo di ripresa (di solito si allega una planimetria), durata del periodo di eventuale conservazione delle immagini registrate (max 24 ore), persone autorizzate a visionare le immagini (nominate formalmente “incaricati del trattamento”), ecc.
L’informativa data ai sensi dell’art. 13 del Codice della privacy è cosa ben diversa, e viene sottoscritta “per presa visione” , a meno che non sia richiesto uno specifico consenso espresso, nel qual caso è sottoscritta per autorizzare uno specifico trattamento di dati personali della parte interessata.
Ripeto che, salvo casi eccezionali, la conservazione delle immagini registrate non può superare le 24 ore (salvo giorni festivi o di chiusura). Legga quanto prescrive al riguardo il provv. gen. 8 aprile 2010 del Garante per la privacy. Un accordo sindacale non può superare quanto previsto dall’Authority nel suo provvedimento sulla VDS.
Scritto il 23-4-2012 alle ore 12:49
Egregio Avv.Polacchini mi rivolgo a lei con un quesito un po’ particolare che, secondo me, è comunque connesso con ciò che riguarda la problematica del controllo a distanza dell’operato del dipendente.
Una società che effettua servizi di noleggio pullman con autista e che lavora per una scuola superiore è stata contattata dalla scuola, dopo aver effettuato alcuni viaggi di trasporto di ragazzi per gite scolastiche nel mese di marzo u.s., che adesso ha richiesto la stampa dei cronotachigrafi relativi ai viaggi effettuati. La società ha risposto chiedendo in base a quale normativa o circolare ministeriale o altro documento ufficiale, dovesse rispondere a questa richiesta. Di tutta risposta la scuola ha scritto che se la società ritiene disdicevole mettere il nome dell’autista può pure depennarlo (anche se, secondo la scuola, non è un dato sensibile e quindi non soggetto a privacy!?) ma che comunque, qualora la ditta non invii la stampa dei cronotachigrafi richiesta per ogni viaggio (come invece fanno tutte le altre ditte), la scuola stessa non usufruirà più dei servizi di questa società.
La ringrazio per la sua risposta.
Maria Serena Berra
Scritto il 23-4-2012 alle ore 17:37
Marcello, Buonasera, sono Marta, in relazione alla Sua cortese risposta del 19 aprile, vorrei chiedere un chiarimento.
Il provvedimento del 2010 in materia di videosorveglianza, precisa in relazione alla durata della conservazione delle immagini, che predetta deve essere sempre limitata al massimo a 24 ore fatte salve specifiche esigenze di ulteriore conservazione in relazione a festività o chiusura di uffici o di esercizi. Tuttavia solo in alcuni specifici casi, per peculiari esigenze tecniche o per la particolare rischiosità dell’attività svolta dal titolare del trattamento è ammesso un tempo più ampio di conservazione delle immagini che non può mai superare la settimana.
Alla luce di quanto previsto dal suddetto provvedimento, mi chiedo se un’azienda che ritiene di esercitare un’attività particolarmente rischiosa, può prevedere una durata della conservazione delle immagini pari ad una settimana e in tal caso quali siano gli adempimenti normativi da effettuare.
Da quanto si evince dai commenti a questo provvedimento, sembra che la verifica preliminare necessiti se la durata è superiore ad una settimana ma che la durata della conservazione delle immagini fino ad una settimana, possa essere decisa autonomamente da un’azienda senza necessità di particolare richiesta al Garante o all’Ispettorato.
Resto in attesa di una Sua conferma .
Grazie
Marta
Scritto il 23-4-2012 alle ore 19:37
Marta, le confermo la lettura da lei data al punto 3.4 del provv. del Garante. Attenzione però al fatto che la conservazione delle immagini per una settimana deve essere giustificata da particolari esigenze tecniche del titolare o da un’effettiva particolare rischiosità dell’attività svolta dal titolare del trattamento (ad es. per le banche o le gioiellerie).
Scritto il 23-4-2012 alle ore 20:05
Maria Serena, il suo quesito ha più attinenza alle regole che disciplinano il rapporto di lavoro, piuttosto che alla tutela della privacy del dipendente. Tuttavia, anche l’art. 114 del Codice della privacy richiama il divieto del controllo a distanza previsto dall’art. 4, primo comma, della legge n. 300/70 (Statuto dei lavoratori), perciò una risposta, sia pure in termini generali, è d’obbligo, perché il problema del controllo a distanza dell’attività del lavoratore si interseca in qualche modo con il diritto soggettivo del lavoratore alla riservatezza.
Il regolamento CE n. 561/06, noto soprattutto per aver introdotto l’obbligo del cronotachigrafo digitale su autocarri ed autobus di nuova immatricolazione, ha previsto delle modifiche anche per ciò che riguarda i tempi di guida e di riposo dei conducenti e tali nuove disposizioni (che modificano solo in parte l’attuale normativa di cui al regolamento CE n. 3820/85) sono entrate in vigore l’11 aprile 2007. Perciò la questione è molto attuale, in quanto la “tracciabilità” resa possibile dalle nuove tecnologie informatiche ha riportato in luce una questione sulla quale si è a lungo dibattuto in dottrina e in giurisprudenza, vale a dire, se al datore di lavoro sia o meno consentito “spiare” i movimenti del lavoratore. Non è certamente questa la sede per disquisire su tale questione, ma, è degno di rilievo il fatto che il Garante per la privacy, nell’emanare le linee guida da osservare per poter controllare l’utilizzo della posta elettronica e di Internet da parte dei dipendenti, ha ricordato espressamente (cfr. provv. gen. del 1° marzo 2007) che, sebbene il datore di lavoro possa riservarsi di controllare l’effettivo adempimento della prestazione lavorativa e, se necessario, il corretto utilizzo degli strumenti di lavoro da parte dei propri dipendenti (cfr. artt. 2086, 2087 e 2104 c. c.), tuttavia è vietato installare “apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori” in violazione di quanto previsto dallo Statuto dei lavoratori. Ora, mentre in questa previsione devono senz’altro intendersi comprese anche quelle strumentazioni hardware e software mirate al controllo dell’utente di un sistema di comunicazione elettronica, a mio avviso, difficilmente vi si può far rientrare il cronotachigrafo attraverso il quale sono visibili solo i dati relativi alle ore di guida e di sosta del conducente e i chilometri percorsi dall’automezzo. E’ pur vero, però, che la giurisprudenza ha affermato che il divieto assoluto di controllo cui si riferisce l’art. 4 dello Statuto non ha per oggetto solo il comportamento del lavoratore strettamente attinente alla prestazione lavorativa, ma, anche qualsiasi comportamento tenuto dal dipendente in azienda che non sia strettamente connesso alla stessa prestazione (in particolare le pause di lavoro). La norma dello Statuto, quindi, mira a vietare qualsiasi forma di controllo che, direttamente o indirettamente, abbia come oggetto l’attività lavorativa del dipendente. Va però osservato, che le apparecchiature che monitorizzano i tempi di guida e di sosta dei veicoli adibiti al trasporto di merci o di persone, come già detto registrano e “cristallizzano” solamente i tempi di guida e di sosta, mentre non controllano il concreto operato del dipendente. Inoltre (e non è affatto secondario), l’obbligo di tali registrazioni deriva da norme di origine comunitaria, alle quali tutte le aziende di autotrasporto sono tenute ad attenersi. E’ pur vero, però, che si può sostenere che, tramite il disco del cronotachigrafo, si potrebbe effettuare una sorta di controllo preterintenzionale sull’attività (o meglio sulla eventuale non attività) del dipendente e che tale controllo – la cui finalità dovrebbe comunque essere legata esclusivamente ad esigenze organizzative, produttive o di sicurezza del lavoro – dovrebbe allora sottostare alla procedura garantistica prevista dal secondo comma dell’art. 4 della legge n. 300/70 (accordo con la RSA oppure autorizzazione del Servizio Ispettivo della DPL). Francamente però, questa opinione non mi trova concorde e ciò che io suggerisco, oltre alla massima trasparenza nei comportamenti adottati dal datore di lavoro, è un uso dello strumento tecnologico assolutamente attinente a quelle che sono le finalità per le quali è stato introdotto dalla disciplina comunitaria.
Va, infine, considerato che, in analogia con quanto affermato dal Garante per la privacy relativamente ai controlli sull’utilizzo dei sistemi informatici aziendali, il trattamento dei dati compiuto utilizzando in maniera “impropria” tali strumentazioni non potrà che considerarsi illecito, anche qualora i singoli lavoratori fossero consapevoli della loro installazione, con l’ulteriore conseguenza che tutti i dati così trattati dal datore di lavoro non potranno in alcun caso essere utilizzabili, tanto meno in sede giudiziale.
Detto questo, in termini generali, io non ho idea del motivo per il quale la scuola richieda il cronotachigrafo alla società di noleggio dei pullman (forse per verificare quanto tempo hanno effettivamente guidato gli autisti e pagare di coseguenza?). In ogni caso, l’eventuale controllo a distanza dell’attività lavorativa dei dipendenti (vietato dal primo comma dell’art. 4 St. Lav.) sarebbe quello esercitato dal datore di lavoro degli autisti e non quello fatto dalla scuola.
Infine una precisazione per la scuola (che dimostra una scarsa conoscenza della normativa sulla privacy): il D.Lgs. 196/03 – Codice della privacy non riguarda solo i dati sensibili, ma anche tutti i dati personali comuni (cioè i dati identificativi di una persona fisica). Sarebbe quindi opportuno che nell’aderire alla richiesta della scuola fossero cancellati dai cronotachigrafi i nominativi degli autisti.
Scritto il 24-4-2012 alle ore 10:15
Buongiorno, avv. a proposito di videosorveglianza volevo chiederLe, uno spaccio aziendale di prodotti alimentari che ha installato una telecamera deve fare qualche richiesta specifica? e a chi?
Scritto il 24-4-2012 alle ore 16:52
Il Ministero con la nota n. 7162 del 16 aprile 2012 ha specificato che in considerazione del fatto che molte richieste di installazione di impianti audiovisivi di controllo ineriscono la sorveglianza non tanto dei lavoratori, quanto dei luoghi, ai fini di garantire una maggiore sicurezza contro condotte penalmente rilevanti, risulta opportuno che in tali ultimi casi la garanzia dei lavoratori contro eventuali abusi possa essere ridimensionata. In definitiva viene esplicitamente confermato il principio in base al quale, nelle fattispecie considerate, operi una presunzione di ammissibilità delle domande per le quali non sia necessario un accertamento tecnico preventivo ai fini della legittima installazione.
Scritto il 24-4-2012 alle ore 19:28
Ringrazio Ludolfo per l’importante segnalazione!
Aprirò un thread specifico sull’argomento, sicuramente interessante per tante piccole imprese.
Scritto il 24-4-2012 alle ore 19:35
@Patty,se nel suo negozio ci sono dei dipendenti basta una domanda alla competente Direzione Provinciale del Lavoro corredata dalle specifiche dell’impianto (caratteristiche tecniche, planimetria dei locali, numero e posizione delle telecamere, ecc.), dopodichè, alla luce del recente provedimento del Min. Lav. sopra citato l’autorizzazione verrà rilasciata senza bisogno di un sopraluogo degli ispettori.
Se invece non vi sono dipendenti, non è necessario presentare alcuna domanda, ma basta osservare quanto previsto dal Garante per la privacy.
Al riguardo legga quanto ho precisato qui: http://marcellopolacchini.postilla.it/2011/09/01/videosorveglianza-in-ambito-privato-limiti-e-pericoli/#more-181 e anche qui: http://marcellopolacchini.postilla.it/2011/04/13/videosorveglianza-bisogna-fare-bene-attenzione-prima-di-attivarla/
Scritto il 26-4-2012 alle ore 11:25
Egregio Avv.Polacchini vorrei ringraziarla per la sua esauriente e chiara risposta. Grazie davvero per la sua disponibilità.
Maria Serena Berra
Scritto il 26-4-2012 alle ore 12:34
Salve Marcello, ma dove posso trovare tutte le normative per privati e aziende?
Grazie infinite
Antonio
Scritto il 26-4-2012 alle ore 12:47
Antonio, le regole sono contenute nel Provvedimento in materia di videosorveglianza – 8 aprile 2010 del Garante per la privacy, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 99 del 29 aprile 2010 [vedi doc. web n. 1712680] e disponibile qui: http://www.garanteprivacy.it/garante/document?ID=1753626
Scritto il 11-5-2012 alle ore 09:19
MOZIONE D’ORDINE PER TUTTI GLI UTENTI
Ho scritto diversi thread (6 o 7 mi pare) nella sezione “Impresa” del blog Postilla.it, dedicati alla VIDEOSORVEGLIANZA, ma ciascuno focalizzato su un argomento specifico.
Ho anche cercato di mantenere “in ordine” questo blog, cercando di rispondere alle domande pertinenti all’argomento iniziale del thread, ma purtroppo vedo che la cosa non ha funzionato.
Continuano ad arrivarmi domande da parte di molti utenti scritte A CASO là dove capita, cioè all’interno di trehad che riguardano argomenti SPECIFICI relativi alla videosorveglinaza.
Per di più mi arrivano molto spesso domande alle quali ho gia dato ampiamente risposta, semplicemente perchè l’utente non vuole nemmeno fare la fatica di utilizzare la funzione RICERCA per vedere se alla domanda non sia già stata data una risposta in precedenza.
Francamente sono stanco e questo modo di utilizzo del blog (la cui finalità iniziale era ben diversa da quello che è diventato…) non lo considero affatto professionalmente stimolante.
Nella home page di Postilla.it è precisato che “Postilla è la prima blog community fatta da professionisti per i professionisti e dedicata a tutti coloro che vogliono dialogare e confrontarsi su aree di specifico interesse…” Si tratta di un “network tra esperti della materia per promuovere il dibattito e lo scambio sui temi professionali in un libero spazio di comunicazione”.
“L’obiettivo di Postilla è innovare l’approccio ai contenuti professionali, raggiungendo un pubblico più ampio e facilitando il dialogo su tematiche di alto valore”.
Non mi sembra francamente che l’utilizzo fatto dall’utenza che mi rivolge quotidianamente quesiti sulla videosorveglianza si in linea con lo spirito e la finalità di Postilla.
Mi dispiace, ma questo blog professionale non è lo sportello di consulenza gratuita sulla videosorveglianza e non è nemmeno lo sportello “l’Avvocato risponde”.
Perciò ho deciso che NON RISPONDERO’ PIU’ a domande NON PERTINENTI L’ARGOMENTO SPECIFICO o a domande che mi siano GIA’ STATE FATTE.
Invito gli utenti in generale ad imparare ad utilizzare i motori di ricerca!
GRAZIE!
Scritto il 3-6-2012 alle ore 23:36
Carissimo Avvocato, le passo un’informazione che sono certo le potrà essere utile.
L’Ispettorato del Lavoro di Milano ha concesso un’Autorizzazione che può costituire una svolta nel Mondo Privacy non solo italiano. Ha infatti ammesso che un lavoratore possa essere interessato dalla registrazione di videosorveglianza anche con continuità purchè questo avvenga per fondati motivi di tutela del bene e suo personale. L’autorizzazione è pervenuta dopo avere dimostrato che le registrazioni non possono essere consultate da alcuno se non che dalle Forze dell’Ordine in caso di indagini susseguenti un reato. Le immagini saranno custodite per 3 mesi non essendo il Titolare del trattamento in alcun modo in grado di identificare gli Interessati e potendo dimostrare che solo le Forze dell’Ordine (dispensati dalla normativa privacy in questi casi) ne avranno facoltà.
Quest’ultima parte so che non è nelle facoltà autorizzative delle DPL e costituisce una forzatura andando a trattare il fattore temporale di retention secondo le regole del Nuovo Regolamento Europeo e non le attuali italiane sul tema di quando un Dato sia da considerarsi tale quindi soggetto trattamento. Ma tant’è, se nessuno ci prova non si demoliranno mai le note e anacronistiche 24h./7gg. di conservazione.
Un cordiale saluto e a disposizione per approfondimenti, Vincenzo Corradi.
Scritto il 4-6-2012 alle ore 17:39
Vincenzo la ringrazio per l’interessante segnalazione.
Un cordiale saluto.
Scritto il 7-6-2012 alle ore 15:18
Complimenti per il sito. Molto utile.
Abbiamo una domanda: dopo un piccolo furto avvenuto di sera, fuori orario di lavoro, all’interno dell’Istituto in cui lavoriamo, è stata installata una telecamera di “prova” nel corridoio principale con sensore di movimento e registrazione dell’immagine (è perciò un dispositivo intelligente?) che dovrebbe essere attiva solo dalle 22.00 alle 07.00 (orario notturno). Si può fare senza alcuna procedura? E’ obbligatorio la consultazione/accordo con gli organismi sindacali?
Nel caso si decidesse di installare definitivamente le telecamere in tutti i corridoi,
quali sono le regole e/o le procedure corrette da seguire?
Nel caso le telecamere descritte fossero un dispositivo intelligente, e attive solo in orario notturno, serve l’accordo degli organismi sindacali e l’analisi preliminare?
Scusi se siamo confusi e la ringraziamo della risposta.
Scritto il 7-6-2012 alle ore 19:32
Vincenzo, ho già risposto più volte e ampiamente alla sua domanda.
Legga qui: http://marcellopolacchini.postilla.it/2010/05/03/nuovo-provvedimento-sulla-videosorveglianza-aspetti-particolari-legati-ai-rapporti-di-lavoro/
Scritto il 26-6-2012 alle ore 14:27
Telecamere nei luoghi di lavoro? può bastare il consenso dei dipendenti…..
ci crederò solo quando me lo dice Marcello Polacchini……;)
Scritto il 26-6-2012 alle ore 19:09
Anna… mi dà troppa importanza….!!
Ad ogni modo, proprio recentemente, la Cassazione (Cass. Pen. Sez. III, n. 22611 dell’11 giugno 2012) ha dato un’interpretazione meno formale e meccanicistica dell’art. 4 dello Statuto dei lavoratori, stabilendo che non commette reato l’imprenditore che sorveglia i suoi dipendenti con una telecamera, dopo avergli fatto firmare un’autorizzazione e questo anche in assenza di un accordo con le rappresentanze sindacali.
Dunque, mentre fino a qualche tempo fa la giurisprudenza di legittimità aveva sempre condannato questi controlli troppo invadenti da parte del datore di lavoro chiedendo come un accordo con le RSU (o l’autorizzazione dell’Ispettorato del Lavoro), ora è sufficiente la firma di tutti i lavoratori. La Suprema Corte ha spiegato che, se è vero che l’art.4 dello Statuto intende tutelare i lavoratori contro forme subdole di controllo della loro attività da parte del datore di lavoro e che tale rischio viene escluso in presenza di un consenso di organismi di categoria rappresentativi dei lavoratori (RSU o commissione interna), a maggior ragione, tale consenso deve essere considerato validamente prestato quando arriva proprio da tutti i dipendenti. In sostanza, l’esistenza di un consenso validamente prestato da parte di chi sia titolare del bene protetto, esclude l’integrazione dell’illecito penale.
Scritto il 28-6-2012 alle ore 00:54
buonasera egregio avvocato sono un dipendente di una azienda alimentare ho da proporle un quesito.sono state installate 4 videocamere di sorveglianza la prima è stata messa all’esterno sopra alla porta della sala caffe,la seconda è stata messa all’interno della sala caffe,la sala caffe è collegata internamente con una porta che collega l’atrio degli spogliatoi e su questa porta è stata messa la terza,infine la quarta è sita all’entrata vera e propria degli spogliatoi sull’altro lato.questo è legale?aspettando una sua risposta le faccio i miei cordiali saluti
Scritto il 28-6-2012 alle ore 10:03
Gian Piero per darle una risposta precisa bisognerebbe vedere la planimetria dei ocali e l’angolo di ripresa delle telecamere.
Ad ogni modo, per sapere se l’installazione è lecita è fondamentale conoscere se il suo datore di lavoro ha stipulato un accordo sulla VDS con la rappresentanza sindacale aziendale dei lavoratori oppure se ha chiesto l’autorizzazione preventiva alla DTL. In questo secondo caso è l’Ispettorato del Lavoro a prescrivere dove e come posizionare le TLC.
Altri chiarimenti li potrà leggere qui: http://marcellopolacchini.postilla.it/2010/05/03/nuovo-provvedimento-sulla-videosorveglianza-aspetti-particolari-legati-ai-rapporti-di-lavoro/
Scritto il 12-8-2012 alle ore 18:03
una cortesia, presto servizio come GPG in una sala controllo con videosorveglianza presso un negozio sito all’interno di un centro commerciale, mi chiedevo se!, all’interno di questa sala dove io visiono vari monitor, tranne me chi può entrare? se non è decretato, mi sà rispondere! e se non dovesse entrarci nessuno a quale legge posso appellarmi, perchè chiedo questo, semplice, …… i gestori del negozio e/o responsabili mi vorrebbero costringere a tenere la porta aperta per poter entrare liberamente quando vogliono,secondo me in sala controllo non possono entrare. attendo una vostra risposta cortesemente alla mia e-mail, Grazie
Scritto il 13-9-2012 alle ore 15:41
Egregio avvocato, non si arrabbi, la prego! Lo so che violo la sua mozione d’ordine riproponendo un argomento già ampiamente discusso, ma Le giuro che ho letto tutte le sue risposte in materia di videosorveglianza e la cosa invece di illuminarmi mi ha mandato ancora più in confusione! Il nostro è un self service di stampa digitale (ci lavorano solo due dipendenti oltre me) e abbiamo installato le telecamere soprattutto per non consentire ai clienti di andar via senza pagare, oltre che per sicurezza nostra e della clientela. I ragazzi hanno firmato una specie di consenso informato prima dell’installazione. Il dubbio è questo: in molti commenti Lei dice che è necessaria comunque la comunicazione all’ispettorato del lavoro perchè non essendoci rappresentanza sindacale si può supporre che il consenso sia stato estorto, mentre in altri sostiene che basta l’informativa firmata dai lavoratori (vedi la risposta ad Anna del 26/06/2012 n. 24. Forse la sentenza che cita (Cass. Pen. Sez. III, n. 22611 dell’11 giugno 2012) ha cambiato le cose? Io ho esposto i cartelli, informato i lavoratori facendomi firmare la lettera di consenso, cancello i filmati ogni 24 ore (quasi sempre!)ho messo i monitor in modo che tutti possano vedere le immagini catturate dalle TLC e rendersi conto di essere ripresi, la presenza delle telecamere è segnalata e lampante, non ci sono secondi fini né tentativi di occultamento! Sono in regola o no?
La ringrazio e la saluto. Tante cordialità.
Daniela
Scritto il 13-9-2012 alle ore 19:00
Buonasera Daniela. Non mi arrabbio stia tranquilla! Se ha avuto la pazienza di leggere tutte (?) le mie risposte si sarà resa conto che vi sono alcuni punti fermi (le regole stabilite dal comma 2 dell’art.4 della L. n.300/70) e altri aspetti sui quali la giurisprudenza è… diciamo libera… di dare una sua interpretazione: Purtroppo nel nostro ordinamento giuridico una sentenza (sia pure autorevole, essendo della Cassazione) non fa “diritto” (cioè non “cambia le cose” come dice lei), ma fa stato solo tra le parti, cioè decide solo nel merito della singola questione sottoposta ai giudici. In altre parole, occorre vedere quali erano le circostanze del caso concreto sottoposto al giudizio della Suprema Corte.
Detto questo, direi che nel suo caso lei ha fatto tutto quanto possibile per informare i lavoratori ed effettuare una videosorveglianza in maniera trasparente. Resta da vedere, nel caso di un’eventuale (ma improbabile) ispezione (sollecitata da chi??) la penserebbe l’ispettore del lavoro di turno. Credo che lei potrebbe in ogni caso dimostrare agevolmente la sua perfetta buona fede, ma… bisognerebbe vedere chi si troverà di fronte.
In questo thread specifico troverà molte altre risposte alla questione da lei sollevata, risposte che serviranno a crearle ancora maggiore… confusione. http://marcellopolacchini.postilla.it/2010/05/03/nuovo-provvedimento-sulla-videosorveglianza-aspetti-particolari-legati-ai-rapporti-di-lavoro/
La saluto cordialmente.
Scritto il 13-9-2012 alle ore 19:04
Dimenticavo una cosa Daniela.
I monitor non devono esseere visibili da “tutti”, ma solo da parte del titolare del trattamento o da un suo “incaricato” espressamente nominato. Men che meno i monitor devono essere visibili dalla clientela. Questa prassi è molto diffusa, ma non è in regola con le norme sulla tutela della privacy.
Buonasera.
Scritto il 14-9-2012 alle ore 09:00
Buonasera avvocato, la ringrazio per la tempestiva risposta e le faccio i miei complimenti per la disponibilità e la competenza con le quali gestisce il suo blog. Continuerò a seguirla anche perchè è molto chiaro ed esaustivo (nonchè paziente) con tutti i suoi blogger (si dice così?).
Scritto il 1-10-2012 alle ore 17:16
G.mo Avv. l’azienda di tpl per cui lavoro ha installato su ogni autobus dei rilevatori AVM/GPS che rileva ogni minima cosa da quando prendi servizio fino alla fine , vi è bisogno dell’accordo rsu? Grazie
Scritto il 2-10-2012 alle ore 12:07
Salvatore il controllo continuo dell’attività lavorativa fatto da distante è tassativamente vietato dal comma 1 dell’art. 4 dello Statuto dei lavoratori.
L’accordo con la RSU o l’autorizzazione della competente DTL sono stabiliti dal comma 2 dell’art. 4 Stat. Lav. per il solo caso in cui il controllo sull’attività lavorativa sia incidentale (non volontario).
Scritto il 5-10-2012 alle ore 20:34
grazie
Scritto il 16-11-2012 alle ore 21:46
caro avvocato sono un ispettore di polizia penitenziaria al servizio a cavallo interforze, un commissari poichè ho firmato il registro di entrata di entrata e uscita in ritardo di circa 20 minuti orari sempre stati flessibili appunto poichè entravo sempre prima e uscivo sempre sempre tardi sà nella cavalleria cci sono delle incombenze e maneggio fuori dalle caserme mi ha deferito all’autorità giudiziaria nonchè rapporto disciplinare e l’allontanamento in altro istituto ha utilizzato le telecamere situate in tutta la caserma non sò più cosa fare sono in convalescenza in trenta anni di servizio impeccabili nessuno riesce a darmi una spiegazione nemmeno il mio legale di fiducia benchè sia uno dei principi del foro di nuoro mi aiuti la prego…….con stima piero sulas
Scritto il 16-11-2012 alle ore 21:47
o achi mi posso rivolgere in sardegna segnali un suo collega………grazie piero sulas
Scritto il 18-11-2012 alle ore 15:59
Non so proprio che cosa dirle Sig. Piero Sulas… Mi dispiace.
Scritto il 18-11-2012 alle ore 20:46
mi perdoni ancora avvocato ma poteva utilizzare la videosorveglianza non vi sono nè cartelli ne tantomeno chi scrive ha mai firmato o preso visione della videosorveglianza…….?un’atra cosa ma lo statuto dei lavoratori parla chiaro come anzidetto in vari comenti anche da lei…è illegale ……?mi scusi ancora con stima piero sulas
Scritto il 19-11-2012 alle ore 09:28
Sig. Sulas non mi è possibile darle le “certezze” che lei sta disperatamente cercando, e non conosco un avvocato esperto della materia che si trovi nella sua regione.
L’unica cosa che posso ribadire è che il controllo intenzionale dell’attività dei lavoratori è vietato ed è penalmente sanzionato.
Il controllo preterintenzionale o incidentale è invece ammesso con le limitazioni più volte da me indicate anche qui: http://marcellopolacchini.postilla.it/2010/05/03/nuovo-provvedimento-sulla-videosorveglianza-aspetti-particolari-legati-ai-rapporti-di-lavoro/
L’omessa affissione dei cartelli di avviso che l’area è sottoposta a videosorveglianza tuttalpiù può fare scattare la sanzione amministrativa per omessa informativa.
Lei non avrebbe dovuto firmare alcunchè. La procedura prevista dallo Statuto Lav. prevede l’accordo con la rappresentanza sindacale dei lavoratori o, in sua mancanza, l’autorizazione preventiva da parte della DTL.
Sull’utilizzabilità delle videoriprese “illegittime” come prove in un procedimento disciplinare vi sono sentenze che sostengono che non lo siano.
Le ripeto il consiglio di rivolgersi ad un buon avvocato.
Cordiali saluti.
Scritto il 22-11-2012 alle ore 08:50
Egregio Sig. polacchini Le pongo un quesito sperando in una Sua gentile risposta. Se il titolare non di trova in sede puo’ installare una web cam collegata al suo cellulare in un negozio di abbigliamento? Se si deve far firmare qualche carta ai dipendenti che vengono ripresi? La ringrazio. Saluti.
Scritto il 22-11-2012 alle ore 09:20
Fiore, leggendo tra le tantissime risposte che ho già dato qui http://marcellopolacchini.postilla.it/2010/05/03/nuovo-provvedimento-sulla-videosorveglianza-aspetti-particolari-legati-ai-rapporti-di-lavoro/ troverà certamente la risposta alla sua domanda.
Saluti.
Scritto il 19-2-2013 alle ore 01:16
Gentile Dottore,
sono a richiederLe una precisazione.
Un’azienda che ha dei lavoratori alle sue dipendenze, intende installare delle telecamere esterne e delle telecamere interne.
Non avendo RSU, è necessario ovviamente inviare la comunicazione all’Ispettorato del Lavoro competente nel rispetto di quanto previsto dall’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori.
Ho tuttavia un dubbio. Alcune delle telecamere interne inquadrano il macchinario che esegue automaticamente il lavoro ma contemporaneamente anche il dipendente che controlla lo stesso macchinario. Una telecamera installata in tal modo viola quanto stabilito dall’art. 4 o rientra secondo Lei nell’ipotesi di ripresa indiretta del dipendente e quindi ne è lecita l’installazione?
Non si tratta di ambienti quali bagni e spogliatoi dove è vietata la ripresa ma di ambienti come il reparto produzione. Il problema sta nel fatto che l’angolo di ripresa è diretto al macchinario e indirettamente ai dipendenti ad esso addetti.
Resto in attesa di una Sua risposta e spero di non infastidirla chiedendo una cosa scontata ma mi pare di non aver letto casi specifici come questi.
Come sempre complimenti per la sua competenza e professionalità.
Grazie
Marta
Scritto il 19-2-2013 alle ore 10:34
Le norme contenute nello Statuto dei lavoratori perseguono l’obiettivo di tutelare la libertà e la dignità del lavoratore e, a tal fine, introducono una serie di limiti all’esercizio del potere direttivo, del potere disciplinare e del potere di controllo del datore di lavoro.
Pertanto, qualora l’impianto di videosorveglianza dia la possibilità, da parte del datore di lavoro o di un suo delegato, di eseguire controlli (diretti e indiretti) sul lavoratore che potrebbero violare il trattamento dei dati personali ex D.Lgs. 196/2003 e costituire una potenzialità di controllo a distanza del lavoratore, si deve applicare quanto previsto dall’art. 4, comma 1 e 2, dello Statuto dei lavoratori (L. 300/70).
Il comma 2 dell’art. 4 della L. 300/70 attenua il divieto generale di controllo a distanza contenuto nel comma 1, stabilendo che l’impiego delle apparecchiature di controllo dei lavoratori può essere consentito nel caso dei cosiddetti “controlli difensivi”, ovvero quelli posti in essere per le sole finalità di tutela aziendale dettate da esigenze di tipo organizzativo, produttivo o di sicurezza del lavoro, anche rispetto a condotte e comportamenti posti in essere dagli stessi lavoratori. In questo caso, però, l’installazione delle telecamere o delle altre apparecchiature di controllo è subordinata al preventivo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali. In difetto di tale accordo, la decisione è demandata alla Direzione Territoriale del Lavoro, che provvede in forma autorizzatoria, indicando eventualmente anche le modalità d’ impiego delle apparecchiature, sulla istanza proposta dal datore di lavoro, con atto di autorizzazione impugnabile innanzi al Ministro del Lavoro dalle parti interessate entro il termine perentorio di trenta giorni.
Lo spirito della norma dello Statuto dei lavoratori trae ovviamente origine nel fornire garanzia al lavoratore nel momento in cui può essere sottoposto a una forma di controllo subdolo e non evidente. E questa norma, ormai vecchia di quarant’anni, assume un significato ancora maggiore oggi, allorchè il controllo a distanza dei lavoratori è divenuto, e continuerà a divenire, sempre più intenso e pervasivo, anche grazie alle nuove tecnologie e al connesso progresso scientifico. Perciò, mentre le esigenze di tutela dei lavoratori sono sempre e comunque presupposte e, dunque, garantite da un divieto assoluto e invalicabile (art. 4, comma 1), quelle del datore di lavoro vanno di volta in volta accertate mediante specifico accordo (art. 4, comma 2) con le RSA, ovvero, in assenza di tale accordo, mediante provvedimento autorizzatorio della DTL contenente, fra l’altro, anche le specifiche modalità tecniche per il loro soddisfacimento.
Va poi ricordato che l’art. 4 della L. 300/70 è espressamente richiamato dall’art. 114 del D.Lgs. 196/2003, e che la disciplina di cui all’art. 4 ha natura imperativa, perchè a presidio della sua osservanza è prevista dall’art. 38 della stessa L. 300/70, per gli eventuali trasgressori, una sanzione penale consistente, se il fatto non costituisce più grave reato, in una ammenda da € 154 a €1.549 o con l’arresto da 15 giorni ad un anno, applicabili congiuntamente per i casi più gravi.
Venendo al suo caso Marta, se alcune delle telecamere interne inquadrano il macchinario che esegue automaticamente il lavoro ma contemporaneamente anche il dipendente che controlla lo stesso macchinario, si rientra sicuramente nell’ipotesi di cui al comma 2 dell’art. 4 dello Statuto dei lavoratori. Pertanto, in presenza dei presupposti che legittimano questo controllo preterintenzionale dell’attività dei lavoratori (ovvero esclusive finalità di tutela aziendale dettate da esigenze di tipo organizzativo, produttivo o di sicurezza del lavoro) ed espletata la procedura prevista dal comma 2 medesimo, il datore di lavoro può essere autorizzato ad installare tali telecamere di controllo. Si tratta solo di spiegare dettagliatamente nell’istanza da presentare alla DTL le esigenze del datore di lavoro e di illustrare le modalità tecniche dell’impianto (allegando la planimetria dei locali, indicando il posizionamento delle TLC e il rispettivo angolo di ripresa).
Scritto il 28-2-2013 alle ore 17:01
Gentile Avvocato, presso la mia azienda stanno installando rilevatori di passaggio del personale su tutti i piani del palazzo (7 piani) questo per rilevare il movimento di tutti i dipendenti. E’ lecito ? Aggiungo che la mia azienda ha già le telecamere su ogni piano e corridoio.
Gradirei un chiarimento in merito.
Grazie Giorgio
Scritto il 1-3-2013 alle ore 12:23
Giorgio, premesso che in questo thread si parla di videosorveglianza e non di controllo degli accessi, le considerazioni da me fatte sull’applicazione dell’art. 4 St. Lav. nel caso della videosorveglianza possono valere per qualunque forma di “controllo a distanza” dei lavoratori.
Pertanto, se i “rilevatori di passaggio dei lavoratori” (che non capisco bene quali apparecchi siano…) si limitano a monitorare l’attraversamento di una determinata area, senza permettere di risalire all’indentità del lavoratore che l’attraversa, nulla quaestio.
Se invece l’azienda attraverso l’apparecchiatura è in grado di risalire alla esatta posizione di ciascun dipendente (identificato) all’interno dello stabile, si potrebbe ipotizzare un controllo “incidentale” dell’attività lavorativa, che come tale è soggetto alle regole stabilite dal comma 2 dell’art. 4 St. Lav.
Pertanto, in questa seconda ipotesi a mio avviso la DPL dovrebbe verificare che i rilevatori di passaggio dei lavoratori non abbiano lo scopo esclusivo di controllare i dipendenti, o che le rilevazioni non siano utilizzate dal datore di lavoro per comminare eventuali provvedimenti disciplinari. Dovrebbe,inoltre, essere attentamente valutata la motivazione di una eventuale registrazione e conservazione dei dati relativi al passaggio dei lavoratori.
Scritto il 2-3-2013 alle ore 13:40
Salve, non vorrei uscire fuori tema con la mia domanda tesa non alla videosorveglianza in senso stretto, sul quale argomento lei è stato molto prezioso, ma su una “relativamente nuova” forma di sorveglianza, e sto parlando di sistemi di controllo satellitare degli automezzi, ma non quelli che in caso di furto ti consentono di ritrovare l’auto, ma di sistemi che consentono al datore di lavoro di sapere in tempo reale la tua posizione, a che ora sei uscito di casa, che strada hai fatto, che velocità media hai tenuto, quanto hai consumato,per quanti minuti hai tenuto il motore acceso senza muoverti, eccetera eccetera. Questo il caso: sono un professionista alle dipendenze di una grande azienda, ultimamente mi è stato chiesto di firmare una lettera dove li autorizzavo a far installare sul mezzo che mi è stato dato in dotazione detto sistema di controllo.
Va detto che il mezzo in questione non è una vettura aziendale ad uso esclusivo, ma si tratta di una normale station wagon, ad uso promiscuo e sulla quale pago un lauto canone per poterla utilizzare anche per scopi personali. L’azienda ha ovviamente giustificato la cosa adducendo motivazioni “tecnico organizzative”, ma sappiamo come vanno queste cose, ed anche se per legge loro non possono utilizzare legalmente tali dati contro il dipendente essi risultamo un’arma di pressione psicologica molto forte e di fatto costituiscono una forma di stretto controllo.
Aggiungo che la mia Privacy sarebbe tutelata da un apposito tasto chiamato appunto “privacy”, (utilizzabile solo fuori orario di lavoro) premuto il quale i miei dati non sono più visibili, ma poi leggendo la descrizione del funzionamento di questo sistema vi è scritto che basta avere la password da amministratore per rendere nuovamente i tuoi dati visibili, entrando di fatto nel pieno della tua sfera personale.
Ho letto molto di quanto lei ha scritto in merito allo statuto dei lavoratori e vorrei avere un suo parere relativamente al seguente punto:”In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l’Ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l’uso di tali impianti”. A questo proposito mi è stato chiesto con insistenza di firmare un verbale di mancato accordo, ma io non riesco a capire se firmare o meno detto modulo “mi incastri” in qualche maniera, nel senso che magari firmandolo mi nego la possibilità di spiegare le mie ragioni all’ispettorato, o altro.
Spero di non essere uscito troppo fuori tema, ma le assicuro che questa specifica tematica negli ultimi anni sta assumendo proporzioni sempre maggiori, mano mano che la tecnologia avanza e le aziende ne vedono il duplice scopo di ottimizzare e controllare/fare pressione.
Cordialmente la saluto
Valerio
Scritto il 3-3-2013 alle ore 18:09
Il sistema di geolocalizzazione satellitare dei lavoratori tramite GPS rientra sicuramente tra le apparecchiature con cui il datore di lavoro può controllare a distanza l’attività del dipendente, perciò l’installazione di questi impianti è possibile solo se le finalità perseguite dal datore di lavoro attraverso tale installazione rientrano tra quelle indicate dall’art. 4, comma 2, dello Statuto dei lavoratori e purché il datore di lavoro segua la procedura ivi prevista. Pertanto, l’installazione di un sistema GPS di geolocalizzazione dei mezzi di trasporto aziendali è possibile solo previo accordo con la rappresentanza sindacale dei lavoratori o con l’autorizzazione della DTL competente per territorio.
Inoltre, anche di recente il Garante per la privacy ha ribadito che l’impiego di tali strumenti deve comunque avvenire nel rispetto dei principi in materia di protezione dei dati personali e con “modalità concretamente idonee a garantire, in particolare, l’osservanza dei diritti e delle libertà fondamentali, nonché della dignità degli interessati” (v. provv. del 7/10/2010 nella Newsletter del Garante n. 344 del 16/12/2010).
Se non sono rispettati i requisiti richiesti dall’art. 4, comma 2, della Legge n. 300/70 l’Authority ritiene illecito il trattamento svolto e quindi, nelle more dell’eventuale rilascio del provvedimento autorizzatorio da parte del preposto Servizio Ispettivo della DTL, può disporre il blocco del trattamento dei dati personali riferiti ai lavoratori effettuato tramite i sistemi di geolocalizzazione.
Va poi considerato, che un sistema GPS può acquisire molte informazioni che costituiscono “dati personali“ dei lavoratori interessati, e questo vale non solo se sono associati ai nomi dei lavoratori o ai codici ad essi attribuiti, ma – come rilevato dal Garante nel caso di sistemi GPS di localizzazione dei veicoli aziendali – “anche nel caso in cui i dati di localizzazione del veicolo non siano associati immediatamente dal sistema informativo al nominativo dei conducenti, atteso che la società sarebbe comunque in condizione di risalire in ogni momento al conducente assegnatario “ (vedi provv. del Garante del 5 giugno 2008 e del 7 ottobre 2010). L’Authority ha, inoltre, precisato che il titolare del trattamento deve adottare soluzioni tecnologiche affinché non vengano trattate informazioni non necessarie.
Perciò il datore di lavoro che adotti un sistema di geolocalizzazione GPS, dopo aver assolto gli obblighi previsti dall’art. 4 dello Statuto dei lavoratori, dovrà trattare i dati personali necessari al suo funzionamento rispettando anche le disposizioni del Codice della privacy (D.Lgs. n. 196/03).
In particolare, ai lavoratori dovrà essere fornita un’idonea informativa preventiva sul trattamento dei loro dati personali (art. 13 D.Lgs. n. 196/03), specificando in particolare i tempi di conservazione dei dati e precisando la natura dei dati trattati e le caratteristiche del sistema GPS; inoltre, dovranno essere indicati i soggetti che possono accedere alle informazioni (che devono essere nominati formalmente per iscritto “incaricati del trattamento”). Il fornitore del servizio di localizzazione GPS dovrà essere nominato “responsabile del trattamento”.
Il datore di lavoro titolare del trattamento potrà conservare i dati personali occorrenti alla regolare tenuta del libro unico del lavoro (presenze dei dipendenti, ferie, prestazioni straordinarie, riposi) per il tempo previsto dalle disposizioni previdenziali.
L’installazione di un sistema GPS pone, inoltre, il problema della necessità o meno della sua notificazione al Garante per la privacy ai sensi dell’art. 37 del D.Lgs. n. 196/03.
Infatti, l’art. 37, comma 1, lett. a) del Codice prevede che debbano essere notificati (per via telematica) i trattamenti di “dati che indicano la posizione geografica di persone e oggetti mediante una rete di comunicazione elettronica”.
La notificazione è una dichiarazione con la quale il titolare del trattamento, prima di iniziarlo, rende nota al Garante (che la inserisce nel registro pubblico dei trattamenti, consultabile da chiunque sul sito http://www.garanteprivacy.it) l’esistenza di un’attività di raccolta e di utilizzazione dei dati personali.
Il Garante ha emanato a suo tempo un provvedimento generale contenente norme di esonero (provv. n. 1 del 31 marzo 2004 relativo ai casi da sottrarre all’obbligo di notificazione, pubblicato nella G.U. del 6 aprile 2004, n. 81 e nel sito http://www.garanteprivacy.it, doc. web 852561) e utili informazioni si possono leggere anche nei “Chiarimenti sui trattamenti da notificare al Garante” forniti dall’Authority il 23 aprile 2004 (doc. web. n. 993385.). In particolare, in quest’ultimo documento il Garante ha precisato che la localizzazione di persone o oggetti mediante reti di comunicazione elettronica gestite o accessibili dal titolare del trattamento deve essere notificata solo “quando permette di individuare in maniera continuativa – anche con eventuali intervalli – l’ubicazione di persone o oggetti sul territorio o in determinate aree geografiche, in base ad apparecchiature o dispositivi elettronici detenuti dal titolare o dalla persona oppure collocati sugli oggetti”, ma solamente se la localizzazione permette di risalire all’identità degli interessati, anche indirettamente attraverso appositi codici.
Pertanto, non devono essere notificati al Garante i trattamenti di dati personali che consentano solo una rilevazione non continuativa del passaggio o della presenza di persone o oggetti, effettuata, per esempio, all’atto della registrazione di ingressi o uscite presso luoghi di lavoro, tramite tessere elettromagnetiche, codici di accesso o altri dispositivi, a meno che, mediante la rete di comunicazione elettronica, sia possibile tracciare gli spostamenti di interessati in determinati luoghi o aree sul territorio.
Detto questo Valerio, io credo che il suo datore di lavoro le abbia chiesto di sottoscrivere un verbale di accordo, nel quale lei autorizza l’installazione del sistema GPS sulla sua auto, e non un verbale di “mancato accordo”.
E’ evidente, anche alla luce di un recente orientamento assunto dalla giurisprudenza in materia di controllo a distanza dell’attività lavorativa (vedi sentenza Cassaz. Sez. III Pen., 11 giugno 2012, n. 22611) che, così facendo lei rinuncerebbe a poter far valere i suoi diritti davanti all’Ispettorato del lavoro. Pertanto sarebbe quanto mai opportuno che il suo datore di lavoro per installare l’impianto ottenesse l’autorizzazione preventiva da parte della DTL, la quale sicuramente imporrebbe al datore di lavoro stesso di garantire tecnicamente l’assoluta disattivazione dell’impianto perlomeno quando lei utilizza la sua auto per fini privati (sono proprio queste le “modalità per l’uso degli impianti” alle quali si riferisce il comma 2 dell’art. 4 St. Lav. che possono essere dettate dalla DTL).
Scritto il 5-3-2013 alle ore 22:38
La ringrazio per la sua, come sempre, esauriente risposta.
Nel tentativo di arrichire questa rubrica, con esempi pratici che possono aiutare noi tutti professionisti e non, oltre che spiegare meglio quanto da me precedentemente scritto, mi permetto di tornare su un punto della mia mail:”A questo proposito mi è stato chiesto con insistenza di firmare un verbale di mancato accordo, ma io non riesco a capire se firmare o meno detto modulo “mi incastri” in qualche maniera, nel senso che magari firmandolo mi nego la possibilità di spiegare le mie ragioni all’ispettorato, o altro.”
Ovviamente l’azienda mi ha chiesto inizialmente di firmare un verbale di accordo, e concordo pienamente con lei che ciò avrebbe di fatto azzerato ogni mia possibilità di far valere i miei diritti, ma poi, a seguito del mio rifiuto, sto ricevendo forti pressioni affinchè io firmi un verbale di mancato accordo, e di quì il non capire da parte mia il senso di tutto ciò, e se questo firmare o meno (il mancato accordo) possa per me fare la differenza.
La ringrazio anticipatamente per il suo interessamento, in questo che è solo uno dei tanti risvolti della “sorveglianza da remoto”.
Scritto il 6-3-2013 alle ore 10:19
Sinceramente Valerio non so che cosa pensare riguardo alle finalità della sua azienda.
Se il mancato accordo fosse intervenuto a seguito di una riunione della rappresentanza sindacale dei lavoratori, la sua azienda avrebbe potuto rivolgere una documentata istanza alla DTL per ottenere l’autorizzazione dell’impianto GPS (anche se ritengo che con le caratteristiche da lei descritte tale impianto non sarebbe stato autorizzato). Ma il chiedere la sottoscrizione di un “mancato accordo” a ciascun singolo dipendente francamente mi lascia molto perplesso e non ne capisco la finalità.
A questo punto a lei e ai suoi colleghi non restano che due strade: o rifiutare di firmare il verbale di mancato accordo e vedere che cosa accade. Oppure rivolgervi al Servizio Ispettivo della competente DTL segnalando la potenziale violazione del divieto di controllo a distanza dell’attività lavorativa previsto dall’art. 4 L. n. 300/70 (più ancora che la violazione della vostra privacy) ad opera di un sistema GPS così configurato.
In termini generali, il potere di controllo e vigilanza del datore di lavoro (conseguenza diretta del suo potere direttivo) nasce dall’interesse legittimo sia di verificare l’esattezza dell’adempimento della prestazione lavorativa e il corretto uso, da parte del dipendente, degli strumenti aziendali che gli sono messi a disposizione per l’espletamento delle sue mansioni, sia di tutelare la proprietà aziendale contro eventuali furti o danni. Tuttavia, l’esercizio di tale potere non deve ledere gli spazi di riservatezza, dignità e libertà di ciascun prestatore di lavoro, perciò il potere di controllo del datore di lavoro non è assoluto. Pertanto, il datore di lavoro, pur avendo l’esigenza di evitare condotte illecite da parte dei dipendenti, non può controllare il loro comportamento facendo un ricorso esasperato a mezzi tecnologici tali da rendere la vigilanza stessa continua e pressante e quindi annullando ogni garanzia della dignità e riservatezza dei dipendenti.
Nell’ottica di un’esigenza di contemperamento delle diverse esigenze dei datori di lavoro e dei lavoratori, il legislatore nel secondo comma dell’art. 4 dello Statuto dei lavoratori (che si riferisce ai cosiddetti “controlli preterintenzionali” finalizzati a tutelare altri interessi del datore di lavoro, garantiti dall’art. 41 della Costituzione, che consentano comunque anche una qualche forma di controllo indiretto nei confronti dei lavoratori), ammette l’uso di apparecchi dai quali possa derivare un controllo a distanza dei dipendenti, incidentale o potenziale, ma solamente purchè siano giustificati da esigenze organizzative, produttive o di sicurezza del lavoro.
Tenga presente che “Il controllo a distanza dell’attività lavorativa è vietato anche quando l’impianto dia luogo ad una mera possibilità di controllo ad insaputa del lavoratore, a nulla rilevando la circostanza che il lavoratore sia soggettivamente consapevole dell’esistenza del funzionamento di un’apparecchiatura destinata a fini normali di produzione” (Cass., 18 febbraio 1983, n. 1236).
Per quanto riguarda poi i cosiddetti “controlli occulti” la Suprema Corte ha precisato che “si considerano ammissibili (soltanto) se posti in essere non già per verificare l’osservanza da parte del lavoratore della diligenza richiesta per lo svolgimento delle sue attività, ma per accertare la presenza di un comportamento fraudolento ad opera del medesimo ed incidente sul patrimonio aziendale” (Cass., 18 febbraio1997, n. 1455).
Scritto il 8-3-2013 alle ore 00:53
La ringrazio nuovamente per l’intervento, vedo che anche lei non trova una specifica logica in quanto da me raccontato.
Nel tentativo di arrichire questa rubrica, sarà mia cura aggiornare Lei ed i lettori delle eventuali evoluzioni del caso.
Valerio
Scritto il 28-3-2013 alle ore 13:34
Gentilissimo Avvocato, le chiedo se è possibile installare in una garitta dove opera un dipendente esterno all’azienda (società prestatrice di servizio) una telecamera che inquadri solo la cassa e le mani del dipendente. tale esigenza nasce dalla necessità di controllare eventuali ammanchi di cassa. Eventualmente quale iter autorizzativo occorre seguire.
Grazie
Gennaro
Scritto il 28-3-2013 alle ore 15:27
Gennaro l’art. 4 dello Statuto dei lavoratori prevede, in primo luogo, il divieto di ogni forma di controllo continuo sulla prestazione di lavoro. Tuttavia, in caso di “esigenze organizzative o produttive ovvero connesse alla sicurezza sul lavoro”, possono essere installati impianti di videosorveglianza, da cui derivi una possibilità di controllo a distanza dell’attività lavorativa (il cd. controllo indiretto o preterintenzionale), solo se venga raggiunto un preventivo accordo in proposito con le rappresentanze sindacali aziendali ovvero, in sua mancanza, sia rilasciata apposita autorizzazione da parte della Direzione Territoriale del Lavoro.
Questo, naturalmente, vale per i propri dipendenti, mentre nel suo caso dovrebbe essere la società esterna dalla quale dipende il cassiere a seguire questa procedura.
Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Cass., Sez. Pen., 1° giugno 2010, n. 20722) riguardante il caso di un lavoratore addetto alla cassa di un esercizio pubblico, videoregistrato da un impianto non autorizzato ai sensi dell’art. 4 dello Statuto dei lavoratori mentre sottraeva parte dell’incasso, ha stabilito che, quando sul lavoratore addetto alla registrazione degli incassi si appuntino sospetti di infedeltà, i controlli attivati dal datore di lavoro risultano legittimi, in quanto il comportamento (in tal caso illecito e contrario al dovere di collaborazione), esulando dalla sua specifica attività, realizza un attentato al patrimonio dell’azienda. I divieti e le procedure previste dall’art. 4 dello Statuto dei lavoratori si rivolgono, infatti, a controlli, diretti o indiretti, dell’attività lavorativa, mentre devono ritenersi certamente fuori dall’ambito di applicazione di questa norma i controlli diretti ad accertare condotte illecite del lavoratore.
I principi affermati in questa sentenza, tuttavia, devono essere applicati con estrema attenzione, in quanto i giudici di legittimità trascurano un elemento che, in caso di contenzioso giudiziario, potrebbe portare a un esito diverso: nelle attività di cassiere o che, comunque, comportino il maneggio del denaro, la videosorveglianza volta a verificare sottrazione di denaro, pur avendo una finalità di tutela del patrimonio del datore di lavoro, si risolve in una forma di controllo della prestazione di lavoro e, pertanto, richiederebbe di essere autorizzata ai sensi dell’art. 4 dello Statuto dei lavoratori.
A conferma della problematicità dell’applicazione delle disposizioni sulla videosorveglianza, ricordo che il Garante della privacy, con un provvedimento del 10 giugno 2010 (pubblicato sulla Newsletter n. 390 del 19 luglio 2010), ha disposto il blocco di un impianto di videosorveglianza, installato in un negozio per la tutela del patrimonio aziendale, in quanto non era stata espletata la procedura prevista dall’art. 4 dello Statuto dei lavoratori. Inoltre, il Garante ha sottolineato che la procedura di autorizzazione deve essere applicata sia nel caso in cui le apparecchiature installate non siano ancora funzionanti, sia nel caso in cui il controllo sia destinato ad essere discontinuo.
Nei provvedimenti del Garante, quindi, non trovano spazio le argomentazioni sviluppate dalla Cassazione riguardo alla funzione degli impianti di videosorveglianza, poichè è richiesto il rispetto della procedura prevista dall’art. 4 in tutti i casi di istallazione di tali impianti.
Scritto il 6-4-2013 alle ore 08:18
Egregio Avvocato buongiorno, sono titolare di un’impresa di confezione abbigliamento x conto di grandi marchi che occupa 15 dipendenti. Poichè abbiamo spesso in magazzino quantità considerevoli di vestiti vorremmo installare un impianto di videosorveglianza di 5 telecamere tre all’esterno e due all’interno che si attiverebbero mezzora dopo l’uscita dei dipendenti e si disattiverebbe mezz’ora prima del loro arrivo.Volevamo sapere se bastava un’informativa sottoscritta da tutti i dipendenti?
Scritto il 7-4-2013 alle ore 09:09
Andrea direi che non è proprio sufficiente la sola informativa.
Legga qui le risposte che ho già dato molte volte:http://marcellopolacchini.postilla.it/2010/05/03/nuovo-provvedimento-sulla-videosorveglianza-aspetti-particolari-legati-ai-rapporti-di-lavoro/
Scritto il 25-5-2013 alle ore 12:10
Buongiorno Avvocato,
la mia impresa è intenzionata ad implementare un sistema automatizzato di controllo sull’attività internet dei propri dipendenti. In particolari verranno monitorate le email aziendali, l’accesso ai siti internet. Tale controllo verrà fatto sia in remoto attraverso strumenti software, sia attraverso un sistema di segnalazione cui potranno accedere i dipendenti per indicare attività sospette, nel rispetto dell’anonimato.
I dati verranno trasferiti all’estero al di fuori dell’Unione Europea, probabilmente transitando attraverso una diverso paese dell’UE.
Chiaramente si cercherà di raggiungere accordi con le organizzazioni sindacali.
Ciò che mi chiedo è se il trattamento deve essere oggetto di notificazione al Garante e sotto quale voce.
Per l’eventuale notificazione, deve essere fatta direttamente dall’azienda o possiamo affidarci ad un avvocato che poi invia la notificazione con la propria firma digitale?
Grazie mille.
Enrco
Scritto il 28-5-2013 alle ore 18:54
Enrico i trattamenti di dati personali soggetti alla notificazione al Garante sono indicati tassativamente nell’art. 37 del Codice della privacy, e il trattamento da lei indicato non vi rientra assolutamente.
Piuttosto per controllare la navigazione in internet e la posta elettronica dei dipendenti si ricordi di rispettare tutte le regole stabilite dal Garante nelle sue linee guida contenute nella delibera n. 13 del 1° marzo 2007 [doc. web n. 1387522]
Scritto il 30-5-2013 alle ore 12:59
Avvocato, grazie mille. Ero convinto che la trasmissione dei dati al di fuori dell’UE imponesse una qualche forma di comunicazione al Garante.
E se il controllo in remoto dei PC aziendali consente di localizzare il dipendente?
Grazie mille.
Enrico
Scritto il 23-8-2013 alle ore 11:16
Avvocato buongiorno.
Mi aggancio ai quesiti espressi in merito all’art 4 sul controllo a distanza dei computer.
Sono, anzi ero, l’Amministratore di Sistema di un’azienda. Ora il mio posto è stato preso da un terzo soggetto ed io sono indagato dall’Organo di Vigilanza in merito ad una presunta contestazione di indebito controllo remoto.
Mi è stata elevata una sanzione disciplinare ed ora mi si paventano 2 strade: o mi dimetto o tutto finisce in Procura.
Io mi sento dalla parte della ragione ed ho evidenze che sostengono parte del mio impianto difensivo ma l’OdV non si sbilancia e non rivela la sorgente delle accuse, costringendomi all’angolo.
Ha suggerimenti in merito?
La ringrazio e saluto.
Firmato
Scritto il 23-8-2013 alle ore 11:17
Aggiungo un particolare: ovviamente la mia scelta deve essere effettuata entro poche ore…
Scritto il 16-10-2013 alle ore 17:05
Egregio Avvocato,
abbiamo installato, con autorizzazione dell’ufficio provinciale del lavoro, quattro telecamere per videosorveglianza in un negozio di abbigliamento per proteggere le persone e le cose da furti o altro. Il sistema consente la visione via internet da palmari o pc.
Comporta qualche vincolo tale visione? Ovviamente le telecamere riprendono anche i commessi durante le vendite
Grazie per la risposta
Scritto il 2-12-2013 alle ore 10:07
Ho scoperto che il mio nuovo datore di lavoro, quando non é in ufficio, mi spia con la webcam del suo PC. Cosa posso e debo fare?
Scritto il 24-1-2014 alle ore 05:27
Buongiorno sono un operatore delle Forze dell’Ordine, il mio Comandante ha posizionato in ufficio una telecamera sopra un mobile, che lui puo’ vedere anche quando sta a casa in WILLERS.
Gentilmente gli ho detto che non sarebbe molto regolare installare cio’ in quanto tutti i colleghi si sentono un’attimo controllati anche se la stessa si trova nel suo ufficio.
Lui mi ha risposto che la telecamera riprende solamente la cassaforte dove all’interno vi sono documenti importanti.
A quel punto io gli ho risposto che non entrero’ piu’ nel suo ufficio affinche la stessa non viene rimossa…
Voi che ne dite???
Grazie della v.s. fattiva collaborazione
Scritto il 24-1-2014 alle ore 09:14
Massimiliano…. dico che ha fatto bene!
Qui troverà ampiamente spiegati i motivi per i quali lei e i suoi colleghi a mio avviso avete ragione: http://marcellopolacchini.postilla.it/2010/05/03/nuovo-provvedimento-sulla-videosorveglianza-aspetti-particolari-legati-ai-rapporti-di-lavoro/
Scritto il 24-5-2014 alle ore 08:47
buongiorno, la mia colf entra ed esce da casa mia in mia assenza in quanto io lavoro. vorrei verificare il suo orario di arrivo e uscita al pari di come fa il mio datore di lavoro (abbiamo un sistema di lettura di tessera magnetica che strisciamo in entrata e uscita). posso utilizzare una videocamera che registri l’apertura e chiusura della porta di casa per fini si sicurezza? grazie
Scritto il 28-6-2014 alle ore 18:20
Buona sera lavoro per conto di un istituto di vigilanza distaccato in una portineria merci volevo chiedervi è normale e legale che il responsabile della security ci controlla 24 su 24 sia audio che video anche a distanza tramite cellulare o pc in qualsiasi parte si trova? In più noi nn siamo stati avvertiti o informati di queste telecamere ecc. Lavoriamo sempre in tensione xchè lui è peggio di Mussolini. Ed in vare situazioni hanno confermato la nostra convinzione di essere controllati. Come possiamo risolvere questo problema per tutelare i nostri diritti? Premetto che questa è una grande azienza molto conosciuta e famosa in tutto il mondo. Grazie e distinti saluti Franco
Scritto il 7-3-2015 alle ore 11:55
Vorrei,capire meglio i vari interventi sono stati abbastanza esaustivi.Applicazione del GPS su tablet con il quale dovrei svolgere la mia attività lavorativa mi sono rifiutato dopo avere scritto una lettera da un avv. che si richiamava all’art.18.Nonostante non vi sia nessuno accordo sindacale io sono un RSA ad oggi per i miei colleghi che l’anno utilizzato non sappiamo i dati sensibili controllati chi li detiene e se saranno utilizzati per sanzioni disciplinari.grazie
Scritto il 11-3-2015 alle ore 14:09
Buongiorno Sig.Marcello
Ho un contratto di lavoro dove tra i benefit ho in dotazione una macchina aziendale, mi sono accorto che ha mia insaputa hanno installato un gps senza comunicarmi nulla, sono a chiederle l’azienda è tenuta a farlo oppure no dovevano comunicarmelo.
Quali non fosse tenuta ad installare in dispositivo senza avvisarmi a cosa vanno in contro?
Grazie
Scritto il 21-3-2015 alle ore 17:41
Possiamo Noi colleghi di lavoro videosorvegliare l’interno degli spogliatoi?
Scritto il 18-5-2015 alle ore 18:57
SALVE! AVREI BISOGNO DI SAPERE SE UN AUTONOLEGGIO PUO’ ISTALLARE SISTEMI DI GEOLOCALIZZAZZIONI SATELLITARI. IL CLIENTE CHE NOLEGGIA DEVE SEPERE DELLA SUA ESISTENZA? C’E’ BISOGNO DI UNA INFORMATIVA AL CLIENTE CHE NOLEGGIA? CHE TIPO DI AUTORIZZAZIONI PER L’ATTIVAZIONE? – INOLTRE UN BUS A NOLEGGIO PER GITE CON AUTISTA, PUO’ MONTARE UN SATELLITARE?QUALI NORME LE REGOLANO? CHE RESPONSABILITA SI HANNO NEI CONFRONTI DEI GITANTI?
GRAZIE NICOLA
Scritto il 29-6-2015 alle ore 19:37
Salve Sig. Marcello, volevo porle una domanda. Quando l’azienda non ha la possibilità materiale di seguire i loro di pendenti conteporaneamente (perchè sparsi per diversi punti della città,dove inoltre passano da un cantiere ad un’altro nell’arco anche di 20 minuti), è possibile utilizzare un sistema satellitare? Grazie
Massimiliano
Scritto il 9-2-2016 alle ore 11:35
Buongiorno Avvocato, Le volevo far presente la mia situazione. Sono un’impiegato di una Azienda di manufatti in cemento che vende al pubblico e alle ditte edili, la mia scrivania dove io stò il 90% del mio tempo e situata dopo la cassa vicino la finestra dove si effettuano i pagamenti e sopra la cassa c’è una telecamera puntata proprio su di me e dalle immagini che vedo sul monitor la cassa nemmeno si vede. Ovviamente lui ha dichiarato che le telecamere sono accese solo fuori gli orari di lavoro e già questo e che dire, Ora la mia domanda è semplice, questà, aldilà della dichiarazione falsa fatta all’ente competente, è violazione della privacy?
Scritto il 10-10-2016 alle ore 08:50
Sono un autista di autobus, avevo istallato le telecamere a mia insaputa, e non c’era il cartello esposto nel.bus!
Scritto il 11-1-2017 alle ore 12:50
Volevo sapere se il mio datore di lavoro può istallare nella cabina di un camion della microchip e ascoltare quello che dico….grazie
Scritto il 12-1-2017 alle ore 10:16
Gentile Sig.Polacchini io sono un dipendente di una azienda di manufatti in cemento nella provincia di Cosenza lavoro in ufficio mi occupo di amministrazione e commerciale, di fronte la mia scrivania da più di un’anno il titolare ha piazzato una telecamera fissa, d’accordo che in parte si vede la cassa con lo sportello dove pagano i clienti è c’è pure un’altra finestra credo pure abbiano dichiarato all’ispettorato del lavoro che non l’accendono durante gli orari di lavoro, ma sta di fatto che io mi trovo questa telecamera praticamente fissa e centrata su di me, cosa devo fare? Questa cosa mi disturba molto.