10 gennaio 2011
La privacy… naviga sul gommone!
Ai miei amici sub è noto che mi occupo “anche” di privacy, e per questo motivo mi hanno sottoposto un caso abbastanza interessante. Tempo fa un subacqueo che conosco appena è stato ritratto (a sua insaputa) mentre era abbracciato tutto sorridente a una subacquea a bordo di un gommone al termine di un’immersione. La foto incriminata è finita sulla brochure pubblicitaria e sul sito Internet del diving center proprietario del gommone. Ora, il caso ha voluto che il diving in questione fosse frequentato anche da un’amica della moglie dell’ignaro subacqueo, la quale era già avanti con le pratiche di separazione dal marito a causa delle sue frequenti scappatelle con la scusa delle immersioni subacquee. La “simpatica” amica ha pensato bene di far vedere la brochure alla moglie, la quale ha colto la palla al balzo ottenendo finalmente la “prova” che le avrebbe consentito di ottenere dal giudice l’assegno per gli alimenti ai sensi del primo comma dell’art. 156 c.c. Non so come andrà a finire la faccenda , ma mi è stato chiesto se l’utilizzo dell’immagine a insaputa dell’interessato costituisce una violazione della privacy per la quale il “povero sub” potrebbe chiedere un risarcimento al centro immersioni.
La faccenda lì per lì mi ha molto divertito, ma poi, tornato serio, ho cercato di dare una risposta articolata al poveretto. Eccola.
Premesso che ai sensi dell’art. 4, comma 1, lettera b) del D.Lgs. 196/03 l’immagine fotografica costituisce un “dato personale”, come tale tutelato dal Codice della privacy, il titolare del trattamento, ai sensi dell’art. 13 dovrebbe informare preventivamente l’interessato che la sua immagine fotografica potrà formare oggetto di “trattamento”, nel rispetto di quanto previsto dal Codice e degli obblighi di correttezza, liceità e riservatezza.
In particolare, il titolare del trattamento dovrebbe informare che la fotografia sarà oggetto di “diffusione” secondo la definizione data dall’art. 4, comma 1, lettera m) del Codice, in quanto la stessa sarà pubblicata (nel sito Internet e nella brochure del diving) e quindi potrà venire a conoscenza di soggetti indeterminati.
La “comunicazione” dei dati personali dell’interessato (intesa come realizzazione della foto per la sua successiva pubblicazione) ha ovviamente natura facoltativa e quindi è necessario un preventivo “consenso informato” dell’interessato, che è assolutamente libero di esprimerlo o no.
Inoltre, riguardo ai propri dati personali (cioè la foto), l’interessato ha sempre la possibilità di esercitare in qualunque momento tutti i diritti previsti dall’art. 7 del Codice, rivolgendosi al titolare del trattamento e, tra tali diritti, vi è anche quello alla cancellazione dell’immagine.
Fin qui la normativa sulla privacy; ma il diritto all’immagine è regolamentato anche dall’art. 10 c.c. nonché dagli artt. 96 e 97 della L. 633/1941 sul diritto d’autore.
L’art. 10 c.c. disciplina l’abuso dell’immagine altrui, imponendo il risarcimento dei danni e la cessazione dell’abuso da parte di chi espone o pubblica l’immagine, fuori dei casi in cui l’esposizione o la pubblicazione sono consentite dalla legge, o con pregiudizio al decoro e alla reputazione della persona stessa o dei congiunti.
Come appare ictu oculi, il suddetto articolo anziché disciplinare e definire il concetto di “immagine” o di “diritto all’immagine”, si occupa esclusivamente dell’abuso che soggetti terzi possano fare dell’immagine altrui, demandando alla normativa specifica i casi e le circostanze in cui è ammesso l’utilizzo a fini espositivi o di pubblicazione dell’immagine altrui.
La legge sulla protezione del diritto d’autore all’art. 96 individua nel consenso dell’interessato l’elemento che esime dalla responsabilità civile il soggetto che espone, riproduce o mette in commercio l’immagine altrui. Ora, il consenso alla pubblicazione della propria immagine costituisce un negozio giuridico avente come oggetto non il diritto stesso all’immagine (che resta un diritto personalissimo e inalienabile), ma soltanto il suo esercizio.
Occorre comunque valutare se dall’abusiva pubblicazione della propria immagine derivi un danno patrimoniale, ovvero se vi sia un interesse economicamente apprezzabile dell’interessato a non veder pubblicata la propria immagine senza il suo consenso espresso. Ad esempio, si è stabilito che l’abusiva e non autorizzata pubblicazione dell’immagine altrui determina un danno risarcibile di natura patrimoniale se comporta il venir meno per l’interessato della possibilità di offrire l’uso del proprio ritratto per pubblicità di prodotti o servizi e, d’altra parte, se determina la difficoltà a commercializzare al meglio la propria immagine anche con riferimento a servizi o prodotti diversi.
Ciò non significa affatto che la diffusione non autorizzata a fini commerciali dell’immagine di persona non nota possa ritenersi lecita, ma solo che la quantificazione della somma risarcibile è determinata dal “prezzo” dell’immagine del soggetto e quindi è direttamente proporzionale al suo grado di notorietà.
In caso di diffusione non autorizzata dell’immagine di persona non nota, il soggetto danneggiato avrà in ogni caso diritto di adire l’autorità giudiziaria al fine di ottenere l’accertamento dell’illiceità del comportamento del terzo, di domandare la cessazione della diffusione dell’immagine e di chiedere il risarcimento del danno esistenziale (v. Trib. Forlì 9.10.2002) e del danno morale qualora l’illecito commesso integri anche gli estremi di un reato.
Anche il Garante della privacy ha avuto modo di occuparsi di utilizzo non autorizzato dell’immagine dell’interessato (v. ad esempio la decisione del 21.10.1999 in materia di videosorveglianza) e ha fatto riferimento al concetto generale di “ripresa” di un soggetto, ma nella sua decisione l’Autorità ha parlato di utilizzo a fini commerciali/promozionali dell’immagine ritratta. Nel caso di specie, si trattava di persone identificabili come “testimonial” a titolo gratuito di un’azienda o di un’attività direttamente connessa con l’azienda, quindi, in quel caso, si realizzava il loro sfruttamento per fini commerciali (andando contro la legge sul diritto d’autore) e la sottile differenza sta proprio in questo. E’ evidente che per conservare tali immagini occorre l’autorizzazione al trattamento dei dati (infatti, l’immagine ritratta di una persona è un “dato personale” giacché contiene informazioni antropometriche strettamente identificabili e riconducibili all’identificazione del soggetto ritratto) e quindi si applica in toto il D.Lgs. 196/03 sulla privacy. Invece, se fossero effettuate delle riprese (video o fotografiche) durante una festa di piazza e non si indugiasse sui primi piani delle persone radunate nella pubblica piazza, non ci sarebbe bisogno di chiedere alcuna autorizzazione, perchè si tratta di una manifestazione pubblica. Ciò vale salvo il caso in cui qualcuno ripreso non faccia esplicita richiesta di cancellazione della sua immagine, perchè dalla diffusione di quella immagine ne ricava un danno. Lo stesso dicasi, per quanto concerne il diritto d’autore (e non la legge sulla privacy) nel caso di personaggi pubblici ripresi in ambito pubblico (manifestazione, spettacolo, luogo aperto al pubblico, ecc.).
Inoltre, in una pronuncia del 2006 il Garante ha spiegato che, pur non essendo necessario il consenso della persona fotografata quando la riproduzione è collegata ad avvenimenti d’interesse pubblico o che si svolgono in pubblico, il trattamento dei dati per essere lecito deve comunque svolgersi nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali dell’individuo, con particolare riferimento alla riservatezza e all’identità personale. Pertanto, il Garante ha rilevato che il divieto di utilizzare la fotografia si estende anche a eventuali, future pubblicazioni dell’immagine su siti Web, pubblicazioni a stampa, o materiale propagandistico.
A mio avviso, nel caso prospettatomi, l’uso della foto che ritrae l’interessato accanto a una donna diversa dalla moglie in atteggiamento “disinvolto”, potrebbe anche ingenerare una rappresentazione della personalità dell’interessato differente rispetto a quella nota alla moglie. Affinchè il centro immersioni potesse legittimamente utilizzare la foto nel modo in cui è stata impiegata, cioè per una brochure destinata ad una “diffusione”, ai sensi dell’art. 4 del D. Lgs. 196/03 sarebbe stata dunque necessaria un’esplicita autorizzazione del subacqueo interessato. Pertanto, se in conseguenza della pubblicazione dell’immagine vi è stato effettivamente un danno patrimoniale (o non patrimoniale), l’interessato a mio parere ha il diritto di chiederne il risarcimento, adendo le vie legali. Ora, sapendo in quale modesta situazione economica generalmente “navighino” tutti i diving center, francamente non so se il povero sub riuscirà mai a recuperare qualcosa. In ogni caso avrà la soddisfazione di poter dire che la sua privacy deve essere rispettata anche… a bordo del gommone!
Scritto il 2-11-2012 alle ore 14:48
Gentile Dott. Polacchini,
le chiedo un consiglio in relazione all’acquisizione e diffusione di immagini fotografiche. La mia associazione organizza attività rivolte ai bambini. Previa autorizzazione dei genitori vengono scattate delle fotografie, successivamente raccolte in un cd distribuito alle famiglie. è capitato che alcuni genitori pubblicassero su social network alcune di queste foto, in cui erano ritratti oltre ai propri figli anche altri bambini, con conseguenti proteste da parte dei genitori degli stessi. Rispetto a ciò, che tipo di responsabilità ha l’associazione? E’ legittimo che sia l’associazione a chiedere di non farlo? Pensavamo di accompagnare la consegna del cd con una comunicazione in questo senso. Il codice privacy può venirci in aiuto o in questi casi si fa riferimento al diritto d’autore?
La ringrazio sin d’ora e le porgo i miei più cordiali saluti. M.
Scritto il 5-11-2012 alle ore 11:54
Per pubblicare le foto dei minori occorre il consenso espresso dei genitori.
Le consiglio di dare una completa informativa (ai sensi dell’art. 13 del Codice della privacy) ai genitori prima di realizzare il CD, precisando che per la diffusione (leggi pubblicazione in Internet) delle immagini occorre il consenso espresso dei genitori dei minori ritratti.
Scritto il 5-11-2012 alle ore 18:08
Seguiremo certamente il suo consiglio!
La ringrazio,
M.
Scritto il 6-5-2013 alle ore 17:27
Gentile dottor Polacchini, mi rendo conto che la domanda che le faccio non ha attinenza all’articolo ma comunque richiama l’argomento del consenso informato. Nella mia azienda mi occupo di selezione del personale e, soprattutto in questo periodo, ricevo numerose offerte ed autocandidature. Oltre a chiedere il profilo di formazione e competenze, approfondisco le informazioni che i candidati mi scrivono sui CV. Questa operazione ha la finalità di farmi un’idea del profilo caratteriale del soggetto e delle sue abitudini comportamentali, comparandolo al profilo lavorativo richiesto dalla mia azienda. Per la definizione del profilo caratteriale potrebbero essermi utili anche particolari test psicologici, test grafologici e test d’intelligenza. I dati ricavati da tali test sono certamente dati sensibili per cui sono necessarie un’idonea informativa ed un consenso scritto. Ma questo può bastare o è necessaria un’autorizzazione ad hoc del garante? Grazie e saluti.
Scritto il 7-5-2013 alle ore 21:35
Sig. Spadi mi fa piacere che lei si renda conto di aver postato la sua domanda a casaccio in un topic che si occupa di tutt’altro argomento…. Ad ogni modo (come ex direttore del personale)le rispondo ugualmente.
I dati personali ai quali lei fa riferimento non sono “dati sensibili”. Legga bene la definizione contenuta nell’art. 4 del D.Lgs. n. 196/03 che contiene un elenco tassativo dei dati da considerare “sensibili”, dati non suscettibili di interpretazione analogica.
Detto ciò, è naturale che per raccogliere e trattare legittimamente i dati personali del candidato all’assunzione sia necessaria una preventiva completa informativa (che contenga tutti gli elementi tassativamente elencati nell’art. 13 del D.Lgs 196/03) e l’acquisizione di un consenso espresso, manifestato liberamente dall’interessato.
Per la raccolta di tali dati non occorre alcuna autorizzazione ad hoc del Garante per la privacy; mentre per la raccolta di eventuali dati sensibili del candidato (secondo la definizione datane dal citato art. 4) occorre un consenso manifestato per iscritto ed è sufficiente l’autorizzazione generale n. 1/2012 del Garante che riguarda tutti i dati personali “sensibili” raccolti e trattati nell’ambito di un rapporto di lavoro (instaurato o instaurando). Legga bene la citata aut. gen. n. 1/2012 per vedere a che fini e con quali modalità l’Authority ha autorizzato il trattamento di tali dati sensibili.