3 maggio 2010
Nuovo provvedimento sulla videosorveglianza: aspetti particolari legati ai rapporti di lavoro.
Recentemente il Garante per la privacy è intervenuto nuovamente in tema di videosorveglianza, sostituendo introducendo nel nuovo provvedimento dell’8 aprile 2010 importanti novità rispetto a quanto stabilito con il provvedimento del 29 aprile 2004. L’intervento dell’Autorità si è reso necessario alla luce del notevole aumento dei sistemi di videosorveglianza e dei molti quesiti, segnalazioni, reclami e richieste di verifica preliminare in materia che gli sono stati sottoposti, nonchè dei numerosi interventi legislativi in materia adottati dal 2004 sino a oggi (in particolare quelli che recentemente hanno attribuito ai sindaci e ai comuni specifiche competenze in materia di incolumità pubblica e di sicurezza urbana e le norme regionali che hanno incentivato l’uso di telecamere).
Limitandomi alle regole specificatamente applicabili nell’ambito dei rapporti di lavoro, v’è da dire che il Garante ha ribadito ancora una volta nel suo nuovo provvedimento che nelle attività di sorveglianza nei luoghi di lavoro occorre sempre rispettare il divieto di controllo a distanza dell’attività lavorativa, sancito dallo Statuto dei lavoratori; pertanto, è vietata l’installazione di telecamere specificatamente dedicate a tale controllo. In pratica, questo significa che non devono essere fatte riprese per verificare il rispetto dell’orario di lavoro e la correttezza nell’esecuzione della prestazione lavorativa.
La questione del controllo a distanza dell’attività lavorativa è stata molto dibattuta in dottrina e in giurisprudenza e ne sono stati ben definiti i contorni.
L’art. 4 della L. n. 300/70 ha sancito un divieto assoluto di usare apparecchiature per mere finalità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, mentre è ammesso il cd. “controllo preterintenzionale”, cioè un controllo finalizzato a tutelare altri interessi del datore di lavoro costituzionalmente garantiti, che permetta anche un controllo indiretto nei confronti dei lavoratori. Ed ecco che lo stesso art. 4 ammette l’uso di apparecchiature di controllo purché sia giustificato da esigenze organizzative, produttive e di sicurezza del lavoro, però soltanto previo accordo con le RSA o, in mancanza di tale accordo, previa autorizzazione del Servizio Ispettivo della DPL, che può anche dettare specifiche modalità d’uso delle apparecchiature.
Secondo la Cassazione la condotta illecita del datore di lavoro non è esclusa se le telecamere installate non siano funzionanti, né se il datore di lavoro ha dato un preavviso ai lavoratori e neppure se il controllo sia discontinuo. Per ciò che riguarda l’oggetto del divieto, dottrina e giurisprudenza sono concordi nel ritenere che rientri nel divieto di controllo a distanza sia la vera e propria prestazione lavorativa sia altre attività svolte in azienda dal lavoratore, come ad esempio le pause. La Cassazione ha ritenuto legittime le riprese fatte al di fuori dell’orario di lavoro per tutelare il patrimonio aziendale contro atti illegittimi messi in atto da terzi (compresi i dipendenti al di fuori del loro’orario di lavoro).
Nel recente provvedimento il Garante ribadisce che devono sempre essere osservate le garanzie previste in materia di lavoro quando la videosorveglianza è necessaria per esigenze organizzative o produttive, o per la sicurezza del lavoro e queste garanzie vanno osservate sia all’interno degli edifici, sia in altri contesti in cui è resa la prestazione di lavoro (ad es. cantieri edili, veicoli adibiti al trasporto pubblico, taxi, ecc.).
L’utilizzo di sistemi di videosorveglianza finalizzati al controllo a distanza dei lavoratori o a compiere indagini sulle loro opinioni o su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell’attitudine professionale dei lavoratori (indagini vietate dall’art. 8 dello Statuto dei lavoratori), integra la fattispecie di reato prevista dall’art. 171 del Codice, che dispone che la violazione dell’art. 114 è punita con le sanzioni di cui all’art. 38 della L. n. 300/70.
Infine, l’Autorità per la privacy precisa che eventuali riprese televisive sui luoghi di lavoro per documentare attività o operazioni solo per scopi divulgativi o di comunicazione istituzionale o aziendale, che vedano coinvolto il personale dipendente, possono essere assimilate ai trattamenti temporanei finalizzati alla pubblicazione occasionale di articoli, saggi e altre manifestazioni del pensiero; pertanto a tali riprese si applicano le disposizioni sull’attività giornalistica contenute negli artt. 136 e seguenti del Codice, fermi restando, comunque, i limiti al diritto di cronaca posti a tutela della riservatezza, nonché l’osservanza del codice deontologico per l’attività giornalistica e il diritto del lavoratore a tutelare la propria immagine opponendosi alla sua diffusione.
Scritto il 5-5-2010 alle ore 13:00
Buongiorno, all’interno della nostra azienda sono state collocate, con accordo sindacale, delle telecamere.
A fronte di un episodio spiacevole (l’ultimo di una lunga serie) ci chiedevamo (dipendenti, RSU, RLS e Direzione) se era possibile installarne anche in prossimità dei bagni.
L’episodio è il seguente: un dipendente ha defecato per terra all’interno di un bagno durante una pausa pranzo (la maggioranza era ovviamente assente).
Nella frase “su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell’attitudine professionale dei lavoratori (indagini vietate dall’art. 8 dello Statuto dei lavoratori)” può essere contemplato questo episodio?
Ringrazio per la gentile risposta.
Scritto il 5-5-2010 alle ore 15:03
A mio avviso il riferimento nel caso da lei proposto è all’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori e non all’art. 8.
In termini generali, il potere di controllo e vigilanza del datore di lavoro è conseguenza diretta del potere direttivo che ad esso spetta e nasce dall’interesse legittimo sia di verificare l’esattezza dell’adempimento della prestazione lavorativa ed il corretto uso, da parte del dipendente, degli strumenti aziendali che gli sono messi a disposizione per l’espletamento delle sue mansioni, sia di tutelare la proprietà aziendale contro eventuali furti o danni. In quest’ambito si colloca l’art. 4 dello Statuto che ha lo scopo di contenere il potere organizzativo e direttivo del datore di lavoro. Tuttavia, Il datore di lavoro pur avendo l’esigenza di evitare condotte illecite da parte dei dipendenti, non può controllare la condotta del lavoratore facendo un ricorso esasperato a mezzi tecnologici tali da rendere la vigilanza stessa continua e pressante e quindi annullando ogni garanzia della dignità e riservatezza del dipendente. Pertanto, l’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori sancisce, al primo comma, il divieto assoluto e inderogabile del controllo cosiddetto “intenzionale” dell’attività lavorativa, mediante l’uso di impianti audiovisivi o di altre apparecchiature aventi come unica finalità il controllo dell’attività dei dipendenti. L’operatività del divieto è basata su due presupposti: il primo è che il controllo a distanza sia effettuato a mezzo di un impianto audiovisivo o di qualsiasi altro tipo di apparecchiatura, cioè qualsiasi strumento che consenta di effettuare controlli occulti, lesivi della dignità della persona. Il secondo presupposto è che il controllo a distanza riguardi direttamente o indirettamente l’attività dei lavoratori, vale a dire ogni contegno del lavoratore, anche se illecito.
La giurisprudenza ha ritenuto che rientri nel divieto di controllo a distanza sia la mera prestazione lavorativa, sia altre e diverse attività svolte in azienda dal lavoratore, come ad esempio le pause, comprese quelle fisiologiche, gli spostamenti all’interno dell’azienda, eccetera.
Il secondo comma dell’art. 4 dello Statuto si riferisce ai cosiddetti controlli “preterintenzionali” e consente l’uso di impianti dai quali possa derivare qualche controllo a distanza, purchè l’installazione sia richiesta da ragioni di sicurezza o da esigenze produttive od organizzative. La differenza tra le ipotesi del primo e del secondo comma dell’art. 4 dello Statuto è data dall’elemento psicologico: nel primo caso le apparecchiature sono utilizzate al solo ed esclusivo scopo di controllare l’attività dei lavoratori, mentre nel secondo caso è possibile l’installazione e l’uso di apparecchiature che rispondono a esigenze produttive, organizzative o di sicurezza, in cui il controllo nei confronti del dipendente è solo incidentale o potenziale, rispettando però particolari garanzie procedurali: esigenze aziendali e previo accordo con le RSA, o, in difetto, autorizzazione della DPL.
Va precisato che anche se il lavoratore ha prestato il proprio consenso a forme di controllo comunque contrastanti con l’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori non è esclusa l’illiceità del comportamento del datore di lavoro perché la dignità e la riservatezza del dipendente sono beni del lavoratore intangibili dal datore di lavoro e indisponibili dal medesimo prestatore-interessato mediante il proprio consenso.
La Cassazione ha affermato la legittimità dei cosiddetti controlli “difensivi”, cioè quelli volti alla protezione dei beni aziendali o ad accertare condotte illecite dei lavoratori. Anche per tali tipi di controlli c’è l’obbligo di rispettare la procedura prevista dal secondo comma dell’art. 4 dello Statuto (accordo con le RSA o autorizzazione della DPL). In definitiva nessun controllo può considerarsi legittimo se è effettuato in contrasto con quanto previsto dall’art. 4, comma 2, dello Statuto dei Lavoratori.
La violazione da parte del datore di lavoro dell’art. 4 dello Statuto esclude la rilevanza probatoria dei risultati dei controlli dell’attività dei lavoratori, sia a fini disciplinari sia a fini risarcitori e secondo un certo orientamento giurisprudenziale, le eventuali risultanze di un’apparecchiatura di controllo installata e utilizzata in assenza del preventivo accordo sindacale, o dell’autorizzazione della DPL, sono del tutto inutilizzabili ai fini disciplinari anche nel caso in cui il datore di lavoro avrebbe potuto provare il comportamento illecito dei lavoratori attraverso diversi mezzi istruttori.
La violazione dell’art. 4 dello Statuto integra un illecito di natura penale; inoltre, la violazione costituisce anche condotta antisindacale ai sensi dell’art. 28 dello Statuto dei Lavoratori.
Il Codice della Privacy ha richiamato integralmente quanto disposto dall’art. 4 dello Statuto, pertanto il D.Lgs. 196/03, è una regolamentazione aggiuntiva rispetto a quella speciale di limitazione del potere di controllo del datore di lavoro e impone una lettura integrata dei due sistemi normativi. Già nel 2004 il Garante per la protezione dei dati personali nel suo provvedimento generale sulla videosorveglianza ha previsto espressamente il rispetto nell’attività di videosorveglianza del divieto di controllo a distanza dell’attività lavorativa, nonché delle garanzie previste in materia di lavoro quando la sorveglianza sia impiegata per esigenze organizzative e dei processi produttivi, ovvero sia richiesta per la sicurezza del lavoro. In particolare, il Garante ha precisato che le suddette garanzie devono essere osservate sia all’interno degli edifici, sia in altri luoghi della prestazione lavorativa (perciò è inammissibile l’installazione di sistemi di videosorveglianza in luoghi riservati esclusivamente ai lavoratori e non destinati all’attività lavorativa, ad esempio: bagni, spogliatoi, docce, locale armadietti e luoghi ricreativi).
Alla luce di tutto ciò, ritengo impossibile installare una videocamera in prossimità dei bagni per registrare eventuali comportamenti scorretti dei lavoratori come quello da lei evidenziato.
Scritto il 7-5-2010 alle ore 09:51
Buongiorno,
L’azienda in cui lavoro è una farmacia e per ragioni di sicurezza si dovranno installare delle telecamere per la videosorveglianza.
L’azienda ha sette dipendenti e nella lettura delle norme del Garante si legge “l’accordo della RSA o in mancanza della commissione interna, in difetto di accordo su istanza del ……..”
Si chiede, se i dipendenti possono formare la commissione interna e stipulare l’accordo per l’installlazione delle telecamere?
Distinti saluti.
Scritto il 7-5-2010 alle ore 11:09
Occorre fare un brevissimo excursus storico sugli organismi di rappresentanza sindacale dei lavoratori.
Le Commissioni Interne sono state la forma tipica di rappresentanza sindacale nei luoghi di lavoro fino alla fine degli anni ’60. Con l’avvento della legge n. 300 del 1970 (Statuto dei Lavoratori) esse tramontarono e furono sostituite dalle Rappresentanze Sindacali Aziendali (RSA), disciplinate dall’art. 19 della legge.
A seguito dell’accordo interconfederale del 23 luglio 1993 fu introdotto un nuovo organismo di rappresentanza sindacale aziendale: le Rappresentanze Sindacali Unitarie (RSU); ma con l’introduzione delle RSU, l’istituto delle RSA non è stato abolito. Infatti, una associazione sindacale, qualora decida di non partecipare alle elezioni per la costituzione di una Rappresentanza Sindacale Unitaria, mantiene il diritto, se in possesso dei requisiti previsti dalla legge, di costituire una propria RSA.
Va tuttavia considerato che, secondo l’art 35 dello Statuto dei Lavoratori, le disposizioni del titolo III dello Statuto sull’attività sindacale (tra cui l’art. 19 sulla costituzione delle RSA) si applicano a ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo delle imprese industriali e commerciali che occupano più di quindici dipendenti, ovvero alle imprese industriali e commerciali che nell’ambito dello stesso comune occupano più di quindici dipendenti anche se ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali limiti.
Pertanto in un’impresa con 7 dipendenti non è possibile nominare una rappresentanza sindacale.
Scritto il 11-5-2010 alle ore 14:17
Ringrazio infinitamente per la gentile ed esaustiva risposta.
Scritto il 14-5-2010 alle ore 09:45
Buongiorno,
volevo solo un’informazione relativa al cartello informativo.
Nella parte dove è scritto “la registrazione è effettuata da….” bisogna mettere il nome dell’azienda/ditta che effettua la registrazione o del legale rappresentante?
Grazie
Scritto il 15-5-2010 alle ore 09:12
Ovviamente nel cartello d’informativa va indicato il “titolare del trattamento” dei dati, cioè l’azienda o la ditta che raccoglie e/o registra le immagini costituenti “dati personali”.
Il legale rappresentante invece è solamente colui che impersonifica la ditta titolare del trattamento, anche ai fini dell’eventuale responsabilità penale.
Scritto il 18-5-2010 alle ore 19:03
Buon giorno,
almeno un paio di mesi fa nell’ufficio in cui lavoro è stata installata una telecamera nascosta senza informare nessuno dei dipendi che ci lavora. Ieri mattina appena arrivati notiamo un piccolo, poco chiaro e poco visibile cartello fissato su parete…: a mano c’era scritto… “locale video-sorvegliato”…. Chiedo spiegazioni e mi viene riferito che la telecamera è stata messa di nascosto per controllare i dipendenti.. dai filmati infatti risulta che un dipendente rubi…
1) E’ tutto normale quello che è stato fatto o è un tantino illecito???
2) Se io o chiunque altro dipendente dai filmati risulta “rubare” cosa è consigliabile fare ???
3) Se io o chiunque altro dipende dai filmati risulta “rubare” e può discolparsi totalmente da qualsiasi accusa e chiarire tutto ha un qualche vago potere di difesa????
Scritto il 19-5-2010 alle ore 10:58
Buon giorno,
Le scrivo da un’azienda alimentare. Durante una visita ispettiva dell’ASL ci é stato detto che la direzione dovrebbe poter controllare gli armadietti dei dipendenti per motivi di sicurezza. In internet ho trovato piú commenti a conferma di ció. Pare che gli armadietti, essendo di proprietá aziendale, possano essere controllati a campione dal datore di lavoro anche senza un preventivo accordo con le rappresentanze sindacali a patto che non siano perquisite borse o contenitori personali eventualmente collocati sullo stesso. Vista la riluttanza degli operatori a fornire alla direzione copia delle chiavi, mi chiedevo se esista una legge o una sentenza a cui fare ufficialmente riferimento in modo da tranquillizzare gli operatori sulla legalitá di questa richiesta.
Scritto il 24-5-2010 alle ore 11:09
Tornato ieri dall’estero, rispondo a Laura e Roberta assieme.
Le questioni proposte riguardano più specificatamente il diritto del lavoro. Chiederei pertanto agli esperti in questa materia di intervenire, oppure suggerirei a Roberta e Laura di riformulare le loro domande nell’apposita sezione del blog.
Ad ogni modo do qui una mia pur breve risposta.
Quanto alla questione posta da Laura, direi che la “procedura” seguita dal suo datore di lavoro è assolutamente illecita. Ad ogni modo, se lei non commette l’illecito non ha nulla da temere; infatti, al di là del fatto che dalle immagini videoregistrate risulterà (molto probabilmente) la sua estraneità al fatto, il suo datore di lavoro dovrà eventualmente contestarle formalmente il fatto ai sensi dell’art. 7 della legge 300/70 (Statuto dei lavoratori) e lei potrà comunque difendersi secondo quanto previsto dal medesimo art. 7.
Per ciò che riguarda Roberta, invece, non vedo particolari problemi all’esercizio del legittimo potere di controllo del datore di lavoro sul contenuto degli armadietti. Va in ogni caso rispettato l’art. 6 della legge n. 300/70 (Statuto dei lavoratori), che vieta le “visite personali” di controllo sul lavoratore”, fuorché nei casi in cui queste siano indispensabili ai fini della tutela del patrimonio aziendale, in relazione alla qualità degli strumenti di lavoro o delle materie prime o dei prodotti (come nel caso di un’azienda alimentare). In tali casi le visite personali possono essere fatte solo all’uscita dei luoghi di lavoro, salvaguardando in ogni caso la dignità e la riservatezza del lavoratore (cioè la sua privacy) e a condizione che i controlli avvengano applicando sistemi di selezione automatica riferiti alla collettività o a gruppi di lavoratori (perciò il controllo individuale è ammesso come extrema ratio).
Per rispettare la privacy a mio avviso è necessaria una completa informativa preventiva, che spieghi le finalità e le modalità del controllo e faccia espresso riferimento alle norme di legge che impongono la sorveglianza sanitaria nelle aziende produttrici di sostanze alimentari.
Le ipotesi nelle quali possono essere disposte le visite personali di controllo, nonché (ferme restando le condizioni di cui al comma 2 dell’art. 6 della legge 300/70), le relative modalità devono essere concordate dal datore di lavoro con le R.S.A. (oggi R.S.U.)oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede la Sezione Ispettiva della competente Direzione Provinciale del Lavoro.
Scritto il 28-5-2010 alle ore 14:40
Buongiorno, mi chiamo Alessandro lavoro per un’azienda di distribuzione che conta più di 100 punti vendita in tutta Italia. Su parte dei negozi sono stati installati impianti di TVCC che non presentano strumenti di registrazione (DVR) o dispositivi di remotizzazione (sostanzialmente non registrano e l’azienda non può controllare a distanza in tempo reale i propri dipendenti). Volevo chiederle;
1. L’istallazione TVCC in queste condizioni non configurando “controllo a distanza” dei lavoratori doveva sottostare alla regola dell’accordo sindacale o in alternativa della richiesta alla DPL competente?
2. Avendo fatto richiesta alla DPL competente ed avendo contestualmente spento l’impianto TVCC sui punti vendita interessati, l’ispettore del lavoro, durante le sua ispezione, ha comunque constatato l’installazione dell’impianto e ha prescritto alla mia azienda la violazione dell’art 4 legge n. 300/1970 denunciando penalmente il nostro AD (denuncia sanata con il pagamento in sede amministrativa ed estinzione del reato penale). La domanda è; poteva l’ispettore prescrivere la violazione della legge 300? Se no, sarebbe possibile chiedere il recupero delle somme pagate?
Grazie per la sua attenzione.
Buona giornata.
Scritto il 5-7-2010 alle ore 17:38
buongiorno, il titolare di un negozio di vestiti ha istallato un impianto di videosorveglianza all’interno del locale di vendita per difendersi dai furti. Ci sono 5 telecamere ed un video posizionato vicino alla cassa, la registrazione permane 24 ore e poi si cancella automaticamente. L’azienda occupa 5 commesse che sono state opportunamente avvisate, in quanto loro stesse controllano nel video il comportamento dei clienti. La ditta, oltre all’autorizzazione da richiedere alla DPL, deve anche consegnare una informativa scritta alle lavoratrici ? la ringrazio anticipatamente
Scritto il 7-7-2010 alle ore 18:55
La registrazione o anche la semplice visione in tempo reale delle immagini che permettono di identificare delle persone costituisce un “trattamento” di dati personali e, come tale, è sempre soggetta all’obbligo di fornire una preventiva informativa sul trattamento, ai sensi dell’art. 13 del Codice della privacy.
Il codice ammette la possibilità di fornire un’informativa verbale, ma ai fini probatori (e anche per maggior chiarezza) è sempre consigliabile dare un’informativa scritta, facendola firmare per presa visione.
Ovviamente è necessario anche installare in prossimità delle telecamere il cartello-avviso predisposto dal Garante, che oltre ad informare chiunque si trovi nel raggio di azione delle telecamere ha anche una funzione deterrente.
Scritto il 9-7-2010 alle ore 17:07
Buongiorno Sig.Polacchini,
la mia Azienda è dotata di quattro telecamere (tre esterne e una interna), appositamente segnalate e della cui esistenza tutti i dipendenti sono informati, più cinque rilevatori di movimento, posti all’interno della ditta; il tutto viene normalmente attivato quando la ditta chiude, fino al mattino dopo.
Mi sono accorta che almeno tre di questi rilevatori di movimento presentano al loro interno una micro-videocamera, di cui nessuno è al corrente.
Mi sembra molto scorretto. E spero che i due rilevatori presenti nei bagni siano liberi, come in realtà credo.
Quali sono le sanzioni previste per questa omissione?
Ringrazio e porgo cordiali saluti.
Scritto il 9-7-2010 alle ore 19:27
Virginia, come ho già avuto modo di evidenziare il provvedimento a carattere generale del Garante per la privacy dell’8/4/2010 (che sostituisce integralmente il precedente provvedimento del 29 /4/2004 in tema di videosorverglianza), ha ribadito l’obbligo per il datore di lavoro che voglia effettuare la videosorveglianza per ragioni organizzative o produttive, ovvero per la sicurezza del lavoro,di osservare le regole “procedurali” previste dall’art. 4 dello Statuto dei lavoratori (L. n. 300/70). Detto art. 4 subordina l’installazione degli impianti audiovisivi al preventivo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste, ovvero in difetto di tale accordo, alla autorizzazione preventiva del Servizio Ispettivo della Direzione Provinciale del Lavoro.
Inoltre, è fondamentale affinchè i trattamenti di dati personali derivanti dalla videosorveglianza (“trattamenti” che sono costituiti dalla rilevazione di immagini che permettono di identificare le persone) siano leciti e corretti che sia data sempre l’informativa preventiva ai soggetti interessati. Tale informativa può essere data in via generale ricorrendo a un cartello analogo al fac-simile proposto dal Garante stesso (con gli opportuni adattamenti che diano conto della sola rilevazione di immagini, o anche della eventuale registrazione e/o dell’eventuale collegamento diretto della videosorveglianza privata con le forze di polizia), cartello che deve essere posizionato prima del raggio d’azione delle telecamere (per consentire all’interessato la scelta di non accedere all’area coperta dal raggio d’azione) e non necessariamente a contatto con gli impianti e deve essere sempre chiaramente visibile, anche nelle ore notturne. Va segnalato però che il Garante, nel suo provvedimento dell’8/4/2010, invita inoltre a integrare l’informativa resa tramite i cartelli fac-simile con un testo completo (contenente tutti gli elementi previsti dall’art. 13 del Codice della privacy D.Lgs. n. 196/03) reso facilmente disponibile agli interessati.
Quanto all’aspetto sanzionatorio, il mancato rispetto delle anzidette prescrizioni costituisce una violazione amministrativa punita con il pagamento di una somma da 30.000 euro a 180.000 euro, mentre per l’omessa o inidonea informativa continua ad applicarsi la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 6.000 euro a 36.000 euro. Inoltre, se dall’utilizzo illecito di sistemi di videosorveglianza nei luoghi di lavoro deriva un controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, il fatto è sanzionato anche penalmente ai sensi dell’art. 171 del D.Lgs. n. 196/03 e dell’art. 38 della L. n. 300/70.
Scritto il 16-7-2010 alle ore 10:05
Salve vorrei sapere se è obbligatoria la comunicazione alla DPL per l’istallazione di un impianto di videosorveglianza oopure basta comunicarlo per iscritto ai lavoratori? L’azienda conta ad oggi 5 dipendenti!
Scritto il 20-7-2010 alle ore 08:28
Come già detto, fermo restando il divieto assoluto di utilizzare apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, è ammesso un controllo finalizzato a tutelare altri interessi del datore di lavoro costituzionalmente garantiti, che permetta anche un controllo indiretto nei confronti dei lavoratori.
In particolare, se le apparecchiature di controllo sono richieste da esigenze organizzative e produttive, ovvero di sicurezza del lavoro, ma anche per finalità di tutela del patrimonio aziendale,
prima dell’installazione delle telecamere occorre l’assenso delle rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste, di una commissione interna (composta – in assenza d’indicazioni dell’art. 4 della legge n. 300/70 – logicamente da rappresentanti scelti dai lavoratori).
Se poi non si raggiunge un accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede la Direzione Provinciale del Lavoro ad approvare l’impianto di videosorveglianza, dettando, se necessario, le modalità per il suo utilizzo.
Ribadisco che questo assenso (cioè accordo) è necessario soltanto quando la videosorveglianza comporta la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, ma bisogna anche ricordare che il divieto di controllo a distanza dell’attività lavorativa vale anche quando il controllo è discontinuo, cioè viene esercitato in locali dove i lavoratori possono trovarsi solo saltuariamente (v. sentenza Cass. 6 marzo 1986, n. 1490, richiamata dal provvedimento del Garante del 26 febbraio 2009, n. 1601522).
Infine, va ricordato che l’art. 134 del Codice della privacy ha previsto un codice di deontologia e di buona condotta per il trattamento dei dati personali effettuato con strumenti elettronici di rilevamento di immagini, che dovrebbe contemplare specifiche modalità di trattamento e forme semplificate di informativa all’interessato per garantire la liceità e la correttezza del trattamento; ma, dal momento che tale codice deontologico ad oggi non è stato ancora definito, il trattamento dei dati derivanti dalla videosorveglianza dei luoghi di lavoro deve rispondere sempre ai principi generali di trattamento dei dati personali, sanciti dagli artt. 2, 3 e 11 del D.Lgs. n. 196/2003.
Scritto il 21-7-2010 alle ore 19:13
ciao lavoro in un negozio d’abbigliamento dove sono situate 3 telecamere ruotabii a 160gradi con un pixell e uno zoom potentissimo capaci di visionare anche un neo sulla frontE.Il modello della telecamera si chiama snp-1000p.So che i miei titolari hanno la possibilita’ di controllarci attraverso i loro pc portatili in qualunque posto loro siano,collegandosi con skipe.Mi piacerebbe sapere se oltre a controllarcci 8 h al giorno possano queste telecamere avere anche dei microfoni.MA LA DOMANDA CHE PIU’ MI PREME FARVI E': POSSONO LORO IN UNA ATTIVITA’ DOVE C’E’ UN BUON SERVIZIO DI ANTITACCHEGGIO AVER MESSO LE TELECAMERE IN MANIERA DA POTER VISIONARE IL PERSONALE IN QUALUNQUE SUO MOVIMENTO,E SOPRATUTTO IN DIVERSE ANGOLAZIONI COME LA TELECAMERA FA? SAREI MOLTO GRATA DELLA VOSTRAA RISPOSTA PERCHE’ MI SENTO TANTO AL GRRANDE FRATELLO DOVE CHINARSI PER PRENDERE UN ORLO SARTORIALE DIVENTA UN GESTO PARANOICO PENSANDO CHE QUESTI FOTOGRAMMI POSSANO ESSERE VISTI DA CHI SA CHI DALL’ALTRA PARTE DI UN PC. grazie
Scritto il 23-7-2010 alle ore 06:14
Daniela… la risposta è già nel mio intervento precedente (il n.17)… leggi bene!!!
I microfoni abbinati alle telecamere mi sembrano invece sproporzionati (e quindi ingiustificati) rispetto a qualunque esigenza di tutela del patrimonio aziendale.
L’installazione di un impianto con le caratteristiche da te indicate deve in ogni caso essere approvata PREVENTIVAMENTE dalla Direzione Provinciale del Lavoro e deve rispettare tutte le PRESCRIZIONI del provvedimento generale del Garante dell’8 aprile 2010.
Scritto il 28-7-2010 alle ore 18:15
Il datore di lavoro può effettuare allora i cosiddetti controlli “difensivi”, cioè quelli volti alla protezione dei beni aziendali o ad accertare condotte illecite dei lavoratori, mediante l’uso di investigatori privati che possano fotografare in segreto l’eventuale dipendente al momento della commissione di un reato? grazie
Scritto il 28-7-2010 alle ore 18:22
Hummm….. siamo in un terreno minato, che non c’entra nulla con la videosorveglianza e con la privacy. Le consiglio di consultarsi con un avvocato….
Scritto il 3-8-2010 alle ore 17:54
Domanda…nell’azienda in cui lavoro, sistematicamente ogni anno nel periodo di agosto quando tutti godono delle ferie estive, si programma la manutenzione sugli impianti di produzione.
Oltre al centro di manutenzione aziendale vengono coinvolte ditte esterne. L’azienda intende utilizzare il sistema di videosorveglianza solo in questo periodo per garantire sicurezza e tutela delle persone nonchè il patrimonio aziendale. E’ legittimo?
Scritto il 3-8-2010 alle ore 18:12
Per come mi ha descritto la situazione, non vedo alcun problema di eventuale “controllo a distanza dell’attività dei lavoratori” (art. 4 L. 300/70).
Mi domando se per l’installazione delle telecamere siano state inizialmente rispettate le prescrizioni di legge e se effettivamente si faccia un utilizzo così limitato della videosorveglianza…
In ogni caso, anche se utilizzate saltuariamente le telecamere che possono controllare i lavoratori sottostanno alle regole comuni per la loro installazione. Per ciò che riguarda la privacy poi, è necessario (e utile come deterrente…) affiggere i cartelli d’informativa previsti dal Garante.
Scritto il 3-8-2010 alle ore 19:32
Si…si fa utilizzo della videosorveglianza a fine settimana lavorativa e praticamente al sabato dalle ore 12:00 al lunedi mattina prima di avviare la produzione.
L’azienda ha rispettato le prescrizioni di legge.
Giusto sottolineare che la videosorveglianza sarà attiva anche nei reparti ove si effettuerà la manutenzione degli impianti
Scritto il 21-8-2010 alle ore 10:25
mi scusi, le telecamere posizionate perimetralmente alle aziende e con cartelli su cui vi è scritto “sorveglianza ai fini di tutela del patrimonio aziendale” possono permettere all’azienda di denunciare fatti estranei a quest’ultima avvenuti all’esterno della stessa tramite l’utilizzo della registrazione?
Scritto il 21-8-2010 alle ore 11:10
La finalità della videosorveglianza è proprio quella di tutelare la proprietà aziendale da eventuali furti o intrusioni di estranei; pertanto la risposta alla sua domanda è affermativa. Attenzione però a rispettare sempre le prescrizioni generali e particolari del provvedimento del Garante per la privacy dell’8 aprile 2010, in particolare per quanto riguarda il cosiddetto “principio di proporzionalità” (v. art. 11, comma 1, lett. e), del Codice). Nei casi in cui sia stato scelto un sistema che preveda la conservazione delle immagini, in applicazione del principio di proporzionalità anche l’eventuale conservazione temporanea dei dati deve essere commisurata al tempo necessario – e predeterminato – a raggiungere la finalità perseguita.
La conservazione deve essere limitata a poche ore o, al massimo, alle 24 ore successive alla rilevazione, fatte salve speciali esigenze di ulteriore conservazione in relazione a festività o chiusura di uffici o esercizi, nonché nel caso in cui si deve aderire ad una specifica richiesta investigativa dell’autorità giudiziaria o di polizia giudiziaria. Solo in alcuni casi, per peculiari esigenze tecniche o per la particolare rischiosità dell’attività svolta dal titolare del trattamento, è ammesso un tempo più ampio di conservazione dei dati che, sulla scorta anche del tempo massimo legislativamente posto per altri trattamenti, non deve comunque superare la settimana.
Anche nella scelta delle modalità di ripresa e dislocazione delle telecamere (ad esempio tramite telecamere fisse o brandeggiabili, dotate o meno di zoom), nonché nelle varie fasi del trattamento deve essere rispettato il principio di proporzionalità e, in ogni caso, è ammesso solo il trattamento di dati pertinenti e non eccedenti rispetto alle finalità perseguite (art. 11, comma 1, lett. d) del Codice
Scritto il 21-8-2010 alle ore 11:21
quindi se vengono compiuti reati al di fuori dell’azienda che non riguardano l’interesse della stessa (cioè se non avvengono furti, danneggiamenti, intrusioni eccetera) ma vengono dalla sua videosorveglianza registrati, può l’azienda denunciare i fatti agli organi di polizia anche se la sua sorveglianza prevede esclusivamente “fini di tutela del patrimonio aziendale”?
Scritto il 21-8-2010 alle ore 12:27
Non credo sia compito di un’azie3nda quello di sostituirsi alla polizia… ma penso sia obbligo morale di qualunque persona fisica o giuridica denunciare alla pubblica autorità i reati dei quali venga a conoscenza (anche incidentalmente).
Ritengo pertanto che, se visionando le registrazioni conservate per un congruo periodo di tempo (di norma massimo 24 ore), l’azienda venisse a conoscenza di un reato possa certamente segnalarlo a chi di competenza.
Scritto il 22-8-2010 alle ore 09:12
mi scusi il disturbo ma è importante. E se il reato in questione fosse atti osceni in luogo pubblico, ovvero due amanti che in macchina vengono colti da un filmato di una telecamera perimetrale? Possono comunque essere denunciati dall’azienda o a questo punto scatta la privacy personale? Inoltre, l’atto osceno può essere denunciato solo in flagranza o anche se vi è soltanto una prova video?
so che devia un po’ da quello che è il suo articolo del blog, ma le sarei grato se mi desse delle delucidazioni.
grazie.
Scritto il 22-8-2010 alle ore 17:58
come dicevo prima, nell’effettuare la videoregistrazione deve essere rispettato il principio di proporzionalità ed è ammesso solo il trattamento di dati pertinenti e non eccedenti rispetto alle finalità perseguite (art. 11, comma 1, lett. d) del Codice). Ora, francamente, non mi sembra che la finalità di tutela del patrimonio aziendale possa spingersi fino a ricomprendere eventuali reati commessi da soggetti estranei al di fuori del perimetro aziendale…
Temo che i soggetti interessati potrebbero ben eccepire una lesione della loro sfera privata… anche se “colti in luogo pubblico”.
Quanto al reato registrato dalle vostre videoriprese, siamo nell’ambito del penale che non è di mia competenza.
Scritto il 7-9-2010 alle ore 09:54
buon giorno le volevo chiedere quanto segue :
essendo proprietario di un ristorante dove ho una terrazza che è accessibile anche a locale chiuso , è solo delimitata da una corda tipo marino per delimitare l’ingresso ( per un fattore estetico.
in questo periodo si sono verificati dei furti mi sono spariti dei tavoli e delle lampade verrei mettere delle telecamere per sorvegliare la zona .
ho 2 dipendenti io e mia moglie . cosa devo fare per essere in regola :
ho chiesto verbalmente ai dipendenti il loro consenzo i quali sono pienamente daccordo per l’installazione .nn abbiamo un rappresentante sindacale azindale.
ho chiesto al mio consulete che mi segue la parte della privasy , ma lui me fa fa molto difficile dice che deve intervenire l’ispettorato del lavoro per dare il consenzo ( ma sta cosi le cose ) !! le chiedo gentilmente di darmi un suo parere .
Scritto il 12-9-2010 alle ore 12:16
Mi scuso per il rirado con cui le rispondo, ma… ero all’estero.
Avendo dei dipendenti lei sarebbe soggetto all’applicazione del comma 1 dell’art. 4 della Legge n. 300/70 (Statuto dei lavoratori) che, per quanto riguarda l’installazione degli apparecchi per la videosorveglianza, nel caso in cui vi sia anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, richiede un “previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l’Ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l’uso di tali impianti.”
Ritengo tuttavia che, date le esigue dimensioni della sua impresa e il consenso fornitole verbalmente dal suo personale, le sarebbe sufficiente un accordo scritto sottoscritto da tutti i suoi dipendenti per evitare la necessità di avanzare un’istanza all’Ispettorato del lavoro.
Scritto il 29-9-2010 alle ore 12:18
Buongiorno,
le chiederei una cortesia, mi potrebbe indicare il numero della Sentenza della Cassazione che ha ritenuto legittime le riprese fatte al di fuori dell’orario di lavoro per tutelare il patrimonio aziendale contro atti illegittimi messi in atto da terzi.
Ringraziandola anticipatamente, le porgo cordiali saluti.
Scritto il 4-10-2010 alle ore 17:41
Sul rilievo dell’operatività del divieto di cui al comma 1 dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori limitatamente al momento dell’espletamento dell’attività lavorativa e dunque solo durante l’orario di lavoro, Cass., sez. lav., 3 luglio 2001, n. 8998 afferma che: “(…) Sono pertanto legittimi, in quanto estranei alle previsioni delle suddette norme, gli accertamenti operati dall’imprenditore attraverso riproduzioni filmate dirette a tutelare il proprio patrimonio aziendale, al di fuori dell’orario di lavoro e contro possibili atti penalmente illegittimi messi in atto da terzi e, quindi, anche dai propri dipendenti i quali a questi non possono non essere in tutto equiparati all’or quando agiscano al di fuori dell’orario di lavoro”.
Scritto il 5-10-2010 alle ore 10:19
la ringrazio per la sua disponibilità, le pongo una latro punto devo redigere un manuale per il trattamento dei dati registrati nelle 24 h, mi puole dare qualche consiglio per realizzare ciò un sito dove trovare del materiele da elaborare ecc ..
Scritto il 5-10-2010 alle ore 11:23
Francamente Marco non posso esserle di aiuto.
Nella mia attività professionale ho redatto anche un registro delle videroregistrazioni, ma ne non ho mai cercato una traccia in Internet. Provi con Google….
Scritto il 14-10-2010 alle ore 19:44
Se l’impianto di videosorveglianza è stato installato, ossia sono state installate le telecamere il monitor e il videoregistratore, ma ancora non è stato definitivamente attivato, ossia l’impanto non registra i lavoratori, durante un accesso degli ispettori della DPL, posso essere sanzionato aisensi dell’art. 4 e 38 della legge 300/70 ? Per violare la la legge (art. 4 L. 300/70) non è necessario che l’impianto non sia attivato e non solo installato, installazine che può durare anche dei giorni. Gradirei una rapida risposta . gazie
Scritto il 21-10-2010 alle ore 14:22
salve, sono un resp di un punto vendita, è avendo subito diversi furti avremmo pensato la necessita’ di poter installare videocamere per la videosorveglianza al di fuotri dell’orario lavorativo, e volevo sapere se è necessaria sempre l’autorizzazzione dell’ispettorato del lavoro o non serve visto che le telecamere sono all’esterno dell’attivita’?
e se le metto all’intenro e accese solo al di fuori dell’oraio lavorativo e quando non ci sono dipendenti si puo’ fare lo stesso?
grazie
Scritto il 25-10-2010 alle ore 20:18
salve ,la mia azienda intende mettere dei localizzatori satellitari sui propri mezzi ,al fine di ottimizzare il lavoro . si puo considerare una violazione sulla privacy degli autisti? grazie
Scritto il 26-10-2010 alle ore 12:55
Buongiorno cari lettori. Ultimamente sono stato un po’ latitante, ma la mia passione per la subacquea e un viaggio negli Stati Uniti di alcune settimane mi hanno portato un po’ lontano dal blog della privacy.
Cercherò di rimediare con una risposta cumulativa, anche se un po’ tardiva.
Per Luigi.
Come già indicato nel mio intervento iniziale su quest’argomento, il fatto che l’impianto di videosorveglianza sia stato già installato ma non sia ancora funzionante secondo la giurisprudenza non fa venire meno la condotta illecita del datore di lavoro (Cass. n. 1490/86), in quanto solamente il rispetto della procedura stabilita dall’art. 4 della legge n. 300/70 impedisce che il comportamento posto in essere dal datore di lavoro (installazione delle telecamere) potenzialmente lesivo del divieto di controllo a distanza dei lavoratori sancito dal medesimo art. 4 sia considerato illecito. Pertanto, ritengo che nel caso di un eventuale accesso ispettivo il datore di lavoro potrebbe essere sanzionato penalmente. In ogni caso, ai sensi dell’art. 15 del D.Lgs. n. 124/04, qualora il personale ispettivo della DPL rilevi la violazione della norma deve impartire al contravventore un’apposita prescrizione obbligatoria ai sensi del D.Lgs. n. 758/94 per eliminare l’irregolarità riscontrata e in caso di ottemperanza alla prescrizione nel termine assegnato secondo le modalità in essa indicate, il trasgressore sarà ammesso, nel termine di 30 giorni, a pagare in sede amministrativa una somma pari ad un quarto del massimo.
Per Vincenzo.
L’autorizzazione del Servizio Ispettivo della DPL è necessaria se le telecamere sorvegliano il luogo di lavoro e il suo perimetro all’interno del quale possono essere ripresi i lavoratori. Al di fuori dell’ambiente di lavoro per compiere legittimamente la videosorveglianza occorre rispettare tutte le regole previste dal Garante per la privacy nel suo provvedimento dell’8 aprile 2010. In particolare, il soggetto che intende installare un sistema di videosorveglianza deve informare gli interessati che stanno per accedere o che si trovano in una zona videosorvegliata e dell’eventuale registrazione delle immagini. Il cartello informativo deve avere un formato e una posizione tale da essere chiaramente visibile e deve essere collocato nei luoghi ripresi o nelle loro immediate vicinanze.
In ogni caso, prima di installare l’impianto di videosorveglianza bisogna fare un’analisi preliminare, per valutare se il suo impiego e le modalità della sua utilizzazione siano realmente proporzionate allo scopo perseguito di tutela del patrimonio aziendale o se non sia possibile adottare altri sistemi potenzialmente meno invasivi della privacy.
Va inoltre tenuto presente che la Cassazione nella sentenza n. 47165/2010 ha precisato che una normale ripresa in un ambiente esterno può diventare illecita quando si adottano sistemi per superare quei normali ostacoli che impediscono di intromettersi nella vita privata altrui. Pertanto, secondo la Corte, per verificare se una ripresa è lecita o no “è necessario bilanciare l’esigenza di riservatezza (che trova presidio nella normativa costituzionale quale espressione della personalità dell’individuo nonché la protezione del domicilio, pur esso assistito da tutela di rango costituzionale, che dispiega severa protezione dell’immagine), e la naturale compressione del diritto imposta dalla concreta situazione di fatto o, ancora, la tacita, ma inequivoca rinuncia al diritto stesso, come accade nel caso di persona che, pur fruendo di un sito privato, si esponga in posizione visibile da una pluralità indeterminata di soggetti”. In sostanza per considerare illecita una ripresa all’esterno bisogna verificare se “per conseguire la captazione siano stati adottati accorgimenti volti a superare” le barriere che altrimenti impedirebbero la visione.
Per Mario.
L’utilizzo dei sistemi satellitari per la localizzazione dei veicoli aziendali al fine della prevenzione dei furti aveva sollevato in passato qualche problema riguardante la privacy, specie per ciò che riguarda l’obbligo o meno di notificare al Garante tale trattamento di dati personali ai sensi dell’art. 37, lettera a) del D.Lgs. 196/03 (che stabilisce che il titolare del trattamento deve notificare al Garante il trattamento di dati personali cui intende procedere, se il trattamento riguarda dati che indicano la posizione geografica di persone od oggetti mediante una rete di comunicazione elettronica). Sul punto è intervenuta la stessa Autorità Garante (delibera n. 1/2004), la quale ha escluso dall’obbligo della notificazione il trattamento dei dati che indicano la posizione geografica dei mezzi di trasporto effettuato esclusivamente a fini di sicurezza del trasporto. In pratica, il Garante ha stabilito che la localizzazione geografica dei mezzi di trasporto – quando sia effettuata esclusivamente per garantire la sicurezza del trasporto – non costituisce un trattamento di dati personali suscettibile di recare pregiudizio agli interessati e quindi non deve essere notificato all’Autorità.
Vanno poi tenute presenti le direttive interne alle categorie produttive che sono state diramate a seguito della citata delibera del Garante. Di particolare interesse è la circolare n. 40/2004 della Confederazione Generale Italiana dei Trasporti, che, dopo aver ribadito che le rilevazioni dei sistemi di controllo satellitare installati dalle imprese di trasporto sui camion per la prevenzione del fenomeno dei furti devono ritenersi escluse dall’obbligo di notifica, precisa che l’eventuale conservazione delle rilevazioni (fatte con l’uso del sistema satellitare) presso le aziende deve essere coerente con lo scopo delle rilevazioni di garantire esclusivamente la sicurezza dei trasporti. Il che significa che occorre sempre rispettare il fondamentale principio di pertinenza (uno dei principi cardine della normativa sulla privacy), dal quale dipendono le scelte in ordine ai tempi di conservazione delle rilevazioni (che deve essere estremamente limitato), alle modalità di conservazione delle rilevazioni e al loro possibile successivo utilizzo. Inoltre è sempre indispensabile dare l’informativa preventiva all’interessato (cioè all’autista); mentre per quanto riguarda il consenso a mio avviso esso può essere ritenuto superfluo, considerando l’attività di rilevazione nei limiti dell’obbligo contrattuale di garantire la sicurezza e l’incolumità fisica del lavoratore.
Scritto il 28-10-2010 alle ore 20:47
Gentilissimo Dottor Polacchini,
ho una domanda un pò particolare da sottoporle. Gradirei sapere se un impianto di videosorveglianza è considerato tale solo ed esclusivamente quando tutti i componenti dello stesso sono collegati ovvero quando le telecamere sono collegate al videoregistratore ed il videoregistratore ai monitors. Perchè trovandomi in una situazione di mera installazione di telecamere al soffitto (c’erano già), di totale assenza di collegamento ai videoregitratori ed ai monitors (cavi tutti staccati), di totale assenza di settaggio del sw dei videoregistratori e della posizione delle telecamere, io non ravviserei una violazione dell’art 4 dello statuto dei lavoratori quando la DPL verrà ad ispezionare il sito per rilasciare l’autorizzazione. Potrebbe confortarmi in tal senso? Grazie mille e chissà se ci incontreremo sott’acqua!
Scritto il 29-10-2010 alle ore 08:41
Gent. Alfonso, la mia personalissima opinione (non suffragata pearaltro da alcuna pronuncia giurisprudenziale) è che se l’impianto di videoregistrazione di fatto non è in grado di funzionare non sia nemmeno potenzialmente ravvisabile la possibilità di commettere il reato previsto dall’art. 4 della L. n. 300/70. Questo vale naturalmente se non sia sufficiente il semplice collegamento di ciò che è stato “staccato” per far funzionare l’impianto.
Per maggiore tranquillità io eliminerei dal luogo di lavoro uno dei componenti necessari a far funzionare l’impianto (ad es. il videoregistratore). Ad ogni modo mi domando il perchè di questa sua preoccupazione. Perchè mai la DPL dovrebbe venire ad ispezionarla? Di solitò ciò avviene su istanza dei lavoratori o delle organizzazioni sindacali, ma se non è ravvisabile una possibile violazione del divieto di controllo a distanza dell’attività lavorativa, perchè mai costoro dovrebbero solllecitare la DPL?
Ha provveduto ad informare i lavoratori che l’impianto è inattivo e inservibile? Lo faccia, ed eventualmente provveda ad eliminare uno dei suoi componenti fondamentali. Nel caso di un eventuale (improbabile) controllo da parte del Servizio Ispettivo, credo che potrebbe essere in grado facilmente di dimostrare la sua perfetta buona fede.
Per quanto riguarda l’incontrarci sott’acqua…è possibile. In fondo, i siti d’immersione sono più o meno sempre quelli…
Venga a trovarmi nel mio sito e ne riparliamo.
La saluto come si usa tra di “noi”: buone bolle!
Scritto il 2-11-2010 alle ore 14:59
Grazie per la sua celere ed esaustiva risposta! Il servizio ispettivo della DPL arriva quando si richiede l’autorizzazione preventiva ad installare l’impianto…ecco il perchè della mia “particolare” domanda. Non vorrei che venendo a fare l’ispezione mi dicano “ma qui l’impianto è già installato”…in realtà lo sono le telecamere perchè c’eran già, ma non sono assolutamente collegate ai DVR ed i DVR non solo sono spenti e scollegati ma non sono neanche settati per la visione delle immagini proprio in attesa dell’autorizzazione . Un caro saluto ed a presto
Scritto il 14-11-2010 alle ore 23:25
desideravo sapere il fac-simile da fare compilare a i miei dipendenti n 5 che sono sono state istallate le telecamere nella mia azienda a parte i cartelli
Scritto il 15-11-2010 alle ore 09:22
Non si tratta di un “fac-simile” di modello… ma semplicemente di un breve verbale di accordo sindacale, per la stesura del quale potrà farsi aiutare dalla sua Associazione di categoria.
Ad ogni modo, nel verbale, al di là delle premesse (il giorno… in…. tra….. si è convenuto quanto segue:) i punti essenziali che -a mio avviso – devono essere citati sono:
1.le riprese video avranno esclusivamente la finalità di garantire la sicurezza del personale e dei visitatori, nonché di assicurare la tutela del patrimonio aziendale e non potranno assolutamente essere utilizzate per controllare l’attività dei lavoratori;
2.le immagini raccolte non saranno diffuse né comunicate ad alcuno e saranno conservate per il tempo strettamente necessario al perseguimento delle finalità di cui al precedente punto 1 e in ogni caso non oltre le 24 ore;
3.le aree e i locali aziendali sottoposti a videosorveglianza saranno quelli indicati nelle planimetrie allegate al presente accordo, dalle quali risulta il punto di installazione di ciascuna telecamera ed il relativo angolo visuale di ripresa;
4.le riprese video riguarderanno i luoghi in cui si svolge l’attività produttiva ed i luoghi in cui transitano i lavoratori solamente per quanto strettamente indispensabile al perseguimento degli scopi di sicurezza e di tutela del patrimonio aziendale sopra indicati;
5.le singole telecamere saranno segnalate da un apposito cartello, del modello allegato;
6.tutto il personale sarà informato della installazione dell’impianto di videosorveglianza mediante apposita “informativa” scritta resa ai sensi dell’art.13 del D.Lgs. n. 196/03 (Codice della privacy), della quale si allega copia al presente accordo;
7.l’Azienda dichiara di rispettare pienamente quanto stabilito dal Garante per la privacy nel suo “Provvedimento generale sulla videosorveglianza” dell’ 8.4.2010, con particolare riguardo al punto 4.1, relativo alla videosorveglianza nell’ambito del rapporto di lavoro e dichiara altresì la propria intenzione di adeguarsi a quanto verrà eventualmente disposto in materia con futuri provvedimenti del Garante per la privacy.
Con la sottoscrizione del presente verbale, le parti si danno atto reciprocamente del pieno rispetto da parte aziendale di quanto previsto dall’art.4 della legge n. 300/70 e della normativa di cui al D.Lgs. n. 196/03, posta a tutela della privacy del personale dipendente.
Letto, confermato e sottoscritto.
Scritto il 19-11-2010 alle ore 20:01
Gentile Dott. Placchini, se all’interno dell’azienda, con più punti vendita, sono stati nominati i rappresentanti sindacali aziendali (RSA) ma è stato fatto un accordo territorale con gli RSU per l’installazione degli impianti di videosorveglianza su tutti i punti vendita, domando. 1) ogni punto vendita deve richiedere la preventiva autorizzazione alla DPL competente ?;
2) puo’ bastare l’accordo teritoriale stpulato dalle RSU e nondalle singole RSA dei singoli punti vendita; 3) una volta che siano stati nominati le RSA nei singoli punti vendita, è obbligatorio l’accordo sulla videosorvegliana o si può in alternativa, a maggiore tutela dei dipendenti richiedere la preventiva autorizzazione della DPL ? grazie della sua disponibilità
Scritto il 20-11-2010 alle ore 09:32
Per Luigi
L’accordo territoriale con le RSU aziendali, rappresentative di tutti i lavoratori dell’azienda, a mio avviso “copre” tutte le sedi operative dell’azienda (punti vendita) che insistono sul territorio.
L’autorizzazione della competente DPL è necessaria solo in mancanza delle RSA (oggi RSU), ovvero qualora non si raggiunga un accordo con le stesse.
Questa è l’unica alternativa possibile se c’è la RSU: o l’accordo con l’organizzazione sindacale rappresentativa dei lavoratori, o, in alternativa, l’autorizzazione del Servizio Ispettivo della DPL.
La cosa importante è rispettare il provvedimento del Garante privacy in materia di videosorveglianza e, soprattutto, le eventuali prescrizioni impartite dalla DPL.
Per esperienza diretta, le posso dire che generalmente la DPL viene “interpellata” dal Sindacato stesso, qualora il datore di lavoro abbia installato le telecamere “scavalcando” la RSU… Se c’è l’accordo sindacale nulla quaestio!
Scritto il 23-11-2010 alle ore 17:33
Dott. Polacchini essendo oramai un punto di riferimento per tutti i suoi affezionati lettori, vorrei trovare conforto con una sua autorevole opinione circa una materia che sembrerebbe di natura fiscale, ma riguarda soprattutto un’interpretazione dello Statuto dei Lavoratori.
SI TRATTA DI QUESTO: L’Agenzia delle Entrate della Dir.Reg.dell’Emilia Romagna con una risposta l’interpello n. 909-423/2010 dela DPL DI Reggio Emilia ha deciso, IN DATA 10.09.2010, che per la domanda di autorizzazione dell’impianto di videosorveglianza di cui all’art. 4 della Legge 300/70, la domanda sia esente dall’imposta di bollo ai sensi dell’art. 41 della stessa legge 300/70 (STATUTO DEI LAVORATORI).
A tal riguardo lE chiedo:—1) La decisione della Dir. dell’Agenzia delle Entrate è valevole e vingola le altre DPL delle altre regioni visto che, per esempio, in Calabria, la DPL competente vuole che la domanda di autorizzazione sia in bollo(€ 16.62) e per il rilascio dell’autorizzazione stessa richiede la seconda marca da bollo da € 16.62 ?
—-2) L’Agenzia delle Entrate nella sua risposta cita cita l’art. 41 dello stesso Statuto dei lavoratori il quale recita “…..tutti gli atti e documenti necessari per l’attuazione della presente legge e per l’esercizio dei diritti connessi, nonchè tutti gli atti relativi ai giudizi nascenti dalla sua applicazione sono esenti da bollo, imposte di registro o di qualsiasi altra specie e da tasse”.
—-Ora, non crede che questo sia un’estensione interpretativa visto che la domanda di autorizzazioen anche se è finalizzato alla tutela del lavoratore “videosorvegliato” è un adempimento ad esclusivo carico del datore di lavoro e non del lavoratore quindi lo scopo dello S. dei L. di cui all’art. 41 è esclusivamente quello di dare le agevolazioni fiscali al solo lavoratore e non al datore di lavoro quale parte più debole ? Non mi sembra che l’art. 41 con il paravento di tutelare la parte più debole dia un’agevolazione fiscale ad un’obbligo(in assenza delle RSA) da parte del Datre di lavoro di chiedere la necessaria autorizzazione alla DPL competente.
Mi scusi per la lunghezza del mio scritto, ma
visto che lei da anni mastica lo statuto dei lavoratori non potevo che chiederele un suo autorevole parere in proposito.
Sperando che con il brutto tempo non sia in attività-sub, attendo la sua esaustiva e cortese risposta.
Cordialmente.
Luigi
Scritto il 24-11-2010 alle ore 13:11
Caro Luigi, lei mi fa più “esperto” di quanto io non sia! Il suo quesito sull’interpretazione dell’art. 41 dello Statuto dei lavoratori andrebbe rivolto ad un giuslavorista, piuttosto che ad un “esperto” di privacy…
Ad ogni modo, l’interpretazione fornita dalla Dir. Reg. Entrate dell’Emilia Romagna nella sua risposta a interpello mi vede sostanzialmente d’accordo. Infatti, secondo la mia modesta opinione, se è indubbio che la legge n. 300/70 fu emanata per tutelare il contraente più debole nell’ambito del rapporto di lavoro (vale a dire il lavoratore) e che pertanto, prima facie, potrebbe apparire strano che una norma chiaramente posta a tutela della “persona” lavoratore possa estendersi anche al datore di lavoro, è anche vero che un’interpretazione letterale del dettato del comma 1 dell’art. 41 dello Statuto dei Lavoratori sembra non lasciare dubbi sul fatto che l’esenzione fiscale volta a rendere meno onerosa l’applicazione della legge si applichi a “tutti” gli atti e documenti necessari per l’attuazione della legge n. 300/70. Anche l’interpretazione estensiva del concetto di “atto” fornita dalla Dir. Reg. Entrate dell’Emilia Romagna, che ricomprende tra gli “atti” anche il “provvedimento” autorizzativo dell’Ispettorato del Lavoro, mi sembra condivisibile per le argomentazioni addotte. Quindi, in definitiva, concordo con la risposta fornita all’interpello della DPL di Reggio Emilia.
Piuttosto, pur non essendo un fiscalista, ho qualche dubbio sull’efficacia soggettiva della risposta a interpello. Mi sembra infatti, che la che risposta fornita dall’Agenzia non si estenda ad altri soggetti, potendo avere efficacia esclusivamente nei confronti dell’interpellante, limitatamente al caso concreto e personale da quest’ultimo prospettato nell’istanza d’interpello. Nel caso di specie però, l’interpellante non è un contribuente ma un’Amministrazione pubblica (la DPL) e questo mi desta alcune perplessità sul fatto che la risposta dell’Agenzia delle Entrate non debba essere vincolante per tutte le DPL d’Italia. Su questo punto, però sarebbe opportuno che eventualmente lei chiedesse un parere a un esperto in materia fiscale e non… a un subacqueo! La saluto cordialmente.
Scritto il 24-11-2010 alle ore 13:39
Grazie della risposta e degli spunti relativi alla posizione delle DPL su tutto il territorio italiano. la cosa la verificherò con un giurista.
io rimango della tesi che non sia vincolante visto che esistono miglia di decisioni delle varie AGENZIE DELLE ENTRATE regionali che sono applicate solo nelle regioni di competenza. se così non fosse, ogni regione dovrebbe cambiare posizione sullo stesso argomento ogni settimana visti la gran mole di decisioni discordanti l’una dalle altre.
grazie anche dei tempi ridotti nelle sue risposte
cordialmente.
luigi
Scritto il 1-12-2010 alle ore 18:59
Buongiorno Sig.Polacchini,in qualità di Direttore dei Lavori e Coordinatore della Sicurezza in fase di esecuzione,apprestandomi ad aprire un cantiere edile, mi chiedevo quali aspetti normativi regolano l’eventuale installazione di un sistema di webcam finalizzate a migliorare il coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione? Le immagini verrebbero inviate, via internet ad un opportuno sito di mia esclusiva frequentazione ed utilizzate per monitorare il rispetto delle varie fasi di lavoro previste dal Piano operativo della sicurezza.
In tal modo il Coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione (CSE)avrebbe modo di intervenire tempestivamente qualora le maestranze non rispettassero le indicazioni ricevute nella fase di informazione e riportate nel Piano stesso.
Ha notizie di casi simili già applicati?
Saluti.
Alessio
Scritto il 1-12-2010 alle ore 20:38
Buonasera Alessio.
Non ho notizie di applicazioni della videosorveglianza in casi simili a quello da lei prospettatomi, ma nutro forti perplessità sulla sua “legittimità”…
A mio parere, un conto è l’installazione di webcam per la “sicurezza del cantiere”, intesa nel senso di tutela dei beni e del patrimonio del cantiere stesso, altra cosa (molto più delicata) è l’installazione di webcam per la “sicurezza del lavoro”. Infatti, lei parla espressamente di controllo da parte sua al fine di intervenire “qualora le maestranze non rispettassero le indicazioni ricevute”. In questo tipo di controllo è facile ravvisare una forma di “controllo a distanza dell’attività lavorativa” (ovvero delle modalità con le quali le maestranze eseguono il lavoro, nel rispetto o meno delle norme di sicurezza), cioè una forma di controllo espressamente vietata dall’art. 4 dello Statuto dei lavoratori. Poco importa, a mio avviso, se lei sarebbe l’unico autorizzato ad avere accesso alle immagini videoregistrate, in quanto il Direttore dei Lavori a mio parere è espressione diretta del datore di lavoro, cioè del soggetto verso il quale si rivolge il divieto assoluto sancito dall’art. 4 della L. n. 300/70.
Secondo me non le resta che chiedere preventivamente il parere della competente Direzione Provinciale del Lavoro, che, eventualmente, nel fornirle la necessaria autorizzazione, le indicherà anche le prescrizioni da seguire per l’installazione delle telecamere e per il loro utilizzo.
Scritto il 2-12-2010 alle ore 11:28
Buongiorno, la ringrazio per la veloce risposta e colgo l’occasione per un ultima riflessione…essendo il compito del Coordinatore della sicurezza proprio la sorveglianza di tutte le fasi lavorative affichè si rispetti il Piano della sicurezza, cosa differenzia la presenza fisica del professionista incaricato dalla medesima azione svolta via webcam? Se uno dovesse essere solerte la sua azione di controllo dovrebbe essere continua, onde evitare che come ci si allontana dal cantiere qualcuno faccia il furbo…almeno così vorrebbe la legge.
Grazie.
Alessio
Scritto il 2-12-2010 alle ore 12:05
Lo so che può sembrare strano, ma la distinzione deriva proprio dal “mezzo” impiegato per il controllo…
L’art.4 dello Statuto dei lavoratori recita: “E’ vietato l’uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori.” E la ratio della norma voluta dal legislatore è quella di evitare i cd. controlli occulti, cioè quelli svolti all’insaputa del lavoratore; pertanto un controllo palese (se fatto non in maniera particolarmente assillante ed invasiva) a mio avviso non andrebbe contro il divieto imposto dalla legge.
Scritto il 2-12-2010 alle ore 12:22
I controlli non sarebbero occulti (segnalazione di area videosorvegliata) ma effettuati per la sicurezza….So che usano questo sistema in certi stabilimenti con il benestare delle associazioni di categoria. In settimana contatterò l’Ufficio locale competente.
Scritto il 16-12-2010 alle ore 22:45
Buona sera
la mia domanda è la seguente:
se in un negozio in cui sono istallate apparecchiature di videosorveglianza (opportunamente segnalate) qualcuno ruba della merce, la contestazione del reato deve essere fatta immediatamente dal titolare o anche successivamente dopo aver visionato, magari casualmente, i filmati. E se possibile entro quale limite di tempo?
Grazie
Maria teresa
Scritto il 17-12-2010 alle ore 10:42
Spiacente Maria Teresa… non sono un penalista!
Ad ogni modo, se il “qualcuno” che ruba è un dipendente, posso solo dirle che la contestazione del fatto deve essere tempeestiva (anche se la legge non fissa un termine preciso); se invece è un terzo estraneo non le so dire. In ogni caso, penso che appena visionate le immagini debba scattare la denuncia penale.
Mi lascia perplesso il fatto che il titolare del negozio visioni “casualmente” le videoregistrazioni… il che lascia supporre che le stesse siano conservate oltre le 24 ore (in casi eccezionali 7 giorni) che sono il limite di tempo massimo stabilito dal Garante per la privacy.
Scritto il 21-12-2010 alle ore 19:55
Gentile sig. Polacchini, sono la titolare con mio marito di un bar-pasticceria-ricevitoria superenalotto. Vista la presenza di molta merce esposta sui banchi e la zona (provincia di Napoli) non proprio tranquilla, avevamo pensato all’istallazione di un sistema di videosorveglianza.Al momento abbiamo 2 dipendenti che ci hanno manifestato il loro consenzo all’istallazione. Non essendoci una rappresentaza sindacale interna come devo comportarmi? Posso far sottoscrivere l’accordo alla sede della CGIL di Napoli e non interessare la DPL?
Scritto il 22-12-2010 alle ore 12:57
Gent. Melina, ritengo che data l’esiguità del numero del vostro personale possiate bypassare la DPL e fare sottoscrivere ai vostri due dipendenti una semplice dichiarazione.
Nel testo basta che scriviate che saranno installate delle telecamere “esclusivamente per finalità di sicurezza”, che non sarà ripresa l’attività dei lavoratori e che le immagini videoregistrate (se sono registrate) saranno cancellate dopo 24 ore mediante sovraregistrazione.
Si ricordi inoltre di posizionare in prossimità delle telecamere, e magari anche sulla porta d’ingresso al negozio, l’apposito cartello (che ha anche una funzione di deterrente).
Scritto il 20-1-2011 alle ore 16:37
Dott. Polacchini, ho letto l’ultima risposta (….. “bypassare la DPL ….” ) che ha dato alla Sig.ra Melina e, occupandomi di videosorveglianza in qualità di ispettore del lavoro, non credo che l’obbligo della preventiva autorizzazione da parte della DPL possa dipendere dal numero esiguo dei dipendenti, nè ci possa essere una sorta di deroga se un’azienda ha uno o due dipendenti ma può essere vero solo e soltanto se l’azienda non ha nessun dipendente. Infatti l’art. 4 della Legge 300/70 non dice nulla in proposito nè circolari ministeriali si sono espresse a tal riguardo. Visto che la seguo da tempo ed ho una grande considerazione della sua opinione, le chiedo se la sua risposta alla sig.ra Melina sia suffragata di qualche altra norma, sentenza o altro che possa acclarare tale tesi da lei esposta.
La ringrazio della solita attenzione accordatami.
Cordialmente Luigi
Scritto il 20-1-2011 alle ore 19:01
Buonasera Ispettore. Sono onorato di averla tra i miei affezionati lettori, ma le faccio presente che io… sono un semplice consulente.
Ad ogni modo, lei ha ragione nel sostenere che l’attività ispettiva della DPL in materia di possibile interferenza della videosorveglianza sui lavoratori con il divieto sancito dall’art. 4 L. 300/70 nulla ha a che vedere con le dimensioni dell’impresa.
Nella mia risposta mi sono espresso forse impropriamente, ma ciò che volevo dire è che se in un’impresa di piccolissime dimensioni si raggiunge un accordo diretto con tutto il personale (pur mancando una RSA formalmente costituita), a mio avviso non è necessario chiedere la preventiva autorizzazione della DPL per installare le videocamere. Questo, naturalmente, vale soltanto se sono comunque rispettati i limiti sanciti dall’art. L. 300/70 (divieto di ripresa dell’attività lavorativa) e se sono osservate puntualmente le prescrizioni dettate dal Garante per la privacy nel suo provvedimento generale dell’aprile 2010 sulla videosorveglianza. Suggerivo infatti alla signora di fare sottoscrivere ai propri dipendenti una sorta di “verbale di accordo”, molto semplice, ma nel contempo preciso e vincolante.
Questa mia “interpretazione” non è suffragata da alcuna circolare ministeriale, ma dalla semplice considerazione “pratica” che se i dipendenti di una piccola impresa – una volta che siano state loro doverosamente illustrate dal titolare le modalità e le finalità delle videoriprese – non hanno nulla da eccepire e si sono dichiarati d’accordo all’installazione delle telecamere (meglio se per iscritto), difficilmente potranno poi lamentarsi di un “controllo occulto” o addirittura di una lesione della loro privacy. Del resto, anche il tenore letterale dell’art. 4 dello Statuto Lav. mi sembra piuttosto chiaro nell’affermare che l’intervento della DPL è necessario solo laddove non vi sia accordo con le RSA, o con la commissione interna, o (aggiungo io) con i singoli lavoratori : “In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l’Ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l’uso di tali impianti”.
Tutto ciò vale naturalmente nel presupposto che il titolare si comporti correttamente e non utilizzi le videoriprese per finalità diverse da quelle dichiarate e verbalizzate (tutela del patrimonio aziendale e della sicurezza) o addirittura illecite. La videosorveglianza, infatti, oltre che nel rispetto dello Statuto dei lavoratori, deve avvenire sempre nel rispetto di quanto previsto da altre disposizioni di legge dell’ordinamento civile e penale in materia di interferenze illecite nella vita privata, di tutela della dignità, dell’immagine e del domicilio, nonchè, della riservatezza del dipendente. Sia nella scelta delle apparecchiature da installare, sia nelle varie fasi del trattamento è inoltre necessario commisurare la necessità di un sistema al grado di rischio presente in concreto e gli impianti devono essere attivati solo quando altre misure siano insufficienti o inattuabili.
Per ciò che riguarda invece le grandi imprese, penso che lei mi possa confermare ciò che ho riscontrato per esperienza diretta in tanti anni di attività sindacale (per i datori di lavoro) e cioè che generalmente la DPL viene interpellata dal sindacato, se il datore di lavoro ha installato le telecamere scavalcando la RSU, ovvero viene sollecitata dai lavoratori stessi se non sono stati preavvertiti o se hanno fondato motivo di dubitare di eventuali abusi da parte del loro datore di lavoro. Se invece c’è l’accordo sindacale oppure l’accordo con i singoli lavoratori io non ho mai riscontrato alcun problema.
Ritengo molto interessante, al fine di delineare correttamente i confini del divieto di controllo sancito dall’art. 4 Statuto Lav., una recente sentenza della S.C. (Cass. penale, n. 20722/10) che è tornata ad occuparsi dell’art. 4 proprio nel caso di un proprietario di un bar aveva installato una telecamera all’interno del proprio esercizio senza aver osservato la specifica procedura. Dalle videoriprese risultava che la cassiera, che prestava lavoro all’interno del bar, dopo aver dato il resto al cliente, sollevava lo scomparto destinato alle banconote, ne sottraeva una che infilava in tasca, dopo essersi guardata intorno ed aver chiuso le cassa. La Corte di Appello aveva ritenuto colpevole la lavoratrice per il reato di appropriazione indebita aggravata di una somma di denaro e aveva respinto l’eccezione di inutilizzabilità delle riprese come prova proposta dalla lavoratrice stessa. Nel ricorso in Cassazione, la lavoratrice aveva denunciato l’inosservanza di norme a pena d’inutilizzabilità delle prove, in relazione al dettato degli artt. 4 e 38 dello Statuto Lav. perché la videocamera era stata collocata “senza previo accordo per il controllo dell’imputata nello svolgimento delle sue attività lavorative”.
Nell’ambito della sua motivazione, la S.C. richiama un precedente giurisprudenziale (Cass. n. 8687/85) che afferma che: “quando sul lavoratore addetto alla registrazione degli incassi si appuntino sospetti di infedeltà, i controlli attivati dal datore di lavoro risultano legittimi, in quanto il comportamento, in tal caso illecito e contrario al dovere di collaborazione, esulando dalla sua specifica attività realizza un attentato al patrimonio dell’azienda”. La S.C. ricorda inoltre le costanti pronunce in sede civile in materia dei cosiddetti “controlli difensivi” (fra cui anche la recente Cass. n. 4375/10) sancendo che “ai fini dell’operatività del divieto di utilizzo di apparecchiature per il controllo a distanza dell’attività dei lavoratori previsto dall’art. 4 L. n. 300 del 1970, è necessario che il controllo riguardi (direttamente od indirettamente) l’attività lavorativa, mentre devono ritenersi certamente fuori dall’ambito di applicazione della norma sopra citata i controlli diretti ad accertare condotte illecite del lavoratore” (Cass. n. 4746/02). Di conseguenza, secondo la sentenza n. 20722 del 1° giugno 2010 della Cassazione, la finalità di tutela del patrimonio aziendale giustifica il mancato rispetto della procedura ex art. 4, comma 2, L. 300/70, quand’anche consenta il controllo circa l’attività dei lavoratori. Pertanto, ai fini dell’operatività del divieto di cui all’art.4, comma 2, è necessario che il controllo riguardi l’attività lavorativa (direttamente o indirettamente), mentre ove i controlli siano diretti a tutelare esclusivamente beni estranei al rapporto di lavoro, quali ad esempio il patrimonio aziendale, contro atti penalmente illegittimi commessi da terzi o dai dipendenti, tali controlli difensivi sarebbero leciti e non comporterebbero l’obbligo del rispetto della procedura di cui al citato articolo.
Un cordiale saluto.
Scritto il 29-1-2011 alle ore 13:17
Sono titolare di 2 attivittà: in una vendo esclusivamente gioielli in argento con relativa autorizzazione del Questore; nell’altra quando ho fatto richiesta in Questura per richiedere l’autorizzazione per vendere gioielleria in argento e oro, mi sono state fatte alcune richieste: cassaforte, telecamere di videosorveglianza, vetri antisfondamento, etc.Dopo il sopraluogo degli ispettori della Questura, mi hanno consegnato l’autorizzazione. Ovviamente ho installato le telecamere in entrambe le attività con relativo cartello informativo. In seguito a segnalazione di un amico, sono venuta a conoscenza del fatto che avrei dovuto informare l’Ispettorato del lavoro (ho 2 dipendenti)e sospendere fino ad autorizzazione avvenuta, la videosorveglianza. Stacco via le cam, presento la richiesta all’Ispettorato del Lavoro.Dopo oltre un mese, avvicinandosi le festività natalizie e a seguito dell’escaletion di atti criminali a danno di attività commerciali, daccordo con le dipendenti, installo le cam ed invio raccomandata all’Ispettorato dichiarando che : “per tutelare la mia incolumità e quella delle dipendenti, non avendo ancora ricevuto il loro sopraluogo procedevo all’installazione delle cam”. Dopo 3 giorni si presenta l’Ispettore del Lavoro che mi verbalizza. Qualche giorno fa ricevo 2 autorizzazioni per i 2 impianti, e 2 verbali per l’installazione. Ora mi chiedo: in che maniera posso evitare di pagare i 2 verbali che mi sembrano davvero contraddittori?
Scritto il 30-1-2011 alle ore 15:56
Buonasera Rosangela.
Si, in effetti vedo anch’io una contraddizione tra le autorizzazioni e i verbali ispettivi; ma temo che non vi sia altro da fare che presentare un ricorso…
Mi auguro che l’Ispettore Luigi – che segue costantemente questo blog – possa darle una risposta più articolata e possa indicarle una via d’uscita.
Scritto il 30-1-2011 alle ore 20:42
Dott. Placchini sono lusingato per avermi girato il quesito della sig.ra Rosangela. Proverò a dare una risposta per gli elementi noti.
La Sig.ra Rosangela nel suo quesito non ha specificato se l’ispettore del lavoro ha notificato la PRESCRIZIONE a disinstallare l’impianto di videosorvegianza ai sensi dell’art. 15 del D.Lgs 127/2004 e art. 19-25 D.lgs 758/1994. Ciò è determinante, in quanto solo dopo l’ottemperanza alla prescrizione di cui sopra il contraventore è ammesso al pagamento della sanzione amministrativa ridotta (1/4 del massimo, ossia € 388,00), sanzione che va notificata solo dopo la PRESCRIZIONE (che sarebbe la diffida nel campo penale). Se invece l’ispettore ha sanzionato senza la prescrizione l’irregolarità (installazioen prima della prevista autorizzazione della DPL) in pratica senza prima diffidare il contravventore a disistanllare l’impianto, allora può fare le dovute deduzioni alla DPl e poi, nel caso, uan volta avuta notificata la sanzione, produrre motivato ricorso. Tengo a precisare che le autorizzazioni della Questura e della DPL hanno finalità completamente diverse, e l’una non esenta l’altra. Quella prevista dall’art. 4 della L. 300/70 è una forma di tutela ai dipendenti (divieto di controllo a distanza) e quindi è improcrastinabile la preventiva autorizzazione della DPL in assenza dei rappresentanze aziendali. Ne caso invece la sig.ra volesse decidere di non pagare la sanzione (entro 30 gg. dalla notifica) irrogata dalla DPL (che nel quesito però non è stato ben precisato) allora a quel punto l’eventuale sanzione la deciderà il giudice ordinario anche nel merito e in particolare ai motivi adotti dalla contravventore :”escaletion di atti criminali a danno di attività commerciali limitrofe….o altro” che hanno indotto la signora ad installare l’impianto di videosorveglianza prima della autorizzazione della DPL e quindi l’installazione è stata fatta con carattere di estrema urgenza per tutelare il proprio patrimonio aziendale e contro furti e rapine che, purtroppo nei periodi natalizi, ahimè aumentanto quasi in tutti i posti d’Italia. Tutto ciò, deve essere supportato dal fatto che i dipendenti erano stati formalmente informati per come prevede la L. 196/2003.
Sperando di essere stato di aiuto, invio cordiali saluti.
Luigi
Scritto il 30-1-2011 alle ore 20:52
Ringrazio l’Ispettore Luigi e ci tengo a precisargli che sono io che sono lusingato dal fatto che continui a leggermi con assiduità e interesse e anche del fatto che possa fornirmi un valido supporto laddove le mie conoscenze cominciano a vacillare…
Lavorare con questa sinergia sarebbe sempre auspicabile.
In effetti avevo data per scontata la “sanzione” della DPL, non considerando che il verbale ispettivo poteva contenere la prescrizione.
Ad ogni modo, penso che ora alla Sig.ra Rosangela sia più chiara la strada da percorrere.
Di nuovo grazie Ispettore!
Scritto il 7-2-2011 alle ore 11:52
Gentile Dott. Polacchini,
la questione che le sottopongo è la seguente:
un’azienda intende mettersi “in regola” per l’aspetto privacy, tuttavia la situazione che presenta non è delle più semplici.
È necessario fare una premessa: l’azienda in questione svolge un’attività di conteggio e trasporto di monete metalliche.
Ha un sistema di videosorveglianza sul perimetro esterno, tuttavia per esigenze strettamente produttive e determinate dal servizio che offrono, nei locali dedicati al conteggio e alla lavorazione delle monete sono state installate diverse telecamere:
– alcune telecamere che riprendono una panoramica dei locali (posizionate in alto)
– alcune telecamere che riprendono ogni fase di lavorazione (riprendono solo le mani degli addetti)
Sempre per esigenze lavorative (richiesto espressamente dai clienti, come ad es. Banche e istituti di credito), le registrazioni sono conservate per tempi che vanno ben oltre la settimana. Tali registrazioni sono fondamentali per effettuare riscontri in caso di conteggi o controvalori ritenuti sbagliati: anche questa precauzione è determinata dai clienti ai quali, se richiesto, vengono inviate le suddette registrazioni come attestazione della correttezza delle operazioni svolte(sole le riprese delle fasi di lavorazione).
A tutto ciò si aggiunge anche un altro aspetto: svolgendo anche servizio di trasporto delle monete, ogni mezzo ha un sistema gsm che permette di individuarne la posizione ed eventualmente di attivare un sistema di sicurezza che prevede il blocco del mezzo, pertanto la posizione dei furgoni (e quindi degli autisti) è sempre individuabile, sia dal personale interno all’azienda che da un istituto di vigilanza esterno (su richiesta dell’azienda).
Fatta questa panoramica ci chiediamo come poter mettere in regola tutti questi aspetti che per l’azienda sono irrinunciabili e non modificabili (!!!) senza creare sconvolgimenti all’assetto attuale dei sistemi di sicurezza (video e gsm)
(L’azienda, data l’attività svolta, può rientrare in casi particolari o privilegiati?)
Scritto il 7-2-2011 alle ore 14:24
Il suo quesito Valentina richiede una risposta è piuttosto articolata e, purtroppo, non rientra in casi particolari o privilegiati.
Per ciò che riguarda la videosorveglianza, da quello che scrive, mi sembra che nella “sostanza” la sua azienda rispetti la privacy dei dipendenti e che non faccia “controlli sull’attività lavorativa” (nel senso inteso dall’art. 4 dello Statuto Lav.).
Anche ammesso che il personale sia stato preventivamente informato dall’azienda e che siano stati affissi ben visibili gli appositi cartelli informativi, rimane però l’aspetto procedurale, che non mi sembra sia stato osservato correttamente. Infatti, lei nella sua puntuale descrizione non accenna né ad un accordo con la rappresentanza sindacale aziendale (se esistente), né ad una preventiva autorizzazione della competente Direzione Provinciale del Lavoro. Questo aspetto, a mio avviso, andrebbe sanato.
Per ciò che riguarda poi la conservazione delle immagini videoregistrate, in applicazione del principio di proporzionalità (v. art. 11, comma 1, lett. e) del Codice), il Garante nel suo provv. gen. dell’8 aprile 20101 ha stabilito che questa deve essere commisurata al tempo necessario – e predeterminato – a raggiungere la finalità perseguita. Pertanto, stante la regola generale che le immagini non possono essere conservate oltre le 24 ore o, in casi particolari, oltre una settimana, nel caso in cui voglia allungare i tempi di conservazione per un periodo superiore alla settimana, l’azienda deve sottoporre la sua specifica situazione ad una verifica preliminare del Garante rivolgendogli apposita istanza (v. punto3.2.1 del provv. gen.). Attenzione però, perchè la congruità di un termine di tempo di conservazione più ampio deve essere adeguatamente motivata con riferimento alla specifica esigenza di sicurezza perseguita dall’azienda “in relazione a concrete situazioni di rischio riguardanti eventi realmente incombenti e per il periodo di tempo in cui venga confermata tale eccezionale necessità”.
Riguardo al sistema di geolocalizzazione dei mezzi di trasporto aziendali, va precisato innanzitutto che anche l’installazione di tali apparecchi di controllo è possibile solo previo accordo con la rappresentanza sindacale dei lavoratori o con l’autorizzazione della DPL.
Anche di recente il Garante per la privacy ha ribadito che l’impiego di tali strumenti deve comunque avvenire nel rispetto dei principi in materia di protezione dei dati personali e con modalità concretamente idonee a garantire, in particolare, l’osservanza dei diritti e delle libertà fondamentali, nonché della dignità degli interessati (v. provv. del 7/10/2010 nella Newsletter del Garante n. 344 del 16/12/2010). Il Garante, se non sono rispettati i requisiti richiesti dall’art. 4 della Legge n. 300/70 ritiene illecito il trattamento svolto e quindi, nelle more dell’eventuale rilascio del provvedimento autorizzatorio da parte del preposto Servizio Ispettivo della DPL, può disporre il blocco del trattamento dei dati personali riferiti ai lavoratori effettuato tramite i sistemi di geolocalizzazione.
Un altro aspetto da considerare è quello della notificazione di questo particolare trattamento di dati all’Autorità Garante, in quanto l’art. 37, comma 1, lett. a) del D.Lgs. n. 196/03 prevede che deve essere notificato il trattamento che permette di individuare la posizione geografica di persone od oggetti.
Al riguardo lo stesso Garante, nei chiarimenti sui trattamenti da notificare forniti il 23 aprile 2004 (v. doc. web n. 993385), precisa che “la localizzazione deve essere notificata quando permette di individuare in maniera continuativa – anche con eventuali intervalli – l’ubicazione sul territorio o in determinate aree geografiche, in base ad apparecchiature o dispositivi elettronici detenuti dal titolare o dalla persona oppure collocati sugli oggetti”. Ciò vale quando (come mi sembra nel suo caso) la localizzazione permette di risalire all’identità degli interessati, eventualmente anche indirettamente.
Scritto il 10-2-2011 alle ore 18:55
buona sera dott. POLACCHINI ,oggi sono stata multata dall’ispettorato del lavoro perchè ho montato le telecamere prima del loro controllo. preciso di aver inviato la domanda con allegata tutta la documentazione quasi tre mesi fà . utilizzo telecamere esterne come sistema d’allarme non avendo delle saracinesche ed una interne . dieci giorni fa le ho installate perchè pensavo non venissero più trascorso così tanto tempo . la mia domanda è : non hanno dei termini di tempo x il controllo ? e se fossere venuti tra altri due mesi ! grazie mille
Scritto il 10-2-2011 alle ore 19:33
Buonasera Antonella.
Purtroppo, non mi risulta che l’Ispettorato del lavoro abbia un termine per intervenire (l’Ispettore Luigi che legge spesso questo blog può correggermi se sbaglio).
Eventualmente formuli la domanda agli esperti giuslavoristi e amministrativisti che scrivono su Postilla.it
L’Ispettorato del lavoro, quando accerti l’inosservanza da parte del datore di lavoro delle disposizioni di legge o di quelle da esso emanate e divenute definitive, può emettere o una diffida o un verbale di contravvenzione. Detto verbale viene firmato dall’azienda o da un suo legale rappresentante o da chi ha la direzione o la sorveglianza del lavoro. In esso devono essere indicati i dati di fatto costituenti le infrazioni, il numero delle persone occupate quando l’ammenda è commisurata a tale numero e tutte le altre informazioni necessarie per il giudizio sulla contravvenzione. Nel verbale devono essere inserite anche le dichiarazioni che l’azienda ritene di far presente nel proprio interesse. Se l’azienda si rifiuta di firmare il processo verbale, ne viene fatta menzione sullo stesso, indicandone le ragioni.
La legge n. 689/1981 all’art. 16, prevede che la sanzione sia contestata in forma ridotta, ovvero un terzo del massimo o se più favorevole il doppio del minimo, qualora la sanzione abbia un minimo ed un massimo. In caso di mancato pagamento, o qualora non sia ammesso il pagamento ex art. 16, si procede a norma dell’art. 17 della legge n. 689/1981 con ordinanza-ingiunzione innanzi all’Ufficio Legale e Contenzioso della Direzione Provinciale del Lavoro. In tale sede, e prima dell’emissione dell’ordinanza-ingiunzione, è possibile essere sentiti e presentare memorie difensive. Se l’Ufficio Legale e Contenzioso della DPL ritiene che vi siano le prove del commesso illecito rigetta le tesi del datore di lavoro ed emette l’ordinanza in cui ingiunge il pagamento di una somma di denaro (in genere più alta rispetto a quella effettuata con contestazione o notificazione). Se invece ritiene che vi sia il buon diritto del datore di lavoro, l’Ufficio Legale e Contenzioso emette ordinanza di archiviazione. L’ordinanza-ingiunzione è ricorribile innanzi al Tribunale ordinario.
Scritto il 18-2-2011 alle ore 17:31
Salve dott. Polacchini,
io ho 1 negozio di abbigliamento nel quale lavorano 3 dipendenti. Per questioni di sicurezza vorrei istallare le telecamere ( ma senza registrare le immagini ).
Cosa devo fare per non incorrere in penali/sanzioni e stare in regola ?
Grazie
Scritto il 18-2-2011 alle ore 19:42
Buonasera Dario.
Come già detto più volte, per installare legittimamente delle telecamere in un ambiente di lavoro occorre rispettare la procedura prevista dall’art. 4 della Legge 300/7, perché le telecamere, anche se hanno la finalità di garantire la sicurezza, potrebbero incidentalmente riprendere anche i lavoratori , realizzando in tal caso un “controllo preterintenzionale” (cioè un controllo finalizzato a tutelare interessi del datore di lavoro costituzionalmente garantiti, che però realizza anche un controllo indiretto nei confronti dei lavoratori).
Pertanto, occorre sempre il preventivo accordo con le RSA o, in mancanza di tale accordo, la preventiva autorizzazione del Servizio Ispettivo della competente DPL. Quest’ultima nel provvedimento autorizzatorio può anche dettare specifiche modalità tecniche d’uso delle apparecchiature di videosorveglianza (in particolare, indicare dove vanno posizionate le telecamere e quale deve essere l’angolo di ripresa).
A mio parere però, se sono rispettati i limiti sanciti dall’art. 4 dello Statuto dei lavoratori (divieto di ripresa dell’attività lavorativa) e se sono osservate puntualmente le prescrizioni dettate dal Garante per la privacy nel provvedimento generale dell’8 aprile 2010 sulla videosorveglianza, in un’impresa di piccolissime dimensioni quale la sua, se si raggiunge un accordo diretto con tutto il personale non è necessario chiedere la preventiva autorizzazione della DPL per installare le telecamere. Ovviamente, è meglio formalizzare questo accodo per iscritto e precisare in esso le finalità e le modalità delle riprese.
Scritto il 28-2-2011 alle ore 15:32
Gent.mo Dr Marcello Polacchini,
sottopongo alla sua analisi la mia situazione. Sono il responsabile di una lavanderia industriale.
A seguito di diversi controlli, ho riscontrato dei furti (asciugamani, tovaglie, etc) durante l’orario di lavoro.
Le chiedo – in ottemperanza dell’art 4 dello Statuto dei Lavoratori, del Codice in materia di protezione dei dati personali, Provvedimento generale sulla videosorveglianza – come posso utilizzare il sistema di videosorveglianza per tutelare il patrimonio aziendale senza incorrere in sanzioni penali?
La ringrazio,
Francesco
Scritto il 28-2-2011 alle ore 16:02
Buongiorno Francesco.
La risposta al suo quesito è abbastanza semplice. Basta che osservi le prescrizioni contenute nel provvedimeno generale sulla videosorveglianza emanato dal garante per la privacy l’8 aprile 2010 che può trovare nel sito http://www.garanteprivacy.it [doc. web n. 1712680]e, in particolare i punti 3 e 4.
trattandosi di una videosorveglianza nell’ambito di un ambiente di lavoro è inoltre indispensabile che lei osservi quanto disposto dall’art. 4 della L. n. 300/70 (Statuto dei lavoratori) ed in particolare quanto indicato dal comma 2 che, PRIMA dell’installazione delle telecamere, richiede un accordo con le RSA o, in mancanza di tale accordo, un’autorizzazione del Servizio Ispettivo della competente Direzione Provinciale del Lavoro, che può anche dettare specifiche modalità d’uso delle apparecchiature per la videosorveglianza.
Scritto il 28-2-2011 alle ore 17:14
La ringrazio per la risposta. Le chiedo, ancora, posso utilizzare le videoregistrazioni sul luogo di lavoro per incriminare un lavoratore se sorpreso a rubare?
Faccio riferimento alla sentenza della Corte di Cassazione – Sezione Quinta Penale n. 20722 del 1° giugno 2010.
Scritto il 28-2-2011 alle ore 17:51
Non sono un penalista, ma mi sento di condividere in pieno la motivazione della sentenza da lei citata, la quale mi sembra molto ben argomentata. Si ricordi comunque di rispettare le regole necessarie per l’installazione di telecamere nei luoghi di lavoro!
Riporto i passi più significativi della sentenza Cass. Pen. n. 20722/10 che mi pare diano una risposta esauriente al suo quesito.
“Le norme degli articoli 4 e 38 dello Statuto dei lavoratori tutelano la riservatezza del lavoratore nello svolgimento della sua attività, anche perchè la sua libertà di comportamento contribuisce al risultato che con il lavoro assicura all’azienda. Perciò stesso, inversamente, la tutela della sua riservatezza si correla all’osservanza del proprio dovere di fedeltà.”
“Ai fini dell’operatività del divieto di utilizzo di apparecchiature per il controllo a distanza dell’attività dei lavoratori previsto dalla Legge n. 300 del 1970, articolo 4, è necessario che il controllo riguardi (direttamente o indirettamente) l’attività lavorativa, mentre devono ritenersi certamente fuori dell’ambito di applicazione della norma sopra citata i controlli diretti ad accertare condotte illecite del lavoratore.”
“Gli articoli 4 e 38 dello Statuto dei lavoratori implicano l’accordo sindacale a fini di riservatezza dei lavoratori nello svolgimento dell’attività lavorativa, ma non implicano il divieto dei cd. controlli difensivi del patrimonio aziendale da azioni delittuose da chiunque provenienti. Pertanto, in tal caso non si ravvisa inutilizzabilità ai sensi dell’articolo 191 c.p.p. di prove di reato acquisite mediante riprese filmate, ancorché sia perciò imputato un lavoratore subordinato.”
Scritto il 14-3-2011 alle ore 18:03
Buona serra, vorrei sapere come posso scrivere una lettera di reclamo alla mia azienda, che sono stato spostato dal posto di lavoro a un’altro, senza nessuna lettera scritta fatta dal sottoscritto, e senza nessun motivo visto che ho due leggi 104/92 il lavoro sono una guardia giurata grazie
Scritto il 14-3-2011 alle ore 18:39
Aldo… mi sa proprio che ha sbagliato interlocutore: io mi occupo solo di privacy!
Scritto il 26-3-2011 alle ore 12:25
Gent.le Sig. POLACCHINI
vorrei porle un quesito..un’azienda che ha installato internamente delle videocamere prima del provvedimento del Garante di Aprile 2010 (ma nel 2008) e dove non è presente una rappresentanza sindacale pur avendo più di 15 dipendenti come fa ad adeguarsi alla normativa sulla videosorveglianza?
Scritto il 26-3-2011 alle ore 13:35
Il provvedimento del Garante sulla videosorveglianza del 2010 fa seguito al provv. gen. del 29 aprile 2004 che, sostanzialmente, prevedeva analoghe prescrizioni (salvo alcune modifiche) per l’installazione di un impianto di videosorveglianza.
L’art. 114 del Codice della privacy conferma il pieno vigore dell’art. 4 dello Statuto dei lavoratori (L. n. 3900/70).
Anche il citato provvedimento del Garante del 2004 richiama (vedi punto 4.1) il divieto di controlo a distanza dell’attività lavorativa stabilito dall’art. 4 della L. n. 300/70
Pertanto, la procedura da seguire nel caso dell’installazione di telecamere che possano riprendere anche i lavoratori è sempre quella stabilita dall’art. 4 comma 2 della L. n. 300/70.
Scritto il 7-4-2011 alle ore 17:48
Buongiorno, Le chiedo un’informazione relativa ad una farmacia. Il titolare ha solo un dipendente ed ha già utilizzato la videosorveglianza all’interno dei locali di lavoro (atrio della farmacia) quale deterrente nei confronti di eventuali atti criminali (furti), quindi con il solo obiettivo di tutelare il patrimonio aziendale. La videocamera non riprende l’area della cassa, ma è possibile che riprenda il dipendente quando deve assitere il cliente nell’atrio dove sono esposti alcuni prodotti. La domanda è la seguente: sarebbe stato necessario in questo caso richiedere un’autorizzazione all’ispettorato del lavoro o la cosa si potrebbe superare tramite un accordo scritto con il dipendente? Mi pare chiaro che l’obiettivo del titolare sia quello di tutelare il patrimonio e non di controllare il lavoratore, anche se non si può escludere che egli sia ripreso. All’accordo andrebbe eventualmente apposta data certa? In caso, invece, si rivelasse necessario richiedere l’autorizzazione il datore di lavoro sarebbe passibile di sanzione per aver già utilizzato la videosorveglianza fino a questo momento? La ringrazio moltissimo, cordiali saluti.
Scritto il 21-4-2011 alle ore 17:51
Buongiorno Dott. Polacchini,
svolgo l’attività di assistenza caldaie ed impianti di refrigerazione. Dispongo di un certo numero di automezzi che vengono affidati ai dipendenti per svolgere l’assistenza che si estende in buona parte della provincia di Milano ed oltre.
Unicamente per creare maggior efficienza e per meglio organizzare gli interventi in tempo reale in base alle chiamate ed alla posizione dei veicoli, vorremmo installare un geolocalizzatore gps su ogni mezzo.
Mancando le RSU aziendali, prima di rivolgere istanza per ottenere la necessaria autorizzazione da parte della Direzione del lavoro, mi farebbe piacere conoscere un Suo parere sulla fattibilità di questo ns. progetto.
In caso di parere positivo informeremo i lavoratori avvertendoli dei loro diritti nonché sulla possibilità di disinserire il dispositivo quando essi si troveranno fuori servizio.
Ciò che ancora non so é se, e dopo quanto tempo, dovranno essere cancellati i file contenenti le posizioni rilevate ogni giorno dal gps.
La ringrazio anticipatamente per la Sua cortese risposta.
Scritto il 23-4-2011 alle ore 10:40
Non sono a conoscenza di disposizioni legislative o provvedimenti del Garante che prescrivano particolari tempi di conservazione dei file di localizzazione dei sistemi Gps. Pertanto, stante il principio generale che l’utilizzo di sistemi di geolocalizzazione non deve determinare un’ingerenza ingiustificata nei diritti e nelle libertà fondamentali degli interessati rispetto al trattamento dei dati personali, la conservazione temporanea dei file, a mio avviso, deve sempre avvenire nel rispetto del c.d. principio di proporzionalità [art. 11, comma 1, lett. e),del Codice],e quindi deve essere commisurata al tempo necessario – e predeterminato – a raggiungere la finalità perseguita.
Anche le varie fasi del trattamento devono comportare, comunque, un trattamento di dati pertinenti e non eccedenti rispetto alle finalità perseguite [art. 11, comma 1, lett. d) del Codice].
In analogia con quanto stabilito dal Garante nel provvedimento dell’8 aprile 2010 sulla videosorveglianza, ritengo pertanto che la conservazione dei file di geolocalizzazione debba essere limitata a poche ore o, al massimo, alle 24 ore successive alla rilevazione, fatte salve speciali esigenze di ulteriore conservazione in relazione a festività o chiusura aziendale. Solo in alcuni casi, per peculiari esigenze tecniche o per la particolare rischiosità dell’attività svolta dal titolare del trattamento può ritenersi ammissibile un tempo più ampio di conservazione dei dati che, sulla base anche del tempo massimo legislativamente ammesso per altri trattamenti, non deve comunque superare la settimana.
Molte interessanti indicazioni dell’Authority per la privacy le potrà trovare nella decisione del 7 ottobre 2010 [doc. web n. 1763071 nel sito http://www.garanteprivacy.it, nella quale, proprio in un caso relativo alla installazione di un impianto Gps su veicoli aziendali da parte di una ditta, il Garante ha disposto che:
1. all’esito della procedura di rilascio dell’eventuale provvedimento autorizzatorio da parte del preposto Ispettorato del lavoro deve notificare il trattamento dei dati personali relativi alla localizzazione degli interessati [art. 37, lett. a), del Codice];
2. deve designare quali incaricati del trattamento i soli soggetti (previamente individuati) che, in ragione delle mansioni concretamente svolte, risultino effettivamente legittimati ad accedere alle informazioni acquisite per il tramite dei dispositivi di localizzazione satellitare;
3. deve valutare attentamente i tempi di conservazione dei dati acquisiti per il tramite dei dispositivi Gps, commisurandoli, ove necessario, alle effettive necessità di conservazione in rapporto alle specifiche finalità concretamente perseguite [art. 11, comma 1, lett. e), del Codice].
Scritto il 3-5-2011 alle ore 18:52
Buonasera dott. Polacchini
Le scrivo questa mail per avere alcune delucidazioni.
Ho un negozio al dettaglio e vorrei sapere se è possibile effettuare la video registrazione dell’attività svolta alle casse, chiaramente dopo aver legittimamente informato i dipendenti.
Le chiedo questo perchè un consulente del lavoro mi ha detto che assolutamente non è possibile e non è giustificato. Allora mi chiedo come è possibile che tutti i grandi magazzini qui dei dintorni hanno questo sistema e andando a chiedere gli stessi dipendenti mi dicono che hanno, con loro soddisfazione in quanto tutelati, firmato una delibera per tale scopo?
Scritto il 3-5-2011 alle ore 19:03
Buonasera Nicola.
Ribadisco ancora una volta quanto scritto nel mio intervento iniziale: l’art. 4 della L. n. 300/70 (Statuto Lavoratori) sancisce un divieto assoluto di usare apparecchiature per mere finalità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori. Tale controllo volontario e “invasivo” è sanzionato penalmente. E’ invece ammesso il cosiddetto “controllo preterintenzionale”, cioè un controllo finalizzato a tutelare altri interessi del datore di lavoro costituzionalmente garantiti (ad esempio il diritto di proprietà), che permetta anche un controllo indiretto nei confronti dei lavoratori. Infatti lo stesso art. 4 dello Statuto Lav. ammette l’uso di apparecchiature di controllo (ad es. telecamere) purché sia giustificato da esigenze organizzative, produttive e di sicurezza del lavoro. Questo però è possibile soltanto previo accordo con le rapresentanze sindacali aziendali o, in mancanza di tale accordo o delle RSA, previa autorizzazione del Servizio Ispettivo della competente Direzione Provinciale del Lavoro, la quale può anche dettare specifiche modalità d’uso delle apparecchiature (ad es. il posizionamento delle telecamere, o l’angolo di ripresa, ecc.). Non è sufficiente “informare” i dipendenti!
Infatti, iquadrare i lavoratori addetti alle casse (magari per prevenire furti) può costituire un controllo preterintenzionale della loro attività lavorativa; pertanto è necessario applicare la procedura indicata sopra.
Scritto il 17-5-2011 alle ore 19:00
se un azienda ha già il sistema di videosorveglianza da 3 anni ma non ha mai fatto nessuna comunicazione e adesso vuol regolarizzare la situazione cosa deve fare? si fa sempre la comunicazione alla Dpl? ci saranno sanzioni?
Scritto il 30-5-2011 alle ore 08:56
Buongiorno,
una farmacia ha istallato 1 mese fa delle telecamere con sistema di registrazione per motivi di sicurezza. Esse ovviamene riprendono anche l’operato dei dipendenti. La comunicazione da effettuare alla Direzione Provinciale del Lavoro deve essere preventiva? E se fatta ora (quindi con un mese di ritardo) da adito a sanzioni?
Grazie in anticipo per la risposta
Scritto il 1-6-2011 alle ore 09:19
Gent.le Sig.Polacchini
quando secondo lei è obbligatorio eleggere un rappresentante dei lavoratori per la videosorveglianza?
Grazie
Scritto il 13-6-2011 alle ore 15:33
Buon giorno,
lavoro in un negozio di materiale informatico e da qualche giorno il titolare ha installato delle telecamre che controllano i varchi di accesso ai locali, applicando anche la cartellonistica che recita “locale videosorvegliato”.
Inoltre sopra a ciascuna postazione di lavoro degli impiegati sono apparsi dei rilevatori di fumo che, con l’ausilio di un elettricista, abbiamo scoperto essere delle telecamere camuffate che possono anche ricevere il sonoro.
Le chiedo gentilmente un consiglio su come ci si debba comportare per quello che pensiamo sia un illecito del nostro datore di lavoro.
Le preciso inolte che nessuno lavoratore ha firmato alcuna liberatoria rlativamente a riprese audio video e/o è stato informato dell’istallazione di dette telecamere.
Saluti
Sirio
Scritto il 13-6-2011 alle ore 16:05
Sono sato all’estero per un lungo viaggio e non posso fare altro che dare una breve risposta cumulativa.
@Daniele. L’unico modo di regolarizzare la situazione è segnalare la cosa alla competente DPL chiedendo un’autorizzazione. E’ evidente che se le telecamere sono state installate da diverso tempo senza aver ottenuto la necessaria autorizzazione preventiva la DPL non potrà fare altro che applicare la prevista sanzione amministrativa, perciò…
@Gaetano. La comunicazione alla DPL deve essere preventiva (si tratta di una richiesta di autorizzazione, in mancanza di accordo con le OO.SS.); perciò vale quanto scritto sopra.
E’ meglio disinstallare l’impianto e attendere l’autorizzazione previo sopralluogo del Servizio Ispettivo della DPL.
@Angela. Nessuna norma contempla la figura del “rappresentante dei lavoratori per la videosorveglianza” figura che non esiste!). Legga bene il testo dell’art. della Legge n. 300/1970.
@Sirio. La procedura adottata dal suo datore di lavoro non mi sembra “corretta”. L’unica cosa che può fare è segnalare la cosa alla competente DPL o, in alternativa, alle organizzazioni sindacali, le quali interverranno sicuramente.
Scritto il 14-6-2011 alle ore 19:16
Dott. Polacchini, lei è stato assente per un lungo viaggio, io invece assente in quanto impegnato sia dal punto di vista lavorativo che familare (sono nati due gemelli – maschietto e femminuccia – dopo il primo figlio che ha 18 anni). Dopo tali “giustificati” impegni, potrò riiniziare a seguirla sul suo blog e porgerla qualche domanda in quanto il suo supporto ad ogni dubbio è molto prezioso .
Condividuo al 100% le utlime sue quattro riposte che coinvolgo, indirettamente,la DPL.
Cordialmente.
Luigi
Scritto il 14-6-2011 alle ore 19:52
Un ben tornato all’Ispettore Luigi e… CONGRATULAZIONI!!
Mi fa piacere di poter contare ancora sul suo prezioso contributo e del suo supporto a sostegno delle mie “interpretazioni” e mi auguro che in futuro possa ancora aiutarmi a tener vivo questo post che (chissà mai perchè…?!) è il più seguito in materia di privacy.
Adesso è finalmente iniziata l’estate, ed io posso dedicarmi completamente alla mia… passione sommersa. Le auguro di passare un’estate felice, tra pannolini e pappette, e le faccio i miei più sinceri auguri.
Cordialmente.
Marcello
PS E’ bello ogni tanto poter inserire anche un post non “professionale”!
Scritto il 15-6-2011 alle ore 14:07
buongiorno, la domanda che vorrei porle è questa:
l’installazione di telecamere sul portone di accesso di un’azienda è possibile soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali o previa autorizzazione della competente Direzione Provinciale del Lavoro?
Cioè il controllo del portone di accesso, effettuato per ragioni di sicurezza, si può assimilare al controllo dell’operato del lavoratore per vericare l’osservanza dei doveri di diligenza stabiliti per il rispetto dell’orario di lavoro e la correttezza nell’esecuzione della prestazione lavorativa?
grazie
Scritto il 15-6-2011 alle ore 19:18
Francesca, la giurisprudenza consolidata in materia di applicazione dell’art. 4 dello Statuto dei lavoratori ritiene ammissibile il cd. “controllo preterintenzionale” dei lavoratori, cioè quello che per tutelare un bene del datore di lavoro costituzionalmente garantito (ad es. il diritto di proprietà) controlla indirettamente anche l’attività dei lavoratori.
Mentre il controllo diretto sull’attività lavorativa è sempre vietato, il controllo indiretto è ammissibile, ma soltanto previo accordo con la RSA o, in mancanza, previa autorizzazione della DPL.
E’ evidente che una telecamera puntata sull’ingresso attraverso il quale transitano i lavoratori “potrebbe” controllare il rispetto da parte loro dell’orario di lavoro, quindi, a mio avviso, il controllo sull’accesso all’ingresso è assimilabile al controllo dell’osservanza dei doveri di diligenza e correttezza del lavoratore nell’esecuzione della prestazione lavorativa, con la conseguenza che occorre l’accordo sindacale o l’autorizzazione dell’Ispettorato..
Scritto il 16-6-2011 alle ore 20:12
Buonasera, la domanda che vorrei porre è la seguente: lavoro in una farmacia (siamo 5 dipendenti) ed il titolare ha deciso di istallare all’interno dei locali (non solo nel salone di vendita, ma anche nei magazzini) delle telecamere dirette sui dipendenti. Per fare tutto ciò ha chiesto a noi dipendenti di firmare un foglio in cui diamo il nostro consenso all’istallazione delle suddette. E’ legale tutto ciò ? Come fa un dipendente a rifiutarsi di firmare senza rischiare il posto di lavoro ?
Ringraziando porgo distinti saluti.
Scritto il 17-6-2011 alle ore 09:17
Buongiorno Carlo. Il comportamento del suo datore di lavoro non è “legale”. A mio avviso non è sufficiente “fare firmare un foglio a tutti i dipendenti” per ottemperare a quanto previsto dal 2° comma dell’art. 4 dello Statuto dei Lav. (necessità di un previo accordo con le RSA, o, in difetto, di un’autorizzazione della DPL).
La rappresentanza sindacale dei lavoratori di solito esprime la volontà della maggioranza dei dipendenti. Se questa maggioranza non c’è, se manca la RSA, se manca l’accordo, il datore di lavoro non ha altra strada se non quella di chiedere preventivamente all’installazione delle telecamere l’autorizzazione alla DPL, la quale farà un’ispezione e fornirà al datore di lavoro le prescrizioni tecniche necessarie a tutelare i lavoratori e la loro privacy.
La “legge” è dalla sua parte Carlo, perciò cerchi di spiegarlo bonariamente al farmacista…
Scritto il 17-6-2011 alle ore 09:34
Caro Marcello (mi permetto se posso)
sto seguendo con molta attenzione il sul blog perchè lo reputo non solo interessante, ma altamente professionale.
Tempo fa le chiesi una delucidazione a cui mi ha dato una risposta esaustiva, che però dopo il suo commento di ieri mi fa venire qualche dubbio.
Ieri lei ha scritto “Se questa maggioranza non c’è, se manca la RSA, se manca l’accordo, il datore di lavoro non ha altra strada se non quella di chiedere preventivamente all’installazione delle telecamere l’autorizzazione alla DPL, la quale farà un’ispezione e fornirà al datore di lavoro le prescrizioni tecniche necessarie a tutelare i lavoratori e la loro privacy.”
A questo punto la mia domanda è: se il datore di lavoro ha l’autorizzazione di tutta la forza dipendenti, può esimersi dal chiedere alla DPL l’autorizzazione preventiva? Perchè proprio da come inizia la sua frase “se … non c’è…” quel se fa intendere (a mio modesto avviso) che tale richiesta preventiva alla DPL può essere evitata, appunto, se….
Grazie in anticipo per la sua risposta
Scritto il 17-6-2011 alle ore 10:10
Salve Gaetano… mio affezionato lettore.
La sua domanda ricorre spesso e in dottrina si è a lungo dibattuto sul significato della locuzione contenuta nel secondo comma dell’art. 4 St. Lav. “…soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali azendali, oppure, in mancanza di queste con la commissione interna. In difetto di accordo, su istanza del tatore di lavoro, provvede l’Ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l’uso di tali impianti.”
C’è chi ha sostenuto che se manca una rappresentanza sindacale la strada 2obbligata” è chiedere l’autorizzazione alla DPL. C’è, invece, chi sostiene che se c’è un accordo scritto e sottoscritto da tutto il personale (compreso quello eventualmente assunto successivamente), ciò è sufficiente per non dover interpellare la DPL. Io personalmente propendo per questa seconda opinione, basandomi anche sulla considerazione molto “pratica” che, in presenza di una chiara informativa preventiva del datore di lavoro e di un accordo sottoscritto da TUTTO il personale, ben difficilmente vi potrà essere chi successivamente avrà qualcosa da eccepire.
Sarebbe interessante che l’Ispettore Luigi, che ci segue, riportasse la prassi adottata dall’Ispettorato (ben sapendo che in Italia tra le varie DPL non c’è omogeneità di comportamento…).
Una domanda a questo punto mi sorge spontanea (e non è rivolta solo a Gaetano): ma perchè mai tutta questa volontà di “evitare l’intervento dlla DPL”?!
La procedura che un datore di lavoro deve seguire a mio avviso è molto semplice. Cerco di riassumerla:
1. Individuazione di un motivo legittimo per installare le telecamere (cioè un motivo che rispetti lo Statuto dei lavoratori e il Codice della Privacy).
2. Analisi preventiva della situazione, cioè decisione su dove posizionare le telecamere e verifica se le riprese possano o no interferire con l’attività dei lavoratori.
3. Informativa (seria e dettagliata) ai lavoratori.
4. Istanza alla competente DPL, prima di installare le telecamere.
5. Attesa dell’autorizzazione della DPL (e qui i tempi potrebbero essere anche lunghi…).
6. Installazione delle telecamere e affissione degli appositi cartelli di informativa.
Francamente, se non c’è malafede del datore di lavoro, non vedo quale sia il problema…
Scritto il 18-6-2011 alle ore 23:43
Dott. Polacchini, visto che mi ha chiamato “bonariamente” in causa, con la sua risposta al sig. Gaetano, debbo confermare che a livello legislativo la frase ” In difetto di accordo, ….” pone certamente dei dubbbi interpretativi. Da un punto di vista personale posso pure condividere, in gran parte, la procedura che lei ha scientemente elencato nei punti da 1 a 6. C’è però anche da sottolineare, che presso le DPL, in particolare presso le U.O. di vigilanza tecnica, in base a varie direttive Ministeriali susseguitesi nel tempo (che non sto qui ad elencare) al fine di porre in essere a un controllo su un non corretto uso e utilizzo da parte di datori di lavoro dell’impianto audiovisivo, che hanno in forza lavoratori dipendenti, le DPL solitamnete intervengono sia a seguito di apposita istanza da parte delle aziende e sia con controlli a campione su iniziativa definite tecnicamente “VIP”. Infatti, in molti casi tali impianti di videosorveglianza non hanno la finalità indicata all’art. 4 ma invece sono installati con il chiaro intento di un controllo a distanza dell’attività lavorativa. Pertanto, il fatto di assolvere con l’adempimento previsto dall’articolo 13 della Legge 196, a mio parere, non assolve a quanto previsto dall’art. 4 della 300/70.
Per ultimo, il fatto che le aziende non vedono di buon occhio l’intervento degli ispettori del lavoro è quello che pur se la ditta è in buna fede, l’ispettore una volta che si trova in azienda e interrogando i lavoratori trovati al lavoro, potrebbero emergere situazioni contrattuali e contributive non corrette e quindi sansionabili. Ifine, per dirla in franchezza, ci sono molte aziende, invece, che addirittura utilizzano lavoratori in nero e quindi chiedere l’autorizzaizone per l’istallazione per l’impianto di videosorvelgianza è come, di fatto, autodenuciarsi.
Cosa diversa, invece, se a seguito di atti delittuosi (rapine furti, minacce, ecc..) le forze dell’Ordine hanno “imposto” alla ditta in oggetto un’immediata installazione dell’impianto di videosroveglianza la tutela dal punto di vista della sicurezza, allora il buon senso porterebbe a non sanzionare un’istallazione prima della preventiva autorizzazione dal parte della DPL ma, in questo caso, a far sanare l’adempimento con una semplice diffida e non prescrizione).
Spero di essere stato utile. Luigi
Scritto il 19-6-2011 alle ore 00:05
Invece, dott.Polacchini, approfittando che i bimbi dormono, vorrei un suo giudizio su una situazione che spesso si verifica e spesso mi trovo a derimere nella mia atività .
Senza anticipare il mio pensiero, vorrei che mi esprimesse il Suo.
Si tratta di questo.
Molte aziende, al fine di deterrente, mettono il cartello “area videosorvelgliata” sia all’esterno che all’interno della propria azienda senza che di fatto ci siano telecamere (oppure telecamere finte), e senza che ci siano naturalmente monitor o videoregistratori.
Ora ci sono due questioni:
1) i clienti, gli utenti, insomma le persone esterne all’azienda, pensano che sono invece ripresi e registrati ma di fatto non lo sono.
Quindi si esercita un condizionamento alla singola persona coinvolta che è di fatto “falsa”.
E’ corretta tale procedura e se è sanzionabile da parte del Garante della Privacy ?
2) Se l’azienda ha anche dei dipendenti, che sono consapevoli di tale situazione “simulata”, sono portati a anch’essi a dire e far intentere il falso e, nel peggiore dei casi, a pensare che invece ci siano veramente delle telecamere nascoste e che il datore di lavoro non dica tutta la verità. Insomma, anch einquesto caso una pressione psicologica.
Anche tale ipotesi, secondo lei, è sansionabile ai sensi dell’art. 4 e 38 della Legge 300/70 ?
NELL’ATTESA LA RINGRAZIO E MI SCUSO SE PONGO QUESTIONI UN PO’ PARTICOLARI E CONTOVERSE.
Luigi.
Scritto il 19-6-2011 alle ore 00:08
COMUNICAZIONE privata——–
——————————-
Dott. Polacchini, visto che non altri mezzi per contattarla, presso la mia provincia (che tra le altre cose è anche ricca di siti marini da visitare COME SUB) sto organizzando un convegno SULLA VIDEOSORVEGLIANZA E PIU’ IN GENERALE SULLA PRIVACY con l’Ordine Provinciale dei consulenti del lavoro(essendo anche l’addetto stampa della DPL) e vorrei averla come ospite (relatore). Se mi da i SUOI riferimenti sulla mia email, le inoltro TUTTI i particolari.
Mi scusi e la ringrazio.
Luigi
Scritto il 19-6-2011 alle ore 08:30
Buongiorno Luigi.
Riguardo a quanto da lei scritto nel post n. 98 la mia passata esperienza decennale come dirigente dell’Area Lavoro della Confindustria d Ancona mi dice che lei ha ragione. Non a caso nel mio post n. 97 ho scritto “se non c’è malafede del datore di lavoro, non vedo quale sia il problema… ”
Riguardo invece ai quesiti che mi ha formulato nel post n. 99 ecco il mio parere.
La videosorveglianza in generale è “necessaria” (e quindi è ammessa dalla legge) quando è adottata per aumentare la sicurezza dei luoghi dove si svolge l’attività produttiva o commerciale, o per la sicurezza pubblica, sempre che siano rispettati i principi di necessità (art. 3 del Codice) e proporzionalità (art. 11, comma 1, lett. d) del Codice), e quindi che non siano possibili ulteriori misure di protezione rispetto alle esigenze di tutela. Nel caso in cui la videosorveglianza sia lecita, deve essere data un’informativa ai sensi dell’art. 13 del Codice completa sotto ogni profilo, cioè devono esservi sia cartelli sia informative scritte che indichino con la massima chiarezza che c’è un’area videosorvegliata.
Pertanto – a mio avviso – l’installazione di una telecamera finta, sempre spenta, messa a scopo deterrente, è al di fuori dei principi ispiratori della normativa sulla privacy (principi di liceità, necessità, proporzionalità e finalità del trattamento dei dati) e contrasta con l’orientamento del Garante per la protezione dei dati personali, perché o l’installazione di un impianto di videosorveglianza è necessaria e indefettibile per ragioni di sicurezza e difesa dei cittadini e quindi, in un’ottica di bilanciamento e di contemperamento di interessi e di diritti costituzionalmente garantiti, è lecita; oppure non è necessaria e quindi è superflua e inutile a garantire la sicurezza pubblica. Perciò, se non è necessaria, la telecamera non deve essere installata.
Se poi la telecamera finta con tanto di cartello di avviso è installata per motivi di deterrenza in un’area privata accessibile al pubblico, come ad esempio in un parcheggio di un supermercato, ci sono anche problemi di responsabilità concorrente (contrattuale ed extracontrattuale) a carico del proprietario dell’esercizio commerciale, nel caso in cui si compia un fatto illecito a danno del cliente che parcheggia in quell’area. Infatti, il cliente, non potrebbe utilizzare la videoregistrazione del fatto illecito per ottenere il risarcimento dei danni subiti; inoltre, fatto ancora più grave, verrebbe meno la possibilità da parte dell’autorità giudiziaria inquirente di poter utilizzare il finto impianto “indebitamente segnalato”, per reprimere gravi reati come rapina, furto e lesioni personali e per risalire ai loro autori.
Scritto il 23-6-2011 alle ore 11:39
Buongiorno dott. Polacchini,
anche se in parte forse ha già risposto alla domanda che sto per farle, vorrei una sua opinione in merito al mio caso specifico. Mio padre, titolare del bar in cui lavoro (bar di famiglia, con alcuni dipendenti esterni al nucleo familiare) vorrebbe installare all’ESTERNO del medesimo una telecamera finta. Poiché anche quando il bar è chiuso siamo costretti a lasciare fuori alcuni arredi e l’esercizio medesimo si trova in una zona che di notte è praticamente deserta, tale telecamera avrebbe solo lo scopo di scoraggiare eventuali danneggiamenti e/o atti vandalici (che, fortunatamente, ancora non si sono verificati – tranne il furto di una pianticella) e sarebbe orientata in modo da “coprire” solo l’area in cui si trovano suddetti arredi. Indicando la presenza della telecamera (e rivelandone la vera natura solo a chi lavora nel bar), sarebbe secondo lei possibile/lecita tale installazione? Grazie in anticipo per la risposta. Dario.
Scritto il 23-6-2011 alle ore 17:45
Buonasera Dario.
Nel post n. 101 mi sembra di aver spiegato che l’installazione di una telecamera finta, se pure indicata dall’apposito cartello, può avere una funzione deterrente, ma non è legittima.
Scritto il 26-6-2011 alle ore 11:51
Vorrei avere delucidazioni inerenti l’uso circoscritto (1/2 ora)della telecamera per riprese interne ed ad uso strettamente professionale dell’Equipe interna di momenti critici riguardo ad ospiti in strutture riabilitative al fine di adottare nuove strategie lavorative per migliorare sia il benessere dell’ospite che il fare degli operatori. Ci sono precauzioni da adottare in merito alla privacy sebbene il documento resterà solo ed esclusivamente ad uso interno.
Grazie Giuliana
Scritto il 26-6-2011 alle ore 20:04
Buonasera Giuliana, la questione che lei pone è molto particolare ed è piuttosto delicata, in quanto si tratta di riprendere dei pazienti e quindi le vidoriprese sono “dati sensibili” ai sensi dell’art. 4 del Codice.
Bisogna adottare tutte le cautele necessarie affinchè alle riprese abbiano accesso solo le persone espressamente autorizzate per iscritto dal “titolare del trattamento” (cioè la struttura riabilitativa). C’è poi un problema di informativa scritta agli interessati (cioè i pazienti) dai quali deve essere ottenuto un consenso espresso manifestato per scritto.
Inoltre c’è da fare bene attenzione alle “finalità del trattamento (le videoriprese)e va verificato che tale trattamento sia assolutamente indispensabile.
Come vede gli aspetti da considerare sono parecchi e tutti piuttosto delicati.
Ad ogni modo, tenga presente anche quanto previsto dal paragrafo 4.2. del provvedimento generale del Garante Privacy dell’8 aprile 2010 relativo alla videosorveglianza, il quale, per quanto riguarda le riprese effettuate negli ospedali e nei luoghi di cura, dispone quanto segue:
“L’eventuale controllo di ambienti sanitari e il monitoraggio di pazienti ricoverati in particolari reparti o ambienti (ad es. unità di rianimazione, reparti di isolamento), stante la natura sensibile di molti dati che possono essere in tal modo raccolti, devono essere limitati ai casi di comprovata indispensabilità, derivante da specifiche esigenze di cura e tutela della salute degli interessati.
Devono essere inoltre adottati tutti gli ulteriori accorgimenti necessari per garantire un elevato livello di tutela della riservatezza e della dignità delle persone malate, anche in attuazione di quanto prescritto dal provvedimento generale del 9 novembre 2005, adottato in attuazione dell’art. 83 del Codice.
Il titolare deve garantire che possano accedere alle immagini rilevate per le predette finalità solo i soggetti specificamente autorizzati (es. personale medico ed infermieristico). Particolare attenzione deve essere riservata alle modalità di accesso alle riprese video da parte di terzi legittimati (familiari, parenti, conoscenti) di ricoverati in reparti dove non sia consentito agli stessi di recarsi personalmente (es. rianimazione), ai quali può essere consentita, con gli adeguati accorgimenti tecnici, la visione dell’immagine solo del proprio congiunto o conoscente.
Le immagini idonee a rivelare lo stato di salute non devono essere comunque diffuse (art. 22, comma 8, del Codice). In tale quadro, va assolutamente evitato il rischio di diffusione delle immagini di persone malate su monitor collocati in locali liberamente accessibili al pubblico.
Il mancato rispetto di quanto sopra prescritto comporta l’applicazione della sanzione amministrativa stabilita dall’art. 162, comma 2-ter, del Codice.
La diffusione di immagini in violazione dell’art. 22, comma 8, del Codice, oltre a comportare l’applicazione della sanzione amministrativa prevista dall’art. 162, comma 2-bis, integra la fattispecie di reato stabilita dall’art. 167, comma 2.”
Scritto il 27-6-2011 alle ore 08:13
La ringrazio per la sua esaustiva risposta.
Cordialmente Giuliana
Scritto il 29-6-2011 alle ore 22:28
Egregio dr. Polacchini, visto la sua cortese disponibilità avrei piacere di comprendere meglio come fare a “comprovare” che le finalità del trattamento (le videoriprese) siano assolutamente indispensabili per poter trattenere nell’archivio della struttura la documentazione video in modo da poter comparare le osservazioni fatte con quelle eseguite dopo aver messo appunto nuove strategie per
detendere atteggiamenti oppositivi e/o aggressivi delle persone con disturbi comportamentali.
Tale specificazione si rende necessaria per non incorrere in modalità che violino la tutela della privacy sia dell’ospite che degli operatori coinvolti nel laboratorio di osservazione.
La ringrazio anticipatamente della cortese attenzione.
Giuliana
Scritto il 4-7-2011 alle ore 07:20
Buongiorno Giuliana. Non è facile rispondere alla sua domanda. Ritengo che per fornire la “prova” della necessità delle videoriprese effettuate nella struttura riabilitativa sia necessario predisporre una dettagliata relazione scritta che descriva (e dimostri scientificamente) l’indispensabilità del trattamento dei dati sensibili (cioè l’indispensabilità della videoripresa dei pazienti) ai fini della loro cura e della loro salute, migliorando attraverso la modifica del comportamento degli operatori che lavorano nella struttura il benessere degli ospiti della struttura stessa.
Nel rispetto di quanto previsto dal punto 3.2.1. del provv. gen. del Garante dell’8 aprile 2010 ritengo che prima di attivare il sistema di videosorveglianza da lei descritto, sia opportuno sottoporre il medesimo alla verifica preliminare da parte dell’Autorità Garante per la privacy. Infatti, il citato punto 3.2.1. prevede che “I trattamenti di dati personali nell’ambito di una attività di videosorveglianza devono essere effettuati rispettando le misure e gli accorgimenti prescritti da questa Autorità come esito di una verifica preliminare attivata d’ufficio o a seguito di un interpello del titolare (art. 17 del Codice), quando vi sono rischi specifici per i diritti e le libertà fondamentali, nonché per la dignità degli interessati, in relazione alla natura dei dati o alle modalità di trattamento o agli effetti che può determinare.” Inoltre, lo stesso punto 3.2.1 dispone che il titolare del trattamento è tenuto a richiedere una verifica preliminare al Garante “in tutti i casi in cui i trattamenti effettuati tramite videosorveglianza hanno natura e caratteristiche tali per cui le misure e gli accorgimenti individuati nel presente provvedimento (dell’8 aprile 2010) non sono integralmente applicabili, in relazione alla natura dei dati o alle modalità del trattamento o agli effetti che possono determinare.”
Pertanto, la relazione scritta cui accennavo sopra andrebbe allegata all’interpello all’Autorità nel quale si chiede la verifica preliminare e si descrivono le caratteristiche e le modalità delle videoriprese.
Scritto il 5-7-2011 alle ore 08:20
Grazie della sua cortese risposta, mi chiedo se sarebbe opportuno redarre un progetto sperimentale che veda coinvolto tutto il nucleo protetto per la demenza magari con un accordo sindacale che preveda delle video riprese(dovutamente argomentate)in modo da chiarire le varie posizioni (operatori, ospiti, figure professionali). In molte strutture certe modalità vengono usate ma, appunto, non mi è chiaro quali sono i punti di partenza. L’Autorità Garante è una istituzione regionale?
Abbia pazienza… ma l’argomento diventa sempre più intricato.
Cordialmente
Giuliana
Scritto il 6-7-2011 alle ore 09:52
Buongiorno Giuliana. Penso che la strada da lei indicata possa essere idonea per argomentare la “comprovata indispensabilità” delle videoregistrazioni che volete effettuare nell’ambito della vostra struttura. Essenziale è, a mio avviso, una relazione tecnica che descriva i risultati attesi dalla sperimentazione e la necessità delle videoriprese a tale fine.
L’Autorità Garante per la protezione dei dati personali è un’organismo collegiale che ha sede a Roma. Il sito di riferimento dell’Authority è http://www.garanteprivacy.it
Scritto il 6-7-2011 alle ore 21:12
SALVE
HO INSTALLATO UN IMPIANTO DI VIDEOSORVEGLIANZA IN UNA STRUTTURA CHE VENDE MATERIALE EDILE A TUTELA DEL PATRIMONIO DELL’AZIENDA, HO RISPETTATO I DIPENDENTI PER QUANTO RIGUARDA LA LORO INQUADRATURA(SOLO SE PASSANO VENGONO RIPRESI)CARTELLI PRESENTI PRIMA DI OGNI PUNTO, REGISTRAZIONE 24ORE.
IL GIORNO DOPO SI è PRESENTATO L’ISPETTORATO DEL LAVORO CHE MI VOLEVA FARE IL VERBALE PER NON:
AVER DENUNCIATO L’IMPIANTO ALLE ASL
PER NON AVER CHIESTO UN PRELIMINARE A CHI DI DOVERE(NON HO SOFTWARE DI RICONOSCIMENTO PERSONE O BIOMETRICI)
IO HO RISPETTATO LA PRAIVACY BASTA SOLO QUESTO?
IL TITOLARE A DOVUTO PRESENTARE UNA PIANTINA CON LA POSIZIONE DELLE TELECAMERE(COME DA LORO RICHIESTO PER METTERSI IN REGOLA)
ESISTE UNA LEGGE DIVERSA DALLA PRAIVACY CHE TUTELA IL DIPENDENTE DA UN IMPIANTO DI VIDEOSORVEGLIANZA?
GRAZIE
Scritto il 7-7-2011 alle ore 08:30
Angelo la procedura da seguire afinchè l’installazione di un impianto di videosorveglianza sia legittima e corretta è solo quella indicata nel mio post iniziale.
Da quello che lei descrive mi sembra che sia mancata la preventiva informativa ai dipendenti e quindi che non vi sia stato un accordo con la rappresentanza sindacale aziendale (che molto probabilmente nella sua azienda non esiste); perciò l’azienda avrebbe dovuto presentare un’apposita istanza alla Direzione Provinciale del Lavoro (non alla ASL!) prima dell’installazione dell’impianto… di qui il rilievo dell’ispettore.
Come già spiegato nel mio post iniziale, a tutela dei dipendenti oltre al Codice della Privacy (D.Lgs. n.196/03, esiste anche lo Statuto dei Lavoratori (L. n. 300/70), il cui art. 4 vieta il controllo a distanza dell’attività lavorativa.
Scritto il 7-7-2011 alle ore 19:18
Gent.le Dott. Polacchini,
dopo aver raggiunto l’accordo con le RSA per l’installazione delle telecamere all’interno del luogo dilavoro, è necessario dare a tutti i dipendenti l’informativa della privacy e far firmare loro il consenso? oppure basta il semplice cartello e rendere accessibile a tutti gli interessati l’informativa integrale.
Grazie
Scritto il 7-7-2011 alle ore 20:25
No Chiara, una volta raggiunto l’accordo con le RSA è sufficienteaffiggere i cartelli di avviso in prossimità delle telecamere e predisporre una informativa scritta (completa di tutti gli elementi di cui all’art. 13 del Codice) da portare a conoscenza di tutto il personale con i mezzi più opportuni (ad es. affissione nella bacheca aziendale, distribuzione tramite la intranet, consegna assieme alla prima busta paga utile, ecc.).
Il consenso dei dipendenti non è necessario.
Scritto il 8-7-2011 alle ore 15:14
buon giorno le volevo chiedere gentilmente come mi devo comportare poiche nella mia azienda ho installato della telecamere da alcuni anni ( 6 circa) che inquadrano l’ esterno del parco giochi .
ed ho dei dipendenti stagionali come mi devo comportare, ho messo i cartelli nei punti di accesso al parco giochi e alcuni all`interno .
ai dipendenti li ho informati trammite lettera … di consenzo . ho il manuale .
Devo disistallare tutte le telecamere e attendere lautorizzazione del DPL????
Scritto il 8-7-2011 alle ore 19:05
Buonasera Marco. La procedura da seguire affinché l’installazione di un sistema di videosorveglianza in un luogo di lavoro sia lecita e corretta è sempre quella prevista dal comma 2 dell’art. 4 dello Statuto dei lavoratori (vedi il mio post iniziale).
I cartelli di avviso della presenza delle telecamere vanno posizionati nelle vicinanze delle stesse e devono essere visibili anche di notte.
Al personale va data un’informativa (scritta) completa di tutti gli elementi indicati dall’art. 13 del Codice della privacy. Se c’è un accordo sindacale con la RSA non occorre il consenso dei singoli dipendenti. Se non c’è l’accordo, oppure manca la RSA bisogna chiedere l’autorizzazione PREVENTIVA alla competente DPL.
Scritto il 8-7-2011 alle ore 19:55
PER IL SIG. LUIGI
oggi ho letto tutto il blog e mi sono accorto di lei,vorrei ruberle un po di tempo , certo che mi possa aiutare a fare chiarezza .
1)
per installare un impianto di video sorveglianza in un negoziono, attivita produttiva dove ci sono solo i PROPRIETARI serve : manuale per la gestione del dvr ( registrazioni durata il responsabile del trattamento ….. ) cartelli prima di accedere alla zona videosorvegliata , questo per i clienti .
2)
per installare un impianto di video sorveglianza in un attivita dove ci sono i dipendenti occorre : manuale ……, cartelli ….
accordo con il personale facendo preventiva riunione ed emettendo verbale di accordo.
tutto ripettanto quando previsto decreto.
o occorre preventiva visita del DPL?
nel art. 4 …….possono essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza
di queste, con la commissione interna. in difetto di accordo, su istanza del datore
di lavoro, provvede l’Ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità
per l’uso di tali impianti” (v., altresì, artt. 113 e 114 del Codice; art. 8 l. n.
300/1970 cit.; art. 2 d.lg. n. 165/2001).
Qui mi trovo inconfusione leggeno art 4 mi dice commissione intera, quindi se ad esempoi 3 lavoratori creano una commissione esprimono un loro parere favorevole non ce` bisono di della visita preventiva del DPL .
commissione = a gruppo di persone che viene affidato un incarico in comune .
spero che mi dia della risposte per avere chiarezza.
Grazie in anticipo
Scritto il 9-7-2011 alle ore 12:10
Signor Marco buongiorno,
le preciso che il Blog è di esclusiva pertinenza e competenza del dott. Polacchini.
Se in passato, alcune volte, sono intervenuto su alcuni specifici argomenti è stato soltanto a seguito di esplicita richiesta del Dott. Polacchini.
Pertanto, alle sue domande le risponderà certamente il dott. Polacchini che, tra le altre cose, mi pare che le ha già risposto ampiamente con quanto da lei indicato alla risposta n. 116.
Riguardo alla “commissione interna”, dicui all’art. 4 della L. 300/70, le segnalo che in altre risposte (precisamente al n. 4) del dott. Polacchini è stata data una corretta interpretazione della norma sopra citata.
Cordialmente.
Luigi
Scritto il 11-7-2011 alle ore 11:21
Grazie sig. Luigi .
Scritto il 11-7-2011 alle ore 11:33
buon giorno :
quindi mi sembra di avere capito correggetemi se sbaglio ,
1)
la figura del RSA si a su imprese che superano i 15 dipendenti e se ce` accordo tra il datore di lavoro e figura del RSA non ce` bisogno della autorizzazione del DPL.
in mancaza di accordo con RSA va chiesta la visita peravere autorizzazione .
2)
quando la figura del RSA non ce` e manca accordo con i dipendenti va richiesto visita preventiva al DPL.
3) quando manca la figura del RSA e ce` accordo con i pendenti ????
che bissogna fare
scusate ma non riesco a trovare una risposta chiara …. saro ignorate scusate !!
attendo gentilmente una vs risposta .
grazie in anticipo
Scritto il 12-7-2011 alle ore 23:04
Sono alle prese con un corso di subacquea e sono fuoori sede, perciò accedo alla mia posta saltuariamente…
Ringrazio l’Ispettore Luigi per il suo intervento e cerco di dare una risposta “chiara” a Marco-
La procedura coretta è piuttosto semplice:
Nel caso di un’impresa con più di 15 dipendenti con RSA costituita (oggi Rappresentanza Sindacale Unitaria) è necessario un preventivo accordo scritto con la RSA stessa per poter installare delle telecamere in un ambiente di lavoro.
Nell’accordo andranno esplicitae le finalità delle riprese (in genere motivi di sicurezza e di salvaguardia del patrimonio aziendale) e le loro modalità (conservazione delle immagini non superiore alle 24 h; non ripresa di lavoratori intenti a lavorare, non possibilità di zoomare se non in casi di estrema necessità, dislocazione delle telecamere, ecc.)
Se manca la RSA (nel caso di una piccola impresa, o di non presenza delle OO.SS.)oppure sev non vi è accordo con la stessa, occorre presentare un’apposita istanza alla competente Direzione Prov.le del Lavoro, la quale invierà un funzionario del Servizio Ispettivo a fare un sopralluogo in azienda, ad esito del quale lo stesso fornirà al datore di lavoro le prescrizioni/istruzioni tecniche sul come installare le telecamere e sul come attuare legittimamente la videosorveglianza.
L’accordo con tutto il personale di una piccola realtà aziendale (inferiore ai 15 dipendenti) a mio avviso non esime il datore di lavoro dall’interpellare la DPL (mi corregga l’Ispettore Luigi se sbaglio…) perchè a questa è demandato il compito di tutelare gli interessi dei lavoratori e di vigilare sulla corretta applicazione della normativa sul lavoro (compresa l’applicazione dello Statuto dei Lavoratori).
Scritto il 14-7-2011 alle ore 23:50
Scritto il 12-9-2010 alle ore 12:16
Mi scuso per il rirado con cui le rispondo, ma… ero all’estero.
Avendo dei dipendenti lei sarebbe soggetto all’applicazione del comma 1 dell’art. 4 della Legge n. 300/70 (Statuto dei lavoratori) che, per quanto riguarda l’installazione degli apparecchi per la videosorveglianza, nel caso in cui vi sia anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, richiede un “previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l’Ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l’uso di tali impianti.”
Ritengo tuttavia che, date le esigue dimensioni della sua impresa e il consenso fornitole verbalmente dal suo personale, le sarebbe sufficiente un accordo scritto sottoscritto da tutti i suoi dipendenti per evitare la necessità di avanzare un’istanza all’Ispettorato del lavoro.
lei in questa risposta ritiene che date le esigue dimenzione aziendali è sufficente un accordi firmato dei lavoratori ….. come riportato sopra.
adesso mi dice che le dimenzioni non contano cosa è combiato da settembre 2010 ad oggi , poiche mi dice che oggi mi occorre una autorizzazione del DPL?
quando si fa riferimento a una commisione interna a cosa si riferisce .
e OO.SS cosa è?
scusi se le chiedo tutte queste cose ma cerco di capire come funziona per non trovarmi in qualche strada errata …..!
non mi reputi un opportunista poiche pago anche un consulente che mi aggioni sulle nuove normanive ecc e anche lui si è inceppato su questa benetta privasy .
la ringrazio del tempo che mi / ci dedica
Scritto il 28-7-2011 alle ore 08:10
Buongiorno, lavoro in un negozio di telefonia, il mio datore di lavoro mi ha obbligato a firmare una liberatoria x l’intallazione di una telecamere urlandomi contro e minacciando di licenziarmi se non l’avessi fatto. Adesso le telecamere sono diventate due, ed oltre a controllare me controlla anche se visito i siti internet della concorrenza. In negozio é presente, ma ben nascosto, il cartello che avvisa della presenza delle telecamere e nonostante sia arrivato un controllo della gdf nessuno ha obiettato sul fatto. Io sono continuo oggetto di discussioni anche perché ho scorto su uno dei pc dove risiedono i video un programma di controllo a distanza che gli permette di controllare da remoto cosa accade in ufficio. Come potrei reagire?
Scritto il 28-7-2011 alle ore 09:11
Paolo, nel comportamento del suo datore di lavoro, così come descritto, ravviso molte violazioni di legge, pertanto non vedo altra soluzione se non segnalare la cosa all’Ispettorato Provinciale del Lavoro, ovvero aprire una vertenza sindacale. Un conflitto di questo genere con il proprio datore di lavoro ben difficilmente si può risolvere bonariamente…
In bocca al lupo!
Scritto il 29-7-2011 alle ore 12:17
buon giorno vedo che e` rientrato nel sito ma non mi a risposto …. le rinnovo la domanda del 14/07/2011 122
grazie per una sua risposta in merito
tanti saluti e buone farie .
Scritto il 29-7-2011 alle ore 13:15
Sign. Polacchini, io ho una situazione simile a quella di marco
Non ho ancora capito se è sufficente la firma dei dipendenti o bisogna comunque presentare domanda al DPL
Perchè qui nella mia zona si è presentato l’ispettorato in fase di installazione è mi ha detto (verbale) che non è sufficente la firma dei dipendenti vogliono che si faccia un comunicato per richiedere un loro sopralluogo(devono decidere dove si può e dove non si può mettere la telecamera)
Che dire!!! io no ci capisco più niente
E quindi un detto “attacca l’asino(ciuccio) dove vuole il padrone”
SPERO CHE MI RIESCA A DARE QUALCOSA PER FARE UN RICORSO
GRAZIE!!!
Scritto il 29-7-2011 alle ore 16:38
Il Garante per la privacy ha ricordato più volte che affinché il trattamento di dati effettuato tramite la videosorveglianza possa reputarsi conforme alla legge, occorre rispettare le prescrizioni imposte in materia dalla Legge n. 300/1970 (Statuto dei lavoratori). In particolare l’art. 4 comma 2 dello Statuto dei lavoratori, richiamato dall’art. 114 del Codice della privacy, stabilisce che, quando la videosorveglianza è resa necessaria da esigenze organizzative o produttive, ovvero è richiesta per la sicurezza del lavoro, gli impianti e le apparecchiature di controllo dai quali possa derivare anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, possono essere istallati solo previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste, di una commissione interna (composta, in assenza di indicazioni della norma in oggetto, logicamente anche da rappresentanti scelti dai lavoratori).
Se poi non si raggiunge un accordo, su istanza del datore di lavoro presentata alla Direzione Provinciale del Lavoro competente provvede l’Ispettorato del Lavoro ad approvare l’impianto di videosorveglianza, concedendo, previo sopralluogo, una specifica autorizzazione e dettando, laddove occorra, le modalità corrette per il suo utilizzo.
In mancanza di tali adempimenti il Garante potrà disporre il blocco dell’eventuale uso delle immagini rilevate e imporre un termine per espletare le formalità necessarie a rendere il trattamento lecito. Qualora il datore di lavoro non adempia a tali prescrizioni saranno poi applicabili le sanzioni previste dagli artt. 162 comma 2-ter (pagamento di una somma da trentamila euro a centottantamila Euro) e 170 del Codice della privacy (reclusione da tre mesi a due anni).
Scritto il 29-7-2011 alle ore 19:45
Siamo un’azienda che tra l’altro installa anche impianti di videosorveglianza ed alcuni nostri clienti ci stanno chiedendo di produrre una breve relazione tecnica con relative planimetria su come e dove sono ubicate tali telecamere. La domanda è la seguente, a quale organo competente vanno spedite e/o consegnate tali documenti ed in riferimento a quale normativa è divenuto necessario produrli.
Certo di una sua risposta, porgo distinti saluti.
Scritto il 30-7-2011 alle ore 10:40
Buongiorno Ciro. La risposta è molto semplice. La normativa di riferimento è sempre l’art. 4 comma 2 della legge 20 giugno 1970 n. 300 (il cd, Statuto dei lavoratori). Se ha la pazienza di leggere tutti i miei interventi in questo mio post avrà un quadro più preciso. Ad ogni modo la vostra ditta non deve spedire o consegnare la relazione tecnica a nessuno, salvo che al vostro cliente.
Infatti, la relazione tecnica ed in particolare la planimetria con l’indicazione dell’angolo visuale di ripresa delle singole telecamere serve alle aziende vostre clienti a corredo della documentazione da allegare all’istanza di autorizzazione all’installazione del sistema di videosorveglianza da presentare alla competente Direzione Provinciale del Lavoro – Servizio Ispettivo.
Se invece in azienda è presente la rappresentanza sindacale aziendale la planimetria serve al titolare per illustrare ai rappresentanti dei suoi lavoratori l’esatta ubicazione delle telecamere, al fine di dimostrare loro che le stesse non riprendono luoghi nei quali si svolge l’attività lavorativa. Nel caso in cui l’azienda sottoscriva un accordo con le OO.SS. sull’instalazione del sistema di videosorveglianza si è soliti allegare la planimetria all’accordo stesso.
Scritto il 1-8-2011 alle ore 16:54
Buona sera comunque se io non faccio intervenire l’ ispettore per un sopralluogo sono multabile , anche se i miei dipendenti sono daccordo all’ intallazione di telecamere perimetrali , questo e` quello che mi sembra di capire !
e le dimenzioni aziendale che lei mi fa riferimento non contano nulla .
forse faccio confusione ma mi sembra di essere semplice nella mie domanda.
la ringrazio ancora della sua disponibilita` cerchi di darmi un risposta , piu` semplice possibile .
Scritto il 1-8-2011 alle ore 16:59
per angelo se leggi le varie risposte trovi quella data a me la 12/09/2010 la n 32 e che ora mi sembra di avere frainteso
Scritto il 4-8-2011 alle ore 03:38
Buongiorno, le descrivo la situazione in cui ci troviamo io ed altri 89 dipendenti di un’azienda privata.
A metà maggio, dopo un furto di alcuni PC ed altri 2-3 tentativi di effrazione, il nostro datore di lavoro decide di installare delle telecamere esterne lungo tutto il perimetro dell’azienda, ed anche delle telecamere interne (che puntano dirette sui lavoratori), SENZA DIRE NULLA A NESSUNO, nè alle OO.SS., nè ai dipendenti, nè tantomeno alla DPL.
Che quelle interne fossero telecamere, è stato scoperto dai dipendenti controllando il codice dello strumento su internet: trattasi di telecamere “discrete” camuffate da sensori di movimento, con registrazione audio, vedi il link sotto riportato
http://centro.videostarweb.com/index.php?page=shop.product_details&flypage=flypage_new.tpl&product_id=79508&category_id=1578&option=com_virtuemart&Itemid=174
In principio volevamo fare un esposto alla DPL, poi invece abbiamo deciso di tentare una strada più diplomatica chiedendo chiarimenti alla direzione aziendale, la quale, dopo “aver scoperto” che è necessario l’accordo con l’RSU o con la DPL, ha deciso ovviamente per la prima per evitare di incorrere in sanzioni.
L’azienda ci assicura che le telecamere si accendono solamente con l’attivazione del sistema di allarme, e quindi al di fuori dell’orario di lavoro, e vorrebbe che decidessimo insieme solamente alcuni dettagli come l’orario di attivazione, l’incaricato gestore del sistema etc…
Noi non ci fidiamo (anche solo per il fatto che volevano mettere telecamere senza farcelo sapere) e come RSU vorremmo poter partecipare e dire la nostra sui seguenti argomenti:
-dal momento che all’esterno sono presenti numerose telecamere ad alta risoluzione che puntano su tutte le porte e finestre, ed all’interno sono presenti numerosi sensori di movimento che fanno scattare l’allarme con la conseguente chiamata ai Carabinieri, vogliamo valutare se le telecamere interne sono necessarie oppure no;
-nel caso in cui non si riesca a trovare altre soluzioni (e secondo ci sono), vogliamo partecipare alle scelte su dove posizionare le telecamere e definire le aree soggette a videosorveglianza;
Arrivo quindi alle domande che pongo alla Sua attenzione:
1) abbiamo il diritto di pretendere quanto sopra riportato?
2) nel caso in cui non si raggiunga l’accordo sindacale e l’azienda si rivolge alla DPL, è scontato che gli vengano concesse le autorizzazioni?
3) è sufficiente una dichiarazione dell’azienda ed un certificato dell’installatore che garantisce il non funzionamento durante l’orario di lavoro?
4) nel caso in cui intervenga oggi la DPL, sanzionerebbe l’azienda anche se le telecamere fossero disattivate?
5) a seguito di numerose richieste d’intervento (molte delle quali fasulle causate da errori umani tipo porte o finestre lasciate aperte), sembra che siano state le forze dell’ordine a suggerire all’azienda di installare le telecamere: in questo caso sarebbe ugualmente necessaria l’autorizzazione della DPL?
I funzionari esterni delle OO.SS. non vedono l’ora di firmare l’accordo senza porre particolari condizioni, noi invece siamo lavoratori che credono nell’autoorganizzazione, e vogliamo risolvere la questione pretendendo rispetto per noi e per le leggi vigenti.
In 16 anni i rapporti tra dipendenti e direzione sono sempre stati buoni: mai una vertenza sindacale, mai un’opposizione alle scelte aziendali, scioperi che si contano sulle dita di una mano.
La ringrazio per il tempo che vorrà (se potrà) perdere nel darmi una risposta.
Saluti
David
Scritto il 6-8-2011 alle ore 17:24
Buonasera David.
Da ex dirigente del Servizio Sindacale di Confindustria, non avrei mai pensato di dover un giorno fornire consulenza ai rappresentanti della “controparte” o alle Organizzazioni Sindacali dei lavoratori…!
Ad ogni modo, a parte gli scherzi, il mio non è certamente tempo perso ed ecco quindi telegraficamente il mio parere sui punti da lei esposti.
Punto 1) direi che è un vostro sacrosanto diritto, previsto proprio dalla più volte richiamata norma dello Statuto dei Lavoratori.
Punto 2) non è assolutamente scontata l’autorizzazione della DPL.
Punto 3) l’installatore non può garantire il non funzionamento delle telecamere solo fuori dell’orario di lavoro. La dichiarazione aziendale vale sino a prova contraria. Per essere certi di quanto affermato dall’azienda bisognerebbe che un rappresentante dei lavoratori avesse modo di controllare la temporizzazione dell’attivazione del sistema di videosorveglianza. Dati i “buoni rapporti” tra azienda e lavoratori penso che non ci dovrebbero essere obiezioni di sorta.
Punto 4) temo proprio di si. La norma in mancanza di accordo con la RSA prevede la necessità di chiedere un’autorizzazione alla DPL preventivamente all’installazione (e non all’attivazione) delle telecamere.
Punto 5) assolutamente si!
Mi congratulo con il vostro desiderio di lavoratori di mantenere un rapporto corretto e diretto con la direzione aziendale pretendendo il rispetto di corrette relazioni industriali.
Scritto il 8-8-2011 alle ore 22:04
Grazie per la risposta.
Purtroppo l’incontro tra RSU e Direzione non è andato bene: avevamo proposto di oscurare le telecamere durane il giorno, oppure di dotarle di un braccio meccanico che le fa puntare verso l’alto ma le nostre sono state rifiutate perchè “antitecnologica” la prima, e troppo costosa la seconda.
A questo punto hanno già deciso tutto, ci lasciano soltanto partecipare alla scelta dell’orario di attivazione.
I dipendenti non sono tranquilli davanti a delle telecamere, anche se spente (forse…).
A questo punto ci rifiuteremo di fare accordi e ci rivolgeremo alla DPL, sperando che accolga le nostre istanze.
Altre 2 domande:
-se fosse l’azienda a rivolgersi alla DPL, la DPL poi coinvolgerebbe anche la RSU oppure no?
-se l’accordo venisso votato a maggioaranza da parte dell’RSU, poi i dipendenti potrebbero ugualmente rivolgersi alla DPL e fare in modo di cambiare in meglio l’accordo?
Saluti
Scritto il 9-8-2011 alle ore 12:28
Buongiorno David. Evidentemente i rapporti tra i lavoratori e la direzione aziendale non sono così buoni e aperti come mi aveva detto…
Ad ogni modo adesso si apre la strada del ricorso alla DPL. Secondo la legge è l’azienda che in mancanza di accordo con la RSA deve presentare apposita istanza alla DPL PRIMA di installare le telecamere. In ogni caso voi potete sempre segnalare la cosa alla DPL che invierà un funzionario del Servizio Ispettivo in azienda il quale, dopo aver constatato l’avvenuta installazione delle telecamere in dispregio di quanto previsto dallo Statuto dei Lavoratori, emetterà una prescrizione a disinstallare l’impianto di videosorveglianza ai sensi dell’art. 15 del D.Lgs. 127/2004 e degli artt. 19-25 D.Lgs. 758/1994. Dopo l’ottemperanza alla prescrizione dell’Ispettorato il contravventore (l’azienda) sarà ammessa al pagamento entro 30 giorni della sanzione amministrativa ridotta nella misura di 1/4 del massimo (cioè € 388,00). La sanzione sarà notificata all’azienda notificata solo dopo la prescrizione (che è equivalente alla diffida in campo penale).
Ma l’Ispettorato potrebbe anche sanzionare l’azienda per l’installazione dell’impianto prima della prevista autorizzazione della DPL senza emettere la prescrizione (cioè in pratica senza prima diffidare il contravventore a disinstallare l’impianto). In questo caso l’azienda potrà fare le sue deduzioni alla DPL e poi, una volta notificatale la sanzione, potrà produrre motivato ricorso. Se l’azienda decidesse di non pagare entro 30 giorni dalla notifica la sanzione irrogatale dalla DPL allora l’eventuale sanzione la deciderà il giudice ordinario anche nel merito facendo riferimento in particolare ai motivi adotti dal contravventore per i quali ha installato l’impianto di videosorveglianza prima della autorizzazione della DPL.
Per quanto riguarda le sue ultime due domande, in primo luogo anche se fosse l’azienda a rivolgersi alla DPL normalmente il funzionario del Servizio Ispettivo interpella i rappresentanti de lavoratori per sentire la loro opinione. In secondo luogo, di solito un accordo sindacale su una questione “delicata” sottoscritto dalla rappresentanza sindacale aziendale viene sottoposto all’approvazione dei lavoratori tramite un referendum, il cui esito (deciso dalla maggioranza) è vincolante per tutti i lavoratori dell’azienda.
Scritto il 9-8-2011 alle ore 22:35
Dott. Polacchini, mi permetto di dare il mio modestissimo contributo e entrare nel merito del quesito del Sig. David e della sua conseguente risposta.
Ritengo che, a mio modo di vedere, nel caso di sopralluogo ispettivo dei funzionari della DPL, indipendentemente se intervengono su richiesta dell’azienda, dei lavoratori (e/o RSA – RSU) o d’iniziativa, e che a seguito di tale accesso ispettivo si dovessero accertare delle violazioni di cui all’art. 4 della Legge 300/70, prima di sanzionare ai sensi dell’art. 38 della stessa L. 300/70, si debba obbligatoriamente e preventivamente emettere la PRESCRIZIONE ai sensi dell’art. 15 del D.Lgs. 127/2004 e degli artt. 19-25 D.Lgs. 758/1994, in quanto è ammessa la regolarizzazione della violazione.
Solo dopo l’ottemperanza alla PRESCRIZIONE (accertata con apposita rivista da parte degli stessi ispettori) verrà notificata la sanzione di 1/4 del Massimo (ossia le € 388,00 ). Pertanto non sarebbe corretto sanzionare direttamente il datore di lavoro senza la relativa Prescrizione (“diffida”).
Invece, potrebbe accadere che vengano accertate, nel corso dell’accesso ispettivo, “gravi” comportamenti da parte del datore di lavoro nell’uso e nell’utilizzo dell’impianto di video-sorveglianza; in questo caso l’ispettore DOVRA’ fare una apposita informativa all’autorità giudiziaria la quale dopo avere espletato la propria relativa istruttoria (avvalendosi anche delle prove fornite dal funzionario della DPL), potrà applicare la sanzione prevista dall’art. 38 della legge 300/70 fino ad un quintuplo (la pena dell’arresto e dell’ammenda potranno essere anche applicate congiutamente) con l’eventuale pubblicazione della sentenza penale di condanna stabiliti dall’art. 36 del codice penale.
L’unica discrezionalità che potrebbe utilizzare l’ispettore del lavoro, se sono presenti tutti gli elementi necessari previsti dalla legge, in alternativa alla Prescrizione è lo strumento della DISPOSIZIONE ai sensi dell’art. 10, comma 1 del DPR 19 marzo 1955, n. 520 e dell’art. 14 D.Lgs. 124/2004. In questo caso la violazione non deve essere stata già commessa ma si potrebbe consumare in futuro (esempio DISPOSIZIONE: Rimozione totale dell’intero impianto o di alcune specifiche telecamere).
Mi preme ANCHE precisare che tale strumento della DISPOSIZIONE nel campo della videosorveglianza è alquanto raro (ma non impossibile).
Nel caso il datore di lavoro non dovesse ottemperare a tale DISPOSIZIONE impartita nei tempi indicati (di solito è immediata ma per esigenze tecniche potrebbe essere anche di qualche giorno) sarà fatta la debita informativa all’Autorità Giudiziaria.
Spero di essere stato utile al sig. David
Coriali saluti,
Luigi
Scritto il 10-8-2011 alle ore 08:41
Ringrazio l’Ispettore Luigi per il suo intervento puntuale e preciso come il solito.
Mi sembrava di aver scritto sostanzialmente la stessa cosa (“…potete sempre segnalare la cosa alla DPL che invierà un funzionario del Servizio Ispettivo in azienda il quale, dopo aver constatato l’avvenuta installazione delle telecamere in dispregio di quanto previsto dallo Statuto dei Lavoratori, emetterà una prescrizione a disinstallare l’impianto di videosorveglianza ai sensi dell’art. 15 del D.Lgs. 127/2004 e degli artt. 19-25 D.Lgs. 758/1994. Dopo l’ottemperanza alla prescrizione dell’Ispettorato il contravventore (l’azienda) sarà ammessa al pagamento entro 30 giorni della sanzione amministrativa ridotta nella misura di 1/4 del massimo (cioè € 388,00). La sanzione sarà notificata all’azienda solo dopo la prescrizione, che è equivalente alla diffida in campo penale)…” ad ogni modo credo che sopo il suo intervento il sig. David e i suoi colleghi possano avere tutti gli elementi per poter procedere.
Un cordiale saluto.
Scritto il 17-8-2011 alle ore 13:17
Grazie mille per le vostre risposte precise e puntuali, adesso ho un quadro certamente più chiaro di come stanno le cose.
Vi aggiornerò sull’evolversi della situazione.
Saluti
Scritto il 30-8-2011 alle ore 11:49
buongiorno, vorrei dei chiarimenti riguardo lìistallazione di telecamere di videosorveglianza a distanza in rete , che mio cugino ha istallato nel suo giardino ma rivolte verso la mia proprietà, è lecito e che cosa posso fare.grazie.
Scritto il 30-8-2011 alle ore 13:13
Salve, innanzitutto grazie per la precedente risposta (quesito 123), chiara ed esauriente. Volevo solo un ulteriore chiarimento in quanto ho scoperto che una delle telecamere e’ una IP cam o comunque comandata da remoto infatti si muove anche quando in negozio non c’e’ nessuno (oltre me, anche quando sono immobile) e verosimilmente e’ comandata tramite il PC del proprietario che a sua volta e’ gestito da remoto tramite un programma installato (credo si chiami LogMeIn) che permette la gestione da altro PC. E’ normale che si possa essere “spiati” in tal modo? A chi potrei rivolgermi per far luce su questo? chiaramente le mie ipotesi sono da dimostrare anche se credo di non sbagliarmi.
grazie ancora.
Paolo
Scritto il 30-8-2011 alle ore 14:42
La ringrazio per la sua domanda Paolo, perchè mi da l’opportunità di intervenire su una questione piuttosto delicata che può sconfinare anche in ambito penale.
La rimando quindi al mio intervento specifico sulla materia dal titolo “Videosorveglianza in ambito privato. Limiti e pericoli” che ho fatto sempre in questo blog.
Scritto il 30-8-2011 alle ore 15:02
Mi sono sbagliato… la mia risposta precedente era rivolta al sig. Ersilio (quesito 139).
Per quanto riguarda Paolo vale quanto le ho già detto: nel comportamento del suo datore di lavoro, ravviso molte violazioni di legge, pertanto non vedo altra soluzione se non segnalare la faccenda all’Ispettorato Provinciale del Lavoro presso la DPL.
Scritto il 9-9-2011 alle ore 14:53
salve, sono il titolare di un’azienda e possiedo telecamere installate ai fini di sicurezza. I miei due dipendenti ne sono a conoscienza ma non ho posto in essere alcuna informativa presso le rappresentanze sindacali. Saprebbe indicarmi la giusta procedura in modo da conformarmi alla normativa vigente? grazie
Scritto il 10-9-2011 alle ore 22:04
Marco, faccia un piccolo sforzo di leggere le mie risposte precedenti (e anche il mio post iniziale), e vedrà che la corretta procedura…. è molto semplice!
Scritto il 12-9-2011 alle ore 11:53
buon giorno ,è possibile che il caporeparto faccia delle foto agli operai che lavorano o che fanno la pausa anche in ambienti non autorizzati? in questi giorni un ragazzzo si è messo fuori nel cortile seduto su un paletta di legno ,e il caporeparto ha fotografato ,dicendo che si doveva sedere in menza.
Lo puo fare??
grazie
Scritto il 14-9-2011 alle ore 19:14
buonasera, potrebbe darmi delucidazioni sui casi di videosorveglianza per fini diversi da quelli esclusivamente personali, per i quali si applica il codice della privacy nel caso di privati? La ringrazio, l’argomento mi è ostico,vorrei ,se possibile un esempio pratico.
Scritto il 17-9-2011 alle ore 15:54
nn-
Scritto il 17-9-2011 alle ore 21:17
Ringrazio innanzitutto per la Sua disponibilità nel fornire utili consigli.
Sono un RLS che presta l’attività in una azienda pubblica.
Siamo stati convocati dal dirigente in questi giorni a causa dell’installazione di videocamere all’ingesso con ripresa dei dipendenti che entrano e escono dall’azienda. Le videocamere sono collegate a un apparecchio digitale, collocato nell’atrio, nella postazione di un usciere, dipendente di una azienda esterna.
L’apparecchio è fornito di una porta USB, e nel monitor diviso in quattro sezioni vengono rilevati tutti gli accessi allo stabile.
Lo stabile ha già cancelli di sicurezza e un sistema antitrusione ad infrarossi con rilevazione del movimento. L’Ente non ha valori depositati. Le RSU hanno richiesto che l’impianto venga messo in funzione solo dalle 19:00 in poi e che nessuno possa scaricare le immagini abusivamente visto che l’apparecchio è visibilmente senza nessuna protezione. Vengo alla richiesta:
Per caso ha un fac simile di accordo, ovviamente gratuito, che possa tutelare i dipendenti?
Cordiali saluti Fabio
Scritto il 18-9-2011 alle ore 00:48
buonasera,lavoro presso un’azienda di trasporto pubblico locale come autista,la flotta aziendale è stata munita di un sistema gps, credo per una maggior produttività che ne deriva.ultimamente viene usato anche in tempo reale per avvertire vocalmente l’autista di possibili anticipi sulla tabella di marcia, questo è lecito oppure si sconfina in un controllo illegale del lavoratore nell’eventualita si arrivi a prendere provvedimenti disciplinari con l’ausilio del gps.la ringrazio se potesse darmi un suo parere in merito.cordiali saluti maurizio.
Scritto il 18-9-2011 alle ore 09:40
Buongiorno Sig. Polacchini, la questione che vorrei sottoporle riguarda la mia privacy al di fuori del luogo di lavoro ed è molto particolare. Lavoro in un’azienda di 5 dipendendenti. Qualche anno fa il mio datore di lavoro installò una telecamera, che però non era facilmente riconoscibile come tale, nel locale riservato alla vendita con l’obiettivo però rivolto verso la mia postazione di lavoro, che si trova nel “retrobottega”. Nessun preavviso e nessun cartello che avvisasse il pubblico della presenza di tale dispositivo. Ho parlato di tale scoperta al telefono (fisso verso fisso)con un’amica(che vive a 700 km di distanza e che non conosce e non ha rapporti con nessuna delle persone con cui lavoro). Non molto tempo dopo, la telecamera è scomparsa, dopo essere stata lì per mesi. Son passati tre anni e per tre anni ho avuto la sensazione che le mie conversazioni telefoniche(con la suddetta amica e non solo)fossero spiate: argomenti di cui parlavo solo con lei e che riguardavano questioni di lavoro e di vita privata, venivano velatamente o meno riproposte sul luogo di lavoro in mia presenza. Per paura di passare per una persona paranoica non ho sottoposto tale mio dubbio a nessuno che abbia la competenza necessaria per aiutarmi definitivamente a verificare la situazione. Premetto che i miei datori di lavoro vantano ogni tipo di conoscenza o amicizia in questa piccola città: da un gran numero di avvocati e magistrati che operano in questo foro, a poliziotti, carabinieri, agenti di guardia di finanza, funzionari telecom etc. Premetto che il mobbing in tale azienda è praticato regolarmente da tutti, o quasi, e che una collega frequenta costantemente la mia casa per motivi familiari… Cosa posso fare concretamente per accertare se il mio telefono fisso o mobile, sono, anche illegalmente, spiati? [A parte ovviamente una visita dallo psicoanalista……. ;-)]. La ringrazio in ogni caso e sono a Sua dispozione per eventuali precisazioni.
Scritto il 18-9-2011 alle ore 10:35
I tre ultimi interventi sconfinano decisamente nel campo del diritto del lavoro e del diritto sindacale, piuttosto che riguardare strettamente la privacy…
Ad ogni modo, posso dire brevemente:
@Fabio Che il testo di un accordo sindacale deve essere concordato con un’organizzazione sindacale, a conclusione di una discussione con il datore di lavoro, nella quale sono illustrati tutti gli aspetti relativi all’impianto di videosorveglianza e sono discusse e concordate tutte le garanzie per i lavoratori. Non esiste un accordo tipo. Ogni accordo va “confezionato” su misura.
@Maurizio Penso che da quello che mi dice si possano ravvisare gli estremi di un (illecito) controllo a distanza dell’attività lavorativa. E’ evidente che in tal caso le “prove” acquisite illecitamente dal datore di lavoro per contestare eventuali illeciti disciplinari commessi da un dipendente non possono essere utilizzate.
@Concetta Se la telecamera è stata rimossa il problema di una illecita videosorveglianza si è risolto. Per quanto riguarda le “intercettazioni telefoniche”, temo proprio che nel suo caso non possa esservi altra soluzione se non quella di esporre i fatti a un avvocato (magari non del suo paese…), per vedere se e come è possibile tutelarla nei confronti del suo datore di lavoro. Attenzione però al fatto che un’eventuale denuncia deve essere suffragata da prove circostanziate e non da sue supposizioni o sensazioni. Se poi parliamo di mobbing, la faccenda si fa ancora più delicata…
Scritto il 18-9-2011 alle ore 14:55
Salve… spero di non annoiare nessuno con i miei interventi… Volevo solo aggiungere che lo scorso sabato, durante l’ennesima lite con il mio datore di lavoro, sono stato male ed accompagnato da un amico al PS per problemi respiratori. Dopodiche’ a causa dei miei continui problemi di crisi d’ansia, insonnia e dimagrimento il mio medico curante mi ha dato 15 gg di prognosi (a partire dal giorno successivo) ed una serie di cure alle quali sottopormi.. risultato: 5 lettere di richiamo (da abbandono del posto di lavoro quando ero al PS) a mancata comunicazione della malattia (cosa non vera, infatti, su richiesta del datore di lavoro, in 24 ore e’ arrivato il controllo dell’ufficiale sanitario) a mancata comunicazione del cambio di residenza (anche questo non vero in quanto nel certificato medico ho solo comunicato il domicilio presso il quale avrei trascorso la degenza in quanto non volevo stare solo in casa, la cosa piu’ interessante, comunque, e’ che il mi datore di lavoro, in orario non di controllo, ha pensato bene di fotografarmi, sotto casa della persona che mi ha ospitato, mentre facevo fare i bisogni al cane, e mandarmi la copia della foto via email dimostrandomi che non ero in casa. La parola “PERSECUZIONE”, pensa possa essere appropriata? ci sono gli estrermi per una denuncia per la foto e per il fatto che si sia premurato a controllare se portavo il mio cane fuori per i suoi bisogni appostandosi sotto casa?
Scusi, a volte mi sfogo, ma ho la sensazione che il sindacato al quale mi sono rivolto sia un po sciettico sui miei racconti e non faccia del proprio meglio, spero di sbagliarmi.
Grazie.
Scritto il 18-9-2011 alle ore 18:41
Salve Paolo. Il suo quesito non ha molto a che vedere con la privacy e men che meno con la videosorveglianza sul luogo di lavoro…
Ad ogni modo, ritengo che nel suo caso oltre alla strada “sindacale”, e sempre che lei sia in grado di provare ciò che sostiene, non ci sia altra strada se non quella di rivolgersi a un avvocato. In bocca al lupo e, se proprio non riesce a cambiare ambiente di lavoro (poichè mi sembra che ormai il rapporto con il suo datore di lavoro si sia definitivamente deteriorato), cerchi almeno di essere… meno ansioso!
Scritto il 19-9-2011 alle ore 08:40
Grazie infinite.
Scritto il 19-9-2011 alle ore 15:40
grazie , per il suo prezioso parere. saluti maurizio.
Scritto il 22-9-2011 alle ore 11:53
salve dott.
MI chiamo Ginaluca sono un agente di poliza municipale..di un piccolo comune della provincia di Firenze.ttael agenti 9 più 2 ufficiali.Il nostro ufficiale ha deciso senza confrontarsi con noi di acquistare un sistema di localizzazione gsm .Mi spiego, è sua intenzione di dotare la pattuglia di servizio esterno in auto o a piedi di un cellulare gsm che in tempo reale comunica con un server posizionato in ufficio ; registrando il percorso fatto , i tempi impiegati e gli orari.E naturalmente rilevando la nostra posizione in tempo reale.nATURALMENTE NOI AGENTI SIAMO MOLTO TITUBANDI SULLA REALE POSSIBILITà DI POTER TRACCIARE UN DIPENDENTE CON UNO STRUMENTO QUALE IL CELLULARE CHE SEGUE LA PERSONA …privicy, statuto dei lavorato ecc ecc. gradiremo un suo commento!!!!grazie e buona giornata.gianluca
Scritto il 22-9-2011 alle ore 12:15
Buongiorno Gianluca.
Mi sembra che lei abbia già detto tutto…. “NOI AGENTI SIAMO MOLTO TITUBANtI SULLA REALE POSSIBILITA’ DI POTER TRACCIARE UN DIPENDENTE CON UNO STRUMENTO QUALE IL CELLULARE CHE SEGUE LA PERSONA… privicy, statuto dei lavoratori, ecc.”
e anc’io non ho molto da aggiungere rispetto a quanto scritto in questo thread….
Scritto il 24-9-2011 alle ore 14:23
Buongiorno,desidero porle un quesito che mi assilla.Sono stata spostata da un posto all’altro dell’azienda,di punto in bianco,premetto che usufruisco della legge 104 per gravissimi motivi familiari.Sono stata spostata dicevo a fare il mio lavoro, in una sorta di magazzino,senza aria perche’ senza finestre, con un condizionatore molto vecchio che fa rumore,ma che dobbiamo accendere perche’ altrimenti si muore di caldo,inoltre ci sono scaffali altissimi,pieni di merce,senza che siano ancorati. Al magazzino si accede attraverso uno scivolo costantemente pieno di sacchi di spazzatura, carta,cartoni e quantaltro,e come se non bastasse, la porta di sicurezza si apre nello stesso scivolo.Quindi se ci fosse la necessita’ di scappare,resterei insieme ai colleghi,prigioniera senza la possibilità di poter uscire.Le chiedo in questo caso,posso fare foto o videofilmati del mio posto di lavoro e presentarli come prova o incorrerei in un reato? C’e’ un articolo, un decreto legge, che mi permetta cio’?. A chi mi posso rivolgere per ottenere qualcosa? Grazie per la risposta, e complimenti per quello che fa.
Antonella
Scritto il 24-9-2011 alle ore 19:36
Antonella il suo quesito non riguarda la “privacy” e meno che meno la videosorveglianza disposta dai datori di lavoro…
Direi che siamo nell’ambito dell’igiene e sicurezza dei luoghi di lavoro.
Può segnalare tutte le manchevolezze da lei indicate all’Ispettorato del Lavoro, presso la Direzione Provinciale del Lavoro competente.
Scritto il 25-9-2011 alle ore 14:46
In alcune caserme dell’Arma dei CC. si nota che sono installate delle telecamere posizionate nei pressi delle recinzioni esterne senza alcun avviso “cartello” attaccato sulla stessa recinzione che avverte i passanti sul marciapiede pubblico che sono riprese. E’ leggittimo questo modo di NON dar avviso ai cittadini che transitano su strada pubblica? Anche per i muri perimetrali esterni Militari è competente la Direzione Provinciale del Lavoro a redigere eventuali contestazioni come da argomento da me esposto?
Scritto il 26-9-2011 alle ore 11:26
L’art 53 del Codice della privacy stabilisce che al trattamento di dati personali effettuato da organi di pubblica sicurezza o altri soggetti pubblici per finalità di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, prevenzione, accertamento o repressione dei reati, effettuati in base ad espressa disposizione di legge che preveda specificamente il trattamento, non si applicano alcune disposizioni del Codice, tra le quali l’art. 13 relativo all’obbligo di informativa.
Ciò posto, il provvedimento in materia di videosorveglianza dell’8 aprile 2010 del Garante per la privacy, al punto 3.1.2. tratta proprio dell’eventuale informativa nella videosorveglianza effettuata per finalità di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, prevenzione, accertamento o repressione dei reati. L’Authority, al fine di rafforzare la tutela dei diritti e delle libertà fondamentali degli interessati, ritiene fortemente auspicabile che l’informativa, benché non obbligatoria, laddove l’attività di videosorveglianza sia espletata ai sensi dell’art. 53 del Codice, sia comunque resa in tutti i casi nei quali non ostano in concreto specifiche ragioni di tutela e sicurezza pubblica o di prevenzione, accertamento o repressione dei reati. Ciò naturalmente dopo un’attenta valutazione volta a verificare che l’informativa non ostacoli (ma anzi rafforzi), in concreto l’espletamento delle specifiche funzioni perseguite, tenuto anche conto che rendere palese l’utilizzo dei sistemi di videosorveglianza può, in molti casi, svolgere un’efficace funzione di deterrenza.
A tal fine i titolari del trattamento (ad es. le forze di polizia) possono rendere nota la rilevazione d’immagini tramite impianti di videosorveglianza attraverso forme anche semplificate di informativa, che evidenzino, mediante l’apposizione nella cartellonistica di riferimenti grafici, simboli, diciture, l’utilizzo di tali sistemi per finalità di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, prevenzione, accertamento o repressione dei reati.
Invece deve essere obbligatoriamente fornita un’idonea informativa in tutti i casi in cui i trattamenti di dati personali effettuati tramite l’utilizzo di sistemi di videosorveglianza dalle forze di polizia, dagli organi di pubblica sicurezza e da altri soggetti pubblici non siano riconducibili a quelli espressamente previsti dall’art. 53 del Codice (ad es. nel caso di utilizzo di sistemi di rilevazioni delle immagini per la contestazione delle violazioni del Codice della strada).
Pertanto, in caso di mancata esposizione del cartello informativo, non può essere fatta alcuna contestazione ai Carabinieri e tantomeno può ritenersi competente la DPL!
Scritto il 27-9-2011 alle ore 17:25
Egr.Sig.Polacchini,
sono un Perito Industriale lib.prof. che si occupa di progettazione di impianti tra cui impianti di videosorveglianza.
La mia considerazione è questa: qual’è la ragione per cui le immagini devono essere conservate per un periodo massimo di 24h con deroga di 72h solo per le farmacie?(almeno in sicilia fanno cosi). Ma perchè dobbiamo favorire sempre chi tiene comportamenti illegali? Non vedo una ragione perchè la registrazione non potrebbe durare 10 giorni, ad es.Si è vero potrei fare dei back-up degli Hard Disk ogni 24h.Ma questo richiede tempo.Inoltre, se ho un negozio, mi fanno un furto sabato, domenica sono chiuso lunedi non posso usufruire della registrazione perchè passate le 24h è avvenuta la sovrascrittura dell’HD…ma mi facciano in piacere…in questo paese si favorisce sempre il malaffare e quelli che hanno la meglio sono i soliti farabutti.
Grazie.
Scritto il 27-9-2011 alle ore 18:54
Giuseppe è il Garante per la privacy stesso ad aver stabilito che, in applicazione del principio di proporzionalità del trattamento (v. art. 11, comma 1, lett. e),del Codice)l’eventuale conservazione temporanea dei dati (cioè delle immagini riprese) deve essere commisurata al tempo necessario – e predeterminato – a raggiungere la finalità perseguita (v. punto 3.4 provv. gen. 8 aprile 2010).
La conservazione delle immagini pertanto deve essere limitata a poche ore o, al massimo, alle 24 ore successive alla rilevazione, fatte salve speciali esigenze di ulteriore conservazione dovute a festività o a chiusura di uffici o esercizi, nonché nel caso in cui si deve aderire ad una specifica richiesta investigativa dell’autorità giudiziaria o di polizia giudiziaria.
Soltanto in alcuni casi, per peculiari esigenze tecniche (come ad es. sui mezzi di trasporto) o per la particolare rischiosità dell’attività svolta dal titolare del trattamento (come ad es. per le banche) può ammettersi un tempo più ampio di conservazione delle immagini che (anche sulla base del tempo massimo legislativamente concesso per altri trattamenti di dati), non deve comunque superare la settimana.
In tutti i casi in cui si voglia procedere a una conservazione delle immagini registrate per un periodo superiore alla settimana, deve essere sottoposta ad una verifica preliminare del Garante una specifica richiesta e l’allungamento del periodo di conservazione deve essere comunque eccezionale, nel rispetto del principio di proporzionalità. Perciò la congruità di un termine di tempo più ampio di conservazione va adeguatamente motivata dal titolare con riferimento ad una specifica esigenza di sicurezza perseguita per delle concrete situazioni di rischio riguardanti eventi realmente incombenti e per il periodo di tempo in cui venga confermata tale eccezionale necessità. La relativa congruità può anche dipendere dalla necessità di aderire a una specifica richiesta di custodire o consegnare una copia da parte dell’autorità giudiziaria o della polizia giudiziaria in relazione ad un’attività investigativa in corso.
Il mancato rispetto dei tempi di conservazione delle immagini raccolte e dell’obbligo di cancellazione di tali immagini oltre il termine previsto comporta l’applicazione della sanzione amministrativa stabilita dall’art. 162, comma 2-ter, del Codice.
Scritto il 29-9-2011 alle ore 18:40
Buonasera Sig. Placchini.
Sono il titolare di un negozio di abbigliamento con un regolare impianto di videosorveglianza per il controllo della merce.
Dato che, nonostante le telecamere nell’area di vendita, continuano a verificarsi dei furti nei camerini, come ulteriore deterrente, mi chiedevo se era possibile installare anche nel corridoio di accesso agli stessi una telecamera.
Mi spiego meglio: ovviamente non sto parlando di una telecamera puntata all’interno dei camerini, ma semplicemente di una che inquadri il corridoio dal quale poi si accede ai 4 camerini, occultato dall’area di vendita.
Le immagini sarebbero mandate al monitor presente in cassa (sul quale già si visionano le immagini relative all’area di vendita), senza registrazione.
Grazie anticipatamente
Grazie anticipatamente
Scritto il 30-9-2011 alle ore 12:32
Buogiorno Sig. Polacchini,
Sono socio in un negozio dove abbiamo installato diverse telecamere, alqune inquadrano i corridoi dove non c’e’ presenza fissa di personale, altre inquadrano le postazioni di lavoro dei venditori e sono state installate per per vedere i venditori e i loro clienti (la scelta di inquadrare le postazione di lavoro dei venditori è stato fatta per permettere di individuare velocemente alla ragazza della reception il venditore libero da chiamare quando entra il cliente), in ogni postazione di lavoro è stato installato anche il monitor che tramette le immagini di tutte le telecamere. Le immagini vengono registrate solo nel periodo di chiusura del negozio (quindi quando non è presente nessuno dei venditori) e per un massimo di 24 ore, tutti i venditori sono stati avvisati e hanno firmato la “liberatoria” e sono stati apposti i cartelli indicanti la presenza di telecamere.
In considerazione di quanto esposto, posso considerare il mio impianto a “norma”?
Grazie per la risposta.
Scritto il 30-9-2011 alle ore 15:24
CIAO A TUTTI, posto un quesito…nel comune dove lavoro sono state istallate delle videocamere e delle porte telematiche ad alcuni semafori, per sanzionare il passaggio con il rosso.Il server che gestisce il tutto è accessibile solo alla ditta privata che ha istallato l’impianto!!gli operatori “vigili” possono solo convalidare o no le targhe …non hanno accesso alla banca dati del server, alle cartelle dove vengono archiviaTE LE TARGHE SIA DI QUELLE CONVALIDATRE CHE DI QUELLE ELIMINATE. potrei avere dei riferimenti normativi?
grazie a tutti di nuovo
Scritto il 1-10-2011 alle ore 12:16
Buongiorno Dario.
Non vedo controindicazioni all’installazione con le modalità da lei indicate di un’ulteriore telecamera all’esterno dei camerini di prova. Ovviamente in prossimità della stessa andrà posizionato il consueto cartello di avviso/informativa (che ha anche una buona funzione deterrente).
Scritto il 1-10-2011 alle ore 12:20
Buongiono Giuseppe.
Come già detto più volte, il consenso di tutti i dipendenti all’installazione delle telecamere non è sostitutivo dell’autorizzazione preventiva dell’Ispettorato del lavoro competente, al quale andava fatta apposita istanza (preventiva all’installazione), affinchè controllasse le caratteristiche dell’impianto e fornisse le eventuali necessarie prescrizioni.
Scritto il 1-10-2011 alle ore 12:26
Ciao Gianluca.
Il riferimento normativo è il provvedimento generale del Garante per la privacy dell’8 aprile 2010. In particolare il punto 5.3. “Utilizzo di dispositivi elettronici per la rilevazione di violazioni al Codice della strada”.
Scritto il 2-10-2011 alle ore 18:23
Buonasera, desideravo ringraziarla per la risposta che mi ha dato per quanto le avevo esposto.
Desideravo chiederle,inoltre se un dipendente, puo’ videofilmare o fotografare il proprio posto di lavoro,se questo compromette la sua sicurezza e quindi non e’ conforme alla legge.Procurandosi foto o video un dipendente va contro la legge e puo’ perseguito penalmente, o e’ nel suo pieno diritto, procurarsi prove tangibili?.
Grazie nuovamente
Antonella
Scritto il 2-10-2011 alle ore 19:28
Antonella io eviteri le fotografie… Faccia come le ho detto e si rivolga al servizio Ispettivo della Direzione Provinciale del Lavoro.
Scritto il 5-10-2011 alle ore 09:46
Grazie mille!
Scritto il 7-10-2011 alle ore 16:14
Gentilissimo Avv. Polacchini,
le scrivo per richiedere un suo commento circa una situazione accadutami oggi:
lavoro per un azienda con 1200 dipendenti che dispone, per mia fortuna, di un parcheggio privato al quale si accede liberamente, non controllato da nessuna telecamera se non da una postazione di guardiani che controlla però solo l’accesso a detto parcheggio.
Oggi, dopo più di 4 mesi che andavo al lavoro con lo scooter, a causa delle condizioni meteo mi sono recato al lavoro in auto ed ho parcheggiato con le ruote anteriori sul giardino che delimita il parcheggio stesso. Come me un’altra decina di auto erano con le ruote sul giardino (con questo non voglio assolutamente sentirmi nel giusto).
Nella mattina ricevo una mail interna solo a me indirizzata dove, il responsabile della sicurezza, mi invitava (giustamente) a non tenere un comportamento simile ed io rispondevo che avrei immediatamente provveduto a rimuovere l’auto.
Ora mi chiedo, come fa un azienda con più di mille dipendenti (i quali per il 90% si recano al lavoro con l’auto privata che parcheggiano nel medesimo parcheggio) a riconoscere a chi appartenga un auto piuttosto che un’altra ?
Tengo a precisare che per accedere al parcheggio nessuno deve farsi riconoscere e/o segnalare la propria targa.
Vorrei un suo prezioso commento al riguardo anche perché vorrei sottoporre all’attenzione del mio responsabile della sicurezza quella che credo sia una limitazione della privacy personale.
Grazie per l’attenzione.
Federica
Scritto il 12-10-2011 alle ore 01:04
Buonasera avv.Polacchini,scusi se la contatto nuovamente ma oggi, il mio responsabile mi ha comunicato che devo mettermi le scarpe antinfortunistica,dato che lavoro in magazzino (mi hanno portato loro a lavorare in magazzino),ma a me sembra veramente assurdo pretendere che io metta le scarpe, quando tutto l’ambiente in cui lavoro, non e’ a norma e quindi non e’ sicuro per me lavoratrice.Posso rifiutarmi?Come lavoratrice,posso pretendere di vedere i verbali,che loro affermano di avere, dove si attesti che tutto e’ a norma, o devo, essere nominata responsabile della sicurezza per poterli visionare?.
Grazie per la sua disponibilita’ e scusi per il disturbo.
Saluti Antonella
Scritto il 12-10-2011 alle ore 17:19
Gentile Federica, francamente non so proprio come risponderle, anche se non vedo come il conoscere a chi appartiene un’auto parcheggiata nel parcheggio aziendale non vedo come possa…limitare la sua privacy.
Ad ogni modo la legge sulla privacy le riconosce il diritto di chiedere alla direzione aziendale dove e/o da chi sia stato raccolto e conservato il “dato personale” (cioè il numero di targa della sua auto) che la riguarda.
Questo è il testo dei primi 3 commi dell’art. 7 del Codice della privacy.
“Art. 7 (Diritto di accesso ai dati personali ed altri diritti)
1. L’interessato ha diritto di ottenere la conferma dell’esistenza o meno di dati personali che lo riguardano, anche se non ancora registrati, e la loro comunicazione in forma intelligibile.
2. L’interessato ha diritto di ottenere l’indicazione:
a) dell’origine dei dati personali;
b) delle finalità e modalità del trattamento;
c) della logica applicata in caso di trattamento effettuato con l’ausilio di strumenti elettronici;
d) degli estremi identificativi del titolare, dei responsabili e del rappresentante designato ai sensi dell’articolo 5, comma 2;
e) dei soggetti o delle categorie di soggetti ai quali i dati personali possono essere comunicati o che possono venirne a conoscenza in qualità di rappresentante designato nel territorio dello Stato, di responsabili o incaricati.
3. L’interessato ha diritto di ottenere:
a) l’aggiornamento, la rettificazione ovvero, quando vi ha interesse, l’integrazione dei dati;
b) la cancellazione, la trasformazione in forma anonima o il blocco dei dati trattati in violazione di legge, compresi quelli di cui non è necessaria la conservazione in relazione agli scopi per i quali i dati sono stati raccolti o successivamente trattati;
c) l’attestazione che le operazioni di cui alle lettere a) e b) sono state portate a conoscenza, anche per quanto riguarda il loro contenuto, di coloro ai quali i dati sono stati comunicati o diffusi, eccettuato il caso in cui tale adempimento si rivela impossibile o comporta un impiego di mezzi manifestamente sproporzionato rispetto al diritto tutelato.”
….omissis…..
Scritto il 12-10-2011 alle ore 17:38
Buonasera Antonella.
Anche se la sua domanda non riguarda la privacy le rispondo ugualmente, sia pure brevemente. Eventualmente lei potrà rivolgere il suo quesito all’esperto in materia di sicurezza del lavoro.
E’ fatto obbligo al dipendente di utilizzare tutti i D.P.I. (dispositivi di protezione individuale) messi a sua disposizione dal datore di lavoro, pena l’irrogazine di una sanzione disciplinare.
E’ compito del R.L.S. (rappresentante dei lavoratori per la sicurezza) verificare che il datore di lavoro applichi correttamente le misure di sicurezza necessarie in relazione all’attività svolta (vedi nel D.Lgs. n. 81/2008 quali sono i compiti del RLS).
Scritto il 13-10-2011 alle ore 17:29
Ho 20 dipendenti e dagli armadietti dello spogliatoio femminile sono spariti in varie occasioni soldi alle dipendenti stesse.
Posso far installare una telecamera nascosta all’insaputa dei dipendenti per scoprire chi commette il reato di cui sopra?
Nel caso si individuasse l’autore dei furti sarei costretto a denunciarlo?
grazie
saluti
Scritto il 13-10-2011 alle ore 18:07
Volevo chiedere se risulta vero che in caso di verbale di accordo sindacale che regolamenti la videosorveglianza in azienda per riprese registrate fino a 24H , non occorra nominare l’ìincaricato alla videosorveglianza nè nessun altra persona
Scritto il 13-10-2011 alle ore 18:21
Gentilissimo Avv. Polacchini,
Sono il titolare di un’azienda che si occupa della vendita di sistemi di sicurezza e Tvcc, e spesso i miei clienti installatori ed elettricisti mi pongono delle domande riguardanti la Privacy in relazione ai sistemi Tvcc mettendomi spesso in difficoltà, per esempio :
Se viene realizzato un impianto Tvcc presso una piccola attività a conduzione familiare senza dipendenti con telecamere esterne che guardano gli ingressi del locale (ma anche parte del marciapiede e della strada antistante), che tipo di documentazione devono produrre e a chi?a parte i cartelli di avviso ben esposti all’esterno e non essendoci dipendenti la richiesta di autorizzazione all’Ispettorato del Lavoro non va effettuata?.
In attesa di quanto sopra, colgo l’occasione per augurarvi Buon Lavoro!
P.S. Vista la sua smisurata passione per le immersioni, le consiglio di venire nella mia isola ad ammirare gli splendidi fondali delle coste della Sardegna!!
Scritto il 14-10-2011 alle ore 09:24
Filippo, se intende installare una telecamera di videosorveglianza nell’ambiente di lavoro deve necessariamente informare il personale e deve esporre il cartello di avviso. In ogni caso, è vietata l’installazione di sistemi di videosorveglianza in luoghi riservati esclusivamente ai lavoratori o non destinati all’attività lavorativa come i bagni, gli spogliatoi, gli armadietti e i luoghi ricreativi o di riunione dei lavoratori stessi, perché anche se il datore di lavoro riuscisse a dimostrare l’utilità delle telecamere ai fini della sicurezza, dovrebbe considerarsi comunque prevalente il diritto alla riservatezza dei lavoratori.
L’installazione di sistemi di videosorveglianza negli spogliatoi – come chiarito dal Garante per la privacy – non è vietata in assoluto, essendo ammissibile nell’ipotesi in cui ci si voglia tutelare da possibili danni o furti (ad esempio in locali dove ci sono dei macchinari o dei mezzi da lavoro), ma è necessario che siano presi degli accorgimenti tecnici tali da non consentire riprese dirette delle persone che utilizzano gli spogliatoi (in considerazione del fatto che questi ultimi non sono luoghi di produzione); inoltre, “devono risultare parimenti inefficaci altri idonei accorgimenti quali controlli da parte di addetti, sistemi di allarme, misure di protezione degli ingressi, abilitazione agli ingressi”. La videosorveglianza, pertanto, va considerata come l’extrema ratio e non come la soluzione primaria.
Scritto il 14-10-2011 alle ore 09:28
No simone, il fatto che vi sia un accordo sindacale sull’installazione di un impianto di videosorveglianza e che le immagini registrate non siano conservate oltre le 24 ore non ha nulla a che vedere con la designazione del soggetto incaricato della visione delle immagini registrate. Ovviamente se tale soggetto è il titolare del trattamento stesso (cioè il datore di lavoro, che è il legale rappresentante del “titolare”) non occorre alcuna nomina formale.
Scritto il 14-10-2011 alle ore 10:16
Buongiorno Ignazio.
La sua domanda mi offre l’opportunità di riepilogare una volta per tutte le condizioni e le modalità affinchè l’installazione di un impianto di videosorveglianza sia lecita. Condizioni e modalità che sono espressamente indicate nel lungo ed articolato provvedimento generale dell’8 aprile 2010 del Garante per la privacy, del quale le consiglio in ogni caso la lettura.
Precisiamo innanzitutto che cosa s’intende per “trattamento di dati personali per fini esclusivamente personali”. L’installazione di sistemi di videosorveglianza infatti, spesso viene fatta da persone fisiche per fini esclusivamente personali. In tal caso il Codice della privacy non si applica purchè i dati (cioè le immagini) non siano comunicati sistematicamente a terzi ovvero diffusi. Anche in questo caso però, è necessaria l’adozione di cautele a tutela dei terzi (secondo l’art. 5, comma 3, del Codice, che fa salve le disposizioni in tema di responsabilità civile e di sicurezza dei dati). In tali ipotesi possono rientrare, per esempio, strumenti di videosorveglianza idonei a identificare coloro che si accingono a entrare in luoghi privati (videocitofoni o altre apparecchiature che rilevano immagini o suoni, anche tramite registrazione), oltre a sistemi di ripresa installati nei pressi di immobili privati ed all’interno di condomini e loro pertinenze (quali posti auto e box). In questi casi però, nonostante non trovi applicazione la disciplina del Codice della privacy, per evitare di incorrere nel reato di interferenze illecite nella vita privata (art. 615-bis c.p.), l’angolo visuale delle riprese deve essere comunque limitato ai soli spazi di propria esclusiva pertinenza (ad esempio quelli antistanti l’accesso alla propria abitazione), escludendo ogni ripresa (anche senza registrazione di immagini) relativa ad aree comuni (cortili, pianerottoli, scale, garage comuni, ecc.) ovvero ad ambiti antistanti l’abitazione di altri condomini.
Se, invece, la finalità dell’impianto di videosorveglianza non è “esclusivamente personale”, allora si applica integralmente il Codice della privacy (D.Lgs. n. 196/03) e, in termini generali, si può dire che la videosorveglianza (con o senza registrazione delle immagini) è un “trattamento di dati personali” ammesso in presenza di concrete situazioni che giustificano l’installazione di telecamere, a protezione delle persone, della proprietà o del patrimonio aziendale. Se le telecamere riprendono aree esterne a edifici e immobili (aree perimetrali, aree adibite a parcheggi o a carico/scarico merci, accessi, uscite di emergenza, ecc.), il trattamento dei dati deve essere effettuato con modalità tali da limitare l’angolo visuale all’area effettivamente da proteggere, evitando, per quanto possibile, la ripresa di luoghi circostanti e di particolari che non risultino rilevanti (vie, edifici, esercizi commerciali, istituzioni, ecc.).
La presenza dell’impianto di videosorveglianza deve essere sempre segnalata con apposito cartello (cioè il supporto contenente l’informativa), che deve essere collocato prima del raggio di azione della telecamera, anche nelle sue immediate vicinanze e non necessariamente a contatto con gli impianti. Il cartello deve avere un formato e una posizione tale da essere chiaramente visibile in ogni condizione di illuminazione ambientale, anche quando il sistema di videosorveglianza sia eventualmente attivo in orario notturno.
La violazione delle disposizioni riguardanti l’informativa di cui all’art. 13 del Codice, consistente nella sua omissione o inidoneità (ad esempio laddove non indichi il titolare del trattamento, la finalità perseguita e l’eventuale collegamento dell’impianto con le forze di polizia), è punita con la sanzione amministrativa prevista dall’art. 161 del Codice.
I dati raccolti mediante sistemi di videosorveglianza devono essere protetti con idonee e preventive misure di sicurezza, riducendo al minimo i rischi di distruzione, di perdita, anche accidentale, di accesso non autorizzato, di trattamento non consentito o non conforme alle finalità della raccolta, anche riguardo alla trasmissione delle immagini (artt. 31 e ss. del Codice). Devono quindi essere adottate specifiche misure tecniche e organizzative che consentano al titolare del trattamento di verificare l’attività di chi accede alle immagini o controlla i sistemi di ripresa (se è un soggetto distinto dal titolare medesimo, nel caso in cui questo sia una persona fisica). Inoltre, il titolare deve designare per iscritto tutte le persone fisiche, incaricate del trattamento, autorizzate sia ad accedere ai locali dove sono situate le postazioni di controllo, sia ad utilizzare gli impianti e, nei casi in cui sia indispensabile per gli scopi perseguiti, autorizzate a visionare le immagini (art. 30 del Codice). Deve trattarsi di un numero limitato di soggetti, specie quando il titolare si avvale di collaboratori esterni. Occorre anche stabilire diversi livelli di accesso a seconda delle specifiche mansioni attribuite ad ogni singolo operatore, distinguendo i soggetti che sono unicamente abilitati a visionare le immagini dai soggetti che possono effettuare, a determinate condizioni, ulteriori operazioni (ad esempio registrare, copiare, cancellare, spostare l’angolo visuale, modificare lo zoom, ecc.).
La conservazione delle immagini registrate deve essere limitata a poche ore o, al massimo, alle 24 ore successive alla rilevazione, salvo speciali esigenze di ulteriore conservazione dovute a festività o alla chiusura degli uffici o degli esercizi, nonché nel caso in cui si deve aderire ad una specifica richiesta investigativa dell’autorità giudiziaria o di polizia giudiziaria.
Deve essere sempre assicurato agli interessati identificabili l’effettivo esercizio dei propri diritti in conformità al Codice della privacy, in particolare quello di accedere ai dati che li riguardano e di verificare le finalità, le modalità e la logica del trattamento (art. 7 del Codice).
Spero di esserle stato utile.
PS Nonostante abbia girato per un’infinità di posti in tutto il Mediterraneo, non ho ancora avuto l’opportunità di esplorare gli splendidi fondali della sua Sardegna. Mi auguro di poter colmare questa mia lacuna quanto prima…
Scritto il 14-10-2011 alle ore 10:21
Mi scuso Ignazio, ma avevo dimenticato di rispondere alle sue due precise domande…
– non deve produrre alcuna documentazione a nessun ente o ufficio;
– non deve chiedere alcuna autorizzazione alla DPL.
Scritto il 14-10-2011 alle ore 11:57
La ringrazio infinitamente per la sua celerità e professionalità nelle esaustive e precise risposte ai miei quesiti e le rinnovo l’invito a visitare la mia Terra.
Colgo l’occasione per salutarvi cordialmente e augurarvi Buon Lavoro !!
Scritto il 15-10-2011 alle ore 08:19
Buon Giorno,
lavoro in un’industria alimentare ed avremmo la necessità di installare una telecamera nell’antibagno per poter verificare che gli operatori si lavino le mani e lo facciano bene, prima di riprendere il lavoro.
Capiamo la necessità di tutelare la privacy, ma l’interesse generale di tutela del prodotto e della salute del consumatore dovrebbe essere prevalente.
Quali sono le condizioni per poterlo fare se si può fare?
Scritto il 15-10-2011 alle ore 12:35
Luca, come ho già scritto nel post n. 180, è vietata l’installazione di sistemi di videosorveglianza in luoghi riservati esclusivamente ai lavoratori o non destinati all’attività lavorativa come i bagni, gli antibagni, gli spogliatoi, ecc., perché il diritto alla riservatezza dei lavoratori prevale sul diritto del datore di lavoro di tutelare l’igiene e la sicurezza.
Il Garante ha chiarito che l’installazione di sistemi di videosorveglianza in locali riservati esclusivamente ai lavoratori non è vietata in assoluto, perché è ammissibile se il datore di lavoro si vuole tutelare da possibili danni o furti, però è necessario prendere degli accorgimenti tecnici per non consentire riprese dirette delle persone. Inoltre, la videosorveglianza va considerata come l’ultima soluzione possibile e non come la soluzione primaria, nel senso che devono prima risultare inefficaci altri idonei accorgimenti( ad es. controlli da parte di addetti, sistemi di allarme, misure di protezione degli ingressi, abilitazione agli ingressi, ecc.).
Non vedo quindi altra soluzione se non quella di presentare interpello al Garante per la privacy chiedendo luna verifica preliminare per ottenere l’autorizzazione all’installazione dee telecamere nell’antibagno, motivando la necessità del controllo sugli operai ai fini della tutela del vostro prodotto e della salute del consumatore.
Il punto 3.2.1 del provv. gen. del Garante dell’8 aprile 2010 dispone, infatti, che: “I trattamenti di dati personali nell’ambito di una attività di videosorveglianza devono essere effettuati rispettando le misure e gli accorgimenti prescritti da questa Autorità come esito di una verifica preliminare attivata d’ufficio o a seguito di un interpello del titolare (art. 17 del Codice), quando vi sono rischi specifici per i diritti e le libertà fondamentali, nonché per la dignità degli interessati, in relazione alla natura dei dati o alle modalità di trattamento o agli effetti che può determinare….” e “Comunque, anche fuori dalle predette ipotesi, in tutti i casi in cui i trattamenti effettuati tramite videosorveglianza hanno natura e caratteristiche tali per cui le misure e gli accorgimenti individuati nel presente provvedimento non sono integralmente applicabili, in relazione alla natura dei dati o alle modalità del trattamento o agli effetti che possono determinare, il titolare del trattamento è tenuto a richiedere una verifica preliminare a questa Autorità.”
Scritto il 21-10-2011 alle ore 21:35
Vivo in una palazzina dove ai piani di sotto c’è una caserma dei carabinieri, sono state installate telecamere che puntano nel parcheggio, davanti l’entrata della caserma, e una lungo la perimetrale anche se preferirei dire che è puntata proprio davanti all’ingresso del portone di casa mia…. a questo punto vorrei sapere se la caserma è idonea in una palazzina e se posso far togliere la telecamera per un motivo di privacy????
Grazie a tutti!!!
Scritto il 22-10-2011 alle ore 09:07
Jerry… direi proprio di NO!!
Scritto il 23-10-2011 alle ore 18:21
buona sera sig. polacchini, volevo un chiarimento riguardante la video sorveglianza, è un periodo di tempo che subisco atti vandalici sia sulla auto di mia moglie sia sulla mia, ho deciso di installare un impianto di video sorveglianza,i parcheggi delle auto sono situati in una via comunale, per poter installare questo impianto serve l’autorizzazione anche da parte del comune? ho dei vigili urbani? c’è qualche articolo di legge che può tutelarmi. la ringrazio anticipatamente della sua cortesia
Scritto il 28-10-2011 alle ore 08:50
Buongiorno avv.Polacchini,
Ho da poco rilevato una tabaccheria, all’interno del locale avendo generi di monopolio e altri articoli, per salvaguardare la sicurezza per eventuali furti o malintenzionati, il vecchio proprietario ha instalato un sistema di videosorverglianza sia interno che esterno.
La vecchia gestione era a conduzione famigliare, io invece ho dovuto assumere una dipendente.
Il dipendente è al corrente della presenza della telecamera, io per essere in regola ho dato communicazione al dpl, loro hanno fatto un sopraluogo, e hanno fatto storie per la presenza della telecamera interna peraltro spenta(premetto che il sopraluogo è avvenuto non in presenza del dipendente).
Il dipendente stesso vuole la telecamera interna funzionante e addiritura mi ha proposto di installarne un’altra.
Come posso fare???
Scritto il 30-10-2011 alle ore 13:42
Salve Maurizio. E’ molto difficile che un privato installi una telecamera sulla pubblica via…
Provi a rivolgere una motivata istanza al suo comune, ma temo che non sarà facile ottenere una risposta positiva.
E poi che cosa farebbe per l’informativa che è obbligatoria? Metterebbe dei cartelli di avviso lungo la strada? Mi sembra unpò arduo…
Temo che non abbia altra strada se non quella di fare una denuncia contro ignoti e chiedere una maggiore sorveglianza della sua zona da parte delle Autorità preposte.
Scritto il 30-10-2011 alle ore 13:45
Buongiorno Cristiano.
Il suo caso è abbastanza anomalo. Può provare a “vincere le resistenze” della DPL presentando una motivata istanza corredata da una esauriente dichiarazione di volontà della sua dipendente; fermo restando che lei dovrà assumere l’obbligo di non controllare l’attività lavorativa della stessa.
Scritto il 31-10-2011 alle ore 11:00
Buongiorno avvocato.
In merito ad un quesito simile che le già stato posto, Le sarei grato per una risposta specifica e dove posso trovare eventualmente giurisprudenza a suffragio. Ai sensi dell’art. 4 della L. 300/70 è ravvisabile la sua violazione anche nel caso in cui la telecamera sia sprovvista di registrazione? L’esempio è di un negozio con una telecamera che punta su tavolini esterni al negozio in modo che titolare e dipendenti che si trovano in un locale interno possano verificare se al tavolo si ferma un cliente per essere servito. La ringrazio molto per la sua risposta.
Scritto il 31-10-2011 alle ore 12:56
Il divieto di controllo dell’attività lavorativa dei dipendenti sancito dall’art. 4 dello Statuto dei lavoratori è assoluto. Pertanto, è ininfluente il fatto che le immagini riprese dalle telecamere non siano registrate ed è ininfluente persino il fatto che le telecamere siano spente. Ciò che è vietato dalla legge è un’attività del datore di lavoro anche solo “potenzialmente” lesiva della dignità dei lavoratori e, dopo l’emanazione del D.Lgs. 196/03, anche della loro privacy.
Scritto il 31-10-2011 alle ore 14:03
Grazie mille avvocato. In quattro righe è stato esaustivissimo. Sta capitando anche che a soli fini prevenzionali delle aziende mettano delle telecamere FINTE puntate sugli ingressi ma che potrebbero (se fossero vere) inquadrare dei lavoratori che entrano ed escano. Mi sta dicendo che l’obbligo di richiesta alla DPL sussisterebbe anche in questo caso? Non è esagerato? Se i lavoratori fossero informati che serev solo da deterrenza?
Scritto il 31-10-2011 alle ore 14:59
Daniele attenzione alle telecamere “finte”! Per la Cassazione (sentenza n. 1490/86) la condotta illecita del datore di lavoro non è esclusa se le apparecchiature benché installate non siano ancora funzionanti, ma poste per soli fini di deterrenza.
Va ricordato che la videosorveglianza è “necessaria” (e quindi è ammessa dalla legge) soltanto quando è adottata per aumentare la sicurezza dei luoghi dove si svolge l’attività produttiva o commerciale, o per la sicurezza pubblica. In questo caso deve essere data un’informativa completa sotto ogni profilo, cioè devono esservi cartelli e informative scritte che indichino con la massima chiarezza che quell’area è videosorvegliata. Pertanto, l’installazione di una telecamera finta, sempre spenta, messa a scopo deterrente, è al di fuori dei principi ispiratori della normativa sulla privacy (cioè i principi di liceità, necessità, proporzionalità e finalità del trattamento dei dati) e contrasta con l’orientamento del Garante per la protezione dei dati personali. Vi sono infatti due possibilità: o l’installazione di un impianto di videosorveglianza è necessaria e indefettibile per ragioni di sicurezza e difesa dei cittadini e quindi, in un’ottica di bilanciamento e di contemperamento di interessi e di diritti costituzionalmente garantiti, è lecita; oppure tale installazione non è necessaria e quindi è superflua e inutile a garantire la sicurezza pubblica. Perciò, se non è necessaria, la telecamera non deve essere installata!
Se poi la telecamera finta con tanto di cartello di avviso è installata per motivi di deterrenza in un’area privata accessibile al pubblico, come ad esempio un parcheggio di un supermercato, ci sono anche problemi di responsabilità concorrente contrattuale ed extracontrattuale a carico del proprietario dell’esercizio commerciale, nel caso in cui si compia un fatto illecito a danno del cliente (ad es. furto o danneggiamento del suo automezzo). Infatti, il cliente, non potrebbe utilizzare la videoregistrazione del fatto illecito per ottenere il risarcimento dei danni subiti; inoltre, fatto ancora più grave, verrebbe meno la possibilità da parte dell’autorità giudiziaria inquirente di poter utilizzare il finto impianto “indebitamente segnalato”, per reprimere gravi reati come rapina, furto e lesioni personali e per risalire ai loro autori.
Scritto il 31-10-2011 alle ore 22:06
Dal 1° Novembre 2011 ho trasferito la mia attività su un altro edificio in comproprietà con mia sorella e cognato.L’attività che si esercita è di Ingegneria meccanica di progettazione.
E’ mia intenzione installare un sistema di impianto di allarme all’interno dell’ufficio, e di un sistema di video sorveglianza all’esterno dello stabile con riferimento particolare all eporte e finestre che interessano l’attività.
Il problema riguarda la possibilità che le telecamere esterne che vengono abilitate dopo l’orario di lavoro, possano rilevare la presenza di mia sorella e cognato nel momento che possono passare per ragioni proprie nel raggio di azione delle telecamere.
Oltre all’installazione dei cartelli obbligatori, cosa mi consiglia e come devo comportarmi nei confronti dei miei famigliari dal momento che l’area interessata sorvegliata ricade in area di pertinenza comune ?
Ringrazio e porgo cordiali saluti.
Carlo Fontana
Scritto il 1-11-2011 alle ore 10:04
Buongiorno Carlo.
Dal momento che le telecamere esterne potrebbero riprendere solo sua sorella e suo cognato, io mi limiterei a fornire loro una dettagliata informativa scritta ex art. 13 D.Lgs. 196/03 (caratteristiche dell’impianto, finalità e modalità del trattamento, ecc.)e mi procurerei una loro autorizzazione scritta (consenso informato) al trattamento dei loro dati personali (immagini riprese). Questo, naturalmente, a condizione che le telecamere che lei intende installare possano riprendere SOLO i suoi familiari.
Con l’occasione invito i lettori a formulare in questo thread solo quesiti riguardanti l’ATTIVITA’ DI VIDEOSORVEGLIANZA SUI LAVORATORI…
Scritto il 5-11-2011 alle ore 16:18
buon giorno Marcello,
i miei vicini di casa hanno installato una videocamera sulla loro proprietà rivolta verso l’ingresso del cortile che porta a casa mia e di altri vicini.
questa strada, su cui è rivolta la telecamera non è di loro proprietà ma di servitù comune a tutti gli altri vicini.
è possibile intervenire in quanto violano la privacy della mia famiglia e degli altri vicini?
grazie in anticipo.
Scritto il 5-11-2011 alle ore 18:12
buona sera sig. marcello, l’altra volta (con commento N.189 che ho fatto) forse mi sono spiegato male, volevo dire l’installazione della telecamera nella mia proprietà, ma che riprende una via comunale dove vi è parcheggiata una mia macchinaa a circa 5-6 metri dal mio confine di proprietà, oltre la segnaletica sulla mia proprietà, mi serve anche l’autorizzazione da parte di chi? dei vigili urbani oppure dal sindaco? per riprendere e registrare la macchina parcheggiata? oppure non posso fare niente? e lasciare che la macchina oppure altre cose vengono danneggiate ho rubate. grazie della sua gentilezza
Scritto il 6-11-2011 alle ore 11:24
@Tina può senz’altro opporsi all’installazione della telecamera che riprende il cortile in cui lei passa per entrare a casa sua, chiedendo al suo vicino che la telecamera non riprenda aree comuni.
Per farlo può utilizzare questo fac-simile di istanza: http://www.garanteprivacy.it/garante/document?ID=1089924
L’istanza sarebbe più efficace se fatta e sottoscritta congiuntamente da lei e da tutti i suoi vicini di casa interessati.
Qualora non ottenesse soddisfazione dal suo vicino può ricorrere al Garante per la privacy o all’autorità giudiziaria.
@Maurizio un privato cittadino non può installare una telecamera che riprende una strada pubblica senza avere ottenuto una specifica autorizzazione. Provi a rivolgere una motivata istanza alla polizia locale, ma come le ho già detto non credo che sarà facile ottenere una risposta positiva…
Temo proprio che lei non possa fare altro che chiedere una maggiore sorveglianza della zona in cui abita da parte delle Autorità preposte.
Scritto il 14-11-2011 alle ore 22:29
buonasera,
ho una sede con telecamere installate in un ufficio di un dipendente dove è presente una cassaforte e nel piazzale della società dove vengono svolte anche operazioni di lavoro. Leimmagini vengono conservate per 4 giorni. deve essere richiesta l’autorizzazione DPL? deve essere fatta anche la notificazione dell’impianto al garante
Scritto il 14-11-2011 alle ore 22:52
Avv.Polacchini buonasera.
Vorrei chiedere un suo parere su una questione abbastanza complessa che per ragioni di tempo e spazio sono costretto a esemplificare.
In una struttura pubblica (es.: una sala convegni, bibblioteca, sala ricreativa, ecc.) di proprietà e gestita da un Ente Pubblico (es.: Regione, Provincia,Comune o altro Ente), al fine di assicurare la sicurezza agli utenti e tutelare il patrimonio (in questo caso di utilità pubblica)viene installato un impianto di videosorveglianza.
La visione e il materiale dei dati sensibili registrati, sono gestiti direttamente dall’Ente Pubblico tramite una apposita delega ad un funzionario dello stesso Ente.
Visto che la visione e la registrazione dell’impianto di videosorveglianza interagisce con l’attività lavorativa di alcuni impiegati pubblici (custodi, uscieri,impiegati,manutentori, ecc.) essendo presenti le R.S.A., la direzione ha inteso stipulare un apposito accordo ai sensi dell’art. 4 della L. 300/70.
All’interno e all’esterno della struttura pubblica esistono degli spazi come Bar, guardaroba,parcheggi,ecc, i quali sono gestiti a loro volta, con apposito contratto di appalto, da singole imprese private con proprio personale dipendente.
————————————————
LE CHIEDO:
a) Ai fini del trattamento dei dati, è giusto che l’Ente pubblico controlli anche l’attività dei lavoratori delle singole imprese private ?
Se SI, quali accorgimenti devono essere messe in atto ?
b) Le imprese private, che utilizzano il proprio personale dipendente nella gestione dei servizi e degli spazi in seno alla struttura pubblica e che non hanno in seno le R.A.S., debbono chiedere singolarmente l’autorizzazione alla DPL competente pur operando in una struttura pubblica ?
c) Necessita una netta distinsione nel trattamento dati (monitor e impianto di registrazione) tra l’impianto della struttura pubblica e i vari impianti di pertinenza delle imprese private che gestiscono i vari servizi ?
d) Se tale distinzione non fosse tecnicamente possibile, le imprese private potrebbero delegare il trattamento dei dati, con apposita dichiarazione, controfirmata dai propri dipendenti, all’Ente Pubblico propietario della struttura ?
————————————————-
Rendedomi perfettamente conto della complessità del caso da me posto, le chiedo comunque la Sua autorevole opinione in quanto ci troviamo difronte, da una parte, ad esigenze di utilità pubblica e, dall’altra, ad una esigenza di tutelare dei diritti, previsti dallo Statuto dei Lavoratori, ai singoli dipendenti coinvolti(publici e privati).
La ringrazio e Le auguro una buona serata e buon lavoro.
F.TO
Luigi
Scritto il 15-11-2011 alle ore 11:57
Salve Giorgia.
La risposta ai suoi quesiti è semplicissima.
– il titolare del trattamento deve chiedere alla competente DPL l’autorizzazione all’installazione dell’impianto. L’autorizzazione deve essere ottenuta PRIMA dell’installazione;
– la conservazione delle immagini deve essere limitata a poche ore o, al massimo, alle 24 ore successive alla rilevazione, fatte salve speciali esigenze di ulteriore conservazione in relazione a festività o chiusura, nonché nel caso in cui si deve aderire ad una specifica richiesta investigativa dell’autorità giudiziaria o di polizia giudiziaria;
– per il tipo di trattamento effettuato non deve essere fatta alcuna notifica al Garante, in quanto non rientra nei casi elencati dall’art. 37 del Codice della privacy.
Scritto il 15-11-2011 alle ore 11:59
Buongiorno Dottore.
La risposta al suo quesito, in effetti, è abbastanza complessa e non riesco a rinvenire pronunce dell’Authority che possano indirizzarmi. Cerco di utilizzare il buon senso (per quel che serve) e quel poco di esperienza fatta negli anni in cui mi occupo di privacy.
La prima cosa che un soggetto pubblico deve fare nel momento in cui intenda effettuare un trattamento di videosorveglianza è rispettare il “principio di finalità”. Il punto 5 del provv. gen. dell’8 aprile 2010 del Garante, infatti, ribadisce che i soggetti pubblici, in qualità di titolari del trattamento, possono trattare dati personali nel rispetto del principio di finalità, perseguendo scopi determinati, espliciti e legittimi (art. 11, comma 1, lett. b), del Codice), soltanto per lo svolgimento delle proprie funzioni istituzionali e ciò vale, ovviamente, anche in relazione a rilevazioni di immagini mediante sistemi di videosorveglianza (art. 18, comma 2, del Codice). Non sono del tutto convinto che l’attività di videosorveglianza da lei descritta risponda alle “funzioni istituzionali” dell’Ente pubblico.
Inoltre, il provv. gen. citato precisa che i soggetti pubblici sono tenuti a rispettare, al pari di ogni titolare di trattamento effettuato tramite sistemi di videosorveglianza, tutti i principi enunciati nel provvedimento stesso (informativa, misure di sicurezza, nomina di responsabili e incaricati, durata della conservazione delle immagini, ecc.).
Detto questo, provo a rispondere per punti alle sue domande, ricordandole che in ogni caso lei può formulare i sui quesiti all’URP del Garante che, nei tempi tecnici necessari, le fornirà certamente una risposta ben più autorevole della mia.
a) Non mi domanderei se sia “giusto” o no che l’Ente sorvegli anche l’attività dei lavoratori delle ditte private alle quale sono stati appaltati certi servizi, quanto, piuttosto, qual è la finalità di tale controllo e se esso sia indispensabile o no.
Se la finalità è la medesima di quella che sottende l’installazione dell’impianto di videosorveglianza all’interno dei locali dell’Ente e non vi sia altro modo di perseguirla se non tramite la videosorveglianza, questa deve essere effettuata nel rispetto del “principio di proporzionalità” nella scelta delle modalità di ripresa e dislocazione (es. tramite telecamere fisse o brandeggiabili, dotate o meno di zoom), nonché nelle varie fasi del trattamento, che deve comportare, comunque, un trattamento di dati pertinenti e non eccedenti rispetto alle finalità perseguite (art. 11, comma 1, lett. d) del Codice).
Inoltre, i dati raccolti mediante sistemi di videosorveglianza devono essere protetti con idonee e preventive misure di sicurezza, riducendo al minimo i rischi di distruzione, di perdita, anche accidentale, di accesso non autorizzato, di trattamento non consentito o non conforme alle finalità della raccolta, anche in relazione alla trasmissione delle immagini (artt. 31 e ss. del Codice).
Devono quindi essere adottate specifiche misure tecniche e organizzative che consentano all’Ente titolare di verificare l’attività espletata da parte di chi accede alle immagini o controlla i sistemi di ripresa (se questo è un soggetto distinto dal titolare medesimo).
Il titolare deve anche designare per iscritto tutte le persone fisiche, incaricate del trattamento, autorizzate sia ad accedere ai locali dove sono situate le postazioni di controllo, sia ad utilizzare gli impianti e, nei casi in cui sia indispensabile per gli scopi perseguiti, a visionare le immagini (art. 30 del Codice). In ogni caso, deve trattarsi di un numero limitato di soggetti (specie se il titolare si avvale di collaboratori esterni).
Occorre, infine, individuare diversi livelli di accesso alle immagini riprese in corrispondenza delle specifiche mansioni attribuite ad ogni singolo operatore, distinguendo coloro che sono unicamente abilitati a visionare le immagini dai soggetti che possono effettuare, a determinate condizioni, ulteriori operazioni (ad es. registrare, copiare, cancellare, spostare l’angolo visuale, modificare lo zoom, ecc.) [v. punto 3.3.1 del citato provv. gen. del Garante].
b) Poiché l’impianto di videosorveglianza è unico ed è di proprietà dell’Ente pubblico, ritengo che l’Ente non possa “coprire” con l’accordo stipulato con la propria RSA anche il trattamento di dati relativi ai dipendenti delle imprese private e che sia necessaria, pertanto, anche una istanza alla competente DPL presentata dal “titolare del trattamento”, cioè dall’Ente.
c) La sua domanda non mi è del tutto chiara. L’impianto di videosorveglianza è unico ed è dell’Ente pubblico (lo dice lei espressamente nella domanda d). Quindi, casomai, la distinzione va fatta tra immagini di stretta pertinenza dell’Ente (relative ai suoi locali e al suo personale) e immagini relative ai dipendenti delle ditte in appalto. Ma, essendo i locali e le loro pertinenze di proprietà dell’Ente, ritengo che questo (nella persona del funzionario delegato e nominato formalmente “responsabile del trattamento”) sia l’unico soggetto autorizzato a trattare (leggasi visionare, registrare, comunicare, ecc.) le immagini riprese dall’intero impianto di videosorveglianza. Per fare ciò – e vengo alla sua domanda d) – ritengo sia necessario fornire idonea informativa a tutto il personale delle ditte di servizi in appalto e rispettare le prescrizioni eventualmente impartite dalla DPL all’atto della concessione dell’autorizzazione delle videoriprese che possono coinvolgere anche lavoratori non appartenenti all’Ente pubblico. A mio avviso l’unico “titolare del trattamento” è l’Ente pubblico proprietario dell’impianto e su di esso, quindi, ricadono tutti gli obblighi previsti dalla normativa sulla privacy e dal provv. gen. del Garante in materia di videosorveglianza.
Spero di non averle fatto maggiore confusione Luigi. Ribadisco che la mia è solamente una modesta opinione personale, non supportata da pronunce specifiche dell’ Authority, pertanto le suggerisco di prendere contatto con l’URP del Garante ( Orario: dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 13 – Tel. 06.696771 –06.696772917 – E-mail: urp@garanteprivacy.it ).
Un cordiale saluto.
MP
Scritto il 15-11-2011 alle ore 13:28
buongiorno,
se il mio socio ruba soldi dalla cassa, io posso far installare una telecamera nel locale per incastrarlo?
Scritto il 15-11-2011 alle ore 14:09
Avv.Polacchini,
la ringrazio della celerità e dei contenuti della sua risposta.
Altro che confusione, mi ha fornito degli importanti spunti di riflessione nel proseguire i mie studi riguardo lo specifico problema.
Stanotte, appunto, nello studiare meglio il caso, mi è venuto il dubbio sull’applicazione (in parte) dell’art. 4 della Legge 300/70.
Mi riferisco, nello specifico, all’art. 37 della Legge 300.
Infatti le chiedo, se la proprietà e la gestione della struttura è dell’Ente pubblico (Regione, Provincia, ecc..) tramite dei propri dipendenti pubblici i quali “non svolgono esclusivamente o prevalentemente” attività economica (non gestiscono il bar, parcheggi, ecc. ), mi sa che l’art. 4 non andrebbe applicato a tale fattispecie di lavoratori e pertanto non è necessario nemmeno l’accordo con le R.S.A. .
Il problema sta, appunto, ad inquadrare il caso, cosa che al momento, per le informazioni in mio possesso, non è semplice.
Cosa diversa, invece, è il “trattamento dei dati” da parte del delegato dell’Ente pubblico anche nei confronti dei dipendenti delle imprese private che gestiscono dei particoli e distinti servizi. Su questo, la sua risposta mi ha chiarito i dubbi che avevo in proposito.
Grazie del tempo che mi dedica e alla prossima.
Cordialmente.
Luigi
Scritto il 15-11-2011 alle ore 14:36
Grazie mille per la cortese e esaustiva risposta.
Ancora una domanda l’impianto è già esistentee è possibile sanare la situazione alla DPL?
Scritto il 15-11-2011 alle ore 16:46
Giorgia, secondo me la sua situazione non è “sanabile” a posteriori. A mio avviso potete solo disinstallare l’impianto, chiedere l’autorizzazine alla DPL e, DOPO averla ottenuta, installare nuovamente l’impianto….
Tenga presente che anche un impianto installato ma NON ancora funzionante è soggetto alle regole dell’art. 4 comma 2 della L. n. 300/70!!
Scritto il 15-11-2011 alle ore 16:50
Nicola, se il suo socio è un “socio”, la vostra società nel suo complesso sarebbe il “titolare del trattamento” di videosorveglianza e, come soci, dovreste entrambi decidere nella vostra autonomia (congiunta) quali sono le finalità e le modalità del trattamento dei dati (art. 28 Codice); quindi… non credo che il suo socio sarebbe molto d’accordo sul fatto di essere controllato….
Scritto il 15-11-2011 alle ore 17:03
Dr. Luigi i suoi contributi sono sempre molto stimolanti e la ringrazio.
Le offro un’altro spunto di riflessione.
Come la mettiamo con il comma 2 dell’art. 37 della Legge 300/70, che dispone che “le disposizioni della presente legge si applicano altresì ai rapporti d’impiego degli altri enti pubblici (quelli che non svolgono esclusivamente o prevalentemente attività economica), salvo che la materia sia diversamente regolata da norme speciali”.? La legge sulla privacy D.Lgs. 196/03 è una legge speciiale, ma non regola diversamente la materia per quanto riguarda i dipendenti di enti pubblici… anzi, l’art 114 dispone che “resta fermo quanto disposto dall’art. della legge n. 300/70″.
Inoltre va considerato anche il Capo II° delTitolo III° del Codice della privacy, che contiene norme applicabili a tutti i soggetti pubblici, tranne gli enti pubblici economici.
Come vede, la questione da lei posta presenta molteplici sfaccettature e non è agevole trovare una soluzione ai suoi quesiti utilizzando il metodo interpretativo. Credo proprio che dovrà rivolgersi all’URP dell’Authority per ottenere una risposta definitiva.
Cordialmente.
M.P.
Scritto il 15-11-2011 alle ore 19:43
E si, avv. Polacchini.
Nella mia seconda riflessione al n. 207 (in risposta alla sua del n. 205, stavo proprio riflettendo sull’art. 137 della L. 300.
La questione è proprio interpretare se un Ente pubblico utilizza alcuni dipendenti facendogli svolgere una certa attività economica (Es. in un cinema (gestito da un ente pubblico) esiste un bar con l’utilizzo di un dipendente pubblico con la presenza di telecamere che riprendono l’attività lavorativa.
Essendo il bar (fino a prova contraria) un’attività economica (completamente diversa dall’attività istituzionale dell’Ente) con introiti e quindi di lucro, in questo caso si dovrebbe applicare l’art. 4 della Legge 300.
Oppure, spesso, i comuni organizzano attività ricreative per anziani (ballo liscio)con annesso bar con l’installazione di telecamere.
Lei che dice, sono casi linite, ma l’art. 137 in questo caso non verrebbe meno ?
Altro caso limnite potrebbe essere un teatro comunale, se non svolge attività di lucro, si rientra nell’art. 137 ma, se svolge invece un’attività economica e quindi di lucro, penso proprio che si applichi l’art. 4 della 300.
La prego su questo esprimere una sua opinione.
Buona serata.
Luigi
Scritto il 15-11-2011 alle ore 19:45
scusi, ho scritto 137 invece di 37, è partito un 1 in più, ma si capisce.
Luigi
Scritto il 15-11-2011 alle ore 19:56
CONLUSIONI-
Pertanto, a suo parere, lo statuto dei lavoratori si applica a tutti i dipendenti pubblici ?
Se è così, perchè il legislatore ha ritenuto fare una distinzione tra il primo e il secondo comma dell’art. 37 ?
Il testo è stato scritto in prospettiva dell’emanazione di una legge speciale ?
La cosa mi sembra giuridicamente incarbugliata. Mi sa che necessita organizzare un convegno sulla specifica materia.
Luigi
Scritto il 16-11-2011 alle ore 10:15
Buongiorno Avv.,
ero ormai convinto di conoscere tutto circa la videosorveglianza, leggendo quotidianamente le sue interessantissime risposte ai vari quesiti, ma le chiedo una cosa che rileggendo i vari post non mi sembra sia trattata:
-dalla sua esperienza, quanti giorni (indicativamente) possono passare dalla presentazione di istanza alla DPL al loro effettivo incontro in azienda? Il problema è quello che, a seguito di continui furti, non vorrei attendere troppo per l’installazione delle telecamere. Se è questione di giorni o settimane va bene. Ma se è questione anche di mesi…. ci penso.
Immagino che non sia possibile dare riposta precisa ma sempre in base alla sua esperienza, vorrei capire se è questione di poco o è possibile che passino anche mesi.
Grazie ancora
Saluti
Angelo
Scritto il 16-11-2011 alle ore 10:28
Luigi, secondo me per inquadrare correttamente la questione occorre fare alcuni cenni storici.
La legge 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei lavoratori) non ha avuto applicazione immediata nel pubblico impiego, a causa del disposto dell’art. 37, con il quale si escludeva l’applicazione delle norme contenute nella stessa legge al settore pubblico.
L’estensione ai dipendenti pubblici si è avuta per effetto dell’art. 23 della legge 29 marzo 1983, n. 93 (Legge quadro sul pubblico impiego), il quale disponeva l’applicazione immediata di alcune norme: in particolare venivano resi applicabili al pubblico impiego gli articoli: 1, 3, 8, 10, 11, 14, 15, 16 comma 1 e 17.
Rimaneva però il problema dell’applicabilità al pubblico impiego del titolo III dello Statuto dei lavoratori, che riconosce alle organizzazioni dei lavoratori che sono in possesso di determinati requisiti di rappresentatività un insieme di prerogative ulteriori rispetto a quelle concesse indistintamente a tutti i sindacati nell’esercizio dell’attività e libertà sindacale.
Pertanto, per le materie inerenti le norme residue, nella legge n. 93/83 si è fatto ricorso a questa soluzione: per talune se ne rimandava la disciplina ad atti normativi da emanarsi a seguito di accordi sindacali, altre, invece, sono state riscritte nella stessa Legge quadro sul pubblico impiego.
L’estensione integrale dello Statuto dei lavoratori, nel settore del pubblico impiego, è avvenuta solo dieci anni dopo, con l’introduzione dell’art. 55, comma 2, del D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, che ne ha previsto l’applicazione alle pubbliche amministrazioni indipendentemente dal numero dei dipendenti, con le limitazioni disposte all’art. 2, comma 2: “fatte salve le diverse disposizioni dello stesso decreto”.
Attualmente l’art. 51, comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001, dispone che “La legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni ed integrazioni, si applica alle pubbliche amministrazioni a prescindere dal numero dei dipendenti”.
Scritto il 16-11-2011 alle ore 10:44
Buongiorno Angelo.
La sua è proprio una domanda… da un milione di dollari! Purtroppo non è possibile darle una risposta attendibile, perché la situazione è variabilissima e vi sono casi in cui alcuni datori di lavoro hanno dovuto aspettare anche oltre un mese per ottenere la visita del personale ispettivo della competente DPL, necessaria per ottenere l’autorizzazione all’installazione dell’impianto di videosorveglianza nel caso di mancanza di accordo con la RSA. Anche qui nella mia provincia si sono verificati alcuni casi in cui sono stati sufficienti una decina di giorni ed altri (più numerosi) in cui l’impresa ha dovuto attendere molto più tempo. Dipende solo dal carico di lavoro del Servizio Ispettivo della DPL e dalle priorità operative fissate localmente.
Buona fortuna…
Scritto il 17-11-2011 alle ore 21:22
Buonasera,
sono 6 mesi che abbiamo presentato domanda di istallazione di videosorveglianza all’interno di un locale al DPR provinciale di competenza.
Esistono dei termini di risposta da parte dell’ente? dopo tale termine, prevìa comunicazione, è possibile eseguire l’istallazione senza ricorrere in sanzioni?
Grazie
Saluti
Giovanni
Scritto il 18-11-2011 alle ore 10:46
Che io sappia non esiste alcun termine perentorio nè ordinatorio, nè è ammissibile il silenzio-assenso.
Avete sollecitato alla DPL la visita ispettiva necessaria aper l’autorizzazione?
Una comunicazione che intendete installare la videosorveglianza senza la preventiva autorizzazione è un’autodenuncia… temo che vi arriverebbe una sanzione… ben prima di sei mesi!
Ispettore Luigi che cosa ne pensa?
Scritto il 18-11-2011 alle ore 10:47
Buongiorno Sig. Marcello,
le faccio un quesito probabilmente banale, ma ho molta confusione a riguardo:
In un negozio (una gioielleria precisamente) sono installate video camere che ovviamente riprendono l’intero spazio del negozio includendo le dipendenti. sono esposti i cartelli di videosorveglianza, le dipendendi sono informate e all’interno del negozio è presente informativa scritta.
basta tutto ciò o occorre fare comunicazione all’ispettarato?
preciso che le telecamere non sono puntate direttamente sulle dipendenti.
mi hanno detto che basta quello che ho fatto, visto che uno degli scopi principali è quello di garantire la sicurezza ed evitare furti.
ma vorrei avere una confarma.
la ringrazio in anticipo,
cordiali saluti.
Scritto il 18-11-2011 alle ore 10:58
Buongiorno Vanessa.
Lei dice che le videocamere “riprendono l’intero spazio del negozio includendo le dipendenti”. Poi precisa che “le telecamere non sono puntate direttamente sulle dipendenti”.
La giurisprudenza è stata molto chiara nell’affermare che un impianto di videosorveglianza anche “potenzialmente in grado di controllare l’attività lavorativa dei dipendenti” deve essere sottoposto alla procedura autorizzativa prevista dall’art. 4, comma 2, della legge n. 300/70, vale a dire accordo con le RSA o, in mancanza, autorizzazione preventiva della DPL. Persino un impianto installato ma non ancora attivo deve sottostare a questa procedura!
Quindi, oltre all’avviso affisso in prossimità della telecamera e all’informativa (meglio se scritta) ai dipendenti, occorre che lei chieda l’autorizzazione al Servizio Ispettivo della sua Direzione Provinciale del Lavoro. Questa richiesta andava comunque fatta PRIMA di installare l’impianto
Scritto il 18-11-2011 alle ore 11:56
Giovanna RETTIFICO!!
Sulla Gazzetta Ufficiale n. 54 del 7 marzo 2011 è stato pubblicato (in attuazione dell’art. 2, comma 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241, concernente i termini di conclusione dei procedimenti amministrativi di durata non superiore ai novanta giorni del Ministero del lavoro e delle politiche sociali) il D.PC.M. n. 275 del 22 dicembre 2010 relativo ai termini che le strutture del Ministero del Lavoro non devono superare per la conclusione dei procedimenti amministrativi di competenza.
Il decreto è entrato in vigore il 22 marzo 2011 ed è stato voluto dal governo Berlusconi al fine di garantire certezza e celerità dei provvedimenti amministrativi, così come previsto dalla legge 18 giugno 2009, n. 69.
In via di principio, la legge n. 69/09 ha stabilito che i procedimenti, avviati obbligatoriamente su istanza di parte o d’ufficio, quindi per iniziativa della stessa pubblica amministrazione, devono concludersi con un provvedimento espresso e motivato entro il termine ordinario di 30 giorni che viene calcolato a decorrere dall’inizio del procedimento d’ufficio o dal ricevimento della domanda salvo diversi termini previsti da normative speciali.
Riguardo ai casi particolari o alle problematiche amministrative caratterizzare da una particolare complessità la legge n. 69/09 ha rimesso agli enti la possibilità di fissare: termini non superiori a 90 giorni; solo in casi particolari, fino al 180 giorni.
Per quanto attiene al termine per l’autorizzazione all’installazione di impianti audiovisivi, il D.P.C.M. n. 275/2010 nell’allegato A) stabilisce che la DPL debba provvedere entro 60 giorni.
Scritto il 18-11-2011 alle ore 12:45
RIF. 219 – Da quanto so, riguardo alla materia di videosorveglianza non ci sono indirizzi comuni tra le varie DPL (in alcune DPL esistono dei protocoll d’intesa con le associazioni di categoria per sveltire l’istruttoria della pratica), anche perchè ogni DRL può disporre specifiche direttive riguardo la documentazione da allegare all’istanza.
LA NORMA E’ CHIARA E NON SI DISCUTE.
A livello personale posso dire che la ragionevolezza a volte è una buona indicazione di comportamento. Esempio: Se una impresa a seguito di atti criminali o minacce estorsive viene invitata ( o peggio intimata) dalle forse dell’ordine a installare con urgenza un impianto di videsorveglianza per seri problemi di ordine pubblico, mi sembra opportuno che, in questo caso come in altri di simile portata, la ragionevolezza porterebbe a non sanzionare.
l.
Scritto il 18-11-2011 alle ore 17:47
Grazie Luigi!
Ho già approfondito la questione e sto pubblicando un nuovo post in cui parlo proprio dei protocolli provinciali stipulati dalle DPL relativamente al rilascio delle autorizzazioni per l’installazione di impianti audiovisivi.
Scritto il 21-11-2011 alle ore 11:46
Grazie mille per la cortese risposta.
le vorrei sottoporre un’ altro quesito sempre in merito.
Ma sei volessi contestare un’ illecito, quale quello del furto, non potrei riprenderlo solo per un periodo limitato senza il suo consenso?
grazie mille in anticipo
Nicola
Scritto il 21-11-2011 alle ore 14:31
ok sign.Placchini, anche io stavo seguendo questi ultimi post, ho una situazione analoga
Ho presentato una richiesta di visita ispettiva alla DPL ma sono passati 30gg è nessuno si fà vededere.
Devo fare una richiesta alla questura per tentativo di furto? almeno ho un motivo buono per installare senza essere sanzionato.
Sono in una zona industriale ed ho paura che qualche giorno mi faranno la visita, ma non gli ispettori i ladri!!!
saluti
Scritto il 21-11-2011 alle ore 19:46
Buonasera Dott. Polacchini,
in rif. alla domanda che le ho rivolto (al post 218) ed alle sue risposte post 219 ma soprattutto il 222 (ultimo rigo). Quindi significa che trascorsi 60 gg., vige il silenzio assenzio?? posso istallare le videocamere senza ricorere in sanzioni??
Mi scusi ma non riesco a capire come mi devo comportare.
Mi sono rivolto più volte al DPR provinciale e si giustificano dicendo che a causa dell’alto numero di domande pervenute hanno un ritardo di circa 7/8 mesi. Incredibile!
Saluti
Giovanni
Scritto il 21-11-2011 alle ore 19:49
Buonasera Sig. Polacchini,
in rif. alla domanda che le ho rivolto (al post 218) ed alle sue risposte post 219 ma soprattutto il 222 (ultimo rigo). Quindi significa che trascorsi 60 gg., vige il silenzio assenzio?? posso istallare le videocamere senza ricorere in sanzioni??
Mi scusi ma non riesco a capire come mi devo comportare.
Mi sono rivolto più volte al DPR provinciale e si giustificano dicendo che a causa dell’alto numero di domande pervenute hanno un ritardo di circa 7/8 mesi. Incredibile!
Saluti
Giovanni
Scritto il 21-11-2011 alle ore 21:16
Rispondo a tutti e tre molto velocemente.
@Nicola. NO! Non è possibile. Non ha importanza la “durata” della videosorveglianza.
@Angelo. Non conosco una “richiesta alla Questura per tentativo di furto”… Io conosco solo la “denuncia” per avvenuto/tentato furto, ma è una cosa sostanzialmente diversa. La richiesta di autorizzazione va fatta SOLO alla competente DPL, che ha 60 giorni di tempo per evadere la richiesta. Altra cosa è un “ordine” dell’Autorità Giudiziaria di installare delle telecamere per sorvegliare siti particolarmente pericolosi. Ma è una fattispecie totalmente diversa dal suo caso.
@Giovanni. Non mi risulta che trascorsi i 60 giorni previsti dalla legge viga il silenzio-assenso. Lo chieda direttamente alla DPL nel sollecitare il loro accesso ispettivo.
Scritto il 24-11-2011 alle ore 23:51
lavoro come commessa in un negozio di vendita diretta di vino…oggi hanno messo le telecamere wirless.non temo di essere spiata,ma vorrei capire se questa è un’azione di controllo rivolta a me oppure no.il negozio è piccolo,e lo schermo che riprende i 4 spazi è nel retro…sono stata avvertita di tali disposizioni,ma c’è qualcosa che mi puzza…mi può spiegare come capire se la decisione presa dai miei titolari è una decisione onesta?cosa devo sapere a riguardo della mia tutela lavorativa?grazie mille.
Scritto il 25-11-2011 alle ore 10:15
Buongiorno Rebecca.
Mi è difficile immaginare che cosa passa nella testa del suo datore di lavoro…!
L’unica cosa che lei dovrebbe sapere per tutelare la sua privacy e la sua dignità di lavoratrice è se il suo datore di lavoro – dato che nel suo negozio non c’è sicuramente una rappresentanza sindacale aziendale – ha ottenuto la prescritta autorizzazione preventiva dell’Ispettorato del Lavoro per poter installare le telecamere.
Dubito fortemente che (anche se dirà di avercela) il suo padrone gliela faccia vedere…
In ogni caso, leggendo pazientemente tutto questo post troverà altre informazioni che potrebbero interessarle.
Scritto il 28-11-2011 alle ore 20:22
Gent.mo dott. Polacchini, la presente per chiederLe un consiglio sul da farsi se i dipendenti staccano il cavo di alimentazione delle telecamere. Ho un’attività commerciale con delle videocamere, posiedo l’autorizzazione rilasciata dal Ministero del lavoro dopo sopraluogo.
Ho inviato informatva ai dipendenti con raccomandata A.R, ho appeso in negozio 1 informativa specifica per i dipendenti ed 1 specifica per i clienti , ed infine ho appeso l’autorizzazione… cosa devo fare per far capire ai dipendenti che le telecamere sono presenti per soli scopi di sicurezza e per tutelare le persone ed il patrimonio aziendale da possibili furti , atti vandalici, rapine etc…??? e non per visionare il loro operato??…
La ringrazio per l’attenzione ed attendo una Sua cortese risposta
Tiziana
Scritto il 28-11-2011 alle ore 20:46
Tiziana lei mi sembra perfettamente in regola, perciò nel suo caso non c’è molto altro da fare se non esercitare il legittimo potere disciplinare del datore di lavoro, rispettando la procedura prevista dall’art. 7 della legge n.300/70 (Statuto dei lavoratori), vale a dire:
1) contestazione per iscritto a ciascun dipendente della mancanza commessa (violazione del potere organizzativo e direttivo del datore di lavoro e rifiuto di rispettare le disposizioni da questo legittimamente impartite;
2) assegnazione di un termine di 5 giorni per sentire le eventuali giustficazioni di cascun lavoratore (termine per la difesa)
3) valutazione delle eventuali giustificazioni (o del silenzio) e decisione riguardo alla sanzione disciplinare da applicare: rimprovero scritto, multa o sospensione dal lavoro e dalla retribuzione.
In caso di recidiva nel comportamento scorretto da parte dei dipendenti potrà applicare una nuova sanzione disciplinare via via più grave.
Scritto il 29-11-2011 alle ore 11:58
Gent.mo dott. Polacchini,
La ringrazio per la Sua celere risposta.
Cordialmente Tiziana
Scritto il 30-11-2011 alle ore 12:22
G.le Dott.Polacchini.
Sono responsabile it in società di trasporto a capitale pubblico.
recentemente abbiamo cambiato sede aziendale.
nella nuova locazione, non vi è servizio di sorveglianza nè servizio di guardiania.
in tal senso la DG ha deciso istallare videocamere ip collegate ad istituto vigilanza, per garantire da furti e rapine i locali.
le telecamere, registrano, solo a valle di una rilavazione movimento, negli orari di chiusura aziendale. sarebbero da sorvegliare il locale ced, il locale dove è sita la cassaforte, il locale del sottoscritto (ove sono istalate particolari apparecchiature di monitoraggio e controllo rete aziendale) ed i 2 corridoi interni.
In tal senso, Le chiedo sua cortese opinione in merito all’esigenza di ottemperare a quanto disposto dalle attuali normative vigenti.
in sintesi, le cam partono solo se rilevano movimenti (e quindi persone\personale) in orari di chiusura degli uffici. la registrazione si auto cancella dopo 48h. devo far altro oltre l’affissione della cartellonistica di avviso e la notifica scritta al personale dell’esistenza di un controllo extra orari lavorativi?!
Grazie mille x il tempo che potrà dedicarmi.
Cordialmente, Luca.
Scritto il 30-11-2011 alle ore 12:59
Salve Luca. Da quello che scrive mi sembra chiaro che le telecamere sono attivate da sensori di movimento solo al di fuori dell’orario di lavoro, petanto nel loro raggio di azione non dovrebbero mai trovarsi i vostri dipendenti. Se è così, non avete molto altro da fare se non affiggere i cartelli di avviso in prossimità delle telcamere e fornire al personale un’informativa sulle finalità e caratteristiche dell’impianto.
Attenzione però ai tempi di conservazione delle immagini registrate! Il provv. gen. 8/4/2010 del Garante per la privacy dispone che la conservazione delle immagini deve essere limitata a poche ore o, al massimo, alle 24 ore successive alle riprese, salva l’esigenza di un periodo di conservazione più lungo a causa di festività o di chiusura dell’azienda, nonché nel caso in cui il titolare del trattamento deve aderire ad una specifica richiesta investigativa dell’autorità giudiziaria o della polizia.
Scritto il 1-12-2011 alle ore 19:43
buonasera, io come altri miei colleghi lavoriamo in banca, come in tutte le banche è installato un sistema di sorveglianza di tipo centralizzato che trasmette ad una regia centrale controllata giorno e notte a distanza, ora è successo che un collega ed una collega è stato licenziato/a perchè dalla regia hanno visto dalla telecamera puntata verso i corridoio che porta ai bagni che due colleghi si sono fermati durante l’orario di pausa pranzo a fare attività di un certo tipo che non è di rubare ma ci siamo capiti cosa, avendo lasciato la porta aperta dalla regia vedevano tutto e li hanno licenziati direttamente. Secondo voi è possibile che una telecamera seppur estera ai bagni possa inquadrare il corridoio che porta ai bagni e i colleghi essere licenziati per questo comportamento provato da una telecamera?
Scritto il 2-12-2011 alle ore 12:24
Il suo quesito Andrea è molto interessante, ma la risposta non è agevole. Vediamo innanzitutto di ricostruire il quadro normativo di riferimento, poi cercherò di risponderle.
Il Garante per la privacy ha ricordato più volte quanto a suo tempo stabilito dalla Cassazione, la quale aveva confermato che il divieto di controllo a distanza dell’attività lavorativa “non è escluso dal fatto che il controllo sia destinato ad essere discontinuo perché esercitato in locali dove i lavoratori possono trovarsi solo saltuariamente” (v. Newsletter Garante n. 321 del 3 aprile 2009). L’uso delle telecamere sui luoghi di lavoro deve sempre rispettare in maniera rigorosa gli obblighi previsti dallo Statuto dei lavoratori, richiamati anche dal Codice della privacy altrimenti le videoregistrazioni sono “illegittime”.
Ai fini dell’operatività del divieto di utilizzo di apparecchiature per il controllo a distanza dell’attività dei lavoratori previsto dall’art. 4 L. n. 300/1970 la giurisprudenza ha precisato che “è necessario che il controllo riguardi (direttamente o indirettamente) l’attività lavorativa, mentre devono ritenersi fuori dell’ambito di applicazione della norma citata i controlli diretti ad accertare condotte illecite del lavoratore” (Cass. Sez. V pen. 1/6/2010 n. 20722).
La Cassazione (sent. 16/10/2009 n. 40199) ha stabilito che “commette il reato contravvenzionale previsto dall’art. 4 L. n. 300/1970, punito dall’art. 38 della stessa legge, il datore di lavoro che provvede a installare un impianto di videosorveglianza, idoneo a controllare a distanza l’attività dei lavoratori, senza il preventivo accordo con le RSA/RSU o in alternativa senza il provvedimento di autorizzazione della Direzione Provinciale del Lavoro. La vigenza della suddetta disposizione è stata confermata dalla previsione degli artt. 114 e 171 del D.Lgs. n. 196/2003, mantenendo, comunque, la propria autonomia rispetto alla normativa sulla privacy, di cui al decreto in parola”.
Va poi ricordato che “il divieto di controllo a distanza posto dall’art.4 L. n. 300/1970 è assoluto, sicché sono del tutto inutilizzabili a fini disciplinari – a titolo di esempio – i dati risultanti da un’apparecchiatura che di fatto consenta il controllo dell’osservanza dell’orario di lavoro da parte dei lavoratori e che sia stata installata in assenza di accordo con le RSA (o di autorizzazione preventiva della DPL). Ne consegue l’illegittimità del licenziamento che risulti fondato sui dati risultanti da tale attività di controllo a distanza” (Cass. 17/7/2007 n. 15892).
Interessante è anche quanto stabilito dalla Cassazione nella sent. 17/7/2000, n. 8250, secondo la quale “il ricorso da parte del datore di lavoro a riprese con telecamera a circuito chiuso, finalizzate a controllare a distanza l’attività dei lavoratori, contrasta (nel caso non siano state seguite le garanzie procedurali per la loro installazione per motivi di sicurezza) con l’art. 4 L. n. 300/1970, la cui violazione è penalmente sanzionata dall’art. 38 stessa legge, che fa parte di quella normativa diretta a contenere in vario modo le manifestazioni del potere organizzativo e direttivo del datore di lavoro che, per le modalità di attuazione incidenti sulla sfera della persona, si ritengono lesive della dignità e riservatezza della persona. Ne consegue, sul piano processuale, che nessun valore probatorio può attribuirsi ai fotogrammi così illegittimamente conseguiti (anche se nel caso evidenzianti il reato di furto per sottrazione di denaro in cassa)”.
In tema di videosorveglianza dei lavoratori, con riferimento al valore probatorio delle registrazioni audiovisive legittime (cioè quelle volte a realizzare controlli “difensivi” da parte del datore di lavoro), vi sono parecchie sentenze della Cassazione, che però riguardano l’ambito penale. Ad esempio, si è stabilito che “sono utilizzabili nel processo penale, ancorché imputato sia il lavoratore subordinato, i risultati delle videoregistrazioni effettuate con telecamere installate all’interno dei luoghi di lavoro ad opera del datore di lavoro per esercitare un controllo a beneficio del patrimonio aziendale messo a rischio da possibili comportamenti infedeli dei lavoratori, perché le norme dello Statuto dei lavoratori poste a presidio della loro riservatezza non fanno divieto dei cosiddetti controlli difensivi del patrimonio aziendale e non giustificano pertanto l’esistenza di un divieto probatorio” (Cass. pen. 1/6/2010 n. 20722).
Il divieto di controllo a distanza del lavoratore non trova applicazione nei confronti dell’Autorità Giudiziaria. Infatti, la giurisprudenza afferma che: “E’ legittimo il licenziamento per giusta causa operato da parte del datore di lavoro utilizzando, nell’ambito di una regolare procedura disciplinare, le evidenze probatorie acquisite dalla Procura della Repubblica che, nel corso di un’indagine penale, aveva installato alcune telecamere nei corridoi e nei servizi igienici della società, senza il rispetto dell’art. 4 SL, che non trova applicazione nei confronti dell’Autorità Giudiziaria” (Trib. Milano 1/2/2008).
Ciò posto, e supposto – come è molto probabile – che l’installazione del sistema di videosorveglianza all’interno dell’istituto di credito sia avvenuta “legittimamente” (vale a dire previo accordo con la rappresentanza sindacale o previa autorizzazione della DPL del luogo in cui si trova ciascuna sede dell’istituto) è da valutare preliminarmente se l’installazione della telecamera nel corridoio antistante i bagni sia “legittima” oppure no. Questo dipende dal contenuto dell’accordo sindacale (al quale di norma viene allegata una planimetria dei locali con indicazione dei punti di ripresa), oppure, in mancanza di accordo, dalle prescrizioni specifiche della DPL riguardo al punto di installazione e all’angolo visuale della telecamera, stabilite in relazione alle concrete esigenze di controllo della sicurezza di quel particolare corridoio. Pertanto non mi è possibile darle una risposta in termini generali.
Inoltre, non mi è chiaro se l’attività “di un certo tipo” sia stata svolta dai suoi colleghi nel corridoio o all’interno dei bagni. Mi pare di aver capito che erano in bagno ma avevano lasciato la porta aperta…(!!). Se è così (poiché è pacifico che le telecamere di sorveglianza non possono riprendere i bagni, altrimenti sarebbero assolutamente fuori legge), l’attività “incriminata” deve essere stata ripresa dalla telecamera che puntava nel corridoio antistante soltanto perché la porta era stata lasciata … incautamente aperta. Perciò, solamente se la collocazione della telecamera risultasse ”illegittima”, l’impiego delle immagini riprese illegittimamente sarebbe impugnabile in giudizio, altrimenti mi sembra piuttosto difficile.
Ovviamente poi, per la legittimità del licenziamento disciplinare dei suoi colleghi occorre anche che sia stata rispettata la procedura stabilita dall’art. 7 della L. n. 300/1970 Statuto dei lavoratori, vale a dire: contestazione preventiva del fatto – assegnazione di un termine per le eventuali giustificazioni – irrogazione della sanzione disciplinare. Vi consiglio quindi (come i suoi colleghi avranno sicuramente già fatto) di rivolgersi ad un avvocato.
Scritto il 3-12-2011 alle ore 00:34
sono stati licenziati oramai da un anno i colleghi fedifraghi, però mi chiedevo se effettivamente atteggiamenti di questo tipo sono così gravi, come rubare, a questo punto con tutte queste telecamere se un dipendente magari passa del tempo a navigare in internet può essere licenziato?
questi poveri colleghi in fondo erano fuori dell’orario di lavoro anche se in posto di lavoro…. dico questo perchè delle volte si sentono storie di dipendenti infedeli che non vengono licenziati questi in fondo nn facevano nulla di male. Deve essere già il secondo caso che capita nel nostro istituto, voci dicono che dalla regia dotata di decine d monitor durante la situazione avessero messo a tutto schermo in tutti i monitor la ripresa…..in fondo non c’era una rapina in atto.
Scritto il 3-12-2011 alle ore 16:31
Poteva dirmelo Andrea che i suoi colleghi sono stati licenziati da un anno… avrei evitato di perdere del tempo per fare una ricerca giurisprudenziale e darle una risposta… a questo punto inutile.
La sua domanda sul lavoratore che “passa del tempo a navigare in Internet” mi fa sorridere. Certo che può essere sanzionato e, al limite, licenziato! Le sembra corretto sottrarre tempo ed energie/risorse lavorative al proprio datore di lavoro, oltretutto impiegando uno strumento di lavoro (il computer) che gli è stato assegnato per ben altre finalità? Sul punto specifico il Garante per la privacy ha emanato un apposito provvedimento generale (provv. n. 133 del 1° marzo 2007), che disciplina le modalità attraverso le quali il datore di lavoro può legittimamente controllare l’utilizzo di Internet e della posta elettronica da parte del proprio personale dipendente. Le regole ci sono, perciò vanno osservate, da ambo le parti.
Quanto ai “poveri colleghi”… mi domando se non avevano altro posto per consumare il proprio rapporto se non nell’ambiente di lavoro e se erano così “presi”… da dimenticarsi di chiudere almeno la porta del bagno!
Episodi di questo genere si sono verificati in molte imprese (io stesso, come Direttore del Personale, in passato ho avuto modo di occuparmene) e, privacy o non privacy, si sono tutti conclusi con il licenziamento dei “poveri amanti”. A mio avviso l’ambiente di lavoro è un luogo nel quale, oltre a lavorare, bisogna anche cercare di avere una condotta moralmente ineccepibile. Ma probabilmente io sono un po’ all’antica?!
Scritto il 3-12-2011 alle ore 19:10
mi dispiace ci non averlo detto prima del licenziamento ma certamente la sua ricerca non è stata inutile ma è molto interessante, mio intento era capire quale giurisprudenza venisse applicata, anche perchè casi di questo tipo o comunque simili (visti da altri colleghi) si verificano molto spesso, anche se un tempo solitamente non si licenziava ma si “puniva” con demansionamenti. A onor del vero i due colleghi sono stati registrati compiere non proprio un atto sessuale vero e proprio ma attività preliminari…magari potrebbe bastare anche un semplice bacio per un licenziamento.
Scritto il 3-12-2011 alle ore 20:25
Andrea non credo che la Direzione valuti i comportamenti dei propri dipendenti con simile… ferocia. Sicuramente all’epoca ci sarà stata la contestazione del fatto e saranno state ascoltate le difese dei due lavoratori, prima di decidere quale sanzione applicare. Se si è deciso di risolvere il rapporto di lavoro vi saranno stati dei validi motivi o delle circostanze tali da giustificare un provvedimento disciplinare così grave.
Il “demansionamento” non mi sembra un provvedimento applicabile in caso di infrazione disciplinare, ma non conosco il CCNL dei bancari. Di solito c’è una certa gradualità nelle sanzioni applicate: si passa dal rimprovero scritto alla multa, per poi finire al licenziamento nei casi più gravi.
Scritto il 4-12-2011 alle ore 01:28
Avv. Polacchini,
per una volta, mi discosto dai miei soliti quesiti sulla video-sorveglianza relativamente al controllo a distanza dei lavoratori e le vorrei formulare un quesito di altra natura ma che riguarda sempre il diritto alla privacy.
Prendo spunto di una sua simpatica affermazione circa il fatto di essere “…… all’antica” nel riproporre, invece, un uso sempre più frequente e dirompente come lo strumento di “facebook” soprattutto da parte delle nuove generazioni, anche di ragazzi e bambini di 5-6 anni, ma non solo, pare cha anche signori e signore con i capelli bianchi si stiano affezionando a tale “discutibile” strumento .
Ritengo che con tale mezzo, che come tutte le innovazioni avrà anche i suoi lati positivi, ma il diritto alla privacy “va a farsi friggere”.
Senza stare a comporre un quesito di tipo dottrinale, per far comprendere a tutti la questione di quanto le pongo mi esprimo con un banale esempio.
Diciamo che vado a una festa da amici (un compleanno, una ricorrenza, ecc..) naturalmente con l’uso dei dispositivi digitali ognuno degli invitati fa le sue belle fotografie e le riprese video..
Dopo qualche giorno (per non dire il mattino dopo) mi ritrovo il portiere che all’uscita del portone condominiale, mentre mi sto per recare a lavoro mi dice :” a dottò ti ho visto con i piccoli alla festa dell’Ing. Rossi con i piccoletti, oh sua moglie era vestita bene ma lei quella cravatta a righe se la poteva anche evitare……ih, ih, ih ” domando…” ma c’eri anche tu ? non ti ho visto ? “……… Il portiere divertito mi risponde; “no, no io non c’ero, ma vò visto stanotte su facebook”….oh mi so divertito tanto.
Senza dubbio ci troviamo in una palese situazione di violazione del diritto alla privacy, si pensa di passare una serata tranquilla invece ci si ritrova che tutto il condominio (ma non solo anche gli amici degli amici e degli altri amici, ecc..ecc.) sanno che sei andato a quella ricorrenza, come eri vestito, cosa hai detto, se hai bevuto, hai mangiato, cosa hai mangiato, fino a che ora sei rimasto ….ecc.ecc.
Domanda: un soggetto normale, diciamo uno “…all’antica” che non sa nemmeno cosa è facebook, ha gli strumenti per tutelare, nella fattispecie, la propria privacy ? Se sono pubblicate foto e/o immagini proprie e della propria famiglia (tra i quali anche di bambini) può formulare istanza al garante della privacy per far rimuovere tali immagini e nei casi più gravi chiedere un risarcimento danni ? Il garante è nelle condizioni di emettere sanzioni per chi pubblica foto di altre persone senza il preventivo consenso dell’interessato ?
Preciso che ancora (spero mai) non mi sono trovato in tale situazione, ma penso che ognuno di noi possa capitare tale rischio, anzi, può darsi che ci sia già capitato senza nemmeno saperlo.
La ringrazio e scusi della lunghezza del quesito, ma ci tenevo a essere chiaro.
Buon lavoro e buon fine settimana .
Luigi
Scritto il 4-12-2011 alle ore 13:08
Buongiorno Luigi. Il tema da lei sollevato è estremamente attuale e complesso, e in rete si trovano decine di interventi su questo argomento. Non mi è certo possibile sviscerarlo in questa sede, oltretutto in questo thread si parla videosorveglianza dei lavoratori…
Perciò ho aperto un nuovo topic dal titolo”La tutela della privacy in Facebook” nel quale mi limito a fare alcuni accenni, auspicando che si apra un dibattito sull’argomento.
Ad ogni modo, se lei lo vorrà, potrà approfondire la questione navigando nel Web.
Un cordiale saluto.
Scritto il 5-12-2011 alle ore 18:02
Egregio avvocato, desideravo sapere se anche per le caserme delle FF.PP. e FF.AA.vi è l’obbligo di affiggere esternamente (in prossimintà delle telecamere di sicurezza) i cartelli che avvisano delle videosorveglianza e dei motivi per il quale è effettuata.
Cordiali saluti.
Scritto il 5-12-2011 alle ore 18:54
Buona sera vorri sapere per cortesia quali normative e a che devrei chiede autorizzazioni per intallare delle telecamre con dvr,per la ripresa di un loggiato di proprieta del condominio dato in ugo al comune , all` interno delle logge ci sono dei negozzi ed un marciapiede grande il quale e` nel centro storico .poiche la notte si verificano attti indesiderati vorremmo installare questo sistema . poiche una guardia notturna ci viene decisamente troppo.
la ringrazio della disponibilita`
Scritto il 5-12-2011 alle ore 19:09
Riporto il titolo di questo mio topic: “Nuovo provvedimento sulla videosorveglianza: aspetti particolari legati ai rapporti di lavoro”.
Mi sembra che le ultime domande di oggi siano un pò… fuori tema.
Scritto il 5-12-2011 alle ore 20:07
Buonasera,
La mia famiglia è titolare di una tabaccheria che recentemente ha subito una rapina a mano armata. Abbiamo perciò deciso di installare un sistema di videosorveglianza interno ed esterno. Attualmente abbiamo due dipendenti.
Vorremmo procedere all’acquisto di un sistema di TVCC autonomamente e vorremmo capire che tipo di autorizzazione/i, se necessaria, dovremmo richiedere, a quale ente o amministazione, e con quale modalità
Grazie
Scritto il 5-12-2011 alle ore 20:07
Buonasera,
La mia famiglia è titolare di una tabaccheria che recentemente ha subito una rapina a mano armata. Abbiamo perciò deciso di installare un sistema di videosorveglianza interno ed esterno. Attualmente abbiamo due dipendenti.
Vorremmo procedere all’acquisto di un sistema di TVCC autonomamente e vorremmo capire che tipo di autorizzazione/i, se necessaria, dovremmo richiedere, a quale ente o amministrazione, e con quale modalità
Grazie
Scritto il 5-12-2011 alle ore 20:51
Marco ho già risposto tante volte a questa domanda, perciò prima legga le mie risposte precedenti e legga anche quello che ho scritto qui: http://marcellopolacchini.postilla.it/2011/04/13/videosorveglianza-bisogna-fare-bene-attenzione-prima-di-attivarla/#more-153
Poi, dopo aver letto, se non le è ancora chiaro qualcosa chieda pure.
Buonasera.
Scritto il 11-12-2011 alle ore 11:11
Preg.mo avv. Polacchini,
sono la sig.ra Tiziana ( veda post 232),
desidero porLe un’altro quesito in merito alla videosorveglianza.
Dopo aver comunicato e appeso circolare sul divieto assoluto di staccare il cavo dell’alimentazione delle telecamere, i miei dipendenti, ora,( contrari palesemente all’installazione delle telecamere) mi stanno facendo la guerra, prendendomi in giro, mettendosi davanti alle telecamere, stuzzicandomi,provocandomi con gesti e quant’altro,deridendomi etc…inoltre avvisano tutti i clienti appena entrano in negozio, della presenza delle telecamere, e gli fanno presente di non parlare, di stare attenti… etc…etc..( come se non lo sapessero che il locale è videosorvegliato dato che è pieno di avvisi e informative e le telecamere non sono minuscole).
Volevo chiederLe se Le sembra corretto tale comportamento… Se sono io che sbaglio… e come devo fare per tutelare il mio patrimonio se ho contro di me i dipendenti che non approvano le telecamere in negozio.( e mi chiedo il perchè…dato che quasi tutti i locali commerciali hanno le telecamere )
La ringrazio e La saluto Cordialmente
Tiziana
Scritto il 11-12-2011 alle ore 12:52
Buongiorno signora Tiziana.
Capisco benissimo la sua esasperazione, ma purtroppo non c’è molto da fare di fronte all’ignoranza delle persone…
Come le ho già scritto, lei con tutto quello che ha fatto è perfettamente in regola e non può fare altro che sanzionare disciplinarmente il dipendente che stacca il cavo di alimentazione della telecamera (sempre che riesca ad individuarlo…) oppure può punire chi in video la insulta o la deride.
Per adottare legittimamente una sanzione lei deve seguire la procedura indicata dall’art. 7 delo Statuto dei lavoratori, che le ho descritto nel mio post n. 233.
Io penso che con il passare del tempo anche i suoi “spiritosi” dipendenti si stancheranno di mantenere l’atteggiamento idiota tenuto sino ad oggi, comunque, se non lo facessero, credo che una multa di un paio di ore di retribuzione inflitta a due o tre di loro possa servire da “lezione” per tutti gli altri… o almeno lo spero.
L’importante è solo che le telecamere restino in funzione e servano al loro scopo, per il resto…. abbia molta pazienza…
Un cordiale saluto.
Scritto il 14-12-2011 alle ore 14:10
Salve, ho un problema con un negozio di abbigliamento dove sono installate telecamere interne ed esterne. Una delle telecamere interne sorveglia uno spazio in cui vi sono i camerini, non inquadrando all’interno ovviamente ma inquadrandoli dall’esterno ciò per evitare furti di vestiti da parte della clientela. L’ispettore mi detto che va assolutamente tolta anche se non è puntata dentro i camerini (nel senso di vista dall’alto degli stessi) ma c’è una normativa che lo prevede? Xkè tutte le norme parlano di telecamere “nei” camerini. Grazie
Scritto il 15-12-2011 alle ore 13:42
Giuseppe, non c’è “una normativa” particolare che parla espressamente di telecamere nei camerini o davanti ai camerini di prova…! Le regole sulla videosorveglianza stabilite dal Garante hanno necessariamente carattere generale (salvo decisioni specifiche nel caso di singoli ricorsi all’Authority). E’ solo l’Ispettorato del lavoro che, in sede di sopralluogo in azienda, può dettare delle prescrizioni specifiche per l’installazione delle telecamere di videosorveglianza (in particolare per ciò che riguarda l’angolo visuale di ripresa). A queste prescrizioni il datore di lavoro è tenuto ad attenersi, pena il mancato rilascio del provvedimento di autorizzazione da parte della DPL. In ogni caso lei aveva ed ha tuttora il diritto di chiedere all’ispettore le necessarie spiegazioni.
Scritto il 18-12-2011 alle ore 02:25
Salve,avrei una domanda da sottoporle.Mio genero ha una stazione di benzina,dopo qualche anno di attesa finalmente in questi giorni gli hanno montato il self service (è una stazione piccola..) e l’impianto è sprovvisto di videosorveglianza.Vorremmo,per chiare ragioni di sicurezza,installare un paio di telecamere.Dato che nella stazione ci lavorano solo lui e la sua compagna (entrambi titolari) devono fare richiesta lo stesso alla direz. prov. del lavoro o a qualcun’altro? O basta applicare i cartelli che attestino le riprese in atto? La ringrazio anticipatamente,distinti saluti.
Scritto il 18-12-2011 alle ore 11:15
Sig. Polacchini vorrei sapere come si fa’ a sapere se un cartello esposto che indica la ripresa di videosorveglianza è regolare e che sia stato autorizzato o meno dalla DPL? In pratica ciò servirebbe come trasparenza “degli atti” nei confronti dei passanti e da parte degli acquirenti per ciò che riguarda i negozi in genere.
Diciamo che sarebbe opportuno la segnalazione del cartello con un Timbro o un numero seriale rilasciato da parte della DPL in modo che i cittadini se lo desiderano possono fare una telefonata alla DPL è verificare nella immediatezza se la cartellonistica è leggittima o abusiva, così come accade per il cartello del PASSO CARRABILE che c’è un timbro del Comune seguito da un numero in modo che la Polizia Municipale e le Forze dell’Ordine in genere possono farlo rimuovere in quanto abusivo. In attesa di una sua gentile risposta porgo i miei saluti. Penso proprio che molti cittadini siano d’accordo con me.
Scritto il 18-12-2011 alle ore 20:48
Sig. Antonino, non esiste un “bollo” o un timbro di conformità da apporre sui cartelli di avviso di ingresso in una “Area Videosorvegliata” e tantomeno potrebbe essere la DPL ad “autorizzare” questi cartelli!
A parte il fatto che i compiti della DPL sono ben diversi, l’unica avvertenza da rispettare è che i cartelli siano conformi ai due fac-simili allegati al Provv. Gen. 8 aprile 2010 del Garante in materia di videosorveglianza (cartelli diversi a seconda che il sistema di videosorveglianza sia o no collegato alle Forze dell’Ordine) e che su tali cartelli sia riportata l’informativa “minima” prevista dall’Authority (il titolare del trattamento e le finalità della videosorveglianaza).
Se poi la videosorveglianza avviene in ambiente di lavoro e non è stata preventivamente autorizzata dalla RSA o, in mancanza, dalla DPL, questa è tutta un’altra questione, e in questo thread se ne è parlato diffusamente.
Scritto il 18-12-2011 alle ore 21:24
Salve giuseppe. Se non ci sono lavoratori dipendenti la DPL non c’entra nulla.
Non bastano i cartelli di avviso…. bisogna rispettare anche tutte le altre regole previste dal Provv. Gen. del Garante dell’8 aprile 2010 sulla videosorveglianza, disponibile sul sito http://www.garanteprivacy.it
Scritto il 19-12-2011 alle ore 16:17
BUONGIORNO AVVOCATO, VORREI PORLE UN SEMPLICE QUESITO: SONO TITOLARE DI UNA PICCOLA PASTICCERIA DOVE HO DUE DIPENDENTI DA 5 ANNI. NELL’ESTATE SCORSA SONO MANCATA ALCUNI GIORNI E HO VOLUTO VERIFICARE LA LORO SERIETA': HO INSTALLATO UNA PICCOLA TELECAMERA FAI DA TE MA QUANDO HO VISIONATO IL FILMATO A CASA MIA SENZA FARNE PAROLA CON NESSUNO, HO SCOPERTO CHE ENTRAMBE RUBANO SIA SOLDI DALLA CASSA NON EMETTENDO SCONTRINO FISCALE, SIA MERCE. COSA DEVO FARE? GRAZIE STEFANIA
Scritto il 19-12-2011 alle ore 21:27
Stefania la regola generale è che il controllo a distanza dell’attività dei lavoratori è vietato dall’art. 4 della Legge n.300/70 ed è penalmente sanzionato. Ma la Corte di Cassazione ha stabilito che il divieto di controlli a distanza previsto dall’art. 4 dello Statuto, non opera nel caso di controlli diretti ad accertare condotte illecite del lavoratore lesive del patrimonio aziendale, sicché le prove in tal modo acquisite possono essere validamente utilizzate e non ricadono nel divieto posto dall’art. 191, c.p.p. (vedi da ultimo Cassazione, V Sezione Penale – 1° giugno 2010, n. 20722).
Pertanto, se vuole proceda a denuncia dei lavoratori all’Autorità Giudiziaria.
Scritto il 19-12-2011 alle ore 22:09
Salve avv. Le avevo gia scritto tempo fa in merito alla possibile istallazione di un sistema geolocalizzatore su dei telefonini ,che poi distribuiti ai dipendenti vengono portati addosso durante la giornata lavorativa.il percorso , le soste vengono registrate su di un hard disk , in più è possibile accedendo ad un portale controllare in tempo reale la posizione dei dipendenti.Noi dipendenti abbiamo diffidato dall’utilizzo , ma l’ente ha risposto che per ora non attiverà il dispositivo di geolocalizzazione ma che i telefonini vanno usati? aiuto?!!?grazie infinite
Scritto il 20-12-2011 alle ore 09:32
Luca francamente… non so come aiutarla. Tutto è fondato sula fiducia dei dipendenti nel datore di lavoro che ha dichiarato che non utilizzerà il sistema. E poi che cosa significa “per ora non attiverà il dispositivo”? E in futuro…?
Inoltre, non so neppure se tecnicamente il sistema possa essere disattivato e i cellulari possano essere utilizzati come dei semplici telefoni.
Se non vi fidate di ciò che vi è stato detto… non vi rimane altro che rivolgervi alla DPL perchè attivi un controllo ispettivo e dia al vostro datore di lavoro delle precise prescrizioni.
Scritto il 21-12-2011 alle ore 17:29
Sono il presidente di una associazione sportiva.
Sono subentrato nei locali di un’altra associazione e facciamo attività assieme.
Sono presenti i cartelli di segnalazione dell’impianto di videosorveglianza e le registrazioni vengono conservate oltre 15 giorni.
E’presente un’impianto con rilevatori di presenza e movimento.
Ovviamente sono presenti le telecamere esterne,una interna che monitora il locale e recentemente ne è stata installata un’altra che riprende la zona bancone/lavoro.La registrazione avviene con dvr e l’impianto viene monitorato in tempo reale via web dall’altra associazione.
Ho fatto richiesta per poter accedere alla videosorveglianza ma mi è stato negato dall’altra associazione.
Ora non essedomi stata fatta richiesta per effettuare registrazioni e non avendomi chiesto autorizzazione per l’installazione di una nuova telecamera posso,dopo comunicazione scritta, disattivare l’impianto di videosorveglianza per il periodo strettamente legato alla mia presenza,e dei miei associati, nel circolo?
Ringrazio e porgo gli auguri di buone feste
Marino
Scritto il 21-12-2011 alle ore 17:47
Marino non mi sembra che la sua domanda sia attinente alla videosorveglianza nei luoghi di lavoro di cui tratta questo thread…
Ad ogni modo, la questione è piuttosto delicata.
Innanzitutto è vietato conservare le immagini riprese oltre le 24 ore (salvo i giorni festivi) e in casi eccezionali, autorizzati dall’Authority per la privacy, si possono conservare più a lungo, ma mai oltre la settimana.
In secondo luogo, chi è il “titolare del trattamento”, cioè chi è il proprietario dell’impianto che tratta le immagini riprese? Da ciò che lei scrive mi pare che il “titolare” sia l’altra società, ma allora non capisco perchè questa riprenda anche i suoi soci. C’è una commistione di trattamenti dei dati che non mi è chiara. QE poi, qual’è la finalità della videosorveglianza? Serve a difendere i beni o il patrimonio della società? Di quale? Chi è il “titolare” indicato nei cartelli di avviso? E’ stata data una informativa scritta contenente tutti gli elementi indicati dall’art. D.Lgs. 196/03 agli associati che frequentano i locali? Chi si è incaricato di dare l’informativa e per conto di chi lo ha fatto? Chi risponde della privacy dei frequentatori dell’associazione? Prima di disattivare la telecamera veda almeno di chiarire tutti questi punti con l’altra associazione e legga bene il provvedimento del Garante per la privacy dell’8 aprile 2010 che stabilisce le regole che tutti gli impianti di videosorveglanza devono rispettare.
Scritto il 2-1-2012 alle ore 21:42
Signor Polacchini,
ho conosciuto da poco il suo blog, forse ha già risposto alla domanda che sto per rivolgerle:
Sono il titolare di un piccolo negozio e non ho dipendenti, posso installare un sistema di videosorveglianza senza alcuna autorizzazione da enti preposti?
Scritto il 3-1-2012 alle ore 10:10
Buongiorno Angela. Se non ha dipendenti non deve chiedere l’autorizzazione alla Direz. Prov.le del Lavoro, ma semplicemente rispettare le disposizioni del provvedimento generale del Garante per la privacy dell’8 aprile 2010 qui riportate (informativa, angolo di ripresa, durata della conservazione delle immagini, ecc.).
In ogni caso, le consiglio di prendere visione del testo del provvedimento sulla videosorveglianza e di leggere le risposte ai vari quesiti pratici che mi sono stai posti attraverso il mio blog.
Scritto il 9-1-2012 alle ore 15:49
Rispondo a STEFANIA che mi ha formulato il seguente quesito:
“Gentile avvocato, ho una piccola pasticceria con due dipendenti in forza da 5 anni. Le scrivo perché nell’estate scorsa ho installato una telecamera fai da te, come le avevo precedentemente scritto, per verificare eventuali ammanchi dalla cassa. Ho scoperto che una delle due signore sottraeva denaro dalla cassa e portava via anche della merce. Le ho inviato la lettera di licenziamento per giusta causa essendo venuto meno il vincolo fiduciario. Prima di procedere alla denuncia la signora vuole un incontro perché sostiene che tali prove non possono essere usate contro di lei in quanto non ho fatto denuncia delle telecamere. Ho chiesto al mio avvocato che sostiene che in seguito ad una recente sentenza della cassazione posso invece usarle contro la dipendente, ma nel tribunale della mia città i giudici di norma non accettano queste prove ma anzi rischio personalmente una denuncia per non aver dichiarato la telecamera. Cosa posso fare?”
Buongiorno Stefania. La sentenza alla quale si riferisce il suo avvocato è quella della Cassazione, V Sezione Penale, del 1° giugno 2010, n. 20722 che riguarda proprio l’ammissibilità e i limiti dei cd. “controlli difensivi” del patrimonio aziendale. La sentenza nasce dal ricorso fatto da un cassiere accusato di appropriazione indebita per aver prelevato una notevole somma di denaro dal bar in cui prestava servizio. La Cassazione ha respinto il ricorso del lavoratore dando ragione al datore di lavoro.
Secondo i giudici della Suprema Corte, ai fini dell’operatività del divieto di utilizzo di apparecchiature per il controllo a distanza dell’attività dei lavoratori previsto dall’art. 4 della legge n. 300/70, è necessario che il controllo riguardi (direttamente o indirettamente) l’attività lavorativa, mentre sono fuori dall’ambito di applicazione della norma citata i controlli diretti ad accertare condotte illecite del lavoratore.
Gli artt. 4 e 38 dello Statuto dei lavoratori infatti, implicano l’accordo sindacale a fini di riservatezza dei lavoratori nello svolgimento dell’attività lavorativa, ma non implicano il divieto dei cd. “controlli difensivi” del patrimonio aziendale da azioni delittuose da chiunque provenienti (compresi i dipendenti). Pertanto, in questo caso non si ravvisa l’inutilizzabilità ai sensi dell’art. 191 c.p.p. (che vieta l’utilizzo di prove illegittimamente acquisite) di prove di reato acquisite mediante riprese filmate, le quali possono quindi essere utilizzate sia in sede penale, sia per dimostrare la validità del recesso del datore di lavoro.
Va osservato tuttavia che questa sentenza del 2010 è contraddetta dalla sentenza della Cassazione, Sezione Lavoro, del 17 giugno 2000, n. 8250 relativa al caso di una barista che aveva sottratto delle somme custodite nella cassa e che era stata filmata da una telecamera a circuito chiuso installata nel bar. In questo caso la Suprema Corte ha affermato che l’installazione di telecamere da parte del datore di lavoro, nella misura in cui le stesse sono risultate finalizzate a controllare a distanza anche l’attività dei dipendenti, era da ritenersi illecita ed inficiava il valore probatorio del fotogramma conseguito in sua violazione. Inoltre, l’installazione delle telecamere non era stata preceduta dall’iter descritto nel comma 2 dell’art. 4 della legge n. 300/70 (accordo con la RSA o in mancanza autorizzazione della DPL). A ben vedere però, è impossibile immaginare una qualunque forma di controllo a distanza che, insieme alla condotta illecita del lavoratore, non comporti anche il controllo dell’attività lavorativa nel senso vietato dalla norma dello Statuto dei lavoratori! Il furto o l’appropriazione indebita o il danneggiamento consumati dal lavoratore durante l’attività lavorativa non potrebbero essere filmati senza filmare anche il lavoro ed incorrere così nel divieto posto dall’art. 4, dello Statuto. Ovvero, le telecamere potrebbero anche essere installate, ma solo con la preventiva adesione delle rappresentanze sindacali aziendali, dovendo in mancanza intervenire il competente Servizio Ispettivo della DPL.
In ogni caso, l’affermazione che non sia possibile filmare il dipendente che ruba o che ciò sia possibile soltanto previo accordo con le RSA, non tiene conto del fatto che, in quel preciso momento, il dipendente non sta “lavorando”, anzi egli non è neppure un dipendente, ma piuttosto un “individuo che delinque” e che approfitta del contesto lavorativo per avere l’occasione di delinquere. Inoltre, il fatto che le telecamere, unitamente al furto, possano riprendere anche momenti di attività lavorativa (ad esempio come e quanto rapidamente il dipendente serve i clienti) non ha alcun significato sul piano del citato art. 4, per il semplice fatto che non c’è alcun interesse del datore di lavoro a controllare il normale e ordinato svolgimento dell’attività lavorativa. In sostanza, il datore di lavoro non controlla a distanza il lavoro del dipendente, ma controlla a distanza l’eventuale consumazione di un reato contro il patrimonio aziendale da parte di un soggetto che solo apparentemente è occupato a lavorare mentre in realtà sta delinquendo.
Comunque, per ciò che riguarda la privacy, ferma restando l’inoperatività dell’art. 4 dello Statuto per le ragioni dette sopra, il trattamento mediante una telecamera dell’immagine del dipendente ripreso mentre sottrae danaro dalla cassa, essendo rivolto a far valere un diritto in giudizio, a sensi dell’art. 24 del Codice della privacy non presuppone il consenso del lavoratore, né tanto meno la preventiva informativa ai sensi dell’art. 13 del Codice, con la conseguenza che non ci sono profili di indebito utilizzo dei suoi dati personali.
Detto questo Stefania, non le resta che mantenere fermo il licenziamento intimato alla dipendente infedele ed eventualmente difendersi in giudizio.
Scritto il 9-1-2012 alle ore 18:24
Buongiorno sig. Polacchini, avrei due quesiti per lei.Lavoro in una azienda dove sono state installate telecamere esterne ed interne, nessuno dei dipendenti è stato preavvisato e, l’azienda non ha richiesto alcun permesso. Le telecamere interne sorvegliano l’operato dei dipendenti, quindi è scontato che siano fuorilegge. Come se non bastasse, adesso si paventano situazioni di “mobbing” e, forse, licenziamenti senza giusta causa.Vorrei sapere, se facessi alcune riprese alle telecamere, varrebbe come prova? Purtroppo, di questi tempi,ho paura che, alle rimostranze dei dipendenti,possano decidere di “far sparire” il tutto,prima di eventuali controlli. La ringrazio per il suo tempo.
Scritto il 9-1-2012 alle ore 18:55
Cosa posso dirle Alessio? Ci provi…
Ma è sicuro che l’azienda non abbia avuto l’autorizzazione della DPL? E’ sicuro che le telecamere sorveglino l’attvità lavorativa dei dipendenti? Sono tanti gli aspetti da valutare.
Se esiste una RSA avrebbe dovuto essere interpellata, altrimenti la ditta poteva rivolgersi direttamente alla DPL e chiedere l’autorizzazione prima di installare le telecamere. In ogni caso i dipendenti andavano informati.
Scritto il 16-1-2012 alle ore 13:32
Salve sig Polacchini.
sono un dipendente presso un attività commerciale importante sul territorio nazionale.
Avrei una domanda da fare: da circa un mese credo di subire delle discriminazioni da parte del mio capo area, in seguito ad uno scontro telefonico avvenuto tra noi. Dopo quell’episodio sono stato convocato in via informale presso un centro commerciale per una incontro con il mio responsabile zona e il responsabile vendita italia, durante questo incontro venivo sollecitato al trasferimento presso altro punto vendita o alla permanenza nel mio negozio ad una sola condizione….il declassamento dal mio ruolo di direttore con contratto di primo livello a quello di vicedirettore in affiancamento al direttore con contratto di terzo livello. ( ovviamente il declassamento doveva essere una richiesta fatta di mio pugno).Ho accettato quest’ultima opzione per restare nella mia città e vivere accanto a mio figlio; ma dall’arrivo del nuovo direttore sto subendo solo soprusi da parte di questi , guidato ovviamente dal responsabile di zona: mi sono state tolte le chiavi del punto vendita,la delega in banca,la password per accedere alle mail aziendali( fermorestando che tutte queste mansioni vengono svolte da altri semplici addetti alle vendite). Da quando c’è il nuovo direttore non effettuo mai una chiusura del punto vendita ma i miei orari sono stati organizzati sempre in maniera che mezz’ora prima della chiusura finisco.
In piu subisco anche da parte del direttore dei soprusi all’ interno del punto vendita e davanti a personale e clienti, in quanto inveisce e urla contro di me in continuazione e per futili motivi, o ancora in mia assenza cerca di far firmare a clienti delle lamentele nei miei confronti in modo da poter fare nei miei confronti una nota disciplinare.
Gli episodi sono numerosi ma mi fermo qui . La mia domanda è questa :è possibile fare richiesta in azienda dell’installazione di telecamere per monitorare tutta questa situazione o quanto meno farla placare.?
Vi ringrazio per l’attenzione ed eventuale risposta.
Scritto il 16-1-2012 alle ore 23:34
Salve, Sig. Polacchini, sono titolare di un negozio di informatica avviato la settimana scorsa ed essendo in una zona abbastanza “movimentata” ho deciso di installare una telecamera che riprenda l’ingresso al negozio, la vetrina e parte del locale. La mia domanda è la seguente; essendo che la telecamera punta verso l’ingresso si intravede parte del marciapiede di proprietà privata dello stabile e parte di strada pubblica anche se in lontananza, non devo fare nessuna richiesta per tali riprese? Ovviamente all’interno del locale e nelle immediate vicinanze della telecamera è apposto ben visibile il cartello che pronuncia art. 13. Ricordo inoltre che non ho dipendenti e come da legislazione il mio dvr registra solo 24h. Seconda domanda: posso posizionare una telecamera esterna che riprenda solo l’ingresso del mio negozio e la vetrina con cartello esterno di avviso senza far richiesta d’autorizzazione?
Scritto il 17-1-2012 alle ore 09:29
Salve Roman.
Ha letto i post precedenti? Sicuramente no…
Come già scritto ad es. nel post n. 258, se non ci sono lavoratori dipendenti non è necessario interpellare la DPL per chiedere la sua autorizzazione.
Però non bastano i soli cartelli di avviso: bisogna rispettare anche tutte le altre regole previste dal Provv. Gen. del Garante dell’8 aprile 2010 sulla videosorveglianza, che è disponibile sul sito http://www.garanteprivacy.it
Scritto il 17-1-2012 alle ore 09:44
A mano a mano che leggevo il suo post mi domandavo che cosa c’entrasse la “privacy” e come mai lei non si sia rivolto ad un avvocato del lavoro…
Poi alla fine ho letto la sua domanda sulla videosorveglianza e la mia risposta è molto semplice: no! Lei non può chiedere l’installazione di una telecamera all’interno di una proprietà privata per perseguire sue finalità personali (a parte il fatto che non credo assolutamente che la sua richiesta sarebbe accolta dalla direzione…).
Non le resta quindi che rivolgersi a un avvocato, oppure giri prima la sua domanda al dr. Massimiliano Tavella nel suo “Angolo delle vertenze del lavoro”: http://massimilianotavella.postilla.it/2010/05/03/l%E2%80%99angolo-delle-vertenze-di-lavoro-un-aiuto-concreto-ai-dubbi-sul-rapporto-di-lavoro/#more-42
Scritto il 22-1-2012 alle ore 21:03
Salve faccio l’autista di mezzi pesanti volevo sapere se il mio datore di lavoro ha il diritto di sapere in qualsiasi momento della giornata dove si trova il suo camion tramite un sistema satellitare e automaticamente sapere dove mi trovo io anche dopo il mio turno di guida visto che il mio lavoro si svolge in tutto il territorio nazionale e europeo, e quindi rientro a casa ogni 10 giorni circa premetto che non trasporto merce di valore.premetto anche di non aver mai firmato nulla che permettesse la violazione della mia privcy, e tanto meno non è stato mai firmato nessun accordo con i sindacati ne tanto meno con l’ispettorato del lavoro. a risentirci e GRAZIE.
Scritto il 23-1-2012 alle ore 10:08
L’installazione di un sistema di geolocalizzazione satellitare a tecnologia GPS sui mezzi di trasporto aziendali – esattamente come la videosorveglianza sui lavoratori – è possibile SOLO previo accordo con la rappresentanza sindacale aziendale o con l’autorizzazione della DPL.
Il Garante per la privacy ha ribadito più volte che l’impiego di tali strumenti di controllo deve SEMPRE avvenire nel rispetto dei principi in materia di protezione dei dati personali e con modalità concretamente idonee a garantire, in particolare, l’osservanza dei diritti e delle libertà fondamentali (art. 2 D.Lgs. 196/03), nonché della dignità degli interessati (v. provv. del 7/10/2010 nella Newsletter del Garante n. 344 del 16/12/2010). Se non sono rispettati i requisiti richiesti dall’art. 4 della Legge n. 300/70 il trattamento dei dati svolto è illecito, pertanto il Garante, nelle more dell’eventuale rilascio del provvedimento autorizzatorio da parte del preposto Servizio Ispettivo della DPL, può disporre il blocco del trattamento dei dati personali riferiti ai lavoratori effettuato tramite i sistemi di geolocalizzazione satellitare.
Un altro aspetto da considerare è quello della NOTIFICAZIONE di questo particolare trattamento di dati all’Autorità Garante per la privacy, in quanto l’art. 37, comma 1, lett. a) del D.Lgs. n. 196/03 prevede che deve essere notificato il trattamento che permette di individuare la posizione geografica di persone od oggetti.
Al riguardo, lo stesso Garante, nei chiarimenti sui trattamenti che devono essere notificati, forniti il 23 aprile 2004 (v. doc. web n. 993385), precisa che “la localizzazione deve essere notificata quando permette di individuare in maniera continuativa – anche con eventuali intervalli – l’ubicazione sul territorio o in determinate aree geografiche, in base ad apparecchiature o dispositivi elettronici detenuti dal titolare o dalla persona oppure collocati sugli oggetti”. Ciò vale “quando (come mi sembra avvenga nel suo caso) la localizzazione permette di risalire all’identità degli interessati, eventualmente anche indirettamente”.
Scritto il 24-1-2012 alle ore 15:28
Buongiorno,
la zia del mio ragazzo, titolare di un negozio di parrucchiere, vorrebbe installare un sistema di videosorveglianza interna, nutrendo dei sospetti su una propria dipendente relativamente ad atti furtivi avvenuti all’interno del negozio stesso (sono più volte scomparsi prodotti presenti negli scaffali ma cosa ancora più grave sono mancati soldi dai portafogli di altre dipendenti).
Adesso, il suo caso può rientrare tra quelli citati dall’art. 4 dello Statuto?può installarla per esigenze organizzative, produttive e di sicurezza del lavoro?E come la mettiamo con la privacy delle dipendenti ma anche delle clienti?
La ringrazio anticipatamente per la sua disponibilità.
Scritto il 24-1-2012 alle ore 17:40
Buongiorno,le chiedo un chiarimento, su cui, nonostante abbia già letto la sua interessante consulenza, ho ancora qualche dubbio. Se l’azienda (ha 15 dipendenti) intende installare delle videocamere anche in luoghi in cui i lavoratori operano quotidianamente, ma solo per motivi di sicurezza, e solo per essere attive durante gli orari e i giorni di chiusura degli uffici, deve ugualmente rivolgersi alla DPL per l’autorizzazione?C’è anche un accordo sottoscritto dall’amministratore dai dipendenti (no, c’è rsu/rsa). La ringrazio anticipatamente
Scritto il 24-1-2012 alle ore 18:09
@Manuela
Mi rendo conto che leggere le risposte che io ho già dato a centinaia di domande che mi sono state poste sulla videosorveglianza può essere… noioso, ma mai come per me ripetere sempre le sesse cose.
Perciò la invito cortesemente a leggere le risposte che ho già dato per casi analoghi a quello da lei prospettatomi e poi, eventualmente, a chiedermi maggiori chiarimenti.
Le risposte, oltre che qui sopra in questo stesso thread le trova anche in questi miei interventi sulla videosorveglianza.
Videosorveglianza in ambito privato. Limiti e pericoli
http://marcellopolacchini.postilla.it/2011/09/01/videosorveglianza-in-ambito-privato-limiti-e-pericoli/#more-181
Installazione di impianti di videosorveglianza nelle piccole imprese. Autorizzazione veloce?
http://marcellopolacchini.postilla.it/2011/11/18/installazione-di-impianti-di-videosorveglianza-nelle-piccole-imprese-autorizzazione-veloce/
Scade il termine per applicare le nuove regole sulla videosorveglianza
http://marcellopolacchini.postilla.it/2011/04/13/scade-il-termine-per-applicare-le-nuove-regole-sulla-videosorveglianza/
Videosorveglianza: bisogna fare bene attenzione prima di attivarla!
http://marcellopolacchini.postilla.it/2011/04/13/videosorveglianza-bisogna-fare-bene-attenzione-prima-di-attivarla/
Sicurezza e privacy si scontrano con le videocamere
http://marcellopolacchini.postilla.it/2009/07/13/sicurezza-e-privacy-si-scontrano-con-le-videocamere/
Buona lettura…
Scritto il 24-1-2012 alle ore 18:13
@Alessandra
La necessità di chiedere l’autorizzazione alla DPL deriva dal fatto che l’impianto di videosorveglianza sia “potenzialmente” in grado di riprendere l’attività lavorativa dei dipendenti. Quindi non importa se l’impianto sia o no funzionante.
Se manca la RSA l’autorizzazione alla DPL deve essere sempre richiesta, anche nel caso in cui vi sia un accordo sottoscritto da tutti i singoli dipendenti.
Scritto il 27-1-2012 alle ore 18:58
Salve Sig. Polacchini, ho un punto vendita di prodotti per animali, due commesse dipendenti, per motivi di sicurezza ho fatto installare un impianto di videosorveglianza con 16 telecamere con relativi cartelli che copre tutto il negozio il parcheggio ed il retro magazzino in totale 2500 mq., non ho fatto alcuna richiesta al DPL e non ho chiesto alcun parere ai miei dipendenti.
Domanda:
sono in regola?
se no come posso fare per esserlo a questo punto?
Grazie
Scritto il 27-1-2012 alle ore 19:55
No Andrea, purtroppo non è in regola. Per installare legittimamente l’impianto lei doveva chiedere l’autorizzazione della DPL e dare una dettagliata informativa ai dipendenti, oltre a rispettare le regole previste dal provv. gen. del 2010 del Garante Privacy.
Adesso dovrebbe disinstallarlo (sic!) e chiedere l’autorizzazione e poi reinstallarlo solo dopo il sopralluogo dell’Ispettorato del Lavoro e il rilascio dell’autorizzazione (che deve avvenire entro 60 gg.).
L’art. 171 del Codice della privacy dispone che la violazione dell’art. 114 (inosservanza della procedura prevista dal comma 2 dell’art. 4 della L. n. 300/70) è un reato penale punito con le sanzioni previste dall’art. 38 della L. n. 300/70.
Scritto il 30-1-2012 alle ore 13:51
Buongiorno,
un’azienda mia cliene (nel caso: una pasticceria)ha necessità di installare delle telecamere esterne ed interne. Una di queste però verrà installata sulla cassa dove il dipendente verrà ripreso di spalle.
Di fatto, comunque, il bancone verrebbe inquadrato sempre anche da davanti- riprendendo di conseguenza le persone al lavoro -dalle altre telecamere installate.
Premesso che la neceeasità di installare le telecamere è dovutà essenzialmente da ragioni di sicurezza ed incolumità personale, occorre SEMPRE e COMUNQUE fare una richiesta al DPL?
La ringrazio per l’attenzione prestata.
Saluti.
Scritto il 3-2-2012 alle ore 02:47
Buongiorno, lavoro per un’azienda di manutenzione caldaie, hanno intenzione di installere sul loro automezzo con cui io lavoro un rilevatore satellitare, e di farci firmare il consenso.Visto che a fine giornata portiamo a casa il mezzo possono detrarre le ore non lavorate dalla busta paga o conteggiarle come permessi, e’ una prova valida?
Scritto il 5-2-2012 alle ore 15:00
Volevo porle un caso
Una ditta, le cui telecamere sono posizionate sul piazzale ove sono poste attrezzature di valore, soggette a furti, antistante la fabbrica e, quindi, che non inquadrano gli operai al lavoro all’interno della fabbrica stessa, chiede ad un Istituto di Polizia Privata, tramite software remoto, di visionare, per mezzo di un loro operatore presente nella sala operativa dell’Istituto stesso, le telecamere 24h su 24h.
Se non erro, la legge fa riferimento che la visione da remoto da parte di terzi (in questo caso la Polizia Privata), non sia possibile in modo continuativo, ma solo quando sia presente un allarme in corso (esempio di un antifurto). Ma il proprietario della ditta, puo’ con una liberatoria, autorizzare la Polizia Privata a visionare 24h su 24h le sue telecamere? Premettendo che sarebbero adottate le varie misure previste, come esposizione di cartelli indicanti le telecamere etc. etc., quale legge sulla privacy o tutela dei lavoratori puo’ essere violata, considerando che i lavoratori non verrebbero ripresi in modo continuato, ma solo occasionalmete se si trovassero a passare nelle vicinanze del piazzale soggetto a videosorveglianza? Grazie.
Scritto il 5-2-2012 alle ore 19:53
La videosorveglianza, ovvero il controllo ambientale effettuato mediante apparecchi audiovisivi che rilevano in modo continuativo immagini, relative a persone, rappresenta un’attività identificabile come trattamento di dati personali ed in quanto tale è soggetta alle disposizioni contenute nel Codice della privacy.
La videosorveglianza classica ormai si è evoluta in televideosorveglianza, che permette di gestire a distanza l’impianto di videosorveglianza del presidio o della struttura da tutelare. I nuovi sistemi prevedono la ricezione e la registrazione continua nella centrale operativa delle immagini; il controllo immediato in caso di allarme per verificare e confermare la reale causa dell’allarme (intrusione, eventi accidentali, ecc); l’intervento in loco dell’impresa di vigilanza privata o il contatto immediato con le forze dell’ordine, il pronto intervento o le figure predisposte per risolvere il problema.
Per i sistemi che collegano telecamere tra soggetti diversi, sia pubblici che privati, o che consentono la fornitura di servizi di videosorveglianza “in remoto” da parte di società specializzate (es. società di vigilanza, Internet providers, fornitori di servizi video specialistici, ecc.) mediante collegamento telematico ad un unico centro (cd. “sistemi integrati”), sono obbligatorie specifiche misure di sicurezza (ad es. contro gli accessi abusivi alle immagini) indicate nel paragrafo 4.6 del provv. gen. 8 aprile 2010 del Garante per la privacy. Per alcuni sistemi integrati è anche necessaria la verifica preliminare del Garante.
In ogni caso, la televideosorveglianza con la visione delle immagini in tempo reale da remoto è ammissibile a patto che siano osservate le prescrizioni di carattere generale contenute nel provvedimento sulla videosorveglianza dell’8 aprile 2010 del Garante per la privacy. Pertanto, l’installazione di telecamere è lecita solo se è proporzionata agli scopi che si intendono perseguire; il trattamento dei dati deve essere pertinente e non eccedente, rispetto alle finalità perseguite (ciò si concretizza, ad es. nella scelta delle modalità di ripresa e dislocazione delle telecamere: fisse o brandeggiabili, dotate o meno di zoom, ecc.); gli impianti di videosorveglianza devono essere attivati solo quando altre misure siano insufficienti o inattuabili; l’eventuale conservazione delle immagini registrate deve essere limitata nel tempo (di norma 24 ore); i cittadini devono sapere sempre e comunque se un’area è sottoposta a videosorveglianza(cartelli di avviso).
Inoltre, la società di vigilanza privata deve essere nominata “responsabile del trattamento” ai sensi dell’art. 29 del Codice della privacy da parte di ogni singolo titolare e deve assumere un ruolo di coordinamento e gestione dell’attività di videosorveglianza senza consentire, tuttavia, forme di correlazione delle immagini raccolte per conto di ciascun titolare.
Per quanto riguarda la possibilità che le telecamere riprendano anche i lavoratori, va ricordato che la giurisprudenza costante e anche l’Autorità Garante della privacy (vedi per tutte la decisione del 26 febbraio 2009) hanno stabilito che non è lecito installare telecamere che possano controllare i lavoratori, anche in aree e locali dove si trovino saltuariamente (ad es. le aree di carico e scarico merci). Pertanto, siccome la finalità non è quella di controllare l’attività lavorativa dei dipendenti ma è quella di tutelare il patrimonio aziendale, è necessario che il datore di lavoro prima di installare le telecamere raggiunga un accordo con la sua rappresentanza sindacale aziendale o (in caso di mancato accordo o di mancanza della RSA), che ottenga la preventiva autorizzazione della Direzione Provinciale del Lavoro, alla quale deve presentare apposita istanza (art. 4, comma 2 legge n. 300/70).
Scritto il 6-2-2012 alle ore 21:28
Salve, pongo un quesito forse strano ma di indubbio interesse. Può un dipendente richiedere i filmati della videosorveglianza per scagionarsi da un mancato timbramento, un furto o altro? Quanti giorni passano prima che i filmati vengono cancellati?
Grazie
Scritto il 7-2-2012 alle ore 10:40
Mauro le registrazioni dele telecamere di videosorveglianza sono di “proprietà” del titolare del trattmento dei dati (cioè de datore di lavoro), il quale deve indicare i soggetti autorizzati ad acedere alle immagini, nominandoli incaricati o responsabili del loro trattamento.
Un qualunque dipendente non può avere accesso a tali dati.
La conservazione delle immagini di regola non deve superare le 24 ore (i casi eccezzionali la settimana).
Solo l’autorità giudiziaria o la polizia giudiziaria in relazione ad un’attività investigativa in corso possono chiedere espressamente al titolare del trattamento di custodire o consegnare una copia delle registrazioni.
Scritto il 7-2-2012 alle ore 18:03
Sono una dipendente di una Forza di Polizia, purtroppo, l’Istituzione per cui lavoro che dovrebbe rispettare le regole e farle rispettare e la prima a non osservarle. Mi spiego meglio. Il responsabile, i miei superiori e i miei colleghi di lavoro, non rispettano gli orari di servizio, ed inoltre, accampano diritti di lavoro straordinario senza effettuarlo. Purtroppo sono la sola “pecora nera” che non accetta questo sistema. Non essermi adeguata a tale deplorevole andazzo mi ha portato a comportamenti ostili, nei miei confronti, da parte di tutti. I superiori per tutelarsi da eventuali denuce hanno manomesso l’impianto di video sorveglianza esterno,per impedire la registrazione del loro comportamento. Vorrei sapere, se per eventualmente acquisire delle fonti di prova su tali condotte, se fosse possibile che io registri dalla mia autovettura parcheggiata di fronte l’ingresso i comportamenti di questi signori. Dopo aver acquisito tali immagini e relazionato i singoli episodi con apposite annotazioni di poliizia giudiziaria, io possa utilizzare tali immagini per sporgere denucia all’Autorità Giudiziaria (Associazione a deliquere finalizzata al peculato). Prima di procedere a tale iniziativa, e non trovarmi io a violare le normative vigenti. Le chiedo se posso procedere alle registrazioni.
Scritto il 8-2-2012 alle ore 00:12
buonasera,volevo un informazione a maggio 2011 sono andata via dal mio posto di lavoro.il mio capo dice di aver visto dalle telecamere movimenti sospetti con i soldi non mi ha licenziata nè denunciata mi ha chiesto di dargli le mie dimissioni dicendomi che ci saremmo poi sistemati oggi ancora non ho ricevuto niente della mia liquidazione e sembra che lui non sia intenzionato a darmela.come devo comportarmi? cosa rischio se mi muovo con un avvocato?volevo aggiungere che non ho mai firmato una liberatoria per essere registrata da una telecamera.
Scritto il 8-2-2012 alle ore 14:31
Buon giorno, volevo, per piacere, una informazione sulla privacy, lavoro a un bar e il mio titolare ha fatto installare 4 telecamere pero, ha fatto un sistema in qui ci guarda dal suo cellulare tutto il tempo a tempo reale, a noi non ci hanno fatto firmare nessun documento con il nostro consentimento di essere guardati le otto ore di lavoro, mi sento male x il fatto di essere osservata tutto il tempo. Dentro al bar, in una sala a parte ci sono delle macchine x giocare e secondo il mio titolare le telecamere sono state messe x controllare i giocatori ed eventuali intento d rubo pero il fatto è che due delle telecamere appuntano verso le macchinette e due verso il banco dove lavoriamo noi, li ripeto, il mio disaggio è il fatto di sapere che mi stano guardando in tempo reale tutto il tempo, per favore, mi puoi dire se questo è legale?? li ringrazio, saluti. irdenia
Scritto il 8-2-2012 alle ore 18:21
@Francesca (post n. 288)
La questione che lei mi pone è estremamente delicata ed esula dalle mie competenze.
Qualche indicazione di carattere generale la tova nel mio post. n. 70 qui: http://marcellopolacchini.postilla.it/2011/04/13/videosorveglianza-bisogna-fare-bene-attenzione-prima-di-attivarla/
…ma le consiglierei in ogni caso di rivolgersi ad un avvocato.
Personalmente, nutro forti perplessità riguardo la legittimità di ciò che lei vorebbe fare.
Scritto il 8-2-2012 alle ore 18:26
@Alessia (post. n. 289)
Il suo datore di lavoro non può conservare le registrazioni delle videoriprese oltre 24 ore.
Per attivare un impianto di videosorveglianza in un ambiente di lavoro non basta una liberatoria sottoscritta da ogni singolo dipendente. ma bisogna rispettare la procedura prevista dal comma 2 dell’art. 4 dello Statuto dei lavoratori descritta nel mio post iniziale.
Non le resta che rivolgersi ad un avvocato per ottenere la sua liquidazione.
Scritto il 8-2-2012 alle ore 18:31
@Irdenia (post n. 290)
Il comportamento del suo datore di lavoro è assolutamente irregolare, anzi è un reato penale.
Le telecamere di sorveglianza non possono riprendere continuativamente i dipendenti che lavorano al bancone del bar.
Per installare un impianto di videosorveglianza in un ambiente di lavoro bisogna rispettare la procedura prevista dal comma 2 dell’art. 4 della Legge n. 300/1970 – Statuto dei lavoratori (quella descritta nel mio post iniziale).
Può denunciare il suo datore di lavoro all’Ispettorato del Lavoro, presso la Direzione Provinciale del Lavoro.
Scritto il 10-2-2012 alle ore 11:33
Buongiorno, le faccio innanzitutto i complimenti per le consulenze fornite che ho letto. Ho un quesito da porle: dicitando nome e cognome di mio marito su una pagina di ricerca internet, tra i risultati, figura una pagina del sito dell’Università in cui ha studiato, in cui risultano nome, cognome, data di nascita e professione svolta, oltre che numero degli esami e materie convalidate, per via della professione svolta. Lui non ha mai autorizzato l’Università a pubblicare tali dati. Cosa si potrebbe fare per interdire la pubblicazione di questi dati? Esiste questa possibilità?
Scritto il 10-2-2012 alle ore 16:57
Questo trhread relativo all VIDEOSORVEGLIANZA NEI LUOGHI DI LAVORO è diventato lo sportello di consulenza gratuita su… “TUTTO CIO’ CHE RIGUARDA LA PRIVACY”…! Ma tant’è… finchè mi va di rispondere…
Allora Alessandra, la questione che lei pone è semplicissima. Suo marito può esercitare tutti i diritti che la legge gli riconosce (compreso quello di cancelazione dei dati che lo riguardano) semplicemente rivolgendosi al titolare del trattamento (l’Università).
Per sapere esattamente quali sono i diritti dell’interessato e la procedura (semplicissima) da seguire legga attentamente gli articoli 7, 8, 9 e 10 del D.Lgs. 196/03 Codice della privacy.
Se entro 15 giorni dalla sua richiesta all’Università suo marito non dovesse ottenere soddisfazione, potrà rivolgersi direttamente al Garante per la privacy presentando ricorso (gratuito) seguendo le modalità previste dagli artt. 145, 146 e 147 del Codice.
Scritto il 10-2-2012 alle ore 22:25
io oggi ho ricevunto una lettera dal mio datore di lavoro dove mi contesta tutte le pause fatte in un turno di 7 ore. lavoro nel settore commercio(casalighi) usiamo il carello elevatore abbimo l ordine a video dobbiamo continuamente scendere dal carrello sia per prelevare sia mer sistemare il bancale stesso.le pause non sono intese come pause caffè o sigaretta ma per esigenze tecniche. solo una pausa caffè in 7 ore.siamo monitorate in base al video.le chiedo sono autorizzati a fare ciò…siamo in 200 e il sindacto non cè
Scritto il 11-2-2012 alle ore 17:37
Buonasera,lavoro in un negozio di abbigliamento da pochi mesi ,il titolare circa 2 mesi fa senza comunicazione né scritta né VERBALE ha installato 4 telecamere di cui una posizionata sulla cassa.Abbiamo scoperto da un paio di giorni perchè MULTATO,che non erano in regola…la domanda è la seguente:considerando che si collegava spesso durante il giorno e quindi in orario lavorativo con il telefonino per controllarci e probabilmente anche con il pc,le chiedo se ai termini di legge posso intentare una rivalsa per violazione dei diritti lavorativi e della privacy della persona ;inoltre le chiedo se esiste la possibilità di sapere se registrava e ascoltava le conversazioni.la ringrazio anticipatamente per l’attenzione.
Scritto il 11-2-2012 alle ore 17:50
No Nadia! Il comportamento del suo datore di lavoro è assolutamente VIETATO dalla legge (art. 4, legge 20 maggio 1970, n. 300).
L’utilizzo di sistemi di videosorveglianza finalizzati al controllo a distanza dei lavoratori integra la fattispecie di reato prevista dall’art. 171 del Codice della privacy, che dispone che la violazione dell’art. 114 (divieto del controlo a distanza) è punita con le sanzioni di cui all’art. 38 della legge n. 300/70.
L’art. 38 citato prevede la pena dell’ammenda da euro 154,94 a euro 1.549,40 o dell’arresto da 15 giorni ad un anno, ma nei casi più gravi le pene dell’arresto e dell’ammenda sono applicate congiuntamente; inoltre, quando per le condizioni economiche del datore di lavoro l’ammenda può presumersi inefficace anche se applicata nel massimo, il giudice ha facoltà di aumentarla fino al quintuplo.
Se non vuole rivolgersi al sindacato, si rivolga direttamente all’Ispettorato del Lavoro.
Scritto il 11-2-2012 alle ore 17:56
Sonia, come ho appena scritto a Nadia, anche il comportamento del suo datore di lavoro è assolutamente VIETATO dalla legge (art. 4, legge 20 maggio 1970, n. 300) ed è un reato penale.
Se non vuole rivolgersi al sindacato per far valere i suoi diritti, si rivolga direttamente all’Ispettorato del Lavoro.
Inoltre, lei può esercitare TUTTI i diritti previsti dall’art. 7 del Codice della privacy, rivolgendosi in qualunque momento direttamente al suo datore di lavoro.
Scritto il 12-2-2012 alle ore 13:37
Buongiorno Dott. Polacchini, volevo porle un quesito su una sgradevole situazione che mi è accaduta:
Sono un dipendente pubblico e lavoro in una Caserma dell’Esercito, all’ingresso di tale Caserma sono istallate delle telecamere per la video sorveglianza tra cui una all’interno ed una all’esterno, un giorno ho prestato la mia auto a mio figlio e mi sono recato a lavoro chiedendo un passaggio ad un collega, premetto abbiamo un sistema di rilevazione presenza automatico e da tale sistema si evince che quel giorno ho timbrato in perfetto orario, ebbene quel giorno stesso, mio figlio alle ore 08,45 mi riporta la macchina in Caserma.
Dopo circa un mese, mi arriva in busta chiusa una lettera abbastanza intimidatoria che mi obbligava a presentarmi dal dirigente (un ufficiale dell’esercito) per giustificare quella giornata.
A quel punto mi presentai da tale dirigente e costui mi contestò l’orario di timbratura che non era coerente con l’ingresso della mia macchina in Caserma e mi fece vedere anche il filmato collegandosi via intranet al sistema, io spiegai cosa era accaduto ma lui non mi volle credere adesso pretende che io recuperi 45 minuti di lavoro e in più vuole applicare una sanzione disciplinare.
Mi sono rivolto all’RSU e mi hanno detto che lui non può fare questo la video sorveglianza serve soltanto per la sicurezza della Caserma, inoltre non c’è mai stata una concertazione con i Sindacati e ne una autorizzazione dell’Ispettorato, la RSU mi invita a intraprendere un azione legale nei confronti di tale dirigente.
Volevo chiederle, hanno ragione i Sindacati? È legale il comportamento di questo dirigente?
La ringrazio per la cortese attenzione e porgo cordiali saluti.
Scritto il 12-2-2012 alle ore 17:15
Francesco il suo sindacato ha sostanzialmente ragione. Un impianto di videosorveglianza (installato per legittime finalità di sicurezza) non può essere utilizzato dal datore di lavoro per controllare il rispetto dell’orario di lavoro da parte dei dipendenti. Così facendo si effettuerebbe un controllo a distanza dei lavoratori, controllo che è espressamente vietato dall’art. 4 dello Statuto dei lavoratori e che integra la fattispecie di un reato penale.
Il Garante per la privacy, ricordando quanto a suo tempo stabilito dalla Corte di Cassazione, ha persino precisato che è vietato installare telecamere che possano controllare i lavoratori, anche in aree e locali dove si trovino saltuariamente o nelle quali possano transitare.
L’uso delle telecamere sui luoghi di lavoro deve rispettare in maniera rigorosa gli obblighi previsti dallo Statuto dei lavoratori, richiamati anche dal Codice della privacy.
Scritto il 14-2-2012 alle ore 09:53
Ho bisogno di aiuto! Ho fatto una cavolata lo ammetto 8 mesi fa ho rubato dalla cassa del bar dove lavoravo la somma di 50euro ero in un periodo del cavolo e non mi sto giustificando assolutamente anzi me ne vergogno. il capo ha visto le riprese delle telecamere non mi ha denunciata e nemmeno licenziata mi ha fatto firmare le dimissioni. La liquidazione non vuole darmela e’ giusto? Puo’ ancora denunciarmi dopo 8 mesi? Cosa devo fare? Iutatemi vi prego!
Scritto il 14-2-2012 alle ore 15:57
@Barbara: legga i post n. 289 e 292.
Scritto il 14-2-2012 alle ore 20:37
Mi sento in dovere di ringraziarla e di manifestare la mia ammirazione per l’impegno e la professionalità con cui volontariamente aiuta spesso i lavoratori.
Grazie ai suoi consigli nell’Ente in cui lavoro abbiamo raggiunto un accordo all’avanguardia, per le garanzie di tutela al personale.
Scritto il 15-2-2012 alle ore 13:44
@Fabio mi fa piacere di esserle sato utile!
Mi farebbe piacere avere una copia del vostro accordo sindacale.
Un cordiale saluto.
M. Polacchini
Scritto il 15-2-2012 alle ore 18:04
Lo invio volentieri. Però nell’accordo originale in formato PDF (non modificabile) vi è il nome dell’Ente e i nominativi dei firmatari l’accordo. L’ho ricopiato in formato Word eliminando i riferimenti a nominativi e all’Ente. Preferirei inviarlo in via riservata perchè non vorrei che vi fossero dei limiti per la pubblicazione o la privacy. Mi comunichi alla mia e-mail dove lo posso inviare.
Cordiali saluti Fabio
Scritto il 16-2-2012 alle ore 18:02
Gentilissimo Dr.Polacchini, sarei gratificato nel ricevere la sua approvazione nel modo di concepire la videosorveglianza che ho immaginato e messo a punto. Attraverso un dispositivo informatico agisco sulle registrazioni di VDS in questi termini:
1) In presenza di lavoratori inquadrati le immagini non possono essere consultate in “diretta” ma solo contestualmente alla ripresa registrate e conservate in una modalità tale (criptazione) da far si che solo le Forze dell’Ordine e solo in caso di indagine potranno accedervi. Questa facoltà, non essendo nelle disponibilità di alcun altro, non permette un utilizzo deviato delle riprese quale ad esempio quello di un controllo a distanza.
2) In caso di VDS generica es, Bancomat, Controllo ingressi o perimetrale, Sicurezza stradale ecc. le registrazioni saranno conservate visibili per il tempo oggi concesso (24-48h. max 7gg. secondo i casi) allo scadere di questo saranno automaticamente criptate secondo le modalità sopra descritte e conservate 6 mesi mentre l’originale leggibile viene cancellato. Questo con un evidente impatto positivo sulla sicurezza pubblica.
Questa soluzione ha ricevuto il plauso delle Segreterie territoriali di Monza e Brianza di CGIL CISL e UIL le quali hanno ritenuto non solo accettabile ma auspicabile l’adozione della soluzione. Abbiamo poi ricevuto l’approvazione da parte dell’Ispettorato del Lavoro di Milano (DPL). Mi sarà di conforto avere anche il suo assenso, a disposizione per un confronto telefonico per il momento la ringrazio.
Vincenzo Corradi cell. 3396396369
Scritto il 16-2-2012 alle ore 18:21
Sig. Corradi a mio avviso le modalità tecniche con le quali viene attuata la videosorveglianza da lei descritta rispondono pienamente alla normativa sulla tutela della privacy e a quella sul divieto di controlo a distanza dell’attività lavorativa.
Si ricordi comunque che nel caso di installazione del suo sia pur sofisticato impianto di videosorveglianza con criptazione delle iagini in un ambiente di lavoro è in ogni caso necessario osservare la procedura prevista dal secondo comma dell’art. 4 dello statuto dei lavoratori. Pertanto è necessario stipulare un accordo sindacale (nel quale vanno illustrate dettagliatamente le modalità di funzionamento dell’impianto e al quale va allegata una planimetria che riporta la dislocazione e l’angolo di ripresa delle singole telecamere) oppure, in mancanza di RSA o di accordo sindacale, occorre chiedere la preventiva autorizzazione della competente DPL.
Scritto il 16-2-2012 alle ore 19:00
SALVE DOTT.POLACCHINI…LAVORO IN UNA CLINICA RSA PER ANZIANI DA PIU DI 4 ANNI DOVE DA PIU DI TRE ANNI E STATA POSTA SOTTO SEQUESTRO E ADESSO CONFISCATA QUINDI GESTITA DA UN DIRETTORE AMMINISTRATIVO E UN DIRETTORE SANITARIO NOMINATI DAL TRIBUNALE…IN STRUTTURA AVEVAMO DELLE TELECAMERE NEI CORRIDOI DOVE VENIVANO TRASMESSE LE RIPRESE SENZA ESSERE REGISTRATE NEI MONITOR DELL INFERMERIA E DELLA RECEPTION IN MODO DA CONTROLLARE TUTTO IL REPARTO IN CASO DI ANOMALIE..UN MESE FA QUESTE TELECAMERE CHE NEMMENO TUTTE FUNZIONAVANO SONO STATE TOLTE INSIEME AI MONITOR E SONO STATE APPLICATE NUOVI OCCHI ELETTRONICI DI ULTIMA GENERAZIONE QUINDI AUDIOVISIVI E APPLICATI NEGLI STESSI PUNTI,ANZI HANNO AGGIUNTO QUALCHE ALTRO PUNTO,DOVE A NOI DIPENDENTI NON SERVONO PERCHE LE IMMAGINI NN LI VEDIAMO IN NESSUN POSTO E NEMMENO CI HANNO INFORMATO DI TUTTO CIO MA SERVONO AI DIRETTORI PER CONTROLLARE DA CASA O DAL LORO UFFICIO TUTTO QUELLO CHE VOGLIONO..RICORDO CHE NESSUNO DEI DIPENDENTI E ISCRITTO A UN SINDACATO E SE TUTTO QUESTO POSSONO FARLO..SEMPLICE CURIOSITA MIA E DEI MIEI COLLEGHI…IN ATTESA DI RISPOSTA LE PORGO ANTICIPATAMENTE I MIEI RINGRAZIAMENTI…
Scritto il 16-2-2012 alle ore 19:22
Domenico è evidente che un impianto di videosorveglianza in un ambiente di lavoro installato in questo modo (senza le garanzie previste dal comma 2 dell’art. 4 della legge 300/70) non è legittimo e costituisce un illecito penale.
Scritto il 17-2-2012 alle ore 16:33
Buonasera Dott.Polacchi sono barbarba post n.302 ho inviato una lettera dell’avvocato al mio ex datore di lavoro che ha accettato di vedermi minacciandomi che le immagini le ha ancora registrate e che mi fara’ passare le pene dell inferno. Non e’ intenzionato a liquidarmi. Io ora cosa rischio dopo 8mesi?
Scritto il 17-2-2012 alle ore 18:53
Dott.Polacchi,sono un addetto alla sorveglianza di una grossa azienda di spedizioni,ultimamente hanno installato due telecamere nelle ns postazioni di lavoro che riprendono e registrano tutto il ns operato,senza possibilita di privacy se non quella di nasconderci nel bagno,non siamo stati consultati(siamo una azienda di sicurezza esterna)ed come scusante additano ad un nostro fantomatico collega che si sparò in control tower(la postazione con i monitor per il controllo)indi per cui lo fanno per la nostra sicurezza…. mah….E una cosa regolare?
Scritto il 17-2-2012 alle ore 19:01
No Giancarlo. Il fatto che non sia sato raggiunto un accordo con la vostra RSA non è regolare, a meno che il vostro datore di lavoro non abbia ottenuto l’autorizzazione della DPL prima di installare l’impianto di videosorveglianza.
Nei post precedenti troverà molte risposte alla sua domanda.
Scritto il 17-2-2012 alle ore 19:30
Buonasera Dott.Polacchini ho un attività dove sono state installate telecamere di sorveglianza che entrano in funzione di registrazione solo dopo l’orario di chiusura
non esistono monitor o personale che visualizza direttamente le immagini ma il sistema in realtà è acceso 24 ore, i dipendenti sono informati e hanno deciso di firmare una liberatoria anche se come ripeto le telecamere non registrano durante il loro orario lavorativo la mia domanda è la seguente:
– dovevo comunque avere l’autorizzazione all’installazione dell’impianto da parte degli organi competenti
-e se volessi permettere a una telecamera in particolare quella che controlla la cassa di rimanere in registrazione tutto il giorno commetterei delle violazioni logicamente riprenderebbero anche il dipendente addetto alla cassa
-ultima cosa le telecamere che controllano l’esterno sono state puntate per non riprendere più di un metro e mezzo dal mio perimetro sono a norma?
Scritto il 17-2-2012 alle ore 19:49
Buonasera Daniela.
Le rispondo telegraficamente.
a) se manca la RSA non basta una liberatoria firmata da tutto il personale. Occorre l’autorizzazione PREVENTIVA della DPL.
b) NON PUO’ riprendere l’attività lavorativa del dipendente addetto alla cassa, tantomeno continuativamente.
c) le telecamere devono riprendere SOLO lo spazio antistante il suo negozio. Se riprendono la pubblica via potrebbe violare la privacy dei passanti. E’ comunque necessario affiggere i cartelli di AVVISO vicino alle telecamere.
Nei post precedenti trova molte altre risposte già date a casi analoghi al suo.
Scritto il 17-2-2012 alle ore 19:58
Dott polacchi buonasera sono barbara post 302 ho inviato una lettara al mio ex capo chiedendo mensilita’ e liquidazione dopo 8 mesi dal cessato lavoro. Mi ha proposto un incontro. Dopo diverse minacce mi ha subito ricordato che lui ha ancora le registrazioni della telecamera che confermano il mio furto. So di aver sbagliato ma ora io dopo 8 mesi cosa rischio? Ripeto lui non mi ha licenziata e nemmeno denunciata mi ha chiesto le dimissioni. Le chiedo aiuto. Ho paura del mio errore
Scritto il 17-2-2012 alle ore 20:48
Buonasera Barbara.
Mi sembrava di averle già risposto. Il suo caso è analogo a quello di Alessia (post 289).
In ogni caso il suo ex datore di lavoro non poteva conservare le immagini videoregistrate che la riprendevano per più di 24 ore. Comunque se volesse produrre tali registrazioni in un giudizio penale sarebbero da considerare una “prova illegittima” e come tale non ammissibile dal giudice.
Inoltre, il suo ex datore di lavoro avrebbe dovuto denunciarla tempestivamente per il furto. Non lo può fare dopo 8 mesi di inerzia durante i quali ha dimostrato di non avere alcun interesse ad agire nei suoi confronti. E’ evidente che questa è una ritorsione alla sua legittima richiesta di ottenere la sua liquidazione.
Per ottenere la sua liquidazione ormai ha soltanto la via legale. E alle minacce dell’ex datore di lavoro… risponda con la minaccia di denunciarlo all’Ispettorato del lavoro per la videosorveglianza dei lavoratori non autorizzata (reato penale).
Scritto il 17-2-2012 alle ore 23:21
Buonasera Dott.Polacchini,
mio fratello ha un negozio situato in un centro commerciale.Da 1 mese ha istallato 2 telecamere che riprendono a distanza durante le 13 ore di apertura.La prima è posizionata sulla cassa e la seconda in fondo al negozio.Volevo specificare che la prima oltre a riprendere la cassa riprende un po tutto visto che girano e in piu riprende l’esterno vetrina ,cioè la galleria del centro commerciale compresi alcuni negozi.Volevo anche specificare che può essere sempre collegato con PC o cellulare.
Ora ho capito che tutto questo non è regolare ma oltre ad aver fatto firmare l’approvazione alle commesse (ovviamente d’accordo)il cartello che avvisa delle telecamere,cosa bisogna fare per evitare sanzioni ?
Scritto il 18-2-2012 alle ore 01:46
Salve dott.POlacchini…sono domenico e volevo ringraziarla per la risposta che mi ha dato e per il tempo che mi ha dedicato..se era possibile volevo formularle un altra sempre sullo stesso quesito che vi ho spiegato giorno 16 02…le telecamere che abbiamo nei corridoi del reparto della clinica devono essere segnalate da qualche cartello dove dice area videosorvegliata o altro?in reparto questi cartelli nn ci sono quindi nemmeno i parenti dei pazienti che negli orari visita vengono a trovare i loro cari sanno di essere registrati da telecamere..ripeto,le telecamere sono applicati nei corridoi cioe 3 corridoi e sei telecamere ben in vista dove qualcuna credo che riesce a inquadrare pure qualche camera dei pazienti fino ai letti..mentre all entrata cioe alla reception dove da un mese timbriamo il bag ci sono le telecamere ma c e un cartello che dice area videosorvegliata..secondo lei noi dipendenti possiamo appellarci a tutto questo?grazie tante dottore…
Scritto il 18-2-2012 alle ore 10:56
Domenico, per quanto riguarda i cartelli di avviso il provv. gen. 8/4/2010 del Garante privacy al punto 3.1. (Informativa) detta precise disposizioni, stabilendo che “Gli interessati devono essere sempre informati che stanno per accedere in una zona videosorvegliata”. A tal fine, si può utilizzare il modello semplificato di informativa “minima”, indicante il titolare del trattamento e la finalità perseguita, predisposto dal Garante stesso.
In presenza di più telecamere devono essere installati più cartelli.
Il Garante ha stabilito che cartello con l’informativa: deve essere collocato prima del raggio di azione della telecamera (anche nelle sue immediate vicinanze e non necessariamente a contatto con gli impianti); deve avere un formato e una posizione tale da essere chiaramente visibile in ogni condizione di illuminazione ambientale, anche quando il sistema di videosorveglianza sia eventualmente attivo in orario notturno;può inglobare un simbolo o una stilizzazione di esplicita e immediata comprensione, eventualmente diversificati al fine di informare se le immagini sono solo visionate o anche registrate.
Il Garante auspica che l’informativa data in forma semplificata con il cartello rinvii a un testo di informativa completo, contenente tutti gli elementi previsti dall’art. 13 del Codice, che sia disponibile agevolmente per gli interessati (anche tramite reti Intranet o siti Internet, affissioni in bacheche o locali, avvisi e cartelli agli sportelli per gli utenti, messaggi preregistrati disponibili digitando un numero telefonico gratuito, ecc.).
In ogni caso il titolare del trattamento, anche tramite di un incaricato, se gli viene richiesto dall’interessato è tenuto a fornirgli anche oralmente un’informativa adeguata.
Per quanto riguarda gli ospedali e luoghi di cura in generale, il punto 4.2 del citato provv. del Garante stabilisce che “L’eventuale controllo di ambienti sanitari e il monitoraggio di pazienti ricoverati in particolari reparti o ambienti, stante la natura sensibile di molti dati che possono essere in tal modo raccolti, devono essere limitati ai casi di comprovata indispensabilità, derivante da specifiche esigenze di cura e tutela della salute degli interessati”. Quindi le telecamere che dal corridoio puntano sui letti dei pazienti non mi sembrano regolari.
Il titolare del trattamento (cioè la clinica) deve garantire che possano accedere alle immagini rilevate dalle telecamere per le predette finalità solo i soggetti specificamente autorizzati (ad es. medici e infermieri). Le immagini idonee a rivelare lo stato di salute dei pazienti non devono essere mai diffuse (art. 22, comma 8, del Codice), perciò si deve assolutamente evitare che le immagini di persone malate appaiano su monitor collocati in locali liberamente accessibili al pubblico.
Il mancato rispetto di quanto sopra prescritto comporta l’applicazione della sanzione amministrativa stabilita dall’art. 162, comma 2-ter, del Codice; mentre la diffusione di immagini in violazione dell’art. 22, comma 8, del Codice, oltre a comportare l’applicazione della sanzione amministrativa prevista dall’art. 162, comma 2-bis, integra la fattispecie di reato penale stabilita dall’art. 167, comma 2.
Scritto il 18-2-2012 alle ore 11:20
Buongiorno Martina. Come ho già scritto diverse volte, l’accordo con le singole dipendenti non è sufficiente per installare legittimamente un impianto di videosorveglianza in un ambiente di lavoro. Se manca la rappresentanza sindacale aziendale (come nel caso del negozio di suo fratello) bisogna chiedere l’autorizzazione alla Direzione Provinciale del Lavoro PRIMA di installare l’impianto; altrimenti si commette un reato penale. Una telecamera che riprende la commessa addetta alla cassa di fatto (anche se non è la sua finalità) compie un “controllo sull’attività lavorativa” che è vietato dalla legge (art. 4. L. n. 300/70), perciò la questione è delicata.
Invece, per quanto riguarda la telecamera che riprende l’esterno del negozio, bisogna fare riferimento a quanto indicato dal punto 6.2.2.1. del provv. gen. 8/4/2010 del Garante che dispone che la videosorveglianza (con o senza registrazione delle immagini) è ammessa solo in presenza di concrete situazioni che giustificano l’installazione, a protezione delle persone, della proprietà o del patrimonio aziendale. Inoltre il Garante ha stabilito che “nell’uso delle apparecchiature volte a riprendere, con o senza registrazione delle immagini, aree esterne ad edifici e immobili (perimetrali, adibite a parcheggi o a carico/scarico merci, accessi, uscite di emergenza), resta fermo che il trattamento debba essere effettuato con modalità tali da limitare l’angolo visuale all’area effettivamente da proteggere, evitando, per quanto possibile, la ripresa di luoghi circostanti e di particolari che non risultino rilevanti (vie, edifici, esercizi commerciali, istituzioni, ecc.)”. Questo, a mio avviso, vale anche per le riprese all’esterno del negozio, cioè nella galleria del centro commerciale; perciò è necessario “stringere” il campo di azione della telecamera sul solo ingresso del suo negozio.
Scritto il 19-2-2012 alle ore 00:05
LA RINGRAZIO TANTISSIMO PER IL TEMPO CHE MI HA DEDICATO E PER EVERMI INFORMATO IN MANIERA ESAUDIENTE QUANTO GLI E STATO CHIESTO…GRAZIE INFINITE…SE AVRO BISOGNO DI QUALCHE ALTRA DELUCIDAZIONE LA CONTATTERO’CON LA SPERANZA DI AVERE UNA RISPOSTA E DI NON CREARE DISTURBI..GRAZIE..
Scritto il 19-2-2012 alle ore 03:20
Buonasera Dott.Polacchini volevo porle una domanda che penso nessuno le ha posto finora.
La responsabilità della eventuale sanzione di un ipotetico esercente che non ha proceduo alle richieste delle autorizzazioni dovute per l’installazione di un sistema di V.S. è solo di sua responsabilità o può richiedre i danni o rivalersi anche nei confronti della ditta che ha montato il suo sistema di videosorveglianza ?
Grazie del suo contributo
Scritto il 20-2-2012 alle ore 16:19
Salve Carlo.
La responsabilità è sempre del “titolare del trattamento dei dati”, cioè di colui che effettua il trattamento di dati (le immagini) tramite l’impianto di videosorveglinza. Inoltre, l’art. 27 della Costituzione stabilisce che “la responsabilità penale è personale”. Il nostro ordinamento giuridico tutela il principio della personalità della responsabilità penale perciò, la natura strettamente personale del reato, implica che nessuno può essere considerato responsabile per un fatto compiuto da altre persone.
E’ evidente che un installatore d’impianti di videosorveglinza serio e competente avrebbe dovuto preventivamente avvertirla di ciò che era necessario fare, ma purtroppo l’ignoranza della legge non scusa e la responsabilità è e rimane solamente sua.
Scritto il 21-2-2012 alle ore 03:17
Buonasera Dott. Polacchini grazie per la risposta esaustiva ora le chiedevo un’uleriore domanda : se purtroppo ho ricevutola visita del DPL che mi ha sanzionato e al tempo stesso mi ha rilasciato il documento che avevo dovuto compilare e inviarlo come richiesto …Mi domando lo so che sono in torto e che l’ignoranza non è ammessa ma l’intento e il fine dell’installazione della V.S,era solo ed esclusivamente di protezione del lavoro , furti, atti vandalici e francamente non è facile conoscere tutte le cose e gli obblighi che si hanno oltre tutto quando si lavora e ci si sacrifica per 12 ore al giorno 6 giorni la settimana !!! non può valere quello che il sig Luigi che credo faccia parte di ispettori DPL QUANDO DICE PRECEDENTEMENTE…. Ritengo che, a mio modo di vedere, nel caso di sopralluogo ispettivo dei funzionari della DPL, indipendentemente se intervengono su richiesta dell’azienda, dei lavoratori (e/o RSA – RSU) o d’iniziativa, e che a seguito di tale accesso ispettivo si dovessero accertare delle violazioni di cui all’art. 4 della Legge 300/70, prima di sanzionare ai sensi dell’art. 38 della stessa L. 300/70, si debba obbligatoriamente e preventivamente emettere la PRESCRIZIONE ai sensi dell’art. 15 del D.Lgs. 127/2004 e degli artt. 19-25 D.Lgs. 758/1994, in quanto è ammessa la regolarizzazione della violazione.
Solo dopo l’ottemperanza alla PRESCRIZIONE (accertata con apposita rivista da parte degli stessi ispettori) verrà notificata la sanzione di 1/4 del Massimo (ossia le € 388,00 ). Pertanto non sarebbe corretto sanzionare direttamente il datore di lavoro senza la relativa Prescrizione (“diffida”).
COSA NE PENSA POSSO CHIEDERE LA COMPRENSIONE PER NON PAGARE UNA MULTA A MIO MODO DI VEDERE INGIUSTA IN QUANTO NON C’ERA ASSOLUTAMENTE NE LA MALAFEDE E NEMMENO LA VOLONTA’ DI CONTROLLARE I DIPENDENTI …MIO FRATELLO MIA MOGLIE , MIA MADRE E UN DIPENDENTE DA ANNI CON NOI…..NON PUò VALERE COME DA QUALSIASI PARTE SI FA …LA PRIMA SI PERDONA LA SECONDA SI BASTONA….VISTO QUELLO CHE SI VEDE IN MATERIA DI GIUSTIZIA CREDO CHE POTREBBE STARCI NON CREDE ? GRAZIE DEL CONSIGLIO
Scritto il 21-2-2012 alle ore 12:28
Sig. Carlo capisco le sue ragioni e la sua perfetta buonafede, ma non le so dire quale sia il criterio in base al quale l’ispettore che compie il sopralluogo in azienda decida se prescrivere la disinstallazione dell’impianto oppure sanzioni direttamente il contravventore. In ogni caso (come ha chiarito a suo tempo l’ispettore Luigi), se l’ispettore l’ha direttamente sanzionata senza prima notificarle la prescrizione, lei poteva fare subito le sue deduzioni e poi, una volta che le è stata notificata la sanzione, può produrre motivato ricorso esponendo tutte le sue ragioni. Non le resta che fare ricorso…
Scritto il 21-2-2012 alle ore 20:12
Buonasera Sig. Carlo e Avv. Marcello.
Visto che sono stato “citato” negli ultimi quesiti, fornisco un’ulteriore chiarimento.
La violazione dell’art. 4, comma 1 e 2 della Legge 300/70, essendo la sanzione anche penale (art. 38, 1° comma, della stessa Legge 300/70….ammenda O arresto) è soggetta sempre alla Prescrizione obbligatora ai sensi dell’art. 15 del D.Lgs. 127/2004 e degli artt. 19-25 D.Lgs. 758/1994. Solo dopo l’ottemperanza alla Prescrizione (disinstallazione dell’impianto di videosorveglianza) il trasgressore è ammesso alla sanziona amministrativa ridotta (1/4 del max)con la notifica di apposito verbale di rivisita.
Possono accadere altre ipotesi:
a) in presenza di violazione più grave: in questo caso l’ispettore trasmette direttamente l’informativa al Pubblico Ministero il quale deciderà il da farsi applicando l’art. 38 …..ammenda E arresto congiuntamente (es: Telecamere nascoste ai dipendenti, uso illecito delle stesse, utilizzo impianti audio, condotte esclusivamente dirette al controllo dei lavoratori, ecc..);
b) ci si può trovare in assenza di violazione ma che la violazione potrebbe essere consumata in futuro (es. telecamere installate negli spogliatoi ma con l’impianto non ancora in uso……..mancanza di monitor e VR). In questo caso l’ispettore emette la DISPOSIZIONE immediata a rimuovere tali telecamere.
BUONA SERATA.
Scritto il 22-2-2012 alle ore 09:39
Grazie Luigi per l’utilissima precisazione!
Mi fa piacere che tu mi segua ancora. Era un pò che non ci si sentiva… Come va?
Scritto il 22-2-2012 alle ore 21:52
Buonasera,
può il guardiano di una azienda visionare le immagini delle telecamere perimetrali su richiesta di un dirigente per vedere chi ha lasciato un biglietto poco lusinghiero sul parabrezza di una macchina? Premetto che il parcheggio non è assicurato e che ci hanno detto che è come parcheggiare per strada in quanto nel caso di danneggiamento l’assicurazione non coprirebbe danni.
La ringrazio anticipatamente
Scritto il 23-2-2012 alle ore 12:59
Sonia innanzitutto bisogna verificare se il dirigente è autorizzato dal titolare a fare tale richiesta al guardiano e poi bisogna distinguere due ipotesi: 1) il guardiano è un dipendente dell’azienda; 2) il guardiano è un dipendente di un’impresa esterna di vigilanza privata alla quale l’azienda ha affidato la sorveglianza.
Nel primo caso affinché il dipendente possa accedere alle immagini videoregistrate deve essere stato formalmente nominato dall’azienda “incaricato” di tale trattamento, ai sensi dell’art. 30 del Codice. In particolare il provv. gen. sulla videosorveglianza del l’aprile 2010 stabilisce che: “Il titolare o il responsabile devono designare per iscritto tutte le persone fisiche, incaricate del trattamento, autorizzate sia ad accedere ai locali dove sono situate le postazioni di controllo, sia ad utilizzare gli impianti e, nei casi in cui sia indispensabile per gli scopi perseguiti, a visionare le immagini . Deve trattarsi di un numero delimitato di soggetti, specie quando il titolare si avvale di collaboratori esterni. Occorre altresì individuare diversi livelli di accesso in corrispondenza delle specifiche mansioni attribuite ad ogni singolo operatore, distinguendo coloro che sono unicamente abilitati a visionare le immagini dai soggetti che possono effettuare, a determinate condizioni, ulteriori operazioni (es. registrare, copiare, cancellare, spostare l’angolo visuale, modificare lo zoom, ecc.)”.
Nel secondo caso, invece, l’azienda dovrà nominare formalmente l’impresa di vigilanza “responsabile esterno del trattamento di VDS” e questa, a sua volta, dovrà provvedere a nominare i propri “incaricati del trattamento” fornendo loro le necessarie istruzioni.
Scritto il 23-2-2012 alle ore 15:27
buon giorno mi sapete dire se si possono far vedere in un associazione sportiva le immagini riprese da telecamere a circuito chiuso effettuate all’interno dell’ASD stessa per permettere una visione delle lezioni di nuoto anche ai genitori che rimangono nella hall
Scritto il 23-2-2012 alle ore 19:58
Guido qui siamo all’interno del thread intitolato “Nuovo provvedimento sulla videosorveglianza: aspetti particolari legati ai rapporti di lavoro”… non capisco che cosa c’entri la sua domanda?! Inoltre le risposte le do solo io… perciò non mi dia del Voi.
Ad ogni modo, la risposta alla sua domanda “fuori tema” è NO. Una simile pratica violerebbe la privacy delle altre persone presenti in piscina che venissero riprese e questo, specialmente se sono dei minori, non è lecito.
L’unico modo legittimo sarebbe filmare il singolo nuotatore e far vedere il filmato solo ai suoi genitori. In ogni caso, questo tipo di riprese non ha nulla a che vedere con la videosorveglianza (la finalità non è la sicurezza di beni o persone).
Scritto il 23-2-2012 alle ore 22:54
buonasera dott.Polacchi sono sempre barbara post 302 e 311.l’incontro con il mio ex datore di lavoro e’avvenuto. voleva farmi firmare una lettera dove dichiaravo il furto in cassa ma io non ho firmato.voleva arrivare a un compromesso e darmi meta’ della mia liquidazione e mettere tutto a tacere ma io non ho accettato.e’andato via dicendomi che ora si rivolgera’ al suo avvocato e mi farà una denuncia. non so cosa fare per favore datemi un consiglio
Scritto il 24-2-2012 alle ore 23:31
Buona sera dott. Polacchi volevo porLe una domanda che riguarda l’installazione di due telecamere che inquadrano la porta d’ingresso del locale di un parrucchiere.
A suo dire le telecamere le ha dovute installare per evitare danneggiamenti o furti nel locale.
Io sono un architetto con studio professionale alla destra del locale del parrucchiere e con la abitazione che ha l’ingresso alla sinistra del locale predetto.
Orbene si verifica che le due telecamere installate dal parruchiere riprendono sia il portone d’ingresso della mia abitazione che l’ingresso del mio studio professionale.
Alcuni mie clienti si sono lamentati poichè venendo in studio si sentono “osservati” ed anche io provo un senso di malessere sia per l’ingresso dell’abitazione che per l’ingresso del mio studio professionale entrambi sotto l’occhio del grandangolo delle telecamere.
Vorrei evitare di avere problemi con il parrucchiere ma non credo che il mio studio privato e l’ingresso della mia abitazione possano essere riprese da un parrucchiere che tra laltro è dotato di un sistema di videosorveglianza che per 30 giorni conserva i filmati all’interno del suo disco rigido( quest’ultima notizia mi è stata fornita dall’installatore del sistema ).
Le invio cordiali saluti confidando in una risposta che possa far comprendere al mio “parrucchiere” che non può invadere la privacy della mia abitazione e dello studio professionale.
Vorrei evitare complicazioni ma se non riesco con le buone sarà un giudice a decidere se può un parrucchiere proteggere l’ingresso del uso locale invadendo pesantemente la mia privacy familiare e professionale.
Scritto il 25-2-2012 alle ore 18:16
Buonasera Vincenzo.
La videosorveglianza compiuto dal suo vicino parrucchiere con le due telecamere puntate sull’ingresso del suo studio professionale e della sua abitazione non è assolutamente lecita, perché costituisce un’evidente violazione della sua privacy, oltre a poter sconfinare nel reato penale di “interferenza illecita nella vita privata” (art. 615-bis c.p.).
Molti privati ormai utilizzano telecamere per la tutela dei propri beni, ma per installare legittimamente un impianto di videosorveglianza, occorre osservare delle precise regole di comportamento, perchè è necessario salvaguardare la libertà domestica e la sua sfera ambientale da possibili intromissioni altrui mediante l’utilizzo di strumenti e apparecchiature di ripresa e registrazione audio-video. Occorre quindi bilanciare l’interesse alla tutela dei propri beni, con l’interesse alla tutela della privacy altrui e i principi fondamentali per quanto riguarda la videosorveglianza sono contenuti nel provv. gen. del Garante dell’8 aprile 2010, dal quale emerge, innanzitutto, che l’installazione di un sistema di videosorveglianza privata è consentita solo rispettando i principi di liceità, necessità e proporzionalità. Il rispetto di questi tre principi va verificato nel caso concreto e nel caso da lei prospettatomi almeno la liceità non è rispettata, mentre non ho elementi per pronunciarmi sulla necessità e la proporzionalità.
Va comunque considerato che il Garante della privacy ha precisato che “l’installazione di questi impianti è ammissibile esclusivamente in relazione all’esigenza di preservare la sicurezza di persone e la tutela di beni da concrete situazioni di pericolo, di regola costituite da illeciti già verificatisi”. E che la valutazione di “proporzionalità” della VDS va fatta “anche nei casi di utilizzazione di sistemi di videosorveglianza che non prevedano la registrazione dei dati, in rapporto ad altre misure già adottate o da adottare (ad es. sistemi comuni di allarme, blindatura o protezione rinforzata di porte e portoni, cancelli automatici, abilitazione degli accessi, eccetera”.
Detto questo, va precisato che un sistema di VDS installato da un privato non è soggetto alle norme del Codice della privacy sei dati (le immagini) non sono comunicati sistematicamente o diffusi; anche in questo caso però è necessario adottare opportune cautele per tutelare i terzi in modo da evitare di incorrere nel reato di interferenze illecite nella vita privata. In particolare, per quanto riguarda i condominii (ma il principio a mio avviso è applicabile anche al suo caso) il Garante della privacy ha precisato che “l’angolo visuale delle riprese deve essere limitato ai soli spazi di propria esclusiva pertinenza, ad esempio quelli antistanti l’accesso alla propria abitazione, escludendo ogni forma di ripresa, anche senza registrazione, di immagini relative ad aree comuni (cortili, pianerottoli, scale, garage comuni) o antistanti l’abitazione di altri condomini” (punto 6.2.5 provv. gen. 8/4/2010).
Se però, come nel caso da lei prospettato, la videosorveglianza è fatta tramite un sistema che permette la registrazione delle immagini riprese, il Codice della privacy è interamente applicabile, perchè l’archiviazione e l’utilizzazione delle immagini costituisce un vero e proprio “trattamento di dati personali” e quindi ci sono gli obblighi di informativa e di consenso e sono applicabili le sanzioni previste dal D.Lgs. 196/03. Inoltre, le immagini registrate non possono essere conservate oltre le 24 ore.
Per maggiori informazioni, anche sul reato di interferenze illecite nella vita privata, legga il mio thread specifico relativo alla videosorveglianza in ambito privato (in questo thread invece si parla di VDS nei luoghi di lavoro): http://marcellopolacchini.postilla.it/2011/09/01/videosorveglianza-in-ambito-privato-limiti-e-pericoli/#more-181
Scritto il 25-2-2012 alle ore 21:07
Dott Polacchini nel ringraziarLa per la risposta la saluto cordialmente augurandoLe buona Domenica
Scritto il 26-2-2012 alle ore 11:09
Un cordiale saluto anche a lei dr. Benedettino.
Spero che possa risolvere bonariamente il problema con il suo vicino; casomai dovesse agire, tenga presente quello che è previsto dagli artt. 145 e 146 del Codice della privacy.
Scritto il 29-2-2012 alle ore 21:45
Egregio dottor Polacchini, desidero sottoporle un quesito:in quale sanzione o violazione di legge incorre una RLS eletta dai lavoratori se la stessa effettua delle riprese o un servizio fotografico per documentare delle anomalie lavorative nel reparto visitato? Oltretutto se le stesse documentazioni non sono mai state divulgate? La ringrazio in anticipo e complimenti per l’interesse che riscuote il suo blog.
saluti.
Scritto il 2-3-2012 alle ore 13:55
Claudio non mi sembra che foto o riprese del genere da lei descritto siano “lecite”. Per farle il RLS dovrebbe prima ottenere una liberatoria da ciascuno dei lavoratori ripresi o fotografati, vale a dire un “consenso espresso” (meglio se manifestato per iscritto),rilasciato solo dopo aver loro fornito una dettagliata informativa ai sensi dell’art. 13 del Codice della privacy. Inoltre, c’è anche un problema di “utilizzo dell’immagine” delle persone riprese, immagine che tutelata dall’art 10 c.c. e dall’art 96 L. 633/42. Mi sembra evidente che il datore di lavoro è all’oscuro di tutto questo tentativo di “acquisizione di prove”…. Il D.Lgs. 81/08 concede ben altri strumenti di controllo al RLS. Senta gli esperti in materia.
Scritto il 2-3-2012 alle ore 23:40
Dott. Polacchini,
ho una società di currier, e a causa delle ripetute rapine perpetrate ai driver dei miei furgoni, vorrei installare delle telecamere ed relativo DVR a bordo dei mezzi, per la sicurezza del personale e del carico. Premetto che all’interno della mia azienda non sono presenti i sindacati, e che a seguito di un primo approccio con l’ispettorato del lavoro mi hanno detto che non è possibile inquadrare i lavoratori (autista). Pertanto Le chiedo come posso difendere gli interessi della mia società e la sicurezza del personale. Dimenticavo gli autisti sono favorevoli all’installazione delle telecamere. Saluti.
Scritto il 3-3-2012 alle ore 17:05
Giovanni, come ho già scritto l’installazione di un sistema di geolocalizzazione satellitare a tecnologia GPS sui mezzi di trasporto aziendali – esattamente come la videosorveglianza sui lavoratori – è possibile SOLO previo accordo con la rappresentanza sindacale aziendale o, se manca la RSA o non c’è l’accordo, con l’autorizzazione della DPL. L’autorizzazione data singolarmente anche da tutti i lavoratori NON è sufficiente. Deve comunque rivolgersi alla DPL competente.
Il Garante per la privacy ha ribadito più volte che l’impiego di tali strumenti di controllo sui lavoratori deve SEMPRE avvenire nel rispetto dei principi in materia di protezione dei dati personali e con modalità concretamente idonee a garantire, in particolare, l’osservanza dei diritti e delle libertà fondamentali (art. 2, D.Lgs. n. 196/03), nonché della dignità degli interessati (vedi il provvedimento del 7 ottobre 2010 nella Newsletter del Garante n. 344 del 16 dicembre 2010). Se non sono rispettati i requisiti richiesti dall’art. 4 della Legge n. 300/70 il trattamento dei dati svolto è ILLECITO, pertanto il Garante, nelle more dell’eventuale rilascio del provvedimento autorizzatorio da parte del preposto Servizio Ispettivo della DPL, può disporre il blocco del trattamento dei dati personali riferiti ai lavoratori effettuato tramite i sistemi di geolocalizzazione satellitare.
Altre interessanti indicazioni pratiche dell’Authority per la privacy le potrà trovare nella sopracitata decisione del 7 ottobre 2010 [doc. web n. 1763071 nel sito http://www.garanteprivacy.it, nella quale, proprio in un caso relativo alla installazione di un impianto GPS su veicoli aziendali da parte di una ditta, il Garante ha disposto che il titolare del trattamento:
1. all’esito della procedura di rilascio dell’eventuale provvedimento autorizzatorio da parte del preposto Ispettorato del lavoro deve notificare il trattamento dei dati personali relativi alla localizzazione degli interessati [art. 37, lett. a), del Codice];
2. deve designare quali incaricati del trattamento i soli soggetti (previamente individuati) che, in ragione delle mansioni concretamente svolte, risultino effettivamente legittimati ad accedere alle informazioni acquisite per il tramite dei dispositivi di localizzazione satellitare;
3. deve valutare attentamente i tempi di conservazione dei dati acquisiti per il tramite dei dispositivi GPS, commisurandoli, ove necessario, alle effettive necessità di conservazione in rapporto alle specifiche finalità concretamente perseguite [art. 11, comma 1, lett. e), del Codice].
Per quanto riguarda i tempi di conservazione dei file di localizzazione dei sistemi GPS, stante il principio generale che l’utilizzo di sistemi di geolocalizzazione non deve determinare un’ingerenza ingiustificata nei diritti e nelle libertà fondamentali degli interessati rispetto al trattamento dei dati personali, la conservazione temporanea dei file, a mio avviso, deve sempre avvenire nel rispetto del c.d. principio di proporzionalità [art. 11, comma 1, lett. e),del Codice], e quindi deve essere commisurata al tempo necessario – e predeterminato – a raggiungere la finalità (di sicurezza) perseguita.
Anche le varie fasi del trattamento devono comportare, comunque, un trattamento di dati pertinenti e non eccedenti rispetto alle finalità perseguite [art. 11, comma 1, lett. d) del Codice].
In analogia con quanto stabilito dal Garante nel provvedimento dell’8 aprile 2010 sulla videosorveglianza, ritengo pertanto che la conservazione dei file di geolocalizzazione debba essere limitata a poche ore o, al massimo, alle 24 ore successive alla rilevazione, fatte salve speciali esigenze di ulteriore conservazione in relazione a festività o chiusura aziendale. Solo in alcuni casi, per peculiari esigenze tecniche o per la particolare rischiosità dell’attività svolta dal titolare del trattamento può ritenersi ammissibile un tempo più ampio di conservazione dei dati che, sulla base anche del tempo massimo legislativamente ammesso per altri trattamenti, non deve comunque superare la settimana.
Un altro aspetto importante da considerare (come già indicato nella sopracitata decisione del 7 ottobre 2010 dell’Authority) è quello della notificazione al Garante per la privacy di questo particolare trattamento di dati, in quanto l’art. 37, comma 1, lett. a) del D.Lgs. n. 196/03 prevede che deve essere notificato il trattamento che permette di individuare la posizione geografica di persone od oggetti. Al riguardo, lo stesso Garante, nei chiarimenti sui trattamenti che devono essere notificati, forniti il 23 aprile 2004 (v. doc. web n. 993385), precisa che “la localizzazione deve essere notificata quando permette di individuare in maniera continuativa – anche con eventuali intervalli – l’ubicazione sul territorio o in determinate aree geografiche, in base ad apparecchiature o dispositivi elettronici detenuti dal titolare o dalla persona oppure collocati sugli oggetti”. Ciò vale “quando (come mi sembra avvenga nel suo caso) la localizzazione permette di risalire all’identità degli interessati, eventualmente anche indirettamente”.
Scritto il 6-3-2012 alle ore 13:11
Nella nostra azienda sono state installate le telecamere per la videosorveglianza, la cosa che ci sembra strana che siano state istallate direttamente con la DPL, perche ci dicono che non sono presenti in azienda le RSA/RSU, e questo è vero non sono mai state costituite,ma i sindacati ci sono avendo noi firmato un CCNL, e quindi sono regolarmente hai tavoli della trattativa tutte le sigle sindacali sia a livello territoriale sia quello Regionale sia Nazionale, la domanda è: perche sia l’azienda sia la DPL non ha convocato i sindacati e inveca ha proceduto da sola? tutto cio è regolare. GRZ della risposta che vorra fornirci. La domanda nasce anche dal fatto che le telecamere sono state messe anche nei coridoi e sono accese H.24 e inquadrano solo persone che entrano e escono dalle stanze
Scritto il 6-3-2012 alle ore 13:53
La norma prevede che in assenza della RSA l’azienda si debba necessariamente rivolgere alla DPL.
Non è prevista la convocazione dei sindacati territoriali da parte dell’azienda e la DPL non può certo convocarli.
Nel vostro caso è la DPL stessa che garantisce il rispetto dei diritti dei lavoratori.
Se l’azienda ha ottenuto la prescritta autorizzazione (che viene rilasciata sempre dopo un sopralluogo dell’Ispettorato) significa che l’impianto è stato considerato a norma.
Il fatto che le TLC inquadrino solo chi entra ed esce dai locali e non chi vi lavora mi sembra più che corretto.
Scritto il 7-3-2012 alle ore 21:14
Salve volevo porle la mia domanda: nella ditta in cui lavoro sono state installate delle telecamere di videosorveglianza sul perimetro ma anche una telecamera all’ interno di un capannone adibito a deposito dove io e miei colleghi lavoriamo abitualmente e una che inquadra la zona di lavoro di carico merci . premetto che non abbiamo sindacati interni che ci tutelano e alla richiesta di spiegazioni da parte di alcuni di noi ci driblano ogni volta ! Premetto anche che l’RSU che abbiamo è il genero del datore di lavoro quindi anche li non abbiamo nessuna tutela! quindi la nostra domanda è : a chi dobbiamo inviare richiesta di un controllo sulla regolarità delle telecamere visto che a nostro parere sono state installate senza preventiva richiesta agli organi competenti e se si può fare in forma anonima visto che non abbiamo la totale unanimità sulla richiesta di lamentela per paura di alcuni lavoratori di eventuali ritorsioni !! la ringrazio preventivamente e spero di essermi spiegato al meglio
Scritto il 8-3-2012 alle ore 10:59
Giovanni, come già ampiamente spiegato nei post precedenti la competenza ad effettuare i controlli sugli impianti di videosorveglianza installati negli ambienti di lavoro è del Servizio Ispettivo della Direzione Provinciale del Lavoro.
La direttiva del Ministro del Lavoro Sacconi del 18 settembre 2008 sui Servizi ispettivi e attività di vigilanza ha invitato le DPL (anche al fine di evitare una strumentalizzazione del ruolo dell’ispettore) a non dar seguito a richieste di intervento anonime, presentate a mezzo posta, telefono, e-mail, fax. Perciò “di regola, e fatte salve alcune limitate eccezioni in cui emerga con palese e incontrovertibile evidenza la particolare gravità e attendibilità dei fatti denunciati, anche quando circostanziata o dettagliata, la denuncia anonima non può e non deve essere presa in considerazione per la programmazione di interventi ispettivi perché contraria ai principi di correttezza e trasparenza della azione della amministrazione pubblica”.
Il Ministero ha anche precisato che la semplice presentazione agli uffici di una richiesta di intervento non costituisce una ipotesi riconducibile all’art. 2, comma 1, della legge n. 241/90, e dunque di per sé non comporta per la DPL l’obbligo di dare necessariamente corso alla verifica ispettiva, a meno che i fatti denunciati non siano di natura penale, per cui quest’obbligo sussiste sempre.
La violazione dell’art. 4 dello Statuto dei lavoratori però ha natura penale, perciò potrebbe tentare di presentare alla DPL una denuncia anonima purché sufficientemente particolareggiata, sperando che venga presa in considerazione. Tenga presente però, che la sopra citata direttiva ministeriale ha anche precisato che “in caso di richieste di intervento che, pur sottoscritte dal denunciante, tuttavia non presentano i caratteri della oggettiva attendibilità dei fatti esposti e della concreta possibilità di provare quanto viene denunciato, l’ufficio può non dare corso alla richiesta di intervento, che può essere archiviata, qualora non pervengano all’ufficio nuovi elementi, alla fine dell’anno successivo a quello di presentazione della richiesta di intervento stessa, previo avviso scritto al denunciante”.
La cosa migliore a mio avviso sarebbe una denuncia dettagliata sottoscritta dal maggior numero possibile di lavoratori, tenendo presente che gli uffici non rilasciano, per alcun motivo, i nominativi di chi ha fatto la denuncia.
Scritto il 8-3-2012 alle ore 12:30
L’Azienda dove lavoro ha sistemato più all’interno che all’esterno una miriade di telecamere senza nessun accordo nè con il sindacato (assente)nè tanto meno nessuna autorizzazione della DPL. In caso di denuncia presso la DPL volevo sapere il datore di lavoro a cosa va incontro, visto che le riprese effettuate dalle telecamere sono accessibili da un computer all’interno dell’azienda da buona parte del personale dipendente, e che vengono mantenute registrazioni in memoria di moltissimi mesi. Grazie
Scritto il 8-3-2012 alle ore 12:51
Salve grazie x la sua tempestiva risposta
Seguiremo il suo consiglio e cercheremo di raccogliere quante piu’ possibili adesioni x una richiesta di controllo da parte del DPL
Speriamo accolgano la nostra richiesta
Grazie
Scritto il 8-3-2012 alle ore 12:54
Maurizio legga i post precedenti.
La sanzione penale per il datore di lavoro è indicata dall’art. 38 della L. 300/70, Statuto dei lavoratori: ammenda da 51 a 516 euro e/o arresto da 15 giorni a un anno, con la pubblicazione della sentenza penale di condanna sui giornali a spese del condannato.
Scritto il 8-3-2012 alle ore 17:10
Per quanto tempo le telecamere di videosorveglianza possono tenere in memoria le immagini? Possono essere portate in un processo? Ringrazio e attendo risposta
Scritto il 8-3-2012 alle ore 18:05
Susanna… se solo avesse fatto un minimo di ricerca in questo blog avrebbe già trovato le risposte alle sue domande.
Come ho già detto http://marcellopolacchini.postilla.it/2012/02/13/la-privacy-riguarda-solo-la-videosorveglianza/#more-240 vorrei ricordare che ho già scritto moltissimo in materia di videosorveglianza in questo blog e ho risposto a centinaia di quesiti, pertanto e MI RIVOLGO A TUTTI I LETTORI DI QUESTO BLOG, prima di sparare domande a raffica, vi invito a fare il piccolo sforzo di CERCARE LA RISPOSTA TRA QUELLE GIA’ DATE.
Ad ogni modo Susanna, la conservazione deve essere limitata a poche ore o, al massimo, alle 24 ORE successive alla rilevazione, fatte salve speciali esigenze di ulteriore conservazione in relazione a festività o chiusura di uffici o esercizi, nonché nel caso in cui si deve aderire ad una specifica richiesta investigativa dell’autorità giudiziaria o di polizia giudiziaria. Solo in alcuni casi, per peculiari esigenze tecniche o per la particolare rischiosità dell’attività svolta dal titolare del trattamento (ad es. banche, gioiellerie, ecc.), è ammesso un tempo più ampio di conservazione dei dati che, sulla scorta anche del tempo massimo legislativamente posto per altri trattamenti, non deve comunque superare una settimana.
Per quanto riguarda il valore probatorio di una videoregistrazione, in sede processuale un dato è legittimamente trattato se rispetta queste condizioni:
• è trattato in modo lecito, cioè conformemente alle disposizioni del Codice della privacy e del Codice civile (il trattamento non deve essere contrario a norme imperative, all’ordine pubblico e al buon costume);
• è trattato secondo correttezza;
• è trattato per scopi determinati (non è consentita la raccolta di dati come attività fine a se stessa), legittimi e compatibili con gli scopi per i quali sono raccolti;
• è esatto (cioè preciso e rispondente al vero) e, se necessario, è aggiornato;
• è pertinente (in relazione all’attività difensiva svolta), completo (non nel senso di raccogliere il maggior numero possibile di informazioni, bensì di fornire una informazione esatta e che tenga conto dei vari profili) e non eccedente (rispetto alle finalità di difesa);
• è conservato per il tempo strettamente necessario in relazione alla finalità di difesa per il quale è stato raccolto.
Se non vengono osservate tutte queste condizioni, il trattamento è ILLECITO e i dati videoregistrati non possono essere utilizzati (art. 11, 2° comma, D.Lgs. 196/03).
La giurisprudenza e parte della dottrina ha ritenuto che il diritto alla difesa sia prevalente rispetto alla tutela della riservatezza. Questa considerazione però, pur partendo da un presupposto esatto, non sembra tenere in debito conto la tematica delle “PROVE ILLECITE” (cioè di quelle prove che non hanno validità processuale). Infatti, una prova che comporti il trattamento di dati personali in violazione delle norme del Codice della privacy (art. 11) è una prova illecita e come tale non dovrebbe essere assunta e, se assunta, andrebbe eliminata dal processo.
Faccio soltanto qualche accenno al processo penale. La Suprema Corte ha affrontato più volte la questione dell’eventuale legittimità dell’ammissione nel processo penale di alcune registrazioni provenienti da privati. In particolare, ha ritenuto che, se a fare la registrazione sia stato uno dei due interlocutori (che, dunque, legittimamente poteva apprendere quanto detto o visto, direttamente), tale registrazione possa essere utilizzata come elemento probatorio. Infatti in questo caso, il documento acquisito (audio o video cassetta) non rappresenterebbe un “mezzo di ricerca della prova” ufficiale, bensì un semplice “documento” proveniente dalla parte e, come tale, ammissibile. L’art. 234 c.p.p., infatti, nel dare la definizione di “prova documentale”, precisa che: “E’ consentita l’acquisizione di scritti o altri documenti che rappresentano fatti, persone o cose mediante la fotografia, la cinematografia, la fonografia, o qualsiasi altri mezzo”.
La giurisprudenza, in particolari casi, ha persino ritenuto che la registrazione audio di conversazioni da parte di uno dei presenti, anche se fatta di nascosto, costituisce una forma di memorizzazione di un fatto storico del quale l’autore può disporre legittimamente, anche ai fini di prova nel processo ai sensi dell’art. 234 c.p.p., perché l’interesse alla riservatezza dovrebbe cedere il passo al più importante interesse pubblico dell’accertamento della verità.
Le Sez. Unite della Cassazione Penale (sent. 28 marzo 2006, n. 26795) hanno precisato che “solo le videoregistrazioni effettuate fuori dal procedimento possono essere introdotte nel processo come documenti e diventare quindi una prova documentale”.
Un’altra questione delicata è quella della legittimità delle videoriprese fatte in ambito domiciliare e, conseguentemente, della loro utilizzabilità probatoria in un procedimento penale. Infatti, secondo le Sez. Unite della Cassazione Penale non sono prove utilizzabili non soltanto quelle oggettivamente vietate, ma anche quelle formate o acquisite in violazione di diritti soggettivi espressamente tutelati dalla Costituzione, come ad esempio il diritto all’inviolabilità del domicilio (art. 14 Cost.). Perciò, a differenza delle riprese fatte in luoghi pubblici, una videoregistrazione fatta nel “domicilio” di una persona (nb. il domicilio è un concetto più ampio rispetto a quello di “privata dimora”, che ricomprende anche i cortili e i giardini, che sono parte integrante dell’abitazione e servono al suo servizio o al suo migliore godimento, e qualsiasi luogo destinato permanentemente o transitoriamente all’esplicazione della vita privata o dell’attività lavorativa), anche se la persona non è fisicamente presente, non è utilizzabile come prova in un processo penale e non può neppure essere considerata una “prova atipica” ai sensi dell’art. 189 c.p.p., perché le prove atipiche per essere ammissibili devono comunque essere state formate lecitamente.
Secondo la Cassazione le videoriprese sono prove documentali non disciplinate dalla legge (cd. “prove atipiche” previste dall’art. 189 c.p.p.) e, come tali, non sono soggette alle disposizioni che regolano le intercettazioni telefoniche o ambientali. Pertanto, quando non ci sono limiti dovuti all’inviolabilità del domicilio, le videoriprese possono essere liberamente fatte. Invece le videoriprese in ambienti tutelati dall’art. 14 della Costituzione sono utilizzabili nel processo penale se rispettano il livello minimo di garanzie previste da questa disposizione, cioè se la limitazione del diritto alla riservatezza è disposta con atto motivato dell’autorità giudiziaria o con provvedimento motivato del pubblico ministero.
Come vede Susanna, si tratta di una tematica molto complessa e delicata, che per due righe di domanda richiede pagine e pagine di risposta e che ha risvolti diversi nell’ambito del processo civile e di quello penale, perciò – come ho già avuto modo di dire – la questione andrebbe approfondita con un avvocato.
Scritto il 9-3-2012 alle ore 06:57
Gentile Marcello,
assolutamente certo che il mio titolare ha installato nell’azienda presso cui lavoro un sistema di video sorveglianza non a norma, nel caso io mi rivolgessi al DPL per richiedere una visita ispettiva, potrebbe il mio titolare risalire a me? Nel senso, onde evitare poi ripercussioni in ambito lavorativo, posso fare una richiesta in forma anonima alle autorità competenti?
Faccio questa domanda perché io e i miei colleghi abbiamo già fatto notare la cosa, ma ovviamente senza risultati, e trattandosi di una piccola azienda, è quasi ovvio che i “capi” si comportino un po’ da dittatori.
La ringrazio già ora se sarà così cortese da darmi una risposta.
Scritto il 9-3-2012 alle ore 09:22
Gentile Carlo Fontana… perchè non legge i post precedenti prima di fare delle domande…..GIA’ FATTE?
Se faceva una picola ricerca con Google, oppure più semplicemente scorreva le centinaia di risposte date proprio in questo mio thread, avrebbe trovato facilmente ciò che cercava. Mi riferisco in particolare al post n. 345 e, soprattutto, alla prima parte del post n. 350…!!
Capisco che è più facile (e comodo) chiedere, anzichè cercare… ma immagini la mia poca voglia di ripetere sempre le stesse cose.
Buona giornata.
Scritto il 9-3-2012 alle ore 10:10
Gentilissimo Avvocato,
approfitto ancora della sua preparazione per porle un quesito. Il Garante riferendosi al tema della videosorveglianza sul luogo di lavoro disciplina l’installazione di dispositivi “dai quali può derivare anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, possono essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l’Ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l’uso di tali impianti”. La domanda è: le RSA aziendali o in alternativa la DPL di competenza territoriale possono esprimersi anche in tema di durata della conservazione delle registrazioni allungandole in deroga alle disposizioni generali qualora vi fossero motivi validi per farlo (es. sicurezza o tutela del bene)?
La ringrazio e le auguro buon lavoro. Vincenzo Corradi
Scritto il 11-3-2012 alle ore 19:36
No Vincenzo. Una deroga ai tempi massimi di conservazione delle videoregistrazioni può essere concessa solo dal Garante della privacy in alcuni limitati casi , previa istanza motivata da gravi e particolari necessità (v. provv. gen. Garante 8/4/2010).
Scritto il 14-3-2012 alle ore 11:40
Buongiorno,
avendo installato un sistema di controllo satellitare sui mezzi aziendali e avendo appurato, in seguito a un controllo, che un autista ha effettuato un percorso assolutamente non pertinente con la gita affidatagli (allungando di parecchi km fuori zona), è possibile contestargli tale comportamento per iscritto? Grazie mille.
Scritto il 14-3-2012 alle ore 12:11
Daniele, la sua domanda sconfina certamente nel campo del diritto del lavoro e del diritto sindacale, piuttosto che riguardare strettamente il diritto alla privacy.
Ad ogni modo, per ciò che riguarda la privacy le posso dire che l’installazione di un sistema di geolocalizzazione satellitare a tecnologia GPS sui mezzi di trasporto aziendali – esattamente come la videosorveglianza sui lavoratori – è possibile solo previo accordo con la rappresentanza sindacale aziendale o, se manca la RSA o non c’è l’accordo, con l’autorizzazione preventiva della DPL.
Il Garante per la privacy ha ribadito più volte che l’impiego di tali strumenti di controllo deve avvenire rispettando sempre i principi in materia di protezione dei dati personali e con modalità concretamente idonee a garantire, in particolare, l’osservanza dei diritti e delle libertà fondamentali (art. 2 D.Lgs. 196/03), nonché della dignità degli interessati (v. provv. del 7/10/2010 nella Newsletter del Garante n. 344 del 16/12/2010). Se non sono rispettati i requisiti richiesti dall’art. 4 dello Statuto dei lavoratori (legge n. 300/70) il trattamento dei dati svolto è illecito, pertanto il Garante, nelle more dell’eventuale rilascio del provvedimento autorizzatorio da parte del preposto Servizio Ispettivo della DPL, può disporre il blocco del trattamento dei dati personali riferiti ai lavoratori effettuato tramite i sistemi di geolocalizzazione satellitare.
Riguardo invece alla contestazione disciplinare ex art. 7 dello Statuto dei lavoratori, da quello che mi dice ritengo che si possano ravvisare gli estremi di un (illecito) controllo a distanza dell’attività lavorativa, ed è evidente che in tal caso le “prove” acquisite illecitamente dal datore di lavoro per contestare eventuali illeciti disciplinari commessi da un dipendente non possono essere utilizzate.
Scritto il 14-3-2012 alle ore 20:20
Buonasera,oggi mentre ero a lavorare ho ricevuto una telefonata dal mio titolare che mi diceva di chiudere la porta del mio ufficio (ero appena entrata) e di dire alla ragazza che lavora alla reception di non alzarsi dal suo posto…
Il mio titolare si trovava nella seconda sede della nostra azienda,e considerando che proprio stamattina erano venuti dei tecnici per le videocamere ci è stato subito chiaro che lui ci stesse guardando dall’altro ufficio.
E’ legale questa cosa??
Passi che le telecamere sono per verificare eventuali furti,ma lui ha libertà di collegarsi in qualsiasi momento e controllare cosa facciamo??
spero di ricevere presto risposta.
Grazie in anticipo.
Scritto il 14-3-2012 alle ore 20:56
NO Elly! Un controllo a distanza dell’attività dei lavoratori svolto in questa maniera è assolutamente illecito, per palese violazione dell’art. 4 della legge n. 300/1970 (Statuto dei lavoratori).
Il datore di lavoro non può spiare i propri dipendenti! Non è tanto una questione di violazione della privacy, quanto una violazione di un divieto (quello dell’art. 4 citato) sanzionato penalmente.
Legga i post precedenti e troverà la risposta su come possa essere legittimamente effettuata una videosorveglianza in un ambiente di lavoro.
Scritto il 19-3-2012 alle ore 15:17
Salve, sono un operatore ecologico e ho notato ultimamente che un dipendenta dell’azienda per cui lavoro va in giro a fotografarci con il suo cellulare per controllare se il servizio viene svolto in maniera corretta. Ora vorrei sapere se anche la fotografia rientra nell’ambito della violazione alla privacy inquanto un mio collega di lavoro grazie a queste foto ha preso una lettera di richiamo per aver iniziato il servizio di raccolta con mezz’ora di anticipo.
Grazie in anticipo.
Scritto il 20-3-2012 alle ore 15:54
Cesare le foto fatte dal suo collega non solo violano la legge sulla privacy, ma costituiscono un illecito controllo a distanza dell’attività lavorativa, che è vietato dall’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori ed è sanzionato penalmente.
Scritto il 23-3-2012 alle ore 18:08
Egregio Avv. Polacchini,
mi permetto di disturbarLa dopo aver letto i suoi interessanti articoli dedicati al tema della videosorveglianza in ambito privacy.
Spero di non porle un quesito che già altri le hanno fatto, ho letto molto nei suoi post e non ho trovato la chiarezza di cui avrei bisogno.
La problematica riguarda l’installazione di strumentazione GPS su mezzi aziendali.
Da alcuni anni mi occupo di consulenza in materia di privacy e quest’anno, per la prima volta, mi trovo con 2 clienti che hanno installato sui loro mezzi aziendali i dispositivi GPS senza fare alcun documento e adesso mi chiedono di metterli a norma.
I miei due clienti però non presentano la stessa situazione e tipologia di lavoro.
CLIENTE N°l ) Si tratta del titolare di una serie di società a responsabilità limitata che si occupano di gestione dei servizi di trasporto persone di natura pubblica, sia per giri turistici nelle città storiche con fermate fisse che anche per viaggi a lunga percorrenza fra l’Italia e altri paesi europei.
Secondo le mie conoscenze il giusto approccio per questo tipo di strumenti di controllo prevede:
• effettuazione di una istanza al garante di verifica ed autorizzazione al trattamento dei dati
• notifica al garante circa il trattamento di tali dati
• stipula di un accordo sindacale oppure richiesta di autorizzazione all’ispettorato del lavoro
• corretta e completa informativa ai lavoratori (il consenso è auspicabile ma non necessario)
• designazione degli incaricati che tratteranno questi dati
• adottare le misure minime
Il cliente di fronte alla mia affermazione mi dice che le autolinee comunali gli hanno detto che non deve fare niente!!!
Forse il cliente si riferisce alla circolare n°40/2004 della Confederazione Generale Italiana dei Trasporti e della Logistica?
CLIENTE N°2) Il secondo cliente è titolare socio di tre società a responsabilità limitata che fanno lo stesso tipo di attività (manutenzione e riparazione impianti termici e a gas) e che sono legate da un contratto di somministrazione di manodopera. Lui ha fatto installare sui mezzi aziendali che vengono guidati dai tecnici riparatori i GPS in modo da poter evadere in tempi celeri le richieste di intervento tecnico dei clienti; tutte e tre le strutture accedono allo stesso data base clienti e, quando arriva una telefonata per un problema ad una caldaia, controllano quale macchina è più vicina e così d inviano il primo tecnico disponibile facente parte del gruppo (come da contratto di somministrazione).
Sperando di non averLe arrecato troppo disturbo con questa mia richiesta, e restando in attesa di Suo gradito cenno di riscontro, invio i miei più distinti saluti.
Maria Serena Berra
Scritto il 23-3-2012 alle ore 19:52
Buonasera Maria Serena. A mio avviso, i suoi clienti devono fare qualcosa…
Innanzitutto il Garante per la privacy ha chiarito [doc. web n. 1763071] che l’impiego di sistemi di localizzazione satellitare a tecnologia GPS installati a bordo di autoveicoli aziendali deve avvenire sempre nel rispetto dei principi in materia di protezione dei dati personali e con modalità idonee a garantire l’osservanza dei diritti e delle libertà fondamentali, nonché della dignità degli interessati. In particolare, ai sensi dell’art. 4 della legge n. 300/70, l’installazione di apparecchiature che possano comportare il controllo a distanza dei dipendenti è possibile solo previo accordo dei sindacati o con l’autorizzazione della DPL.
In base al punto 3.2.1. del provvedimento generale dell’8 aprile 2010 sulla videosorveglianza
i trattamenti di dati personali fatti nell’ambito di una attività di videosorveglianza (ma questo vale per analogia anche per la sorveglianza satellitare) devono essere effettuati rispettando le misure e gli accorgimenti prescritti dal Garante come esito di una verifica preliminare attivata d’ufficio o a seguito di un interpello del titolare, quando vi sono rischi specifici per i diritti e le libertà fondamentali, nonché per la dignità degli interessati, in relazione alla natura dei dati o alle modalità di trattamento o agli effetti che può determinare. Questo potrebbe essere anche il caso di un sistema di localizzazione satellitare a tecnologia GPS installato a bordo di autoveicoli aziendali. Ma ho qualche dubbio che i casi da lei prospettati (peraltro molto diffusi) debbano essere sottoposti a tale verifica preliminare.
Per quanto riguarda la notificazione al Garante del trattamento dei dati che indicano la posizione geografica dei mezzi di trasporto, questa non è necessaria quando il trattamento è effettuato esclusivamente a fini di sicurezza del trasporto. Infatti il Garante ha stabilito che la localizzazione geografica dei mezzi di trasporto – quando sia effettuata esclusivamente per garantire la sicurezza del trasporto – non costituisce un trattamento di dati personali suscettibile di recare pregiudizio agli interessati e quindi non deve essere notificato (deliberazione n.1/2004, pubblicata sulla G.U. n. 81 del 6 aprile 2004). Questo vale, in particolare, per le rilevazioni dei sistemi di controllo satellitare installati dalle imprese di trasporto sui camion per la prevenzione dei furti. I trattamenti fatti per altre finalità (come nei casi da lei prospettati) devono invece essere notificati.
Ovviamente è necessario designare gli incaricati che tratteranno i dati rilevati dal sistema GPS e adottare tutte le misure minime di sicurezza per il trattamento dei dati.
E’ necessario anche fornire una preventiva e dettagliata informativa ai lavoratori, che spieghi in particolare le funzioni e lo scopo del sistema GPS, riconducibile ad esigenze organizzative e produttive delle società. Il sistema di localizzazione dei veicoli (e indirettamente dei conducenti) e di comunicazione nei confronti delle società, a mio avviso, dovrebbe essere preordinato a rendere più efficiente il servizio a vantaggio delle società e, indirettamente, della clientela. Si tratta quindi di finalità legittime connesse alla gestione logistica dei veicoli aziendali e per l’assolvimento di adempimenti connessi alla gestione dei rapporti contrattuali con la clientela.
Per il perseguimento di queste finalità devono essere trattati i soli dati idonei a rilevare, quando necessario, la posizione dei veicoli, nonché eventualmente le informazioni indispensabili alla compilazione del rapporto di guida e per la commisurazione di costi da imputare alla clientela (quali la distanza percorsa e il relativo consumo di carburante).
I dati personali trattati mediante il sistema di localizzazione e comunicazione non possono essere conservati per un tempo superiore a quello necessario al conseguimento delle finalità legittimamente perseguite dal titolare del trattamento (art. 11, comma 1. lett. e), del Codice).
Scritto il 24-3-2012 alle ore 03:01
Gentile Dottore, ho un quesito da sottoporle cui non riesco a trovare una risposta.
Una ditta di distribuzione di farmaci e stupefacenti si avvale oltre che dei propri dipendenti anche dei dipendenti di una cooperativa.
Esclusivamente per i dipendenti della cooperativa, l’azienda intende creare un varco di accesso al magazzino, regolando l’accesso avvalendosi di un sistema definito “Controllo Accessi HID” che permette di verificare se il possessore del badge che si accinge ad entrare nell’area protetta è la persona a cui il badge è stato assegnato.
Il funzionamento del sistema avviene nel seguente modo:
Inserimento dell’utente:
1) All’utente viene consegnato un badge personale, consistente in una tessera di prossimità con memoria. La tessera è identificata da un numero (NUM card).
2) Attraverso un lettore/scrittore di tessere con letttura dell’impronta digitale, l’utente scrive sul proprio badge il dato biometrico corrispondente all’impronta digitale seguendo la procedura guidata del lettore/scrittore.
3) L’impronta digitale non verrà conservata in nessun dispositivo o apparecchio, ma solamente sul badge.
Accesso dell’area protetta con badge e letture dell’impronta digitale:
1) Per accedere all’area protetta l’utente propone il badge al lettore di tessere che legge il num card e il dato biometrico.
2) Il lettore richiede la lettura dell’impronta digitale e verifica la corrispondenza con il dato biometrico memorizzato nel badge.
3) Se il lettore verifica la coincidenza del dato biometrico invia il NUM card al sistema di controllo degli accessi che apre il varco se l’utente associato al NUM card è abilitato ad entrare ed elimina il dato biometrico.
4) Se il lettore verifica che il dato biometrico non coincide con il dato memorizzato nel badge rifiuta la lettura ed elimina il dato biometrico.
Detto ciò si chiede se l’azienda deve presentare richiesta di notificazione al Garante ai sensi dell’articolo 37 del codice privacy e se deve presentare richiesta di verifica preliminare .
Quindi occorre capire se il caso in questione costituisce uncaso di trattamento di dati biometrici che rendono necessaria la notificazione del trattamento ai sensi dell’articolo 37 e se oltre a questo costituisce un caso che rende necessaria la verifica preliminare di cui all’articolo 17 del codice privacy.
Esistono le linee guida di cui alle delibera 53 del novembre 2006 che precisano al punto 4 che il trattamento dei dati biometrici analogo a quello che intende attuare l’azienda in questione, è lecito ma non è chiaro quali siano gli adempimenti necessari. NOn si capisce se occorre la verifica preliminare e poi la notifica o se si possa fare direttamente la notifica.Cortesemente aspetto con ansia la sua risposta perchè la ditta è bloccata in attesa di sapere come muoversi. grazie e complimenti per il blog.
MARTA
Scritto il 24-3-2012 alle ore 10:27
Gent.mo Dott. Polacchini, sono un docente di un istituto superiore che da un pò di tempo sta vivendo un’esperienza simile a quella del Grande Fratello! Le spiego subito.Da un giorno all’altro, senza consultare nessun organo collegiale, la Dirigente scolastica, con il pretesto degli atti vandalici(un paio in 5 anni)ci ha fatto trovare la scuola piena di telecamere sia esterne all’istituto che interne.L’ASSISTENTE TECNICO che le ha installate ci ha assicurato che entrano in funzione solo dopo la chiusura dei locali,ma io non sono convinto di ciò in quanto ho notato che i led di alcune di queste telecamere sono di colore diverso(rosso e verde), e alcuni addirittura lampeggiano. Le chiedo:
1 come posso assicurarmi che non funzionino in orario scolastico
2 chi mi dice che la dirigente(o addirittura l’assistente) da casa loro non ci possano controllare!
3 la Dirigente doveva far presente prima a qualche organo collegiale di voler installare le videocamere?
4 Cosa possiamo fare per essere sicuri che non veniamo ripresi durante l’orario di lavoro?
Nel ringraziarla anticipatamente, Le porgo i miei più distinti saluti
Scritto il 24-3-2012 alle ore 13:05
Francesco, tenuto conto della delicatezza di questo tema, il Garante della privacy nel provvedimento in materia di videosorveglianza dell’8 aprile 2010 ha parlato anche della videosorveglianza negli istituti scolastici, puntualizzando alcuni aspetti.
Innanzitutto, secondo il Garante l’eventuale installazione di sistemi di videosorveglianza presso istituti scolastici deve garantire “il diritto dello studente alla riservatezza” (art. 2, comma 2, D.P.R. n. 249/1998) e tenere conto della delicatezza dell’eventuale trattamento di dati relativi a minori. L’Authority ha specificato che a tal fine, se può risultare ammissibile il loro utilizzo in casi di stretta indispensabilità (ad es. a causa del protrarsi di atti vandalici), gli stessi devono essere circoscritti alle sole aree interessate ed attivati negli orari di chiusura degli istituti, regolando rigorosamente l’eventuale accesso ai dati. Restano invece di competenza dell’autorità giudiziaria o di polizia le iniziative intraprese a fini di tutela dell’ordine pubblico o di individuazione di autori di atti criminali (per es. spaccio di stupefacenti, adescamento, violenza sui minori, ecc.).
Gli orari di ripresa sono molto importanti. L’installazione delle TLC è legittimo se l’avvio delle riprese o la registrazione avvenga in orari in cui alunni e insegnanti non dovrebbero trovarsi nei locali. In sostanza, se la ripresa è cautelativa, cioè se l’intento è quello di verificare eventuali accessi abusivi ai locali o atti vandalici, l’installazione del sistema di videosorveglianza è valida, purché si impostino gli orari di ripresa affinché sia evitato il trattamento dei dati violando la privacy di insegnanti e alunni.
A seguito poi di uno specifico provvedimento richiesto dalla Provincia di Verona proprio su questo argomento, il Garante, ai sensi dell’art. 17 del Codice, ha prescritto alla Provincia di adottare particolari accorgimenti e misure ed in particolare di definire, in accordo con il dirigente scolastico, gli orari di funzionamento delle telecamere per il caso che vi siano delle attività all’interno della scuola che potrebbero iniziare o concludersi in coincidenza con l’orario di attivazione delle telecamere: in tali casi la loro attivazione deve essere posticipata alla conclusione dell’attività.
Essenziale, poi, è limitare l’angolo di ripresa delle telecamere ai soli muri perimetrali dell’edificio, ai punti d’accesso e cortile interno, con esclusione delle aree esterne circostanti l’edificio dove potrebbero passare cittadini che non debbono essere ripresi.
Ci sono poi da rispettare tutti gli adempimenti previsti dalla legge. Occorre affiggere gli avvisi contenenti la cosiddetta informativa breve, e poi dare anche un’informativa scritta completa affinché – in particolare se sono presenti minori – i soggetti interessati possano prendere visione delle modalità e finalità del trattamento delle immagini.
La visione delle immagini deve essere preventivamente autorizzata dal titolare (ovvero da chi ha determinato la presenza delle telecamere stesse e che risponderà della loro regolarità). Il titolare, quindi, o il responsabile della videosorveglianza, dovranno nominare “incaricati del trattamento” gli addetti al trattamento delle immagini, dando loro specifiche istruzioni pratiche sulle modalità di gestione e trattamento dei dati raccolti. Le immagini registrate di norma debbono essere cancellate entro 24 ore.
Quindi con le dovute precauzioni e senza abusi le TLC nelle scuole sono ammissibili, ma il dirigente scolastico deve valutare attentamente in sede di progettazione dell’impianto il posizionamento delle TLC, la risoluzione delle riprese, gli orari di ripresa, l’eventuale registrazione e deve adottare tutti gli adempimenti normativi sussistenti (compresa la redazione di un apposito regolamento interno sulla videosorveglianza).
Detto questo, nel suo caso non so proprio dirle come possa assicurarsi che le TLC siano spente durante l’orario scolastico. Di solito quando le TLC sono spente i led luminosi lo sono anch’essi, ma non conosco il significato del rosso, del verde e del lampeggio dei led del vostro impianto…
In definitiva, se la finalità di installazione delle TLC è lecita (e nel vostro caso mi sembra che lo sia) non va richiesta alcuna autorizzazione, ma bisogna comunque rispettare le regole stabilite dal Garante della privacy. Trattandosi di videosorveglianza in un “ambiente di lavoro” la competenza a controllare il rispetto delle norme, secondo me, dovrebbe essere del Servizio Ispettivo della competente Direzione Provinciale del Lavoro. Le confesso però che io sono un “esperto” (…) di privacy applicata nell’ambito delle imprese, quindi prenda ciò che le dico con beneficio d’inventario…
Scritto il 24-3-2012 alle ore 20:21
Grazie tante per la tempestiva ed esauriente risposta e per il tempo che dedica a tutti noi.
Scritto il 26-3-2012 alle ore 10:37
@Marta post n. 363
Marta, il sistema da lei illustrato mi sembra rispettoso di quanto previsto dal punto 4.2 della deliberazione n. 53 del 23 novembre 2006 del Garante per la privacy e quindi è lecito. Infatti, per poter procedere correttamente al trattamento di dati biometrici come le impronte digitali, è necessaria, prima di tutto, “l’adozione di elevate cautele al fine di prevenire possibili pregiudizi ai danni degli interessati, con particolare riguardo a condotte illecite che determinino l’abusiva “ricostruzione” dell’impronta partendo dal template e la sua ulteriore “utilizzazione” all’insaputa degli stessi”. In pratica, questo significa che, mentre è esclusa la possibilità di adottare un database centralizzato in cui siano memorizzati i dati biometrici, altrettanto non si può dire se l’autenticazione avviene leggendo le impronte digitali, memorizzate sotto forma di codice cifrato (template), da un supporto posto nell’esclusiva disponibilità dell’interessato (cioè una smart card o un dispositivo analogo) che sia privo di qualsiasi indicazione nominativa ad esso riferibile (come un codice individuale). Mi sembra che nel caso da lei prospettato Marta questa condizione si ampiamente soddisfatta.
Tuttavia, questo non esaurisce le condizioni poste dal Garante per la privacy, che ormai ripete ad ogni occasione che l’uso generalizzato di dati biometrici, specialmente se ricavati dalle impronte digitali, non è in linea di principio lecito. L’utilizzo di dati biometrici può essere giustificato solo in casi particolari, per valutare i quali si deve tener conto delle finalità e del contesto in cui essi sono trattati e, in relazione ai luoghi di lavoro, per presidiare accessi ad “aree sensibili”, considerata la natura delle attività ivi svolte (ad esempio nel caso di processi produttivi pericolosi o sottoposti a segreti), o in ragione della documentazione o dei beni ivi custoditi (documenti segreti o riservati, oggetti di particolare valore, ecc.). Nel caso dell’accesso al magazzino contenente farmaci e stupefacenti ritengo che il trattamento dei dati biometrici sia giustificato.
Indicazioni di carattere generale sull’uso del corpo (nel quale rientra anche l’impiego delle impronte digitali), sono state dettate dal Garante il 9 maggio 2006, allorché l’Authority ha emanato un decalogo, che è una sorta di guida operativa per chi progetta e costruisce sistemi per la rilevazione di dati corporei e per ogni cittadino che deve segnalare ogni abuso al Garante. Al riguardo, l’opinione del Garante è che “il corpo non è una password e va rispettato inderogabilmente”.
La invito a leggere con attenzione tale decalogo. Il punto 9 di questo decalogo parla proprio di “rispetto rigoroso degli obblighi di verifica preliminare del Garante (con presentazione di apposito interpello al Garante, ai sensi dell’art. 17 del Codice) e di notifica al Garante (ai sensi dell’art. 37 comma 1, lettera a del Codice)”.
A mio avviso, il caso da lei prospettato non dovrebbe essere sottoposto alla verifica preliminare prevista dal punto 4.4 della citata deliberazione n. 53 del 23 novembre 2006 del Garante solo “per fattispecie particolari o in ragione di situazioni eccezionali non considerate in questa sede”, giacche la ditta titolare del trattamento mi sembra che abbia rispettato le prescrizioni contenute nella delibera dell’Authority.
La notificazione del trattamento ai sensi dell’art. 37 del Codice è invece necessaria, in quanto il trattamento di dati biometrici effettuato dalla ditta non rientra nei casi da sottrarre all’obbligo di notificazione (in quanto non suscettibili di recare pregiudizio ai diritti e alle libertà dell’interessato in ragione delle modalità di trattamento o della natura dei dati) previsti dalle lettere a) e b) della deliberazione n. 1 del 31 marzo 2004 del Garante (pubblicata sulla G.U. n. 81; del 6 aprile 2004).
Scritto il 26-3-2012 alle ore 10:56
Egregio Avv.Polacchini la ringrazio immensamente per la sua celere ed esauriente risposta.
Maria Serena Berra
Scritto il 26-3-2012 alle ore 15:48
Egr. dott. Polacchini, sono il titolare di un asilo nido e avrei intenzione di adottare un sistema di videosorveglianza al fine di controllare soprattutto eventuali condotte non corrette da parte dei miei dipendenti nei confronti dei bambini. Poichè so che le sanzioni in caso di infrazioni sono assai salate avrei bisogno di un Suo parere: in questo caso si può parlare di misure di prevenzione di eventi criminosi? Posso semplicemente adottare il sistema di videosorveglianza previo accordo sottoscritto da tutti i dipendenti? quali comunicazioni dovrei fornire ai genitori? in attesa di un Suo riscontro porgo cordiali saluti.
Scritto il 26-3-2012 alle ore 16:27
Pierpaolo legga la risposta già data nel post n. 365.
In ogni caso un “accordo sottoscritto da tutti i dipendenti” non è sufficiente.
Scritto il 26-3-2012 alle ore 17:22
riguardo all’accordo nella risposta data nel post n. 59 Lei riteneva che “data l’esiguità del numero del vostro personale possiate bypassare la DPL e fare sottoscrivere ai vostri due dipendenti una semplice dichiarazione.”: questo vale solo nel caso di telecamere installate “esclusivamente per finalità di sicurezza”? quindi secondo Lei devo passare necessariamente per la DPL? Per quanto riguarda la privacy dei minori è sufficiente esporre i cartelli previsti dal documento del garante della privacy oppure è necessario consegnare un’informativa e far sottoscrivere il consenso ai genitori?
Scritto il 26-3-2012 alle ore 18:57
Pierpaolo legga anche la risposta che ho dato nel post n. 61.
Per quanto riguarda l’informativa è necessario che, oltre ad affiggere i cartelli di avviso, lei la fornisca detagliata e per iscritto sia ai dipendenti che ai genitori dei minori.
Scritto il 3-4-2012 alle ore 14:52
C’è un legame tra numero di dipendenti di un esercizio commerciale ed obbligo di autorizzazzione da parte dell’ispettorato del lavoro per l’installazione di un impianto di videosorveglianza? In sintesi, una attività con 5 dipendenti può avere l’impianto di videosorveglianza senza richiedere permessi ed autorizzazioni? Grazie
Scritto il 3-4-2012 alle ore 15:10
un negozio con 5 dipendenti deve chiedere permessi ed autorizzazioni per l’installazione di un impianto di videosorveglianza? Grazie
Scritto il 3-4-2012 alle ore 18:27
Raffaele… faccia un piccolo sforzo e legga le risposte precedenti… Troverà la risposta scritta almeno 10 volte!
Scritto il 5-4-2012 alle ore 16:04
Gentile Dr Polacchini forse dopo tanto navigare credo di aver trovato la persona giusta che possa rispondere ad un mio quesito. Una società che intende acquistare una centrale operativa finalizzata al controllo satellitare di mezzi e persone (sfruttando le tecnologie GSM e GPRS)e alla gestione degli allarmi provenienti da impianti collegati a vari istituti di vigilanza, deve possedere obbligatoriamente una licenza ai sensi del Tulps (e varie norme inerenti) e comprare anche una o più radiofrequenze? Le sarei grato di una Sua preziosa risposta se possibile.
Scritto il 5-4-2012 alle ore 17:02
Mi dispiace sig. Clark, dovrà ancora navigare… non ha trovato la persona giusta!
Purtroppo io mi occupo solo di privacy, specialmente nelle aziende.
Mi spiace.
Scritto il 11-4-2012 alle ore 16:52
gentilissimo Dr. Polacchini,
sono un tabaccaio che ha dotato di impianto di videosorveglianza i propri locali da circa 12 anni. Ho alle dipendenze un commesso. In negozio facciamo i turni quindi io ed il dipendente ci alterniamo. Le registrazioni ci hanno permesso negli anni (oltre ad essere riusciti a rientrare in possesso di tanta refurtiva) di risolvere quotidianamente le problematiche relative a resti sbagliati o ad evitare di essere truffati da coloro che dicono di aver ricevuto il resto di 50 euro mentre ne avevano dati 100. In tempo reale io o il mio dipendente verifichiamo la registrazione….e via!
Il consulente che oggi segue la regolarizzazione della mia posizione mi informa che il registratore dovrà assere inserito in una struttura con doppia chiave per impedire che io possa controllare il mio dipendente mentre lavora! Di fatto, se questo corrisponde al vero, non potrei più utilizzare l’impianto per risolvere le controversie di tutti i giorni.
Arrivo quindi alle domande spicciole:
1)riesco a regolarizzare la mia posizione mantenendo telecamere che registrano l’area del prendiresto e del cassetto(e inevitabilmente dell’operatore e dei clienti)
2)Possiamo io ed il mio dipendente in autonomia controllare le registrazioni.
Se così non fosse mi troveri nella situazione di togliere tutto perchè avrei un impianto a norma che però non soddisfa le mie esigenze!!!
Grazie in anticipo dell’attenzione.
Scritto il 11-4-2012 alle ore 19:40
Stefano, capisco benissimo il suo problema, ma non capisco cosa vuole dire il suo consulente. Che cosa significa “il registratore dovrà assere inserito in una struttura con doppia chiave” ?
E’ evidente che lei non può controllare l’attività lavorativa del suo dipendente (art. 4 comma 1 legge n. 300/70), ma il comma 2 dello stesso art. 4 regolamenta il cosiddetto “controllo preterintenzionale” (al riguardo legga i miei post precedenti e quello iniziale). Quindi, a mio avviso lei deve semplicemente nominare il suo dipendente “incaricato del trattamento” dei dati acquisiti tramite la videoregistrazione e deve chiedere un’autorizzazione alla Direzione Prov.le del Lavoro, che invierà un ispettore a fare un sopralluogo e a darle eventuali prescrizioni specifiche per l’impianto.
Siccome l’autorizzazione deve essere preventiva all’installazione (altrimenti scatta la sanzione penale) lei dovrebbe disinstallare l’impianto prima di chiedere l’autorizzazione alla DPL.
Si ricordi di affiggere i carteli di avviso che l’area è videosorvegliata per finalità di sicurezza. Si ricordi anche che le registrazioni possono essere conservate al massimo per 24 ore (salvo chiusure del negozio o festività).
Per il resto, io non vedo problemi sul fatto che lei (titolare del trattamento) o il suo dipendente incaricato possiate visionare separatamente e alternativamente le immagini riprese dalle TLC.
Scritto il 13-4-2012 alle ore 10:07
Buongiorno,
Io vorrei sottoporle una domanda, da qualche giorno, sono state messe delle telecamere nascoste nel mio ufficio e forse anche dei mocrofoni, non per spiare me, ma una sorta di competizione tra i 2 titolari, padre e figlio. Il figlio in pratica, vuole controllare tutto l’operato del padre per poter ribattere ogni volta qualsiasi sua cosa detta e decisione presa…. Ora io sono stata avvisata dal titolare padre, ma non dal figlio che le ha messe… e sinceramente di essere spiata in ogni momento a me proprio non va giù…. perchè alla fine sono monitorata anch’io…
Come devo comportarmi??? Posso intimare una denuncia e una richiesta di risarcimento danni per far si che vengano tolte??? (esiste un risarcimento danni per tali cose???)…
Anche perchè quando sono stata assunta non c’era nulla di tutto questo… mi aiuti per favore, non sò davvero come uscirne!!!
Scritto il 16-4-2012 alle ore 16:08
Buongiorno
Una domanda in merito all’instazione/visione di alcune telecamere.
Se ho un bar con installate 7 telecamere, 2 delle quali installate all’esterno, posso farle vedere in ciclata a tutte le persone all’interno del bar tramite un monitor posizionato sopra la cassa??
La rimngrazio anticipatamente
Scritto il 19-4-2012 alle ore 12:44
Angela, come dovrebbe aver letto in molte delle mie risposte precedenti, per installare un impianto di VDS in un ambiente di lavoro è necessario (se manca uno specifico accordo sindacale al riguardo) chiedere l’autorizzazione preventiva ala competente Direzione Provinciale del Lavoro. Se il suo datore di lavoro non lo ha fatto, lei può segnalarlo all’Ispettorato del Lavoro.
Prima di chiedere un risarcimento dei danni (patrimoniali o non patrimoniali), occorre che i danni)… ci siano effettivamente stati. Nel suo caso io vedo soltanto un illecito controllo a distanza dell’attività lavorativa, controllo che è vietato dall’art. 4 dello Statuto dei lavoratori ed è un illecito sanzionato penalmente.
Scritto il 19-4-2012 alle ore 12:51
Giuseppe, per rispondere compiutamente alla sua domanda bisognerebbe sapere qual è la finalità delle riprese, che cosa o chi viene ripreso, quali immagini vorrebbe “pubblicare” e chi sono tutte le persone che le possono vedere.
Se la finalità è di sicurezza solamente il titolare del trattamento (cioè lei) o un suo incaricato può visionare le immagini.
Se sono ripresi suoi dipendenti a maggior ragione, inoltre si devono osservare specifiche cautele e accorgimenti.
Se viene ripresa la pubblica via ci sono altre cautele da osservare.
Come vede ci sono molti aspetti da considerare. In ogni caso io eviterei di far vedere il monitor alla clientela del bar.
Scritto il 25-4-2012 alle ore 18:56
Gent.mo Dr. Polacchini, gestisco una piccola struttura ricettiva extra-alberghiera aperta un anno fa. Per motivi di sicurezza erano state installate delle telecamere, ma io (titolare della mia societa’) gestivo da sola l’attivita’. Solo oggi, a distanza di un anno dall’apertura, si rende necessaria l’assunzione di una cameriera ai piani con contratto di lavoro a chiamata. Ho letto molti dei Suoi post, senza trovare una situazione simile alla mia. Devo presentare la domanda al DPL, ma Lei pensa sia il caso di smontare le telecamere?? Assurdo…La ringrazio e saluto cordialmente.
Scritto il 25-4-2012 alle ore 19:53
Brunella, a stretto rigore, avendo un dipendente, lei dovrebbe prima smontare la telecamera e poi chiedere l’autorizzazione alla competente DPL.
Francamente la cosa sembra assurda, ma la legge è molto chiara sul fatto che la richiesta di autorizzazione debba essere preventiva rispetto all’installazione dell’impianto di VDS.
Recentissimamente però il Ministero del Lavoro ha stabilito che per le piccole attività economiche l’installazione degli impianti di videosorveglianza potrà essere autorizzata senza il preventivo accertamento tecnico da parte degli organi di vigilanza, sulla base della semplice documentazione tecnica prodotta dal datore di lavoro a corredo della sua domanda (v. nota Min Lav. n. 7162 del 16 aprile 2012).
In realtà il Ministero nella sua nota rivolta alle DPL fa riferimento ad alcune attività economiche (quali ad es. ricevitorie, tabaccherie, oreficerie, farmacie, edicole, distributori di carburante, ecc.) divenute a forte rischio di rapina a causa delle consistenti giacenze di denaro, che hanno la necessità di installare telecamere con il fine di deterrente per atti criminosi e per assicurare le prove nei giudizi relativi a eventuali condotte penalmente rilevanti. Il Ministero ha ritenuto che in tali attività economiche “a rischio” le esigenze di sicurezza dei lavoratori sono oggettivamente dimostrate e pertanto ha ammesso una specie di “presunzione” di ammissibilità delle domande per l’installazione delle telecamere che dovranno consentire la massima potenzialità di controllo dell’incolumità del personale lavorativo e dei terzi.
Francamente però non mi sembra che la sua attività economica sia particolarmente rischiosa, perciò ritengo che lei dovrà seguire l’iter normale: istanza alla DPL, attesa del sopralluogo dell’Ispettorato e successivamente installazione delle TLC.
Scritto il 26-4-2012 alle ore 07:44
Grazie per le tempestive delucidazioni Dr Polacchini, continuo a pensare che sia assurda…l’Italia! Dovro’ smontare l’impianto, coprire i buchi e aspettare chissa’ quando il loro sopralluogo. E nel frattempo sono esposta al rischio di furto da parte degli avventori che, nel caso, l’assicurazione non coprirebbe neanche.
INCREDIBILE! Scusi lo sfogo, grazie della Sua consulenza.
Buona giornata.
Scritto il 27-4-2012 alle ore 18:06
Buongiorno Dott. Polacchini, vorrei aggiungere un una riflessione all’ultimo post nel quale si evince l’esistenza di un regolare sistema di videosorveglianza, correttamente segnalato, installato tempo prima come “antifurto” e che oggi deve rientrare nelle nuove esigenze operative che richiedono la presenza saltuaria di un primo dipendente. La domanda che vorrei porre e’ la seguente: anziche’ smontare fisicamente le telecamere con i conseguenti costi di montaggio e rimontaggio, non e’ possibilire limitarsi a inibire il sistema di videosorveglianza scollegando/rimuovendo il computer/sistema che gestisce la videorveglianza? Con la sua facile rimozione (e’ un computer di solito) verrebbe immediatamente impedita la videoregistrazione e si disattiverebbero contemporaneamente le telecamere. Ad ulteriore garanzia eventualmente si potrebbero “incappucciare” le telecamere che sarebbero cosi’ fisicamente oscurate.
In questo modo non si garantirebbe l’esigenza dell’ispettorato del lavoro che non vuole la presenza di un sistema di videosorveglianza evitando costosi lavori di montaggio e smontaggio telecamere? Ovvio che quanto suggerito lascerebbe comunque l’utente privo di sistema di controllo ed in caso di furto scoperto da garanzie assicurative. In attesa di una sua gentile risposta, la saluto e la ringrazio… Domenico Tappero
Scritto il 27-4-2012 alle ore 18:26
Domenico mi rendo conto di quanto da lei affermato, ma su questo punto molte DPL si sono dimostrate piuttosto inflessibili e hanno sanzionato datori di lavoro che avevano installato un impianto di VDS in un luogo di lavoro prima di ottenere la necessaria autorizzaione preventiva, anche se l’impianto non era ancora funzionante. La norma dello Statuto dei lavoratori vieta l’installazione di strumenti “potenzialmente” in grado di effettuare un controllo (anche preterintenzionale) a distanza sull’attività lavorativa dei dipendenti. Inoltre, rimuovere il computer che serve da monitor per la TLC oppure oscurare la TLC stessa non dimostra di per sè che prima di tale oscuramento il datore di lavoro non abbia mai ripreso i suoi dipendenti. Tutto dipende quindi, dalla “elasticità” dell’ispettore della DPL che compie il sopralluogo in azienda.
Scritto il 27-4-2012 alle ore 20:31
Dott. Polacchini perdoni la mia insistenza… Capisco, anche se con riserva, l’atteggiamento delle DPL in presenza di dipendenti. Ma se il datore di lavoro non ha ancora assunto alcun dipendente ed ha un’impianto di videosorveglianza attivo come antifurto e chiede l’autorizzazione in via preventiva rispetto alla prima assunzione deve smontare l’impianto esistente?
Verso chi sta violando le norme sulla privacy se manca il potenziale offeso?
Mi sembrerebbe assurdo che in assenza di personale e presumendo di averlo in futuro, un sistema di videosorveglianza correttamente installato e segnalato ai clienti,sia da smontare prima di assumere il primo dipendente. Sarebbe un paradosso italiano.
In pratica non si sta violando nulla o sbaglio se i dipendenti ancora non ci sono?
Comprendo, anche se e’ comunque una stortura, che un datore di lavoro che ha gia’ in forza dei dipendenti debba disattivare il sistema di videosorveglianza e magari pure smontare le telecamere prima che i dipendenti operino nell’area videocontrollata.
Nel caso in cui nell’organico non c’e’ ancora alcuna persona assunta mi sembrerebbe piu’ logico che il “futuro” datore di lavoro comunichi di avere intenzione di assumere una persona, ma che in azienda c’e’ gia’ un sistema di video sorveglianza installato. Avere indicato cosa deve eventualmente adeguare e sulle indicazioni dell’ispettorato procedere alle modifiche e solo dopo procedere con la prima assunzione. La faccio troppo semplice? Dimentico di essere in Italia?
Scusandomi ancora per l’insistenza la ringrazio per la disponibilita’ e la cortesia … Buona serata.
Scritto il 28-4-2012 alle ore 08:44
Domenico, il suo ragionamento non fa una piega, ma spesso la logica si scontra con la rigidità delle nostre leggi e di chi le deve interpretare ed applicare.
Siamo in Italia… perciò provi a fare ciò che ha detto e si auguri che la competente DPL applichi la stessa logica da lei applicata e comprenda la perfetta buona fede del datore di lavoro.
Tenga presente però che la DPL ha 60 giorni di tempo per effettuare il suo sopralluogo ispettivo. E nel frattempo che cosa fa l’azienda? Aspetta ad assumere il dipendente del quale ha bisogno?! Un aiuto lo potrebbe dare il recentissimo provvedimento del Ministero del Lavoro ( vedi: http://marcellopolacchini.postilla.it/2012/04/26/videosorveglianza-installazione-piu-rapida-in-certi-ambienti-di-lavoro-nessun-sopralluogo-preventivo-degli-ispettori-del-lavoro/ ) che, vista la crescente necessità per alcune attività economiche (ad es. ricevitorie, tabaccherie, oreficerie, farmacie, edicole, distributori di carburante, ecc.) divenute a forte rischio di rapina a causa delle consistenti giacenze di denaro, di installare telecamere come deterrente al verificarsi degli atti criminosi, ha stabilito che l’installazione degli impianti di videosorveglianza potrà essere autorizzata dalle DPL senza il preventivo accertamento tecnico da parte degli organi di vigilanza. Pertanto, d’ora in poi le DPL per autorizzare l’installazione delle telecamere in questi luoghi di lavoro particolarmente rischiosi faranno riferimento esclusivamente alle specifiche dell’impianto (caratteristiche tecniche, planimetria dei locali, numero e posizione delle telecamere, ecc.) risultanti dalla documentazione prodotta dal datore di lavoro a corredo della domanda di autorizzazione che diventerà, per i profili tecnici, parte integrante del provvedimento autorizzativo.
Questo snellirà parecchio i tempi dell’autorizzazione, sempre che la sua attività rientri considerate a rischio di rapina.
Scritto il 28-4-2012 alle ore 09:08
La ringrazio ancora.
Mi e’ stato molto utile il dibattito con Lei.
Contattando la DPl sentiro’ qual e’ la loro interpretazione sperando in una certa elasticita’ considerando che i dipendenti ancora non ci sono e tutto si sta facendo in via preventiva per evitare problemi in futuro. Faro’ tesoro dei suoi consigli e agiro’ di conseguenza.
Buon Week End
Cordialmente
Domenico
Scritto il 30-4-2012 alle ore 14:29
gent avvocato gradirei che lei chiarisse questo dubbio ossia un commerciante in questo caso il titolare di un centro benessere che pretestuosamente impedisce ad una persona in quel momento, potenziale cliente l’ingresso nel proprio locale (sicuramente per questioni personali), in quale tipo di violazione incorre ovvero può avere tale comportamento rilevanza penale o di carattere amministrativa?
nel ringranziarla la saluto cordialmente
Scritto il 3-5-2012 alle ore 21:41
Gentile Ivano, mi sa dire che cosa c’entra la sua domanda con la privacy e per di più…. nel rapporto dio lavoro?!!
Questo NON E’ lo sportello “l’avvocato risponde” (gratis)!!
Cordialmente.
Scritto il 4-5-2012 alle ore 16:35
Buonasera Dr Polacchini,
le sarei grado ricevere um suo parere su quanto appresso indicato:
premetto che siamo una azienda installatrice con regolare possesso di requisiti all’installazione.Dobbiamo prendere in carico per manutenzione un impianto di videosorveglianza,tra l’altro da noi installato tempo addietro.L’impianto ha regolare DICO e relativa planimetria progettuale di un professionista.E’ installato in un fabbricato, nella sola parte esterna, ad uso commerciale(uffici affittati a terzi).Lo stabile è presidiato da custode diurno e notturno dipendenti della proprietà dello stabile e da un corpo di vigilanza esterno.Ogni TLC è dotata di cartello nella prossimita di ubicazione.Da una ns indagine abbiamo rilevato che non risulta essere stata richiesta nessuna autorizzazione preventiva alla DPL e che non esiste una persona designata al trattamento da parte del titolare.Esiste soltanto l’arbitrarietà da parte del custode diurno che gestisce a suo volere l’impianto anche prelevando le immagini e curiosando altrui.Premesso quanto sopra la domanda è come dovremmo comportarci per non incorrere a concorsi di colpa nel prendere in carico tale impianto ai fini delle normative vigenti? La ringrazio e le auguro una buona serata.
Scritto il 4-5-2012 alle ore 17:01
Dablomaike non mi risulta che possa esservi un “concorso di colpa” dell’installatore di un impianto di videosorveglianza nell’eventuale infrazione commessa dal “titolare del trattamento”.
Il titolare – secondo la definizione data dall’art. 28 del D.Lgs. 196/03 – quando il trattamento è effettuato da una persona giuridica, da una pubblica amministrazione o da un qualsiasi altro ente, associazione od organismo, è l’entità nel suo complesso o l’unità od organismo periferico che esercita un potere decisionale del tutto autonomo sulle finalità e sulle modalità del trattamento, ivi compreso il profilo della sicurezza. Perciò, nel vostro caso, il titolare è il cliente che vi ha commissionato l’impianto (il proprietario dell’immobile che ha affittato gli uffici o i singoli locatori degli uffici?) ed è a lui e solo a lui che incombe l’obbligo di rispettare la normativa sulla protezione della privacy. Ed è questi che deve stabilire chi ha accesso alle immagini riprese (eventualmente nominandolo formalmente “incaricato del trattamento”), come proteggere le immagini, per quanto tempo conservarle, se è necessario o no chiedere l’autorizzazione alla DTL competente, dare l’informativa agli interessati, garantire prontamente l’esercizio dei loro diritti, preoccuparsi di affiggere i cartelli di avviso, eccetera.
Inoltre, va precisato che l’autorizzazione alla Direzione Territoriale del Lavoro deve essere richiesta dal titolare del trattamento solo se l’impianto di VDS riprende luoghi nei quali possono trovarsi i propri dipendenti. Da quello che lei mi scrive non mi è chiaro se possano essere ripresi i dipendenti degli uffici affittati a terzi. Solo in questo caso i singoli datori di lavoro dovevano informare il proprio personale e chiedere l’autorizzazione preventiva della DTL.
Scritto il 7-5-2012 alle ore 15:42
Buona giorno, sono andato a veder il nuovo aggiornamento per cui certe attivita` possono installare il sistema tvcc , appena gli viene voglia mettiamola cosi, rispettando logicamente certi criteri , ma le stessa attivita non sono esonerate nell informare la DPL cosi mi sembra di avere capito .?
non capisco inoltre le ecc. nella definizione delle categorie o fa fronte il cossrispettivo a fine serata, poiche se una panetteria ha un giro di affari notevole , quindi un incasso in liquidi ma non un valore in merce , come un edicola poiche un giornale quotidiano costa quanto un kg di pane .
quindi la valutazione la possiamo fare sul corrispettivo ?
grazie per un suo chiarimento in merito
Scritto il 7-5-2012 alle ore 20:05
Se ci sono dipendenti è necessario fare una domanda alla DPL nella quale si manifesta l’intenzione di installare l’impianto di VDS e se ne descrivono le finalità e le caratteristiche tecniche. Per certe attività definite “pericolose” in quanto in cassa sono presenti notevoli somme di contanti il Ministero del Lavoro ha stabilito che si presume cle la VDS serva anche per la sicurezza dei dipendenti, perciò si prescinde dal sopralluogo dell’Ispettorato per ottenere (entro 60 giorni dall’istanza) l’autorizzazione della DTL.
Nella sua nota il Min. Lav. cita alcuni esempi di attività “pericolose”, come tabaccherie e benzinai, ma nulla vieta che possa essere considerata pericolosa anche una panetteria se il giro di affari quotidiano è notevole. Per evitare l’ispezione sarà necessario documentare adeguatamente questo aspetto, poi sarà la DTL a valutare di volta in volta se è necessario o no fare il sopralluogo ispettivo prima di concedere l’autorizzazione. In sostanza Marco, meglio è fatta la domanda del datore di lavoro e più completa è la documentazione tecnica allegata, meglio è.
Scritto il 9-5-2012 alle ore 00:27
salve lavoro in un azienda in calabria dove non mi danno niente mi pagano alla giornata, non mi pagano, ferie, malattia, tredicesima, permessi, straordinari, festivita, trasferte, niente di niente praticamente se lavoro mi pagano senno niente , se in un mese faccio un giorno mi danno 50 euro e basta ,anzi se manco un ora me la scalano pure, siamo videosorvegliati con telecamere che registrano e si vedono anche nella stanza del titolare io non ho mai firmato niente che autorizzasse le riprese, quando mi pagano nella busta paga esce quello che vogliono fare uscire loro poi se ho lavorato pochi giorni gli devo tornare in contanti, la differenza busta paga giornate fatte,svolgo mansioni complicate supervisione macchinari altrettanto e sono inquadrato di primo livello vorrei mi dasse su come rovinare queste persone che se ne approfittano del bisogno e della crisi
Scritto il 9-5-2012 alle ore 03:58
Marco, capisco la sua disperazione, ma non credo di essere la persona più adatta per aiutarla…
Il datore di lavoro che vuole installare un impianto di videosorveglianza deve fare uno specifico accordo con la rappresentanza sindacale aziendale, oppure deve chiedere un’autorizzazione alla Direzione provinciale del lavoro. Se non lo fa commette un reato penale.
Legga i post precedenti.
Scritto il 9-5-2012 alle ore 19:34
Buongiorno avvocato, volevo porle il seguente quesito: se una ditta con dipendenti, che svolgono turni di lavoro solo diurno, decide di installare delle telecamere a scopo di deterrenza contro i furti e le programma per farle funzionare solo di notte o in ogni caso al di fuori dell’orario in cui i dipendenti sono presenti, deve presentare istanza alla competente Direzione del Lavoro? Le telecamere sono installabili all’interno della struttura o è opportuno che siano installate solo sul perimetro esterno? Perchè secondo me installarle all’interno comporta che di giorno, quando i lavoratori svolgono la propria attività, siano presenti queste telecamere che, anche se non funzionanti, in ogni caso possono determinare un condizionamento sui lavoratori stessi, potendole per esempio assimilare a telecamere finte che sono vietate.
Grazie per la disponibilità, attendo una sua risposta.
Donato
Scritto il 10-5-2012 alle ore 09:07
Donato, l’installazione di un sistema di videosorveglianza in un ambiente di lavoro – come ho già detto più volte – richiede un’autorizzazione della DTL quando le TLC, anche se non sono finalizzate al controllo dell’attività lavorativa, potrebbero riprendere luoghi in cui possono trovarsi anche a transitare dei lavoratori.
Dottrina e giurisprudenza sono concordi nel ritenere che rientri nel divieto di controllo a distanza dell’art. 4 St. Lav. sia la vera e propria prestazione lavorativa sia altre attività svolte in azienda dal lavoratore (ad es. le pause, l’ingresso e l’uscita, ecc.). Il divieto riguarda anche le TLC finte o non funzionanti.
Se le TLC sono installate all’interno dell’ambiente lavorativo, è evidente che esse potrebbero anche riprendere i lavoratori, quindi occorre sempre l’autorizzazione o l’accordo con le RSA.
La Cassazione ha tuttavia ritenuto legittime le riprese fatte al di fuori dell’orario di lavoro per tutelare il patrimonio aziendale contro atti illegittimi messi in atto da terzi.
Scritto il 10-5-2012 alle ore 19:11
Buona sera dott, le rispondo al 397 in quanto non si tratta di evitare un eventuale controllo ci mancherebbe ma in quanto in tempestivita nell installazione, che questi 60 gg sia considerati lavorativio di calendario ? poiche se sono lavorativi le cose combiano notevolmente.
quindi con il nuovo provvedimento un attivita se si ritiene soggetta a rapina che a dei dipendenti puole intallare limpianto di vds e mandare la comunicazione alla DPL , in questo caso non subiamo la multa, se le telecamere sono intallate correttamente rif art 4 ….. .
negli obblighi del committente si deveavvalere di ditta qualificara nel rilasciare la certificazione di conformita`, quindi questultima sara in gradi di dare una giusta inquadratura che non vada a danneggiare nessuono , mi corregga se sbaglio .
grazie mille
Scritto il 10-5-2012 alle ore 19:35
Marco i 60 giorni sono giorni di calendario dalla datoa di ricevimento della domanda di autorizzazione da parte della DTL.
Se l’attività commerciale è “pericolosa” perchè in cassa si trovano notevoli somme di denaro contante, basta che faccia una domanda circostanziata alla DPL, allegando la documentazione tecnica sulle caratteristiche dell’impianto di VDS. Una volta ricevuta la domanda la DPL potrebbe concedre l’autorizzazione (entro 60 gg.) anche senza madrae l’Iespettore a fare il sopralluogo. Solo dopo aver ottenuto l’autorizzazione si può installare l’impianto di VDS!
La ditta di installazione dell’impianto deve rilasciare la dichiarazine di conformità ai sensi del punto 25 del Disciplinare Tecnico, allegato B) al D.Lgs. n. 196/03 – Codice della privacy e, ovviamente, le telecamere devono essere installate in maniera idonea, tale da non riprendere direttamente in faccia i lavoratori.
Scritto il 11-5-2012 alle ore 09:21
MOZIONE D’ORDINE PER TUTTI GLI UTENTI
Ho scritto diversi thread (6 o 7 mi pare) nella sezione “Impresa” del blog Postilla.it, dedicati alla VIDEOSORVEGLIANZA, ma ciascuno focalizzato su un argomento specifico.
Ho anche cercato di mantenere “in ordine” questo blog, cercando di rispondere alle domande pertinenti all’argomento iniziale del thread, ma purtroppo vedo che la cosa non ha funzionato.
Continuano ad arrivarmi domande da parte di molti utenti scritte A CASO là dove capita, cioè all’interno di trehad che riguardano argomenti SPECIFICI relativi alla videosorveglinaza.
Per di più mi arrivano molto spesso domande alle quali ho gia dato ampiamente risposta, semplicemente perchè l’utente non vuole nemmeno fare la fatica di utilizzare la funzione RICERCA per vedere se alla domanda non sia già stata data una risposta in precedenza.
Francamente sono stanco e questo modo di utilizzo del blog (la cui finalità iniziale era ben diversa da quello che è diventato…) non lo considero affatto professionalmente stimolante.
Nella home page di Postilla.it è precisato che “Postilla è la prima blog community fatta da professionisti per i professionisti e dedicata a tutti coloro che vogliono dialogare e confrontarsi su aree di specifico interesse…” Si tratta di un “network tra esperti della materia per promuovere il dibattito e lo scambio sui temi professionali in un libero spazio di comunicazione”.
“L’obiettivo di Postilla è innovare l’approccio ai contenuti professionali, raggiungendo un pubblico più ampio e facilitando il dialogo su tematiche di alto valore”.
Non mi sembra francamente che l’utilizzo fatto dall’utenza che mi rivolge quotidianamente quesiti sulla videosorveglianza si in linea con lo spirito e la finalità di Postilla.
Mi dispiace, ma questo blog professionale non è lo sportello di consulenza gratuita sulla videosorveglianza e non è nemmeno lo sportello “l’Avvocato risponde”.
Perciò ho deciso che NON RISPONDERO’ PIU’ a domande NON PERTINENTI L’ARGOMENTO SPECIFICO o a domande che mi siano GIA’ STATE FATTE.
Invito gli utenti in generale ad imparare ad utilizzare i motori di ricerca!
GRAZIE!
Scritto il 11-5-2012 alle ore 17:09
Caro Avvocato, ha tutta la mia solidarietà e comprensione.
Un abbraccio e buon lavoro.
Luigi
Scritto il 12-5-2012 alle ore 19:44
Caro Avvocato, tenga duro si armi di pazienza e non permetta che qualche intervento “fuori tema” possa mettere a repentaglio un’iniziativa come la sua che costituisce oggi un punto di riferimento nel Mondo della videosorveglianza.
Anzi, vedrei il suo sforzo ancora più encomiabile se volesse cimentarsi anche nel campo della ancor più diffusa, e spesso invasiva, videosorveglianza generica.
Un sentito ringraziamento, Vincenzo Corradi.
Scritto il 26-5-2012 alle ore 13:08
Caro avvocato,
sono un dipendente di una societa’ che conta piú di 300 dipendenti la quale è fornita di un grade parcheggio in parte sotterraneo, un giono di particolate freddo sono andato a sbattere contro un muro per causa di ghiaccio sottilissimo creato dal mix di umiditá e freddo, ho chiesto alla mia azienda il risarcimento visto la mancanza di messa in sicurezza del garage.
Ma lazienda mi fa una lettera disciplinare perchè la dinamica dell’incidente non corrisponde alla mia dichiarazione, basandisi principalmente sulle immagini registrate nel garage.
Ma altro compo di scena, lazienda dichiata anche nella lettera che il garage non è di sua competenza e che esiste un antra società responsabile.
La mia domanda è lazienda puó visionare le immagini anche se sono di un’altra societá?
E ancora… in questo caso,si possono usare le immagini per prendere provvedimenti bisciplinari visto che l’azienda la mette giù bura citando la mia buona fede e i rapporti di fiducia?
grazie
Scritto il 27-5-2012 alle ore 02:02
Egr. Avvocato,
sono dipendente di una società di vigilanza privata,circa 20 giorni fa ci è stata consegnata una lettera nella quale si disponeva che le pattuglie del servizio teleallarme, durante le ore di servizio devono stazionare in un punto preciso della città ( ogni pattuglia in un diverso punto specifico ) es. pattuglia 1 in via … ang. via …, e dopo ogni eventuale allarme, ritornare nel punto stabilito ( già questo mi sembra perlomeno assurdo ) che pattuglia è se resta ferma in un punto fisso ?
Inoltre nei giorni scorsi ho saputo che è stata fatta una contestazione disciplinare ad un collega che non stazionava in detto punto stabilito, in base ad una foto fatta da un nostro dirigente che si ritrae con il collega sullo sfondo in un’altra strada ( ovviamente all’insaputa del collega ).
La domanda sorge spontanea,
è normale tutto questo?
possono fare una contestazione avallata da una foto (rubata)?
possono obbligare una pattuglia a stare ferma all’angolo di una strada?
P.S.: abbiamo già avuto delle lamentele dai passanti, perchè per ovvi motivi la vettura è sempre in moto ( aria condizionata – riscaldamento ).
Aspetto notizie
Grazie.
Scritto il 28-5-2012 alle ore 10:02
Mimì, quello che lei chiede non ha alcuna attinenza con la tutela della privacy nell’ambito del rapporto di lavoro né con la sua possibile violazione tramite un impianto di videosorveglianza.
Inoltre, io non posso certamente entrare nel merito di come il suo datore di lavoro abbia deciso di organizzare il servizio di vigilanza privata.
Quanto alla contestazione disciplinare (a mio avviso legittima) da parte del suo datore di lavoro, ritengo che la foto “rubata” (come lei la definisce) fatta da un responsabile dell’azienda, possa costituire un legittimo strumento di prova della violazione commessa dal suo collega ad una disposizione organizzativa legittimamente disposta dal suo datore di lavoro. Il suo collega, naturalmente, a fronte della contestazione disciplinare potrà esercitare il suo diritto di difesa riconosciutogli dall’art. 7 della legge n. 300/70 (Statuto lavoratori)
Scritto il 28-5-2012 alle ore 10:24
Mario, io non so (ma credo non sappia nemmeno lei) chi sia il proprietario dell’impianto di videosorveglianza (cioè il “titolare” del trattamento dei dati), né quali siano gli accordi intercorsi tra il proprietario del garage sotterraneo e il suo datore di lavoro per quanto riguarda la videosorveglianza, cioè, in pratica non so chi siano i soggetti autorizzati a visionare le immagini registrate per motivi di sicurezza.
Quanto al rifiuto di risarcirle i danni, se il mezzo di prova sulla dinamica dell’incidente acquisito dal suo datore di lavoro (in qualunque modo) dimostra che i fatti non si sono svolti come da lei descritto, non vedo come lei possa pretendere il risarcimento, oltretutto da parte del suo datore di lavoro. Sta a lei che ha subito il danno dimostrare in un eventuale giudizio civile come si sono svolti i fatti, ammesso che tutto dipenda da negligenza del proprietario del garage (non certo del suo datore di lavoro!).
In alcune sentenze di merito la giurisprudenza ha solamente vietato l’utilizzo in giudizio di immagini registrate riprese in violazione del divieto di controllo a distanza dell’attività lavorativa dei dipendenti (non delle loro manovre di parcheggio!); ma questa è tutta un’altra questione Mario.
La contestazione disciplinare (ma di quale mancanza?) dovrebbe invece essere circostanziata e rispettare l’art. 7 dello Statuto dei lavoratori. Se le riprese dimostrano chiaramente che le cose sono andate in maniera diversa da come lei ha descritto e che lei ha cercato di ottenere un risarcimento al quale non aveva diritto, questo può dimostrare la sua malafede, ma non mi sembra che questo possa dare luogo ad un provvedimento disciplinare.
Scritto il 28-5-2012 alle ore 17:31
grazie
Scritto il 12-6-2012 alle ore 01:25
Egr. Avvocato buonasera,
sono ancora io,il dipendente della società di vigilanza privata,spero di non disturbarla troppo,ma ormai credo che stiamo arrivando agli eccessi.
Le scrivo sempre per lo stesso collega dell’altra volta che a seguito del procedimento disciplinare avviato nei suoi confronti,in una telefonata col suo diretto superiore nella quale si lamentava dell’accaduto,gli è diciamo sfuggito un vaff….. ,il problema è che la telefonata era registrata e gli hanno fatto un’altra contestazione disciplinare.
Ora,il problema è il seguente,nessuno di noi era al corrente che le telefonate venissero registrate,in quanto all’inizio della telefonata stessa non c’è nessun messaggio che lo comunichi.
Può la suddetta telefonata essere oggetto di contestazione disciplinare ?
E’ possibile che l’azienda registri tutte le telefonate in entrata e in uscita senza avvisare gli eventuali interlocutori ?
Inoltre proprio stamattina è stata discussa la contestazione relativa alla foto(rubata) dell’altra volta, e cosa strana alla fine della discussione la commissione non ha sanzionato il collega, ma si è riservata il diritto di decidere in seguito, siccome è già successo un’altra volta ed alla fine fù comminata una sanzione di 6 giorni di sospensione, annullati in seguito da un ricorso vinto dal lavoratore in tribunale, la mia domanda è la seguente:
Che io sappia in sede di contestazione,al momento della decisione di una eventuale sanzione,va apposta la firma del rappresentante dell’azienda, quella del lavoratore e quella del sindacalista presente,può l’azienda in mancanza delle suddette firme(poichè si è riservata il diritto di decidere in seguito)comminare una sanzione, di qualunque entità si tratti?
E’ possibile in mancanza delle suddette firme chiedere l’annullamento della sanzione?
Spero di non averla disturbata,ma credo che in futuro potrei ancora aver bisogno dei suoi pareri, in quanto ormai in azienda si è aperta una caccia alla (virgola fuori posto)per comminare sanzioni che molto spesso rasentano il ridicolo.
Giusto per farle capire di cosa parlo,è stata fatta una contestazione ad un collega, solo perchè è stato visto da un superiore appoggiato alla vettura di servizio con un piede sulla ruota anteriore,perchè a loro dire,in quel modo ha leso l’immagine dell’Istituto.(se non sono lettere assurde queste).
Grazie ancora per il suo tempo, e grazie per essere disponibile per noi poveri lavoratori in mano a imprenditori che pensano solo a fare soldi sulle nostre spalle, infischiandosene di tutto e di tutti,e molto spesso anche delle LEGGI.
Mimì
Scritto il 12-6-2012 alle ore 15:48
Mimì, come le ho già scritto nel post n.409, quello che lei mi chiede non ha alcuna attinenza con la tutela della privacy nell’ambito del rapporto di lavoro, né tantomeno con la possibile violazione della privacy mediante un impianto di videosorveglianza.
Per quanto riguarda le contestazioni disciplinari da parte del suo datore di lavoro si rivolga a un sindacato o a un avvocato giuslavorista.
Scritto il 12-6-2012 alle ore 15:53
Nessuna violazione della privacy dei dipendenti, se questi ultimi hanno autorizzato l’installazione dell’impianto. Per la giustizia, difatti, questo placet – chiarisce la Cassazione, con sentenza numero 22611, Terza sezione Penale, depositata oggi – può sostituire l’accordo, previsto dallo Statuto dei lavoratori, «con le rappresentanze sindacali aziendali o con la commissione interna».
Allora valgono anche le dimissioni in bianco all’atto dell’assunzione e l’obbligo di lavare i piedi al titolare la sera prima di uscire dall’ufficio.
Con la fame di lavoro che c’è ad un dipendente oggi puoi fare firmare qualsiasi cosa.
E’una vergogna.
Vedrai che rivoluzione.
Scritto il 12-6-2012 alle ore 16:06
P.S. Mi perdoni il “tu” dell’ultima frase, mi sono infervorato e pensavo di scrivere ad un amico consulente mentre terminavo il messaggio.
Cordialità
Vincenzo Corradi
Scritto il 12-6-2012 alle ore 16:36
Vincenzo, perdoni. La sentenza non parla di privacy, quanto di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori (legge 300/1970).
Giuridicamente, sono due fattispecie diverse.
Scritto il 12-6-2012 alle ore 16:44
Grazie della sua segnalazione Vincenzo.
Sono davvero curioso di leggere le motivazioni della sentenza da lei citata, che sembra stravolgere quanto previsto dal comma 2 dell’art. 4 dello Statuto dei lavoratori.
Personalmente però, ritengo che le ragioni che hanno portato all’emanazione dello Statuto dei lavoratori negli anni ’70 e che hanno determinato lo strapotere delle organizzazioni sindacali negli anni successivi siano ormai da tempo venute meno. Ritengo che un rapporto diretto tra il datore di lavoro (non più il “padrone”) e tutti i suoi collaboratori (non i “dipendenti”) sia preferibile ed auspicabile, specie nelle PMI e in momenti di crisi economica, nei quali si trovano un pò tutti “nella stessa barca”. Certe “garanzie” che avevano una ragione di essere nel mondo del lavoro di quarant’anni fa, oggi – a mio avviso – tutto sommato forse sono superate.
Scritto il 12-6-2012 alle ore 16:51
Può leggere qui la sentenza:
http://www.studiosigaudo.com/wp-content/uploads/Terza-Sezione-Penale-della-Corte-di-Cassazione-nella-sentenza-n.-22611.pdf
Scritto il 12-6-2012 alle ore 16:58
Sono perfettamente d’accordo con lei su quello che dovrebbe essere l’indirizzo dei rapporti tra datori di lavoro e collaboratori. Nella realtà dei fatti è raro trovare un’installazione di VDS che sfugga ad un utilizzo di tipo disciplinare (questo è emerso nel corso di un recente convegno organizzato dal Sole24ore al quale ho partecipato nella veste di relatore e nel corso del quale ha raccontato le sue esperienze uno dei principali installatori di VDS). Il Led di telecamera accesa è quasi sempre bruciato, lo zoom così com’era stato approvato dalla DTL alla fine si allarga sempre più ed allo scadere delle 24 ore le registrazioni cambiano semplicemente cassetto per non parlare dell’IPhone del titolare che da remoto in qualsiasi momento mostra le attività più o meno alacri dell’ufficio.
Siamo in un Paese di furbetti e con questo dobbiamo fare i conti.
Scritto il 12-6-2012 alle ore 17:35
Ho letto attentamente l’estratto della sentenza e personalmente ritengo che la motivazione abbia una sua logica. La garanzia per i lavoratori è giusta e doverosa, ma il potere autorizzatorio della RSU mi sembra quanto meno anacronistico.
Si Vincenzo, l’Italia è certamente il paese dei furbetti, ma deve darmi atto che questi non stanno sempre da una sola parte. “Fatta la legge trovato l’inganno” mi pare che si dica…
Comunque, al di là del fatto che in un eventuale giudizio di merito nei confronti del lavoratore che ha commesso un’infrazione disciplinare i giudici sono quasi sempre orientati in favore della parte “più debole” del rapporto di lavoro (il dipendente) e che una prova illegittimamente acquisita non viene ammessa processualmente, se quando ero direttore del personale io avessi potuto avere la prova videoregistrata di molte infrazioni commesse dai dipendenti avrei sicuramente avuto vita più facile…!
Ad ogni modo, se un datore di lavoro decide di installare un sistema di VDS per sorvegliare i propri dipendenti, probabilmente significa che qualche furbetto è presente tra i lavoratori. Non crede?
Scritto il 12-6-2012 alle ore 17:46
Ludolfo (post n. 416), l’art. 114 del Codice della privacy (Controllo a distanza) dispone che: “Resta fermo quanto disposto dall’articolo 4 della legge 20 maggio 1970, n.300”.
L’utilizzo di sistemi di videosorveglianza finalizzati al controllo a distanza dei lavoratori o a compiere indagini sulle loro opinioni o su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell’attitudine professionale dei lavoratori (indagini vietate dall’art. 8 dello Statuto dei lavoratori), integra la fattispecie di reato prevista dall’art. 171 del Codice della privacy, che dispone che la violazione dell’art. 114 è punita con le sanzioni di cui all’art. 38 della L. n. 300/70.
Perciò la sentenza di Cassazione citata da Vincenzo può avere riflessi anche sulla tutela della privacy nell’ambiente di lavoro ed è un importante precedente.
Scritto il 12-6-2012 alle ore 18:00
Penso che comunque la portata della sentenza vada ridimensionata ai casi nei quali si possa disporre di una raccolta unanime di consensi da parte dei lavoratori e se questo è ipotizzabile nelle piccolissime realtà quando si comincia a trattare di locazioni più affollate raggiungere il risultato comincia ed essere più problematico (a meno di clamorosi ricatti come citato sopra). Ritengo che la strada maestra debba rimanere la dichiarazione d’assenso da parte della DTL che tra le altre cose è in grado di stabilire tecnicamente il grado di invasività di un impianto o, nelle realtà più grandi, l’accordo con le RSA.
Scritto il 12-6-2012 alle ore 18:12
Sono perfettamente d’accordo con lei Vincenzo. Non a caso nella mia risposta parlavo di piccole e medie imprese. Nelle realtà più grandi (e sindacalizzate) il consenso unanime dei lavoratori è un’utopia. Inoltre, posto che nelle aziende con meno di 15 dipendenti non esiste la RSA/RSU, l’unica strada percorribile in questo caso è quella di chiedere l’autorizzazione della competente DTL.
Scritto il 20-6-2012 alle ore 02:01
Buonasera il
Mio vicino di casa ha messo una telecamera sulla sua terrazza .la terrazza è sopra i garage e la telecamera è al centro della sua terrazza.. Io sotto ho il mio garage e ci siamo accorti di questa telecamera. Partendo dal presupposto che nn ci sono cartelli, non ha chiesto niente a nessuno notiamo che la telecamera punta non solo nella sua parte ma anche sulla zona condominiale. Lui dice di no, ma è palese! Anche per come è stata posizionata. ! Dato che questo mio vicino è proprio una persona pesante e mi ha fatto passare le pene Dell
Inferno in questi 10 anni che abito qui, cosa mi consiglia??
Scritto il 20-6-2012 alle ore 07:58
Silvia, quello della tutela della riservatezza in ambito condominiale è un problema di sempre maggiore attualità, che continua a essere oggetto di esame da parte dell’autorità giudiziaria.
Sono molte e complesse le problematiche sottese al tema dell’uso delle telecamere in un condominio e al tema dei rapporti tra esigenze di sicurezza e tutela della privacy. In questa materia, però, manca una normativa specifica, tant’è vero che il Garante della privacy è più volte intervenuto a sollecitare l’intervento del legislatore.
In sede penale, la questione è stata già affrontata e risolta dalla Cassazione, che ha affermato che “non commette il reato di cui all’articolo 615-bis del codice penale (interferenze illecite nella vita privata) il condomino che installi per motivi di sicurezza, allo scopo di tutelarsi dall’intrusione di soggetti estranei, alcune telecamere per visionare le aree comuni dell’edificio (come un vialetto e l’ingresso comune dell’edificio), anche se tali riprese sono effettuate contro la volontà dei condomini” specie se i condomini stessi siano “a conoscenza dell’esistenza delle telecamere” e possano “visionarne in ogni momento le riprese” (Cass. Pen. Sez. V, n. 44156/2008).
In ambito civile, invece, siamo di fronte ad un vero e proprio vuoto normativo, pur trattandosi di tutelare diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione, come quello alla riservatezza ed alla vita privata (difesi anche dall’art. 8 della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo).
E’ significativo il principio di diritto affermato dal Tribunale di Varese con l’ordinanza n. 1273 del 16 giungo 2011, secondo la quale il condomino non può installare un impianto di videosorveglianza per riprendere aree condominiali comuni, anche se l’installazione è a tutela della propria sicurezza ed è stata fatta a seguito di diversi furti ed infrazioni. Secondo il giudice di merito “l’impianto va rimosso immediatamente a spese del condomino che lo ha installato e sotto la sua responsabilità, atteso che, nel silenzio della Legge, il singolo condomino non ha alcun potere di installare, per sua sola decisione, delle telecamere in ambito condominiale, idonee a riprendere spazi comuni o addirittura spazi esclusivi degli altri condomini, eccezion fatta per il caso in cui la decisione sia deliberata all’unanimità dai condomini, perfezionandosi in questo caso un comune consenso idoneo a fondare effetti tipici di un negozio dispositivo dei diritti coinvolti”.
Come rileva il Tribunale varesino, il condominio è un luogo di incontri e di vite in cui i singoli condomini non possono sopportare, senza il loro consenso, un’ingerenza nella loro riservatezza, seppur per il fine di sicurezza di chi installa l’impianto di videosorveglianza. Né l’assemblea può sottoporre un condomino ad una rinuncia a spazi di riservatezza, solo perché abitante del comune immobile, non avendo il condominio alcuna potestà limitativa dei diritti inviolabili della persona.
Stante questa situazione Silvia, non saprei proprio che consiglio darle, se non quello, dopo aver letto le risposte che ho già dato in casi simili al suo (vedi http://marcellopolacchini.postilla.it/2011/09/01/videosorveglianza-in-ambito-privato-limiti-e-pericoli/#more-181 e anche http://marcellopolacchini.postilla.it/2011/04/13/videosorveglianza-bisogna-fare-bene-attenzione-prima-di-attivarla/ ) di valutare se non sia il caso di rivolgersi all’autorità giudiziaria.
Scritto il 21-6-2012 alle ore 22:30
Gent.mo Dott. Polacchini, sono un docente di un liceo scientifico di Roma, mi permetto di disturbarLa dopo aver letto i suoi interessanti articoli dedicati al tema della videosorveglianza in ambito privacy. Premetto che a seguito di numerosi atti vandalici, vorrei provare a far installare, previa approvazione di tutti gli organi Collegiali e nel rispetto della normativa vigente , delle videocamere di sorveglianza nella mia scuola.
Spero di non porLe un quesito che già altri le hanno fatto,ma nel leggere il post 365 mi sono sorti alcuni dubbi che vorrei sottoporLe:
1) quando si parla di angolo di ripresa delle sole mura perimetrali si intende che un ‘eventuale cortile interno alla scuola non può essere ripreso?
2) E’ obbligatorio anche per le scuole la richiesta al D.P.L. per l’autorizzazione all’attivazione delle telecamere di sorveglianza?
3) E’ possibile eventualmente,fare una richiesta di autorizzazione (o di parere vincolante)al D.P.L. prima della messa in opera dell’impianto di videosorveglianza?
nel ringranziarLa la saluto cordialmente
Claudio
Scritto il 26-6-2012 alle ore 19:31
Salve prof. Claudio. Sono all’estero, perciò le rispondo telegraficamente….
1) il cortile interno è una pertinenza dell’edificio scolastico, quindi può essere ripreso legittimamente;
2)se le telecamere riprendono un ambiente in cui ci sono lavoratori occorre sempre l’accordo con la rappresentanza sindacale, oppure l’autorizzazione della DTL, previo sopralluogo dell’Ispettorato del lavoro;
3)l’istanza di autorizzazione deve essere sempre preventiva rispetto all’installazione dell’impianto di VDS. Non mi risulta che sia contemplata l’ipotesi di un “parere vincolante” della DPL: o l’autorizzazione viene concessa (con eventuali prescrizioni tecniche), oppure viene rifiutata. Tertium non datur!
Scritto il 28-6-2012 alle ore 22:59
Può un datore di lavoro far pedinare e fotografare un dipendente in ferie?
Mi è successo che il datore di lavoro mi ha fatto pedinare il giorno 10-02-2012 (giorno di ferie) e poi la settimana successiva in cui ero invece in malattia.
Mi ha poi licenziato usando le foto che mi ritraevano mentre scaricavo un pacco , ma nel giorno di ferie (10-02-02012).
Le altre foto (quelle del periodo di malattia) mi ritraggono solo mentre mi sposto in auto dal luogo di residenza al luogo di domicilio (Circa 500 metri).
Si può configurare il reato di cui all’art. 615 – bis del Codice Penale? O cos’altro?
Saluti
Scritto il 4-7-2012 alle ore 11:56
Salve,
vorrei fare una domanda, vista la sua competenza e gentilezza nel rispodere ai post, in caso di verbale per installazione di impiantodi videosorveglianza in ambiente di lavoro, senza autorizzazione preventiva, è possibile fare ricorso alla autorità giudiziaria?
grazie, per la risposta quando e se potrà fornirmela.
Scritto il 4-7-2012 alle ore 18:27
Anna, come ho già spiegato più volte, è sanzionabile penalmente l’installazione di un impianto di VDS che sia in grado di riprendere l’attività lavorativa dei dipendenti (anche se l’impianto non è funzionante…) che sia avvenuta senza la preventiva autorizzazione da parte della competente DTL ( o senza il preventivo acordo con la RSU).
Le misure prescritte dal “Provvedimento generale in materia di videosorveglianza” emanato l’8 aprile 2010 dal Garante della privacy devono essere osservate da tutti i titolari di trattamento dei dati, altrimenti il trattamento dei dati (cioè la videoripresa e/o videoregistrazione) è illecito o non corretto a seconda dei casi, ed espone il titolare del trattamento:
a) all’inutilizzabilità dei dati personali trattati in violazione (art. 11 comma 2 del Codice);
b) all’adozione di provvedimenti di blocco o di divieto del trattamento disposti dal Garante (art. 143. comma 1, lettera c) del Codice);
c) all’applicazione delle pertinenti sanzioni amministrative o penali (artt. 161 segg. del Codice).
Per quanto riguarda le sanzioni penali va ricordato che l’art. 38 della legge n. 300/70 (cd. Statuto dei lavoratori), richiamato dall’art. 114 del Codice della privacy, stabilisce che per la violazione dei commi 1 e 2 dell’art. 4 dello Statuto (che dispone il divieto di controllo a distanza dei lavoratori) è prevista l’ammenda da 154 a 1.549 euro, ovvero l’arresto da 15 giorni ad un anno. Nei casi più gravi, le pene dell’arresto e dell’ammenda sono applicate congiuntamente e, quando per le condizioni economiche del reo, l’ammenda stabilita può presumersi inefficace anche se applicata al massimo, il giudice ha facoltà di aumentarla fino al quintuplo.
L’accertamento da parte dell’ispettore inviato dalla DTL della mancanza di autorizzazione preventiva all’installazione può quindi comportare la sanzione (penale) dell’ammenda o dell’arresto, ma la violazione dell’art. 4, della legge n. 300/70, comportando una sanzione penale, è soggetta sempre alla “prescrizione obbligatoria” ai sensi dell’art. 15 del D.Lgs. 124/2004 e degli artt. 19-25 del D.Lgs. 758/1994.
L’adozione della “prescrizione obbligatoria” (estesa dal D.Lgs. 124/2004 a tutte le ipotesi di reato in cui sia prevista la pena della sola ammenda ovvero la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda) può essere impartita dalla DTL a seguito di idonei sopralluoghi nei locali aziendali dai quali derivano reiterati controlli a distanza sul personale in orario di lavoro e quindi evidenti violazione alla riservatezza.
Per quanto concerne la prescrizione obbligatoria, la circolare del Ministero del Lavoro n. 24 del 24 giugno 2004, precisa che essa si applica non solo quando l’inadempienza può essere sanata, ma anche nelle ipotesi di reato a “condotta esaurita”, vale a dire nei reati istantanei, nonché nella fattispecie in cui il reo abbia autonomamente provveduto all’adempimento degli obblighi di legge sanzionati, precedentemente all’emanazione della prescrizione.
Attraverso l’adozione della prescrizione obbligatoria l’esercizio dell’azione penale rimane sospeso finché il trasgressore non ha adempiuto e corrisposto l’eventuale sanzione pecuniaria. L’ispettore nella prescrizione deve indicare tempi, modalità di esecuzione delle modifiche all’impianto ed importo della sanzione amministrativa pecuniaria per la regolarizzazione. Successivamente, e comunque entro 60 giorni, l’ispettore del lavoro ha l’obbligo di accertare l’adempimento attraverso una specifica verifica. Se risulta l’avvenuto adempimento della prescrizione l’organo di vigilanza ammette il contravventore a pagare in sede amministrativa entro i 30 giorni successivi una somma pari ad 1/4 del massimo dell’ammenda prevista per la violazione commessa. Perciò soltanto dopo l’ottemperanza alla prescrizione dell’Ispettorato (cioè dopo la disinstallazione dell’impianto di videosorveglianza) il trasgressore è ammesso al pagamento della sanzione amministrativa ridotta (cioè 388 euro) con la notifica di apposito verbale di rivisita.
Se l’ispettore l’ha direttamente sanzionata senza prima notificarle la prescrizione, lei poteva fare subito le sue deduzioni e poi, una volta che le sarà stata notificata la sanzione, potrà produrre motivato ricorso esponendo tutte le sue ragioni.
Fra i provvedimenti applicabili dall’ispettore è anche possibile la temporanea disattivazione degli impianti di videosorveglianza, fornendo tempestivamente specifica informativa alla competente autorità giudiziaria in merito al reato accertato. Quindi, in presenza di violazioni più gravi l’ispettore trasmette direttamente l’informativa al Pubblico Ministero, il quale deciderà il da farsi applicando il comma 2 dell’art. 38 della legge n. 300/1970 che prevede l’applicazione congiunta delle pene dell’arresto e dell’ammenda (ad es. nel caso di telecamere nascoste ai dipendenti, di uso illecito delle stesse, di utilizzo di impianti di registrazione audio, o di condotte del datore di lavoro esclusivamente dirette al controllo dei lavoratori, eccetera).
L’ispettore durante il sopralluogo si può trovare anche in una situazione di assenza di violazione, ma può rilevare che la violazione potrebbe essere consumata in futuro (ad es. nel caso di telecamere installate negli spogliatoi ma con l’impianto non ancora funzionante, o in caso di mancanza di monitor e videoregistratore, eccetera); in tal caso l’ispettore ha la possibilità di emanare un’apposita “disposizione” ai sensi dell’art 14, D.Lgs. 124/04 nei riguardi del datore di lavoro che ha adottato impianti non conformi alla previsione delle norme, ordinando gli l’immediata rimozione delle telecamere.
Per quanto riguarda il ricorso contro il provvedimento dell’ispettore qui trova tutti i chiarimenti che le sono necessari: http://www.dplmodena.it/altri/I%20ricorsi%20amministrativi%20avverso%20i%20provvedimenti%20ispettivi%20-%20Bovio.pdf
Scritto il 4-7-2012 alle ore 22:02
Grazie infinite per la sua celere e completa risposta.
saluti
Scritto il 11-7-2012 alle ore 00:23
buongiorno,
sono alloggiato da qualche tempo in un campeggio, ed ho scoperto che sul suo sito si mostrano immagini in diretta delle persone che frequentano la piscina, come me del resto.
Non ne ero stato messo a conoscenza, le mie immagini sono cosi’ visibili in tutto il mondo!!!
Pensavo che la telecamera fosse posizionata solo per controllo..ed invece
puo’ verificare lei stesso qui
http://www.ecochiocciola.com/webcam/piscina.jpg
pazzesco…
Scritto il 15-7-2012 alle ore 23:52
Buonasera, vorrei portare all’attenzione un particolare che mi è capitato di assistere involontariamente che non ho trovato una spiegazione logica e giuridica. Negli spogliatoi di un supermercato è stata installata una telecamera che controllava all’insaputa dei dipendenti. C’è stato un furto in un armadietto e si vedeva che in quell’orario sono entrate tre persone,dopo la visione del filmato vengono licenziate tutte e tre, penso che se entravano in otto sarebbe stata la stessa cosa, vorrei chiedere ma non sarebbe più giusto chiamare l’autorità giudiziaria e fare perquisire i tre senza incorrere nell’errore di essere a sua volta denunciato il datore di lavoro per violazione della privacy, visto che senza autorizzazione dell’autorità giudiziaria non si possono usare?
Scritto il 17-7-2012 alle ore 07:16
Raffaele in questo thread si parla solo di videosorveglianza dei dipendenti in ambito lavorativo.
Scritto il 17-7-2012 alle ore 07:18
Gianni non sta certo a me dire che cosa sia più giusto fare.
Ad ogni modo è vietato installare telecamere di videosorveglianza nello spogliatoio dei dipendenti.
Scritto il 2-8-2012 alle ore 15:16
Buongiorno,
ho letto quasi tutti i commenti a questo articolo, ma ho ancora un dubbio.
Viene installato un sistema di videosorveglianza per un negozio che inquadra anche i dipendenti. Viene fatto firmare ai dipendenti l’accordo (che è valido alla luce delle recenti sentenze), quindi si prefigura un controllo del lavoratore “preterintenzionale”.
E’ possibile utilizzare queste riprese per azioni disciplinari o per valutare la bontà dell’operato dei dipendenti? E’ possibile in ogni caso o solo quando c’è un reato (es. furto)?
Ora complico ulteriormente il quandro dicendo che il negozio è all’estero e i filmati sono visibili in tempo reale dall’Italia. Cosa cambia?
Grazie
Scritto il 2-8-2012 alle ore 18:45
No Andrea. La sentenza a cui si riferisce (una sola, che in Italia a differenza che nel diritto nglosassone, non fa legge!) amette la possibilità di installare un impianto di VDS anche senza l’accordo con la RSA o l’autorizzazione della DTL, ma con il consenso di tutti i dipendenti. In ogni caso però, rimane il divieto del controllo a distanza dell’attività lavorativa sancito dall’art. 4 della Legge n. 300/70. Quindi la VDS può essere esercitata solo per motivi di sicurezza (ad es. perprevenire furti o rapine), ma mai per “controllare” i dipendenti. Perciò nessuna contestazione disciplinare può essere basata sulle videoriprese (sia pure autorizzate, ma per altri fini). Il fatto che il negozio sia all’estero non cambia nulla per quanto riguarda la privacy, poichè si applica la legge italiana, dato che il trattamento (visione dei filmati) viene fatto in Italia. Non so per quanto riguarda il divieto del controllo a distanza. Bisognerebbe conoscere l’eventuale normativa specifica di quel paese…
Scritto il 8-8-2012 alle ore 11:32
Salve, ho un negozio con 2 dipendenti e ho già installato 4 telecamere in posizione in modo da rispettare la privacy dei lavoratori. Il mio consulente del lavoro mi ha fatto preparare l’istanza di autorizzazione, con tanto di pianta certificata da un ingegnere. Ma prima di inviarla, leggendo il suo blog, in particolare la risposta a Marco72 del 12-9-2010 mi chiedevo se anche nel mio caso sia sufficiente un accordo sottoscritto con i due dipendenti e dove posso trovare un pro-forma idoneo per la stesura. Grazie e complimenti per il blog.
Monica
Scritto il 8-8-2012 alle ore 12:18
Monica, come avrà letto nei miei vari post, l’istanza alla DTL va fatta PRIMA di installare le telecamere, altrimenti si è sanzionabili.
Per quanto riguarda la sufficienza dell’accordo sottoscritto da tutti i lavoratori, anzichè l’accordo con la RSA o l’autorizzazione della DTL, avrà anche letto che ho rettificato il mio parere, dato che la legge (art. 4 L. n. 300/70) è tassativa al riguardo.
Recentemente (vedi post specifico) c’è stata una sentenza della Cassazione che ha ammesso la sufficienza dell’accordo sottoscritto da tutti i dipendenti, ma in Italia, a differenza che nei paesi di diritto anglosassone, una sentenza di merito, sebbene autorevole, fa stato solo tra le parti, cioè non crea “diritto”, ma decide solo il singolo caso prospettato ai giudici.
Francamente cambiare una legge “simbolo” come lo Statuto dei Lavoratori (L. 300/1970) sarà molto difficile Monica, quindi… non le resta che adeguarsi.
Disinstalli le telecamere, presenti la sua istanza ben motivata con alegata la planimetria dei locali, e la collocazione e l’angolo di ripresa delle TLC e aspetti pazientemente i 60 giorni di rito….
Un cordiale saluto.
Scritto il 8-8-2012 alle ore 13:57
Salve, vorrei sapere quali sono le conseguenze se vengono istallate telecamere negli spogliatoi dei dipendenti di un supermercato, che tipo di reato è ? grazie
Scritto il 8-8-2012 alle ore 18:37
Gianni quello commesso dal suo datore di lavoro è un reato penale (precisamente una contravvenzione).
Infatti, l’utilizzo di sistemi di videosorveglianza finalizzati al controllo a distanza dei lavoratori integra la fattispecie di reato prevista dall’art. 171 del Codice della privacy (D.Lgs. n. 196/03), che dispone che la violazione dell’art. 114 del Codice (divieto del controllo a distanza) è punita con le sanzioni di cui all’art. 38 della legge n. 300/70. L’art. 38 citato prevede la pena dell’ammenda da euro 154,94 a euro 1.549,40 o dell’arresto da 15 giorni ad un anno; ma nei casi più gravi le pene dell’arresto e dell’ammenda sono applicate congiuntamente; inoltre, quando per le condizioni economiche del datore di lavoro l’ammenda può presumersi inefficace anche se applicata nel massimo, il giudice ha facoltà di aumentarla fino al quintuplo.
Poichè il suo datore di lavoro è in evidente violazione di legge, lei può rivolgersi al suo sindacato, oppure si rivolga direttamente all’Ispettorato del Lavoro denunciando il fatto. Inoltre, lei può esercitare tutti i diritti che le sono riconosciuti dall’art. 7 del Codice della privacy, rivolgendosi in qualunque momento direttamente al suo datore di lavoro, per sapere, tra l’altro, se vi sono delle riprese che la riguardano ed ottenere la loro cancellazione.
Scritto il 12-8-2012 alle ore 23:06
Salve vorrei sapere come comportarmi: ho avuto una sospensione cautelare per un sospetto furto ignaro di tutto quello che mi accusavano costringendomi a firmare le dimissioni dove io mi sono rifiutato alle loro richieste. Sono stato allontanato e io mi sono rivolto a un sindacato che per fare la vertenza doveva sapere le motivazioni per iscritto alla lettera che mi avevano dato. Dopo 4 giorni mi chiama il direttore al personale è mi dice che la sospensione cautelare è stata tramutata in ferie al che il sindacato mi dice che èm stata interpellata dal datore di lavoro asserendo che sono in servizio. Intanto io ho fatto una cattiva figura con i miei colleghi è questo non mi sembra un modo di agire correttamente cosa devo fare per avere per iscritti le motivazioni della sospensione? cautelare
Scritto il 13-8-2012 alle ore 23:55
sono un rappresentante legale di una s.n.c.ho scoperto che la mia socia ruba soldi dalla cassa a cui lei stessa e’ addetta posso mettere una telecamera nascosta che riprende solamente la cassa e il movimento dei soldi che lei fa .
Scritto il 16-8-2012 alle ore 06:45
Salve ,sono titolare di un bar con tavoli anche all’asterno e vista l’affluenza il ocale e’ aperto 24 ore.
Da premettere che alle 23.00 chiudo lo stereo e rimane solo il brusio dei clienIl condominio che e’ situato sopra al locale questo brusio da fastidio ma io non posso obblicare ai clieni di non parlare quindi loro vanno dai vigili e lamentano che lo stereo e’ acceso fino al mattinoe i clienti si ubriacano facendo molto rumore.
Posso installare dei microfoni sulle telecamere interne ed esterne per poter provare che quello che affermano e’ falso? Esiste una procedura per poterlo fare?
La ringrazio
Scritto il 16-8-2012 alle ore 06:45
Salve ,sono titolare di un bar con tavoli anche all’asterno e vista l’affluenza il ocale e’ aperto 24 ore.
Da premettere che alle 23.00 chiudo lo stereo e rimane solo il brusio dei clienIl condominio che e’ situato sopra al locale questo brusio da fastidio ma io non posso obblicare ai clieni di non parlare quindi loro vanno dai vigili e lamentano che lo stereo e’ acceso fino al mattinoe i clienti si ubriacanodo molto rumore.
Posso installare dei microfoni sulle telecamere interne ed esterne per poter provare che quello che affermano e’ falso? Esiste una procedura per poterlo fare?
La ringrazio
Scritto il 16-8-2012 alle ore 08:05
Andrea legga il titolo di questo thread per cortesia:
“Nuovo provvedimento sulla videosorveglianza: aspetti particolari legati ai rapporti di lavoro”…
Scritto il 30-9-2012 alle ore 16:41
Buongiorno avv. polacchini,le scrivo per una dispusta che ho con una DPL sul posizionamento del monitor della videosorveglianza all’ interno di un supermercato,ossia secondo la DPL deve essere a vista(sia degli acquirenti sia dei lavoratori) secondo la mia azienda invece no ritenendo che mettendolo a vista di tutti,si violino i principi della privacy. chi ha ragione?
Scritto il 30-9-2012 alle ore 17:51
Gentilissimo Avvocato, spero di non ricadere in un tema già trattato ma scorrendo il blog non sono riuscito a trovare una risposta.
Ecco il quesito:
trascorsi i 60 gg. indicati dalle norme della P.A. quale termine massimo entro il quale la DTL è chiamata ad esprimersi in merito ad una richiesta d’autorizzazione per l’installazione di apparati di videosorveglianza coinvolgenti dei dipendenti cosa accade? Bisogna attendere ad oltranza o si può procedere con l’installazione ?
Grazie e complimenti per la sua meritoria opera.
Scritto il 2-10-2012 alle ore 13:09
Alessandro, l’autorizzazione della DTL ai sensi del D.P.C.M. 22 dicembre 2010, n. 275, dovrebbe essere rilasciata entro il termine massimo di 60 giorni, ma non mi risulta che trascorso tale termine viga il silenzio-assenso.
A rigore, trattandosi – a mio avviso – di un termine ordinatorio e non perentorio, non dovrebbe essere ammesso il silenzio-accoglimento, ma non ne ho la certezza assoluta.
Personalmente ritengo che il termine assegnato alla P. A. non sia “perentorio”, perché l’art. 1, comma 2 del D.P.C.M. n. 275/2012 dispone che «Ciascun procedimento si conclude nel termine stabilito nelle tabelle allegate…», ma non prevede una sanzione nel caso del suo mancato rispetto da parte della P.A.
Normalmente, in diritto si parla di termine con carattere “perentorio” quando la legge o lo stesso atto prevedono la decadenza; si parla invece di termine con carattere “ordinatorio” in tutti gli altri casi. Se la legge non si esprime in merito (come nel caso del D.P.C.M. in questione), la dottrina afferma unitariamente che «si considerano ordinatori i termini per l’emanazione di atti favorevoli, mentre si considerano perentori quelli previsti per gli atti a carattere sanzionatorio»; pertanto nel caso in cui il termine non sia espresso come perentorio o ordinatorio, la qualificazione del termine dipende dall’esistenza o meno di sanzioni decadenziali.
Il termine “perentorio” viene così detto, se un dato atto o una data attività devono essere compiuti obbligatoriamente entro il lasso temporale di scadenza del termine stesso, al fine di fornire certezza all’atto o all’attività stessa. Se il termine non viene rispettato, l’atto o l’attività, pur se eventualmente compiuta, risulta inutile (decadenza), sicché l’atto emanato dopo la scadenza è da considerarsi invalido.
Il termine “ordinatorio” invece, viene così detto se in caso di sua inosservanza non sono previste sanzioni o effetti sfavorevoli. La funzione di questo tipo di termine è semplicemente quella di “ordinare” un’attività amministrativa, indirizzandola verso determinate procedure ed esiti; perciò, il non rispetto del termine non comporta il verificarsi di decadenza e l’applicazione di sanzioni.
Non essendo però certo della natura del termine di 60 giorni stabilito dal D.P.C.M. non posso che suggerirle di chiederlo direttamente alla Direzione Territoriale del Lavoro nel sollecitare il suo accesso ispettivo.
Scritto il 2-10-2012 alle ore 13:42
Carissimo Avvocato, la ringrazio e seguirò sicuramente il suo consiglio di rivolgermi direttamente alla DTL per un chiarimento. Buon lavoro.
Scritto il 2-10-2012 alle ore 14:50
Paolo secondo me ha ragione lei. Vi sono decisioni del Garante privacy e della magistratura che affermano che le immagini possono essere visionate solo dal titolare (o dal responsabile) del trattamento dei dati e dal personale da questi espressamente incaricato del trattamento.
Scritto il 2-10-2012 alle ore 15:25
Avv. Polacchini ringraziando per la risposta mi può indicare i Link del garante della privacy riferiti a questo caso? Ho cercato nel sito non trovando nulla in modo tale da portarli alla Dpl con cui sto discutendo?
Ringraziando in anticipo le porgo i miei saluti
Scritto il 3-10-2012 alle ore 18:13
Paolo, alla DTL può fare presente che proprio quest’anno in aprile a due negozianti di Ferrara è stata applicata una multa dal Nucleo Ispettorato del Lavoro dei Carabinieri, che ha accertato l’installazione di una telecamera che riprende la zona vendita, l’ingresso e il banco cassa, perché – recita il verbale – “l’installazione del monitor che rende fruibili e accessibili a terzi non autorizzati le immagini riprese, si pone in violazione della disciplina di protezione dei dati personali”. Infatti, essendo lo schermo puntato verso l’area di vendita, teoricamente qualunque cliente può vedere le immagini riprese. Di qui, ai sensi degli artt.33 e 169 del D.Lgs. n. 196/2003, la contestata violazione della privacy che secondo il Codice della Privacy comporta «l’arresto sino a due anni o l’ammenda da 10mila a 50mila euro». I due commercianti hanno pagato la sanzione ridotta ad un quarto del massimo, pari a 12.750 euro.
Le misure minime di sicurezza previste dal Codice della privacy (la cui ratio è quella di ridurre al minimo necessario i dati personali trattati per realizzare la finalità individuata dal titolare del trattamento, in questo caso, le immagini raccolte per finalità di sicurezza dei locali aziendali) devono essere adottate da ogni titolare di trattamento per ridurre al minimo non solo i rischi di distruzione e di perdita, anche accidentale, dei dati, ma anche di accesso non autorizzato (artt. 31 e ss. del Codice).
Nel caso del negozio di Ferrara, non solo non erano state attentamente selezionate e designate per iscritto le persone fisiche, incaricate del trattamento, autorizzate a visionare le immagini (art. 30 del Codice), ma alle immagini stesse potevano persino accedere tutti gli avventori nel negozio. Di qui la sanzione irrogata ai negozianti.
Scritto il 4-10-2012 alle ore 14:14
Buongiorno Dott. Polacchini,
Le scrivo per avere delucidazioni in merito alla sorveglianza occulta.
L’azienda per cui lavoro, potrebbe istallare, senza avvisare la RSA, delle telecamere nascoste e cimici all’interno del mio ufficio e controllare il telefono stesso, a cura di una agenzia investigativa privata?
Cosa posso fare per tutelare la mia privacy, a patto che ci sia o non la forma dell’illecito?
Un cordiale saluto,
Lucio
Scritto il 4-10-2012 alle ore 15:12
No Luca, come ho ampiamente spiegato tale forma di controllo è vietata sia dallo Statuto dei lavoratori, sia dal Codice della privacy.
Per difendersi lei può rivolgersi alla Direzione Territoriale del Lavoro, al Garante per la privacy e all’Autorità Giudiziaria…. scelga lei la strada.
Scritto il 4-10-2012 alle ore 16:29
La ringrazio infinitamente.
Mi deve scusare se non ho letto tutti i commenti…
Un cordiale saluto,
Luca
Scritto il 4-10-2012 alle ore 16:43
Avv. Polacchini buonasera, mi scuso se non sono presente in modo assiduo nel sul blog, ma è da tempo che mi occupo di altro in particolare di sicurezza sui luoghi di lavoro. Ad ogni buon modo mi è capitata sotto mano la sentenza lella Suprema Corte di Cassazione sezione III
(sentenza n. 22611 del 11 giugno 2012) e volevo sapere cosa Lei ne pensasse. Mi pare che forse forzi eccessivamente quanto previsto dall’art. 4 della Legge 300/70. Se così fosse basterebbe sempre e comunque il consenso scritto di tutti i lavoratori (con o senza RSU) senza tenere conto che spesso tali consensi sono indotti da “pressioni” lecite e non lecite dei datori di lavoro.
Rimango in attesa con il solito interesse al suo pensiero in proposito.
Buona serata e cordiali saluti.
Luigi
Scritto il 4-10-2012 alle ore 19:50
Buonasera Luigi. Mi fa piacere risentirla 8)
Sono perfettamente d’accordo con lei.
Ho già avuto modo di commentare la sentenza de quo e ribadisco che un precedente – sia pure autorevole – non fa legge nel nostro paese. In Italia le decisioni della magistratura valgono ancora per il caso singolo e occorrono diverse sentenze (magari delle S.U.) prima che si consolidi un orientamento giurisprudenziale di un certo tipo, altrimenti….. addio certezza del diritto!
Un cordiale saluto.
PS Come è andato il convegno?
Scritto il 18-10-2012 alle ore 13:14
Salve, vorrei sottoporre un quesito: è possibile scattare fotografie ai dipendenti per accertare eventuali violazioni delle disposizioni in materia di sicurezza sul lavoro(tipo lavoratori che non mettono guanti, occhiali, ecc.)?
Quali accorgimenti occorre adottare per poter fare la cosa?
In mancanza di accordo con le rappresentanze sindacali, l’unica strada è quella dell’autorizzazione da parte della DPL?
Scritto il 18-10-2012 alle ore 23:05
Nella azienda in cui lavoro sono state installate due telecamere. Una che inquadra il locale in cui sono i rilevatori di presenza ed una che riprende la sala ristoro. Ambedue le videocamere sono dotate di possibilità di rotazione a 160° e brandeggio.
Alla mia obiezione in merito mi è stato risposto che siccome le macchinette del caffè presenti nella saletta avrebbero subito danni (le macchine sono di proprietà di un’altra azienda!!!) era necessario provvedere al controllo.
Come posso difendermi da comportamenti di questo tipo? Faccio presente che gli unici cartelli presenti solo all’esterno dell’azienda.
Scritto il 19-10-2012 alle ore 09:27
Paolo non mi sembra che le telecamere installate nei due locali da lei indicati possano violare la privacy di chiccessia. Oltretutto in quei locali non si svolge nessuna attività lavorativa, perciò non viene violato nemmeno l’art. 4 dello Statuto dei lavoratori. Non vedo quindi da che cosa lei si debba “difendere”.
Non so se l’azienda prima dell’installazione delle due telecamere abbia avuto l’autorizzazione della DTL; in ogni caso è abastanza evidente la finalità di sicurezza di quelle telecamere. Perciò, per stare tranquillo, basta che lei e i suoi colleghi non manomettiate la macchinetta del caffè o non usiate impropriamente il rilevatore di presenza. Se siete delle persone corrette non dovreste avere problemi a sentirvi “osservati”.
I cartelli di informativa in prossimità delle telecamere sono obbligatori. Penso che sia sufficiente che invitiate l’azienda a collocarli e magari… vi ringrazierà per la vostra segnalazione.
Scritto il 1-11-2012 alle ore 10:56
Giusto per notizia visto che parla della Privacy ma non so se è il giusto post.
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Privacy, stop ai videotape spia in casa: investigatore condannato
Cassazione condanna detective per riprese entro le mura domestiche
Vita dura per gli investigatori privati: la normativa sulla privacy è in continua evoluzione, alcuni aspetti vengono espunti, altri inseriti, di modo che per un detective di professione restare nel recinto della legge è sempre più un percorso da equilibrista.
Non fa eccezione la nuova sentenza 41021 della Cassazione, che ha disposto il divieto assoluto di registrare momenti della vita privata di chicchessia all’interno della propria abitazione domestica.
A fare da molla per questo pronunciamento, il caso di un investigatore che aveva puntato l’occhio elettronico verso un cittadino all’interno del luogo di residenza, registrando “indebitamente, mediante uso di strumento di ripresa visiva, immagini attinenti alla vita privata“.
La Cassazione, esaminando la vicenda, ha ribadito la condanna già espressa dalla Corte d’Appello di Milano, che aveva destinato l’imputato a due mesi di reclusione, convertiti, in terzo grado di giudizio, in una sanzione pecuniaria.
Stop agli sguardi indiscreti dotati di obiettivo, dunque, e in special modo nei luoghi in cui questi sono considerati inviolabili dalla legge. Nella sentenza, non a caso, viene specificato come vanno garantite le massime tutele alle “manifestazioni di vita privata che si svolgano, ancorché momentaneamente, in uno dei luoghi indicati nell’articolo 614 del Codice penale”.
La disposizione è da leggersi vincolante anche nel caso in cui le immagini non chiariscano l’identità della persona che si intenda sorvegliare: “Ai fini della configurabilità del reato punito dall’art. 615 bis c.p. è irrilevante la mancata identificazione, o la non identificabilità, della persona cui si riferisce l’immagine abusivamente captata dal terzo”.
Questo principio, specifica la Suprema Corte nella sentenza di condanna, è infatti rivolto alla protezione di tutti gli individui che più o meno accidentalmente potrebbero rientrare nei tape acquisiti, dato che “il titolare dell’interesse protetto dalla norma non è soltanto il soggetto direttamente attinto dall’abusiva captazione delle immagini, ma chiunque, all’interno del luogo violato, compia abitualmente atti della vita privata che necessariamente alle stesse si ricolleghino”.
E, beninteso, queste sentenza è da leggersi in senso estensivo anche rispetto al mero ambito di residenza legale, tant’è che, spiega la Cassazione “il riferimento ambientale ha il solo scopo di individuare l’ambito spaziale oggetto di tutela, come luogo di espressione della vita privata, indipendentemente dalla sua appartenenza in senso civilistico”.
Il condannato dovrà anche risarcire il danno non patrimoniale alla “vittima”: oggetto, in principio di troppe attenzioni, ora, invece, di un vero e proprio reato.
Leggi la sentenza 41021 della Cassazione
Scritto il 1-11-2012 alle ore 11:05
Su internet ho trovato la seguente notizia ma non so se questo sia il giusto post per metterla.
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Privacy, vietato “spiare” i lavoratori con telecamere che registrano anche conversazioni
E’ vietato “spiare” i lavoratori con telecamere che registrano anche l’audio, quindi le loro conversazioni. E’ quanto afferma il Garante Privacy che ha “spento” 4 telecamere installate in un call center, all’ingresso della sede e nei locali dove sono collocate le postazioni di lavoro. L’Autorità ha dichiarato illecito il trattamento dei dati personali dei dipendenti ed ha vietato alla società di utilizzarli. L’impianto composto da 4 telecamere, 3 delle quali in grado di captare anche l’audio all’interno del call center, era segnalato da cartelli, ma mancavano alcune informazioni obbligatorie.
Le telecamere potranno essere riattivate solo nel rispetto dello Statuto dei lavoratori che ammette l’installazione di sistemi audiovisivi per il controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, ma solo in presenza di particolari esigenze aziendali organizzative, produttive o di sicurezza del lavoro e previo accordo con le rappresentanze sindacali. In assenza di un tale accordo è necessaria l’autorizzazione del competente ufficio periferico del Ministero del lavoro.
Dagli accertamenti ispettivi è emerso invece che la società non è stata in grado di dimostrare l’esistenza di esigenze aziendali che giustificassero l’installazione dell’impianto, né aveva rispettato la procedura prevista dalla legge. Il sistema effettuava, quindi, un controllo a distanza dei lavoratori vietato dalla legge, aggravato, peraltro, dalla presenza di un impianto in grado di captare l’audio di quanto accadeva negli ambienti di lavoro. La società è stata già sanzionata per non aver informato correttamente i dipendenti della presenza delle telecamere e gli atti saranno trasmessi alla magistratura per valutare eventuali reati penali.
Scritto il 1-11-2012 alle ore 14:37
gentiliss. dott.Polacchini premetto che svolgo un’attivita’ che obbligatoriamente necessita di un impianto di videoregistrazione operante 24 ore su 24, e che di conseguenza riprende per tutto il tempo gli operatori.
le scrivo per un problema riscontrato piu’ volte nell’azienda per la quale lavoro, i responsabili ricorrono alla visione delle immagini videoregistrate per la risoluzione di qualsasi problema inerente al ricevimento merci e visualizzazione al dettaglio della conformita’ della merce ricevuta…
In alcune occasioni e’ successo che in seguito ad una delle verifiche abbiano contestato ad un collega di non avere (a loro avviso) controllato adeguatamente la merce.
ora vorrei capire se essendo liberi di verificare in qualsiasi momento senza che ci siano ammanchi o problemi inerenti possibili illeciti le videoregistrazioni che rimangono quasi per un anno in memoria, non si puo’ parlare di controllo esasperato, e continuo dell’attivita’ lavorativa e anche se in via preterintenzionale non sia comunque illegale, e la relativa contestazione inflitta non dovrebbe essere annullabile?
la ringrazio anticipatamente
saluti
Scritto il 5-11-2012 alle ore 12:04
Fabio, direi che quel tipo di “controllo” non è assolutamente lecito e anche la conservazione delle immagini va ben oltre il tempo massimo consentito.
Un provvedimento disciplinate basato su quelle riprese sarebbe a mio avviso sicuramente contestabile.
Scritto il 5-11-2012 alle ore 12:07
Antonino la ringrazio per le sue due segnalazioni (la prima delle quali non riguarda la videosorveglinza in ambito lavorativo…) delle quali ero comunque già a conoscenza.
Scritto il 6-11-2012 alle ore 20:49
la ringrazio, anch’io pensavo che tutto cio’ violasse ampiamente i diritti del lavoratore.
un cordiale saluto
Scritto il 8-11-2012 alle ore 21:30
caro avvocato sono stato deferito all’autorità giudiziaria per venti minuti di ritardo che poi ho le giustificazioni ma il commissario ha utilizzato la videosorveglianza datoriale a distanza ora aspetto il processo, addirittura mi sono arrivati dal tribunale 400 euro alla ditta che ha ha istallato le telecamere a mio carico ilmio avvocato che è un penalista dice sicuramente poichè sconosce la normativa io sono un ispettore superiore della polizia penitenziaria ………la prego mi aiuti a capire come mi devo comportare……..oppure in sardegna a chi mi posso rivolgere dico un suo collega avocato con stima piero sulas
Scritto il 16-11-2012 alle ore 15:18
Gent.mo Marcello, ho due domande da porle:
1) Cosa bisogna fare per legalizzare le telecamere di sorveglianza all’interno di una boutique dove opero personalmente per 9 mesi all’anno e per ter mesi con una collaboratrice e le stesse sorvegliano dall’esterno vetrina, porta di ingresso e vetrinetta esterna affissa sul muro di fianco alla porta di entrata.
2)Idem dicasi per una telecamera che sorveglia il muro perimetrale della mia abitazione compresi i cancelli pedonale e carraio.
Grazie,
Stefano
Scritto il 16-11-2012 alle ore 18:32
Stefano le asue domande non riguardano la videosorveglianza in ambiente di lavoro.
Trattandosi di TLC che controllano l’esterno del negozio e della sua abitazione l’unica avvertenza da osservare è che le riprese inquadrino solo la sua proprietà e non la pubblica via, come precisato dal provvedimento del Grante in materia di VDS dell’8 aprile 2010.
La TLC che sorveglia gli ingressi di casa sua è aassimilabile ad un videocitofono. Trattandosi di riprese effettuate per finalità personali e non destinate alla diffusione e/o alla comunicazione a terzi, a rigore a tale tipo di trattamento di dati personali (le immagini) non sarebbe nemmeno applicabile il Codice della privacy, e quindi, ad esempio, non sevirebbe nemmeno il cartello di avviso che l’area è soggetta a VDS e che indica cghi è iul “titolare del trtattamento”.
Scritto il 12-12-2012 alle ore 20:34
Buonasera, lavoro in una scuola, vorrei sapere se posso indossare una microcamera per riprendere episodi di bullismo/vandalismo o atti illegali in mia presenza. Grazie.
Scritto il 17-12-2012 alle ore 16:55
… e se poi mi può indicare i riferimenti (articoli/circolari/sentenze). Grazie
Scritto il 17-12-2012 alle ore 17:13
Luca le sue domande mi sembrano un pò…. fuori tema.
Scritto il 28-1-2013 alle ore 18:21
Salve, ci hanno proposto la vendita di un sistema di timbratura di presenza in cantiere con invio anche dei dati di posizione gps. In pratica quando il dipendente inizia a lavorare in cantiere timbra e in azienda arriva l’ora e la posizione geografica, per accertarsi che il dipendente sia effettivamente dove deve prestare il servizio.
Stessa cosa a fine lavoro.
Rientra nel normale controllo dell’attività lavorativa o ci sono problemi di privacy?
Grazie
Scritto il 29-1-2013 alle ore 12:28
Enrico ho già risposto altre volte alla sua domanda.
A mio avviso la questione da lei posta rientra soprattutto nel divieto di controllo a distanza dell’attività del lavoratore, previsto dall’art. 4 della Legge n.300/70.
Il problema del controllo a distanza dei lavoratori e della loro identificazione è diventato sempre più attuale con il progresso scientifico e tecnologico. Infatti, sono molti gli strumenti tecnologici di nuova generazione utilizzabili per finalità di vigilanza e controllo, attraverso i quali poter acquisire varie informazioni, perciò bisogna chiarire se ed entro quali limiti è possibile utilizzarli.
A questo proposito, è necessario fare un bilanciamento tra due opposte esigenze: da un lato, il diritto del lavoratore a non essere leso nella propria dignità, libertà e riservatezza e, dall’altro, il diritto del datore di lavoro ad esercitare il proprio potere discrezionale ed organizzativo, individuando le adeguate misure da impiegare.
Lo Statuto dei lavoratori del 1979 ha stabilito il divieto assoluto di utilizzare apparecchiature finalizzate al controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, consentendo però l’installazione di sistemi da cui potrebbe derivare tale controllo se gli impianti siano richiesti da “esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro”. Se vi sono tali esigenze, l’utilizzo di tali apparecchiature è legittimo solo previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali ovvero, in mancanza di esso, previa autorizzazione della Direzione Territoriale del Lavoro (art. 4, commi 1 e 2, Legge n. 300/70).
Il sistema di geolocalizzazione satellitare dei lavoratori tramite GPS rientra sicuramente tra le apparecchiature con cui il datore di lavoro può controllare a distanza l’attività del dipendente, perciò l’installazione di questi impianti è possibile solo se le finalità perseguite dal datore di lavoro attraverso tale installazione rientrano tra quelle indicate dallo Statuto dei lavoratori e purché il datore di lavoro segua la procedura prevista dall’art. 4.
Inoltre, un sistema di localizzazione satellitare può acquisire molte informazioni che costituiscono “dati personali “ riguardanti i lavoratori interessati, e questo vale non solo se sono associati ai nomi dei lavoratori o ai codici ad essi attribuiti, ma – come rilevato dal Garante per la privacy nel caso di sistemi GPS di localizzazione dei veicoli aziendali – “anche nel caso in cui i dati di localizzazione del veicolo non siano associati immediatamente dal sistema informativo al nominativo dei conducenti, atteso che la società sarebbe comunque in condizione di risalire in ogni momento al conducente assegnatario “ (provvedimenti 5 giugno 2008 e 7 ottobre 2010 del Garante). Il Garante ha inoltre precisato che il titolare del trattamento deve adottare soluzioni tecnologiche affinché non vengano trattate informazioni non necessarie.
Perciò il datore di lavoro che adotti un sistema di geolocalizzazione GPS, dopo aver assolto gli obblighi previsti dall’art. 4 dello Statuto dei lavoratori, dovrà trattare i dati personali necessari al suo funzionamento rispettando anche le disposizioni del Codice della privacy (D.Lgs. n. 196/03). In particolare, ai lavoratori dovrà essere fornita un’idonea informativa preventiva sul trattamento dei loro dati personali (art. 13 D.Lgs. n. 196/03), specificando in particolare i tempi di conservazione dei dati e precisando la natura dei dati trattati e le caratteristiche del sistema GPS; inoltre, dovranno essere indicati i soggetti che possono accedere alle informazioni (che debbono essere formalmente nominati “incaricati del trattamento”). Il fornitore del servizio di localizzazione GPS dovrà essere nominato “responsabile del trattamento”.
Il titolare potrà conservare i dati personali occorrenti alla regolare tenuta del libro unico del lavoro (presenze dei dipendenti, ferie, prestazioni straordinarie, riposi) per il tempo previsto dalle disposizioni previdenziali.
L’installazione di un sistema di localizzazione satellitare pone, inoltre, il problema della necessità o meno della sua notificazione all’Autorità Garante ai sensi dell’art. 37 del D.Lgs. n. 196/03.
Infatti, l’art. 37, comma 1, lett. a) del Codice prevede che debbano essere notificati (per via telematica) i trattamenti di “dati che indicano la posizione geografica di persone e oggetti mediante una rete di comunicazione elettronica”.
La notificazione è una dichiarazione con la quale il titolare del trattamento, prima di iniziarlo, rende nota al Garante (che la inserisce nel registro pubblico dei trattamenti, consultabile da chiunque sul sito http://www.garanteprivacy.it) l’esistenza di un’attività di raccolta e di utilizzazione dei dati personali.
Il Garante ha emanato a suo tempo un provvedimento generale contenente norme di esonero (provvedimento n.1 del 31 marzo 2004 relativo ai casi da sottrarre all’obbligo di notificazione, in G.U. del 6 aprile 2004, n. 81 e nel sito http://www.garanteprivacy.it, doc. web 852561) e utili informazioni si possono leggere anche nei Chiarimenti sui trattamenti da notificare al Garante forniti dall’Autorità il 23 aprile 2004 (doc. web. n. 993385.). In tali chiarimenti l’Autorità Garante ha precisato che la localizzazione di persone o oggetti mediante reti di comunicazione elettronica gestite o accessibili dal titolare del trattamento va notificata solo quando permette di individuare in maniera continuativa (anche con eventuali intervalli) l’ubicazione sul territorio o in determinate aree geografiche, in base ad apparecchiature o dispositivi elettronici detenuti dal titolare o dalla persona oppure collocati sugli oggetti e solo purché la localizzazione permetta di risalire all’identità degli interessati, anche indirettamente attraverso appositi codici.
Pertanto non devono essere notificati al Garante i trattamenti di dati personali che consentano solo una rilevazione non continuativa del passaggio o della presenza di persone o oggetti, effettuata, per esempio, all’atto della registrazione di ingressi o uscite presso luoghi di lavoro, tramite tessere elettromagnetiche, codici di accesso o altri dispositivi, a meno che, mediante la rete di comunicazione elettronica, sia possibile tracciare gli spostamenti di interessati in determinati luoghi o aree sul territorio.
Scritto il 29-1-2013 alle ore 18:15
Buongiorno, un’azienda nostra assistita che possiede un negozio, a seguito di furti ha installato numero 5 telecamere nascoste con registrazione puntate all’entrata principale, all’entrata secondaria e al magazzino.
Non ha fatto alcuna comunicazione, ma ora vorrebbe sistemare la sua situazione, a quali sanzioni andrebbe incontro?
Grazie
Scritto il 29-1-2013 alle ore 18:30
L’art. 4 dello Statuto dei lavoratori (legge n. 300/1970) rubricato “Impianti audiovisivi”, così recita: «È vietato l’uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori.
Gli impianti e le apparecchiature di controllo che siano richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro possono essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure in mancanza di queste, con la commissione interna. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l’Ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l’uso di tali impianti».
Dalla violazione dell’art. 4 possono derivare tre tipi di conseguenze:
1) Penali ex art. 38 dello Statuto dei lavoratori, che prevede l’ ammenda da 154,94 euro a 1549,37 euro o l’arresto da 15 giorni a un anno, salvo che il fatto non costituisca più grave reato. Il contravventore può essere ammesso all’oblazione, previa valutazione discrezionale del giudice penale, con conseguente estinzione del reato.
2) Civili: i dati acquisiti dal datore di lavoro attraverso apparecchiature vietate non hanno valore probatorio nell’eventuale contenzioso con il dipendente (ad esempio nel caso di un licenziamento intimato a seguito degli accertamenti compiuti).
3) Sindacali: ove il comportamento del datore di lavoro, tenuto alla preventiva consultazione con le rappresentanze sindacali (ove presenti), integri gli estremi di una condotta antisindacale (art. 28 Statuto dei lavoratori).
A tali conseguenze si aggiungono, poi, quelle derivanti da eventuali responsabilità, civili e penali, dell’imprenditore nei confronti dei singoli lavoratori che lamentassero una violazione di propri personali diritti, come ad esempio il diritto alla propria privacy.
Scritto il 29-1-2013 alle ore 18:47
Buongiorno Dott. Polacchini, seguendo sempre tutti i suoi articoli mi permetto di porle una domanda in merito alla sua ultima risposta fornita alla Sig.ra Elisabetta. Quanto da lei indicato vale anche se le telecamere installate sembrerebbero che non riprendano l’attività svolta dai lavoratori bensì i soli ingressi (puntate all’entrata principale, all’entrata secondaria e al magazzino)? Non è chiaro dove punti quella installata nel magazzino, però.
Elisabetta che attività svolge l’azienda? Se rientra tra quelle considerate a maggior rischio ci sono delle semplificazioni in merito.
Saluti ad entrambi e un nuovo ringraziamento al Dott. Polacchini che continua a fornire un utile supporto a tutti.
Scritto il 29-1-2013 alle ore 18:55
Buonasera sig. Angelo, l’azienda in questione ha un’attività di vendita di elettrodomestici .
Scritto il 29-1-2013 alle ore 20:58
@Angelo, ovviamente se non sono ripresi i lavoratori non occorre seguire la procedura dell’art. 4 St. Lav.
Nel magazzino però, potrebbero facilmente essere ripresi anche i lavoratori e questo fatto farebbe scattare l’obbligo del titolare per quanto riguarda tutto l’impianto di VDS.
L’attività indicata da Elisabetta non rientra tra quelle considerate particolarmente pericolose, alle quali si applicano le semplificazioni stabilite dal Min. Lavoro.
Scritto il 30-1-2013 alle ore 11:21
Buongiorno,
mi permento di inserirmi nella discussione di ELISABETTA che chiede delle sanzioni: il fatto stesso che le telecamere siano “nascoste” configura già una serie di violazioni:
1. Mancanza di autorizzazione DTL
2. Mancata certificazione dell’impianto da parte dell’installatore
3. Mancanza di un informativa per i soggetti ripresi
Di conseguenza si desumerebbero anche ipoteticamente:
4.Inosservanza dei provvedimenti di prescrizione di misure necessarie
5.Omessa adozione di misure minime di sicurezza
6.Mancato rispetto dei tempi di conservazione delle immagini raccolte e obbligo di cancellazione oltre il termine previsto
7.Mancata nomina dei soggetti incaricati
Al di la delle leggi sul lavoro a cui ha già ampiamente risposto il Dott.Polacchini , le sanzioni previste dal codice privacy variano da un minimo di euro 6.000 fino a 180.000.
Potrebbe altresi configurarsi: INTERFERENZA ILLECITA VITA PRIVATA. Codice penale.
Fabio F.
Scritto il 4-2-2013 alle ore 22:53
buona sera vorrei mettere delle telecamere nella mia proprieta devo attenermi a qualche forma di indicazione vorrei sorvegliare il mio cancello di ingresso il mio giradino ecc.
devo porre dei cartelli allingresso della mia proprieta poiche non mi andrebbe idea di avere cartelli ad ogni ingresso poiche chi viene nella mia proprita sono amici e le telecamere sono ben visibili .
grazie
Scritto il 5-2-2013 alle ore 16:41
Matteo non capisco…. mi dice che cosa c’entra la sua domanda con la questione della videosorveglianza nel’ambiente di lavoro della quale si occupa questo thread??
Scritto il 8-2-2013 alle ore 19:56
Sono un installatore elettrico, volevo sapere gentilmente, se è possibile fare questo tipo di impianto, un mio cliente ha due negozi è vorrebbe installare un sistema di video sorveglianza in entrambi i punti vendita, facendo cominucazione alla DPL, e posizionando le telecamere sugli scaffali e sulle casse, non per controllare i dipendenti, ma perchè svariate volte i clienti hanno affermato di aver dato una banconota superiore al resto avuto. Inoltre il mio cliente vorrebbe vedere da remoto (negozio principale e/o abitazione – cellulare) il negozio secondario per tutelare i dipendenti da furti e rapine visto che in questo ultimo periodo sono aumentate a dismisura.
Grazie anticipatamente.
Scritto il 9-2-2013 alle ore 10:40
Certo che lo può fare Francesco. Basta che segua le regole e le procedure ampiamente descritte nelle centinaia di post precedenti: autorizzazione DTL, informativa ai dipendenti, cartelli di avviso, conservazione immagini non oltre 24 ore, ecc.
Scritto il 26-2-2013 alle ore 10:59
buongiorno dottor marcello sono disperati perché per un problema di metatarsalgia sto perdendo il posto di lavoro. mi spiego l ortopedico mi ha fatto il certificato di esenzione delle scarpe antinfortunistiche per 6 mesi, ora le volevo chiedere , ma questo certificato ha validità nei confronti del medico aziendale? grazie
Scritto il 19-4-2013 alle ore 16:51
Buon pomeriggio Dott.Marcello,
Sono titolare di una ditta che offre lavoro a 18 dipendenti (tutti lavorano all’interno dello stabile)e vorrei installare alcune telecamere di videosorveglianza (con ripresa)esclusivamente all’esterno dell’edificio, nella zona perimetrale e a ridosso del cancello di entrata;la mia decisione scaturisce dal semplice fatto di tutelare la proprietà da eventuali intrusioni notturne -rischio notevolmente aumentato- o nelle giornate di assenza. Considerato però che una delle quattro telecamere riprenderebbe una piccola zona esterna della proprietà quindi zona comunale, vorrei sapere se è sufficente l’applicazione di un cartello informativo oppure se è necessario richiede qualche autorizzazione. Grazie anticipatamente.
Scritto il 19-4-2013 alle ore 17:20
No Enza non occorre chiedere alcuna autorizzazione, basta osservare le regole di carattere generale per la videosorveglinaza stabilite dal garante per la privacy nel provvedimento dell’8 aprile 2010, tra le quali c’è appunto l’obbligo di affiggere il cartello di avviso in prossimità di ogni telecamera.
Se invece le telecamere riprendono luoghi nei quali possono transitare i lavoratori (ad. es. il cancello d’ingresso) occorre seguire la procedura prevista dal comma 2 dell’art. 4 della legge n. 300/70, più volte descritta in questo topic.
Scritto il 19-4-2013 alle ore 17:22
Onofrio capisco la sua disperazione, ma mi spiega che cosa c’entra il suo post n. 486 con la privacy e con la videosorveglianza nei luoghi di lavoro…?!!
Scritto il 24-4-2013 alle ore 00:43
buonasera
lavoro da alcuni mesi in un comproro dove sono installate 4 telecamere di sicurezza una delle quali proprio puntata nella mia direzione il mio datore di lavoro però non mi ha detto ne se c’è l’audio nelle registrazioni ne quanto rimangono conservate le immagini e oggi ho notato che con una pennina scaricava i dati dal registratore. potrebbe gentilmente dirmi come mi devo comportare e se il tutto è a norma di legge? grazie mille
Scritto il 24-4-2013 alle ore 07:27
No Sara, il comportamento del suo datore di lavoro non è regolare.
Nei post precedenti troverà le regole per poter installare legittimamente una telecamera di VDS in un ambiente di lavoro.
Quanto ai rimedi possibili: legga le risposte già date e si rivolga all’ispettorato del lavoro denunciando il fatto.
Scritto il 26-4-2013 alle ore 12:33
Buonasera Dottore,
Le chiedo un’informazione su cui mi pare non si sia espresso poichè si tratta di una cosa specifica.
Abbiamo presentato istanza all’Ispettorato del lavoro come da prassi per l’installazione di un sistema di videosorveglianza. Successivamente alla visita che è andata bene, hanno inviato il provvedimento di autorizzazione dove dicono che entro 30 giorni occorre documentare a loro di aver provveduto ad informare i dipendenti e di aver nominato un rappresentante dei dipendenti che dovrà essere presente nel caso in cui sia necessario visionare le registrazioni.
Data la sua esperienza, mi chiedo: di quale documentazione hanno bisogno?
Credo, dell’informativa in forma estesa quindi non il cartello ma una comunicazione a questo punto con il consenso dei lavoratori anche se a mio parere non sarebbe necessario in tal caso….Che ne pensa? Poi per quanto riguarda il rappresentante dei lavoratori, non si capisce se basta dire il nome o se c’è una qualche nomina in forma scritta da inviare. Se si, esiste una forma precisa o è in forma libera
Grata della sua collaborazione La saluto e La ringrazio anticipatamente.
Marta
Scritto il 30-4-2013 alle ore 15:59
Marta la documentazione che l’Ispettorato le ha chiesto è semplicemente:
– il testo dell’informativa completa data ai dipendenti (basta affiggerla in bacheca) che contiene le finalità e le modalità della videosorveglianza.
E’ evidente che non serve il consenso dei lavoratori, dato che l’Ispettorato, sulla base dell’istanza presentatagli ha già dato l’autorizzazione all’installazione dell’impianto.
– la nomina di un rappresentante dei lavoratori autorizzato dal titolare a visionare le registrazioni assieme al titolare stesso 8a garanzia degli altri lavoratori).
La nomina deve essere formalizzata per iscritto in forma libera e il lavoratore deve essere designato (cioè scelto) dai lavoratori stessi.
Scritto il 9-5-2013 alle ore 13:59
Salve!Lavoro in un piccolo alimentari ci sono due telecamere una puntata sulla cassa e una sul bancone.La mia domanda è: in una causa contro il mio datore di lavoro lui potrebbe usare i filmati contro di me? Premetto che sono stata informata solo verbalmente dell’uso di tali telecamere….La ringrazio
Scritto il 11-5-2013 alle ore 09:49
Emi, il secondo comma dell’art. 4 dello Statuto dei lavoratori (legge n.300/70, richiamata dall’art. 114 del Codice della privacy) ammette i cosiddetti “controlli difensivi”, cioè quelle forme di controllo (ad es. la videosorveglianza) finalizzate a tutelare interessi del datore di lavoro garantiti dall’art. 41 della Costituzione, che consentano anche una controllo indiretto nei confronti dei lavoratori (cioè un controllo non volontario, ma preterintenzionale). Le apparecchiature di controllo dalle quali possa derivare un controllo a distanza dei dipendenti sono ammesse purchè siano giustificate da esigenze organizzative, produttive o di sicurezza del lavoro, ma tali controlli sono ammessi solo se il datore di lavoro rispetta una procedura stabilita a garanzia dei lavoratori, che prevede un accordo preventivo all’installazione dell’impianto di controllo con la rappresentanza sindacale dei lavoratori, oppure, in caso di mancanza dell’accordo o di mancanza della rappresentanza sindacale, l’ottenimento di un’autorizzazione preventiva da parte dell’Ispettorato del lavoro. Se tale procedura non viene rispettata il datore di lavoro è sanzionato penalmente.
Sui “controlli difensivi” la giurisprudenza non si è pronunciata sempre in maniera uniforme, ma sintetizzando si può affermare che la giurisprudenza penale, chiamata a decidere su illeciti costituenti reato, si è pronunciata più spesso in favore di questi controlli, stabilendo che “sono utilizzabili nel processo penale, ancorché imputato sia il lavoratore subordinato, i risultati delle videoriprese effettuate con telecamere installate all’interno dei luoghi di lavoro ad opera del datore di lavoro per esercitare un controllo a beneficio del patrimonio aziendale, messo a rischio da possibili comportamenti infedeli dei lavoratori, in quanto le norme dello Statuto dei lavoratori poste a presidio della loro riservatezza non fanno divieto dei c.d. controlli difensivi del patrimonio aziendale e non giustificano pertanto l’esistenza di un divieto probatorio” (Cass., Sez. V Pen., 12 luglio 2011, n. 34842). In sostanza, secondo la Suprema Corte “la finalità di controllo a difesa del patrimonio aziendale non è da ritenersi sacrificata dalle norme dello Statuto dei lavoratori” (Cass., Sez. V Pen., 1 giugno 2010, n. 20722). Questo perchè “Gli articoli 4 e 38 dello Statuto dei lavoratori implicano l’accordo sindacale a fini di riservatezza dei lavoratori nello svolgimento dell’attività lavorativa, ma non implicano il divieto dei cd. controlli difensivi del patrimonio aziendale da azioni delittuose da chiunque provenienti. In tali ipotesi non si ravvisa la inutilizzabilità, ai sensi dell´articolo 191 c.p.p., di prove di reato acquisite mediante riprese filmate, ancorché sia perciò imputato un lavoratore subordinato”.
Anche il Garante per la privacy nel suo provvedimento generale sulla videosorveglianza dell’8 aprile 2010 si è occupato dei cosiddetti “controlli difensivi” e ha ribadito che quando la videosorveglianza è necessaria per esigenze organizzative o produttive, o per la sicurezza del lavoro devono essere sempre osservate le garanzie previste in materia di lavoro. Queste garanzie vanno osservate sia all’interno degli edifici, sia in altri contesti in cui è resa la prestazione di lavoro. Pertanto, è vietata ed è sanzionata penalmente l’installazione di telecamere specificamente dedicate al controllo a distanza dei lavoratori.
Quindi il datore di lavoro non può riprendere i lavoratori nè per verificare il rispetto del loro orario di lavoro, nè per controllare la correttezza nell’esecuzione della loro prestazione lavorativa. Infatti, se la finalità lecita della videosorveglianza è la tutela dei beni aziendali rispetto a possibili furti, rapine, danneggiamenti o atti di vandalismo, le immagini raccolte se riprendono i lavoratori, possono essere utilizzate solo ed esclusivamente per questi fini di tutela. Le immagini riprese, invece, non possono mai essere utilizzate per monitorare l’attività dei dipendenti o per profilare il loro status lavorativo.
Inoltre, la violazione da parte del datore di lavoro della procedura stabilita dall’art. 4, comma 2, della legge n. 300/70 a garanzia dei lavoratori, esclude la rilevanza probatoria dei risultati dei controlli dell’attività dei lavoratori, sia a fini disciplinari sia a fini risarcitori. Ciò significa che le immagini, in cui viene eventualmente ripreso un lavoratore, non potranno mai essere utilizzate per contestargli inadempimenti lavorativi o per profilare il suo comportamento nel luogo di lavoro, nè tali immagini potranno essere utilizzate in un qualsiasi contesto giudiziale come prova contro il lavoratore, ad eccezione delle immagini riguardanti atti compiuti dal dipendente e diretti contro i beni tutelati dal sistema di videosorveglianza (ad esempio un furto o un sabotaggio). “In tali ipotesi – ha affermato la Cassazione nella sentenza n. 20722/2010 – non si ravvisa la inutilizzabilità, ai sensi dell´articolo 191 c.p.p., di prove di reato acquisite mediante riprese filmate, ancorché sia perciò imputato un lavoratore subordinato”, perciò in quest’ultimo caso le immagini potranno essere utilizzate contro il lavoratore, essendo pertinenti alle finalità (lecite) di salvaguardia dei beni aziendali.
Scritto il 20-5-2013 alle ore 01:53
Buonasera avvocato, sto vivendo una spiacevolissima situazione, uno (o più) dei collaboratori di fiducia, autorizzato insieme ad altri agli incassi di fatture e scontrini, sottrae quotidianamente e con costanza importi, approfittando della fiducia e del fatto che per anni non sono stati effettuati controlli. Ho ricevuto la segnalazione da un suo collega, che credo sincero (?) ed in effetti nei controlli che ho iniziato a condurre, ho verificato ammanchi giornalieri. Vorrei essere certo della colpevolezza, per evitare ingiuste accuse, ma se dovessi seguire gli adempimenti legali, inevitabilmente il colpevole mangerebbe la foglia e rimarrei perennemente con con il sospetto anche su possibili innocenti. Vorrei anche evitare le denunce penali, i possibili colpevoli sono tutti padri di famiglia e si potrebbe risolvere la questione civilmente. Avevo pensato di montare una telecamera nascosta inquadrando esclusivamente l’area strettamente connessa con la cassa, ma da quanto ho letto non credo sia lecito… Che situazione…cosa può consigliarmi? La ringrazio anticipatamente.
Scritto il 20-5-2013 alle ore 08:53
Antonello, la questione che lei pone è molto delicata. Infatti, il controllo dei lavoratori con la videosorveglianza si scontra con la norma dell’art. 4 dello Statuto dei lavoratori (Legge 20 maggio 1970, n. 300) e impatta con la disciplina di tutela della privacy (Decreto Legislativo 30 giugno 2003, n. 196).
La Cassazione ha interpretato la norma dell’art. 4 dello Statuto affermando che il comma 2 prevede la possibilità di utilizzare gli impianti e le apparecchiature di controllo richiesti da esigenze organizzative e produttive oppure dalla sicurezza del lavoro (cosiddetti “controlli difensivi”), anche se c’è la possibilità di un controllo a distanza dell’attività dei lavoratori secondo la Suprema Corte, però, la condizione è che vi sia un preventivo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali e, in difetto di accordo (o delle RSA), vi sia il rilascio di un provvedimento autorizzativo da parte dell’ispettorato del lavoro, il quale può precisare le modalità di uso degli impianti stessi.
Con queste previsioni il legislatore ha inteso contemperare l’esigenza di tutela dei lavoratori a non essere controllati a distanza con quella del datore di lavoro relativamente agli aspetti presi in considerazione dal comma 2, subordinando, in presenza di questi ultimi interessi, il superamento del divieto altrimenti inderogabile di controllo dei lavoratori a distanza previsto dal comma 1ad una valutazione di congruità alla quale partecipa la rappresentanza dei lavoratori o un organo pubblico qualificato.
Quindi è ammesso un controllo a distanza che, seppure dettato per esigenze diverse da quelle del mero controllo dell’attività dei lavoratori, può in pratica consentire al datore di lavoro di compiere anche quel tipo di osservazione del comportamento del lavoratore – (cfr. Cass. n. 15892/2007; Cass. n. 4375/2010 e Cass., Sez. Lav., n. 6498/2011).
Anche il Garante per la privacy non vieta l’installazione di sistemi di videosorveglianza e di registrazione di immagini, richiesti da esigenze organizzative e produttive, ovvero dalla sicurezza del lavoro, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, però stabilisce che tali sistemi devono essere conformi al D.Lgs. n. 196/03 e, in generale, devono rispettare la privacy dei lavoratori. Infatti, la raccolta, la registrazione, la conservazione e, in generale, l’utilizzo di immagini, configurano un “trattamento di dati personali” ai sensi dell’art. 4, comma 1, lett. b) del Codice della privacy; pertanto il trattamento di dati attraverso sistemi di videosorveglianza deve fondarsi su uno dei presupposti di liceità che il Codice prevede espressamente: l’adempimento di un obbligo di legge, oppure il consenso libero ed espresso dell’interessato.
Sui cosiddetti “controlli difensivi” la giurisprudenza non si è pronunciata sempre in maniera uniforme, ma sintetizzando si può affermare che la giurisprudenza penale, chiamata a decidere su illeciti costituenti fattispecie di reato, si è pronunciata più spesso in favore di tali controlli, stabilendo che sono utilizzabili nel processo penale, anche se sia imputato un lavoratore subordinato, le videoriprese fatte con telecamere installate all’interno dei luoghi di lavoro per controllare il patrimonio aziendale, messo a rischio da possibili comportamenti infedeli dei lavoratori (cfr. Cass., Sez. V Pen., 12 luglio 2011, n. 34842). In sostanza, secondo la Suprema Corte, la finalità di controllo a difesa del patrimonio aziendale non è sacrificata dalle norme dello Statuto dei lavoratori (cfr. Cass., Sez. V Pen., 1 giugno 2010, n. 20722), perchè gli articoli 4 e 38 dello Statuto dei lavoratori implicano l’accordo sindacale a fini di riservatezza dei lavoratori nello svolgimento dell’attività lavorativa, ma non implicano il divieto dei controlli fatti per difendere il patrimonio aziendale da azioni delittuose provenienti da chiunque (compresi i lavoratori). Perciò, in tali ipotesi non si ravvisa l’inutilizzabilità (ai sensi dell’art. 191 c.p.p.), delle prove di reato acquisite mediante riprese filmate, anche se l’imputato è un lavoratore subordinato.
A fronte di questo quadro normativo e giurisprudenziale si può concludere che l’installazione di telecamere nascoste in un ambiente di lavoro non è consentita: è sempre necessaria un’informativa preventiva ai lavoratori e l’accordo sindacale oppure l’autorizzazione amministrativa. Soltanto in questo caso le prove di reato eventualmente acquisite potranno essere utilizzate in giudizio contro l’imputato infedele.
Rimane la possibilità di far disporre un controllo ambientale da parte dell’autorità giudiziaria, ma dubito che per un’ipotesi di reato così modesta (sottrazione di parte dell’incasso giornaliero) lei otterrebbe l’autorizzazione.
Credo pertanto che l’unica soluzione sia seguire la strada della procedura prevista dal comma 2 dell’art. 4 dello Statuto e così facendo interrompere i furti.
Scritto il 20-5-2013 alle ore 23:50
Avvocato grazie, la sua cortese disponibilità è pari alla sua competenza: assoluta.
Seguirò senz’altro il suo consiglio, grazie ancora.
Scritto il 25-5-2013 alle ore 12:25
Salve avrei una domanda importante da fare: e da qualche giorno che il direttore dell’azienda dove lavoro si e messo a fare foto ai dipendenti all’uscita dallo spogliatoio dopo aver regolarmente timbrato il cartellino. Questoper calcolare il tempo che un operaio impiega dal momento che timbra l’uscita dal lavoro al momento che ale in macchina. Questo succede cmq dopo avere timbrato la fine del turno. Vorrei chiedere quali provvedimenti si possono prendere in questo caso visto che fa tutto senza farsi vedere e senza aver detto niente a nessuno e quali sanzioni o danni possiamo chiedere. Ci sentiamo umiliati e discriminati. GRAZIE
Scritto il 25-5-2013 alle ore 18:07
Gentile avvocato se entrò in un negozio e mi accorgo di telecamere ma non sono segnalate posso chiedere i danni per la registrazione della mia immagine?
Scritto il 31-5-2013 alle ore 11:18
Salve, lavoro per un’azienda; il titolare del bar ha recentemente installato 12 telecamere puntate non sul pubblico, ma su tutti i dipendenti; dalla sala alla cucina all’ anti-bagno..non le posso dire in che clima si stà lavorando;non sò se si può fare qualcosa..e se si cosa possiamo fare??Grazie
Scritto il 31-5-2013 alle ore 14:20
Sandro si rivolga ai sindacati, e legga anche qui: http://marcellopolacchini.postilla.it/2012/10/23/come-difendere-la-propria-privacy/
Scritto il 31-5-2013 alle ore 14:21
Roberto mi sa dire qual è il danno?? Come lo può provare?
In ogni caso legga qui: http://marcellopolacchini.postilla.it/2012/10/23/come-difendere-la-propria-privacy/
Scritto il 31-5-2013 alle ore 14:22
Lorena… basta che legga le risposte precedenti e quelle date anche qui: http://marcellopolacchini.postilla.it/2012/10/23/come-difendere-la-propria-privacy/
Scritto il 6-6-2013 alle ore 12:21
gentile dott. Polacchini. lavoro in ambito di sicurezza del lavoro e nello specifico videosorveglieanza. volevo chiedere se il monitor dove si visualizzano le inquadrature delle telecamere deve essere chiuso in un armadietto con doppia chiave (come sostiene il Garante)oppure può essere a vista come spesso capita nelle farmacie, in posta o altre attività ? ( i carabinieri del lavoro dicono che non c’è una legge specifica e quindi non è reato tenere il monitor a vista di tutti). sono 2 opinioni contrastanti.
grazie per l’interesse.
cordiali saluti
Scritto il 6-6-2013 alle ore 13:30
Salve Gentile Dottore,
ho visionato le domande precedenti, ma non ho trovato casi quali il mio. Per questo Le volevo velocemente e gentilmente chiedere un parere.
Lavoro come commessa in un negozio di gioielleria in oro e argento che ha le regolamentali telecamere. Ad esse, qualche mese fa sono stati aggiunti microfoni. A noi dipendenti non è stato fatto firmare nulla, sebben ne siamo venuti a conoscenza in modo “ufficioso”, nè ci sono cartelli che indicano la presenza di telecamere.
Il mio datore di lavoro è solito usare le telecamere per guardare (da un’altra città) che cosa facciamo noi dipendenti, e occasionalmente telefona per lamentare alcuni comportamenti. Non si è mai spinto a nulla di ciò con la sorveglianza audio, ma abbiamo scoperto che ascolta le nostre conversazioni.
Non ci sono mai – non per ora almeno – episodi incresciosi, ma sentendomi lesa nella mia privacy, vorrei chiederle: devo temere quello che faccio e dico mentre sono sul posto di lavoro? Ovvero, dovrei temere qualche azione disciplinare del mio datore di lavoro? Perchè questa situazione mi fa temere ogni parola e ogni gesto, sapendo che potrebbe essere commentata.
La ringrazio in anticipo per La sua cortesia.
Cordiali saluti
Scritto il 6-6-2013 alle ore 19:40
Martina, come ho già detto più volte il comportamento del suo datore di lavoro è un illecito penalmente sanzionabile che viola l’art. 4 dello Statuto dei lavoratori (Legge n. 300/1970).
in ogni caso nessun provvedimento disciplinare potrebbe essere legittimamente preso nei suoi confronti a seguita di una comntestazione disciplinare basata sulle videoregistrazioniillegittime.
Diverso sarebbe il caso se lei venisse ripresa mente commette un illecito penale (ad es. furto o danneggiamento).
Scritto il 6-6-2013 alle ore 19:44
Tommaso il monitor non va “chiuso a chiave”, va semplicemente posizionato in maniera tale che ad esso abbiano accesso SOLO gli addetti formalmente incaricati di visionare le immagini. Un monitor rivolto verso il pubblico viola la privacy delle persone presenti nel locale.
Scritto il 19-6-2013 alle ore 15:54
Buongiorno,
un quesito veloce. Il titolare di un punto di ristorazione, per tutelandosi e insospettito dal comportamento al quanto strano di un suo dipendente, ha incaricato una regolare Ag. Investigativa ad occultare una telecamera nel proprio locale. Da pochi minuti di riprese effettuate su una porzione di lavabo all’interno di un bagno, e durante l’orario di chiusura al pubblico, si evince chiaramente l’assunzione di droghe dello stesso dipendente. Desidererei sapere se l’intervento da parte dei soggetti sia lecito e se i filmati acquisiti costituiscono una prova. Grazie.
Scritto il 4-7-2013 alle ore 22:28
Buonasera scusate l’intrusione lavoro per una azienda con circa 100 unita installatori manutentori ebbene l’azienda a scelto di installare dei localizzatori sui mezzi aziendali la quale con un software fornito da chi vende tali localizzatori controlla tutti i movimenti delle squadre orario di partenza arrivo velocità e quant’altro e legale tutto ciò?
So per certo che viene usato anche da altre aziende con la scusa della sicurezza ma poi in verità è solo un controllo vero e proprio…attendo la gradita risposta
Scritto il 5-7-2013 alle ore 18:29
buonasera dott polacchini…..lavoro come domestica in una villa di una famiglia, che e’ videosorvegliata esternamente. vorrei sapere se e’ legale aver posizionato telecamere nascoste in casa senza aver avvisato me e la mia collega grazie!
Scritto il 5-7-2013 alle ore 18:32
buonasera dott polacchini…..e’ legale montare telecamere nascoste per controllare la cameriera in una casa privata? grazie
Scritto il 9-7-2013 alle ore 00:37
Gent.mo Dott. Polacchini,
con la presente intendo sottoporle un quesito.
Le sedi di Stato (Ministeri,Uffici Territoriali del Governo, Tribunali, Case Circondarilai ecc.. ) così come anche le sedi di Comandi di Polizia Statali e Locali (Questure, Caserme dei Carabinieri, della Guardia di Finanza, del Corpo Forestale dello Stato, della Polizia Penitenziaria, Comandi di Polizia Municipale e Provinciale) tutti … se dotati di sistemi di videosorveglianza esterni ed interni finalizzati alla tutela della struttura, per prevenire attentati, atti vandalici eccc… (escludendo dove di fatto il lavoratore presta materialmente la propria attività lavorativa!) … necessita l’accordo ex art. 4 statuto dei lavoratori o in alternativa l’autorizzazione del DPL ??? Dando un’occhiata alla normativa vigente … credo che questi due passaggi non siano necessari. Come si può avere ad oggi una sede di Polizia Statale o Locale priva di un sistema di videosorveglianza??? La ringrazio anticipatamente per la disponibilità
Scritto il 16-7-2013 alle ore 19:25
sono un installatore, e un mio cliente (oreficeria/bigiotteria) ha ricevuto una raccomandata dalla questura la quale lo obbliga all’installazione di un sistema di videosorveglianza. Il cliente non ha dipendenti. Bastano i cartelli di segnalazione o deve fare anche qualche richiesta?
Scritto il 16-7-2013 alle ore 19:29
salve… ho anche un altro cliente (negozio di ottica) dove i titolari sono 2 soci (marito e moglie). Anche qui basta solo la certellonistica? Grazie
Scritto il 17-7-2013 alle ore 11:55
mi riferisco al mio intervento 513. Dott. Polacchini, aggiungo che tale impianti di videosorveglianza presenti in queste sedi istituzionali sono costituiti anche da telecamere ubicate all’interno degli edifici. Per la Polizia di Stato, così come anche per la Polizia Locale, in molti comandi le telecamere sono posizionate nelle aree front office, nei corridoi, negli androni delle scale, davanti le porte delle armerie, nelle celle di sicurezza ecc … lo stesso avviene nelle Questure, in alcuni Ministeri e nei Tribunali … ovvio anche nelle altre sedi già elencate precedentemente. Ovvio che descrivere un impianto di videosorveglianza di una Casa Circondariale, di una Caserma Militare / Aeroporto / Comando Capitaneria di Porto mi sembra superfluo …. !!! In tutti questi casi il lavoratore “particolare” viene ripreso dall’impianto … e considerato che le telecamere non riprendono i luoghi dove effettivamente si produce si lavora in senso stabile o comunque il dipendente è presente (SCRIVANIE, UFFICI, CENTRALI OPERATIVE, SALE RIUNIONI, MARCATEMPO, BAGNI, SPOGLIATOI, SALA CAFFE’ ecc)… credo (?!) che non siano necessari accordi con le RSU o autorizzazioni dell’Ispettorato. Utilizzando i motori di ricerca del web … non ho trovato nulla !!! Attendo un suo parere. GRAZIE. Francesco
Scritto il 17-7-2013 alle ore 11:57
mi riferisco al mio intervento 513. Dott. Polacchini, aggiungo che tale impianti di videosorveglianza presenti in queste sedi istituzionali sono costituiti anche da telecamere ubicate all’interno degli edifici. Per la Polizia di Stato, così come anche per la Polizia Locale, in molti comandi le telecamere sono posizionate nelle aree front office, nei corridoi, negli androni delle scale, davanti le porte delle armerie, nelle celle di sicurezza ecc … lo stesso avviene nelle Questure, in alcuni Ministeri e nei Tribunali … ovvio anche nelle altre sedi già elencate precedentemente. Ovvio che descrivere un impianto di videosorveglianza di una Casa Circondariale, di una Caserma Militare / Aeroporto / Comando Capitaneria di Porto mi sembra superfluo …. !!! In tutti questi casi il lavoratore “particolare” viene ripreso dall’impianto … e considerato che le telecamere non riprendono i luoghi dove effettivamente si produce si lavora in senso stabile o comunque il dipendente è presente (SCRIVANIE, UFFICI, CENTRALI OPERATIVE, SALE RIUNIONI, MARCATEMPO, BAGNI, SPOGLIATOI, SALA CAFFE’ ecc)… credo (?!) che non siano necessari accordi con le RSU o autorizzazioni dell’Ispettorato. Utilizzando i motori di ricerca del web … non ho trovato nulla !!! Attendo un suo parere. GRAZIE. Francesco
Scritto il 2-8-2013 alle ore 18:20
buonasera, da poco mio padre ha installato delle telecamere all’interno di un locale che lui utilizza come deposito di merci. Al momento dell’installazione un vicino gli ha riferito che anche lui ha installato delle telecamere all’interno di un suo locale e che dopo qualche settimana ha subito un furto. Dalle telecamere si vedono molto chiaramente i volti delle persone e si sentono anche le voci, ma la polizia gli ha detto di non poter prendere in considerazione i video perchè non costituiscono una prova. Ora se mai dovessimo subire un furto è possibile che la polizia ci dia una risposta del genere? se si cosa bisogna fare per rendere le immagini prova del reato? Forse bisogna fare qualche richiesta prima dell’installazione? La ringrazio anticipatamente Federica.
Scritto il 8-9-2013 alle ore 17:18
Buonasera mi chiamo fabrizio faccio la guardia giurata e volevo sapere se il cliente/commitente del servizio che svolgo può fare controlli sulla persona (e non sul lavoro svolto)mentre svolge il propio servizio del cliente.
Grazie x eventuale risposta.
Scritto il 9-9-2013 alle ore 19:26
Buona sera dott.Polacchini
In un cantiere edile la società di costruzione vorrebbe ricevere dei fotogrammi sull’ andamento della costruzione per dei report interni.
Chiaramente questo credo non sia possibile, però se i fotogrammi fossero ripresi da sopra una grù in modo tale da non riconoscere i dipendenti ed avere un ottica dello stabile
credo che questo tipo di sistema e proponibile, dottore lei che dice!!!
o se ha avuto un caso analogo e può darmi una soluzione per tutelare i dipendenti e accontentare i costruttori
Saluti e grazie
Scritto il 10-9-2013 alle ore 09:20
Sono d’accordo Angelo. Se i dipendenti che lavorano nel cantiere non sono assolutamente riconoscibili (nemmeno zoomando le immagini) non ci sono problemi per quanto riguarda il rispetto del divieto di controllo a distanza della loro attività lavorativa, nè per quanto riguarda la loro privacy.
Scritto il 19-9-2013 alle ore 11:11
Buona sera.Sono una badante in una famiglia gia da un anno che lavoro da loro è mi sembra di essere sorvegliata in camera dove mi riposo io,dove mi chambio indumneti,in cuccina,e in saloto.cio e qualcosa montato su muro e che fa un rumore e si vede qualche lucina intermitente rossa.ora
per cortezia domando a lei? e legale essere spiata 24 di 24 ore ?
non so che non mintendo sono solo microfoni o anche la videoamera.vi ringrazio tantissimo.
Scritto il 19-9-2013 alle ore 11:15
sono legali apparechi da video serveglianza in stanza dove sta la badante? o i microfoni per 24 da 24 ore?
Scritto il 22-9-2013 alle ore 12:58
Buongiorno, sono un delegato RSU, siccome durante un’incontro sindacale con il D. di Lavoro relativo alla flessibilità d’orario, lo stesso, ha introdotto anche il tema dei furti, l’ultimo che si è verificato durante le ferie estive in magazzino (ma non sanno ne il giorno preciso, ed in quella settimana lavoravano almeno 3/4 magazzinieri) non è chiara neanche l’indagine interna svolta per risalire ai responsabili (il bancale sparito conteneva apparati telefonici marca “CISCO” di un valore intorno ai 50.000 €).
Comunque, ci hanno presentato un verbale che hanno sottoscritto i colleghi RSU della Calabria per lo stesso motivo, da prendere come riferimento per costruirne il nostro eventuale verbale d’accordo.Io ho dato soltanto una letta al verbale dei calabresi, ma poi ho detto al D. di L., “se è vero che hanno rubato in magazzino, la società deve attivare la procedura prevista in materia disciplinare verso il responsabile del magazzino (questo per riscontro della verità, potrebbe essere anche un bluff, cioè la società butta lì un finto furto, magari lo fa veramente con la collaborazione di qualche lavoratore “di fiducia”, per poi motivarci a noi RSU la necessità di installare 1/2 telecamere interne al magazzino…..).
Ho letto molti esempi e vs. risposte in questo prezioso blog, per cui mi sono fatto una idea di come dovremmo costruire l’eventuale verbale d’accordo sindacale in modo corretto e nel rispetto delle normative legislative vigenti, credo che la vs. risposta data al n. 45 del blog, riporti quasi tutti i criteri del ns. caso, solo una non mi è consona, nel verbale dei RSU calabresi la distruzione delle immagini avviene dopo 7 gg. lavorativi, mentre nei vs. esmpi riferiti al D.L. 8.4.’10 in materia di privacy, si parla di 24 ore come tempo massimo per detenere le immagini a cura del D. di L. .
In attesa di VS. risposta, invio
Distinti saluti.
Mauro
Scritto il 23-9-2013 alle ore 08:19
Per Magdalena
No signora, la sorveglianza h24 effettuata dal suo datore di lavoro è assolutamente illegittima!
Scritto il 23-9-2013 alle ore 08:50
Mauro, il “Provvedimento generale sulla videosorveglianza dell’8.4.2010 del Garante per la privacy al punto 3.4. (Durata dell’eventuale conservazione) stabilisce in termini generali che nei casi in cui sia stato installato un sistema di videoregistrazione che preveda la conservazione delle immagini, in applicazione del principio di proporzionalità (previsto dall’articolo 11, comma 1, lettera e,del Codice) la conservazione temporanea delle immagini deve essere commisurata al tempo necessario – e predeterminato – a raggiungere la finalità perseguita.
Ciò posto il Garante precisa che ”La conservazione deve essere limitata a poche ore o, al massimo, alle ventiquattro ore successive alla rilevazione, fatte salve speciali esigenze di ulteriore conservazione in relazione a festività o chiusura di uffici o esercizi, nonché nel caso in cui si deve aderire ad una specifica richiesta investigativa dell’autorità giudiziaria o di polizia giudiziaria. Solo in alcuni casi, per peculiari esigenze tecniche (mezzi di trasporto) o per la particolare rischiosità dell’attività svolta dal titolare del trattamento (ad esempio, per alcuni luoghi come le banche può risultare giustificata l’esigenza di identificare gli autori di un sopralluogo nei giorni precedenti una rapina), può ritenersi ammesso un tempo più ampio di conservazione dei dati che, sulla scorta anche del tempo massimo legislativamente posto per altri trattamenti, si ritiene non debba comunque superare la settimana”.
Pertanto la regola è che la conservazione temporanea delle immagini non debba superare le 24 ore, salvo casi eccezionali.
Scritto il 23-9-2013 alle ore 17:04
Grazie della delucidazione ! Ora è abbastanza chiaro il criterio con il quale il legislatore ha quantificato la detenzione delle immagini.
Quindi sull’eventuale accordo sindacale, qualora la società richiedesse espressamente la tempistica massima di 7 gg., secondo il Vs. consiglio, deve essere trascritta sull’accordo sindacale, la motivazione di tale tempo aggiuntivo oltre le 24 ore e (comunque non oltre la settimana)?
Cordialmente.
Mauro
Scritto il 23-9-2013 alle ore 17:31
Buongiorno,
un quesito veloce. Il titolare di un punto di ristorazione, per tutelandosi e insospettito dal comportamento al quanto strano di un suo dipendente, ha incaricato una regolare Ag. Investigativa ad occultare una telecamera nel proprio locale. Da pochi minuti di riprese effettuate su una porzione di lavabo all’interno di un bagno, e durante l’orario di chiusura al pubblico, si evince chiaramente l’assunzione di droghe dello stesso dipendente. Desidererei sapere se l’intervento da parte dei soggetti sia lecito e se i filmati acquisiti costituiscono una prova. Grazie.
Scritto il 23-9-2013 alle ore 18:08
No Mauro non basta “scivere la motivazione” nell’accordo sindacale. Il prolungamento del tempo di conservazione delle immagini -come precisato dal Garante Privacy – è solo eccezionale (per attività particolarmente rischiose); altrimenti il datore di lavoro deve presentare una motivata istanza al garante per la privacy e chiedere un’autorizzazione espressa.
Scritto il 25-9-2013 alle ore 14:17
Buongiorno Dottor Polacchini, vorrei chiederle gentilmente un’informazione.
Sono stata assunta da poco a tempo pieno (in nero, preciso) da una famiglia come babysitter, e hanno intenzione di installare le telecamere di videosorveglianza (anche wireless e collegate ai loro cellulari, mi hanno detto, per controllare anche a distanza quando sono a lavoro fuori città) per tutta la casa. Come devo comportarmi? E’ legale riprendere tutto quello che faccio anche se è la loro abitazione? L’unica soluzione che mi resta è lasciare questo lavoro?
La ringrazio e le porgo cordiali saluti.
Scritto il 25-9-2013 alle ore 17:01
No Lucia questa forma di controllo costante della sua attività lavorativa non è consentita dalla legge (art. 4 L. n. 300/70) e costituisce anche una violazione del suo diritto alla privacy.
Se però lei non ha nulla da nascondere, ne parli con il suo datore di lavoro e trovi un accordo. Di questi tempi lasciare un lavoro (sia pure precario) non è consigliabile…
Scritto il 2-10-2013 alle ore 09:01
Buongiorno, giungo a questa pagina per caso e grazie alla fantastica indicizzazione di Google
per porre una domanda al dott. Polacchini, in merito a quanto accaduto recentemente nell’azienda presso la quale lavoro.
Dopo anni dalla loro installazione, io e altri miei colleghi, ci siamo accorti che nei ns uffici sono presenti video-camere (dal modello parrebbero anche in grado di registrare audio, essendo dotate di 3 fili) nascoste all’interno di rilevatori di allarme, che si aggiungono alle tante altre presenti nel resto dell’edificio ma perfettamente visibili (non segnalate, non presente accordo sindacale né autorizzazione dell’ispettorato).
Per “provocazione” io e altri colleghi impiegati abbiamo negli ultimi 3 mesi, provveduto ad uno “oscuramento” con scotch (di quelle presenti nel proprio ufficio) durante l’orario lavorativo e, ora, ci vediamo recapitare una contestazione disciplinare ai sensi dell’art. 7 L.300/70, in quanto, testualmente “da controlli di routine del sistema di videosorveglianza installato nell’ambito di controlli difensivi è emerso che un mio collega ha deliberatamente manomesso una videocamera, e io ho assistito all’episodio senza informarne la Direzione”.
Risultato: a lui sospensione di qualche giorno, a me richiamo in attesa di sentire le mie ragione.
Peccato che l’episodio in questione, seppur vero, si è svolto
1) in orario lavorativo (a riprova che le registrazione avvengono proprio in quella fascia oraria)
2) che l’aver visto il sottoscritto non fare nulla dinnanzi a tale fatto, automaticamente prevede che tali camere puntano proprio la scrivania e non l’armadio contenente dati/documenti che andrebbero davvero tutelati da eventuali furti e manomissioni.
A questo si aggiunge che, qui, vengono svolti controlli a tappeto sull’utilizzo degli strumenti informatici (cronologia e blocco di taluni siti internet, per un certo periodo motori di ricerca come Google COMPRESI) nonché richiami sull’utilizzo sul luogo di lavoro del cellulare personale (possibile solo, ancora una volta, solo attraverso l’attenta “analisi” delle registrazioni video), de-mansionalizzazione di alcuni dipendenti, affissione in bacheca di messaggi chiaramente “intimidatori” anche se ripresi di articoli di giornale…
Personalmente ravvedo molteplici violazioni dell’art. 4 dello statuto dei lavoratori, nonché molte azioni ascrivibili al tanto chiaccherato mobbing, lei che ne pensa?
La ringrazio anticipatamente, cordiali saluti.
Scritto il 2-10-2013 alle ore 12:11
M. anche io “ravvedo molteplici violazioni dell’art. 4 dello Statuto dei lavoratori, nonché molte azioni ascrivibili al tanto chiaccherato mobbing” !
I possibili rimedi sono i soliti:
-impugnazione del provvedimento disciplinare
-denuncia all’Ispettorato del Lavoro
-richiesta di intervento delle Organizzazioni Sindacali
Dato il “clima aziendale”… le auguro buona fortuna!
Scritto il 2-10-2013 alle ore 13:48
Gent.mo dott. Polacchini, grazie della risposta, è bello poter contare su informazioni chiare e concise nonché sulla certezza del diritto, a volte, quando il clima aziendale è completamente compromesso come nel mio caso, quasi non si riesce più a capire QUALE sia la VERA verità.
Cordiali saluti.
Scritto il 3-10-2013 alle ore 15:29
salve
la mia ragazza ha motivo di ritenere che l’azienda madre dell’azienda in cui lavora spii con telecamere e cimici ogni ambiente di lavoro (sia per una serie di coincidenze, in cui i dirigenti sembravano essere a conoscenza dei discorsi privati tra i dipendenti, sia perche’ durante l’archiviazione delle fatture degli anni precedenti ha trovato fatture relative a installazione di cimici e videocamere)
non esiste nessuna comunicazione ai dipendenti al riguardo
dato che l’azienda non se la sta passando bene (lei teme che possa chiudere da un momento all’altro) e il clima in azienda e’ ormai invivibile, lei si trova in azienda tanto male da non riuscire piu’ a resistere sul posto di lavoro e sta pensando alle dimissioni, resiste solamente perche’ dimettendosi non avrebbe diritto al sussidio di disoccupazione
aver scoperto di essere stata sistematicamente spiata per 3 anni e’ utilizzabile come giusta causa per le dimissioni, in modo da non dover rinunciare al sussidio di disoccupazione?
Lei e’ rimasta sconvolta da questa cosa, e’ possibile procedere contro l’azienda chiedendo i danni?
Scritto il 3-10-2013 alle ore 16:02
Buongiorno,
chiedo scusa al Sig. Marcello, nel caso in cui avesse già risposto ad una domanda come la mia, ma al momento non trovo la pazienza per leggere tutti i 535 commenti precedenti!! Avrei un semplice quesito da porre: nel caso in cui il datore di lavoro installi una telecamera interna in azienda, senza nessun tipo di comunicazione, né segnalazione con cartelli, né spia luminosa in caso di visione in diretta, le cui riprese restano accessibili per giorni, e parte del personale ne ha accesso, a chi ci si può rivolgere per chiedere che la legge sia rispettata? Grazie mille in anticipo, se vorrà essermi di aiuto. Buona serata.
Scritto il 13-10-2013 alle ore 16:41
buongiorno avvocato vi espongo il mio problema ho quasi 61 anni e sono un autista di bus,in estate facciamo un servizio in collaborazione con un’altra ditta,e quindi i passeggeri possono viaggiare sulle nostre linee con i biglietti di questa ditta,( il nostro lavoro è quello di staccare la fiches dal biglietto e riconsegnare il biglietto al cliente, queste fiches a fine stagione vengono consegnate alla nostra ditta).il mio problema è che sono stato accusato di aver venduto a due nostri collaboratori in borghese dei biglietti di questa ditta,alquanto impossibile perchè non sono dati a noi in dotazione,per questo motivo vogliono licenziarmi per giusta causa voglio sapere se possono farlo?e cosa devo fare? la ringrazio attendo una sua risposta.
Scritto il 18-10-2013 alle ore 10:48
Buongiorno Dott. Polacchini, ho un problema che penso spesso hanno tanti. Qualcuno si diverte di rigare la mia macchina con coltello o cacciavite nell’autorimessa comune. Vorrei mettere una videocamera dentro la mia auto che riprende chi passa fuori e chi si avvicina alla macchina.
Le riprese che faccio possono essere usati come prove in tribunale per fare esposto contro il vandalo? Posso dire ai miei vicini che cosa ho ripreso, chi è il vandalo? Se vedono la videocamera i miei vicini possono fare esposto per violazione della privacy?
Questa attività viola Codice Penale?
Grazie. Mario
Scritto il 22-10-2013 alle ore 17:41
Buonasera Dott. Polacchini, sono un tecnico che sta provvederndo ad inviare Istanza di Autorizzazione all’istallazione di impianti audiovisivi ai sensi dell’art. 4 della legge 20 maggio 1970 n. 300 (statuto dei lavoratori) per un supermercato. leggendo parte del suo Blog non sono riuscita a darmi delle risposte su alcuni punti che seguono:
1. l’accesso alle registrazioni possono essere custodite esclusivamente dal tit. resp. trattamento senza interpellare alcun incaricato locale (dipendente)?
2. se il titolare dell’azienda mi chiede di inserire tra gli autorizzati al controllo delle registrazioni la ditta istallatrice, quindi un responsabile esterno, come devo comportarmi? è possibile permettere questo tipo di accesso? e se è si come sottoscrivere tale dato nell’Istanza di Autorizzazione da inviare al DTL?
3. attualmente l’azienda si trova un impianto non autorizzato, come ho potuto reperire dai post precedenti, e mi corregga se sbaglio, in questi casi si deve provvedere subito a disistallare l’impianto e coprire le telecamere in attesa dell’autorizzazione per non incombere ad eventuali ispezioni seguite a sua volta da sanzioni. Nell’impianto attuale il monitor è disposto in alto vicino le casse ma visibile anche alla clientela, e per quanto letto nei post precedenti non è una corretta disposizione, ora le chiedo delle dritte per quanto riguarda la disposione del monitor e del dvr all’interno di un supermercato, la soluzione per quanto mi riguarda potrebbe essere disporre monitor e dvr nella stanza del responsabile dell’ufficio gestione e contabilità, ma il responsabile mi pone il problema che ubicando il monitor in tale ufficio lo stesso responsabile del trattamento non può osservare le immagini perchè per gran parte del tempo sta fuori dall’ufficio, quindi quale sarebbe la disposizione più corretta? perchè fuori dall’ufficio contabile gli spazi sono tutti accessibili e visionabili da tutta l
Scritto il 22-10-2013 alle ore 17:55
Buonasera Dott. Polacchini,
(MI SCUSO PER IL MESSAGGIO PRECEDENTE INVIATOSI PER SBAGLIO, PRIMA DI TERMINARE LE MIE RICHIESTE) sono un tecnico che fa le veci del datore di lavoro di un supermercato e sto provvedendo per lui ad inviare Istanza di Autorizzazione all’istallazione di impianti audiovisivi ai sensi dell’art. 4 della legge 20 maggio 1970 n. 300 (statuto dei lavoratori. Leggendo parte del suo Blog non sono riuscita a darmi delle risposte su alcuni punti che seguono:
1. l’accesso alle registrazioni possono essere custodite esclusivamente dal tit. resp. trattamento senza inserire alcun incaricato locale (dipendente)?
2. se il titolare dell’azienda mi chiede di inserire tra gli autorizzati al controllo delle registrazioni la ditta istallatrice, quindi un responsabile esterno, come devo comportarmi? è possibile permettere questo tipo di accesso? e se è si come sottoscrivere tale dato nell’Istanza di Autorizzazione da inviare al DTL?
3. attualmente l’azienda si trova un impianto non autorizzato, come ho potuto reperire dai post precedenti, e mi corregga se sbaglio, in questi casi si deve provvedere subito a disinstallare l’impianto e coprire le telecamere in attesa dell’autorizzazione per non incombere ad eventuali ispezioni seguite a sua volta da sanzioni. Nell’impianto attuale il monitor è disposto in alto vicino le casse ma visibile anche alla clientela, e per quanto letto nei post precedenti non è una corretta disposizione, per questo le chiedo delle dritte per quanto riguarda la disposizione del monitor e del dvr all’interno di un supermercato, la soluzione per quanto mi riguarda potrebbe essere disporre monitor e dvr nella stanza del responsabile dell’ufficio gestione e contabilità, ma il responsabile mi pone il problema che ubicando il monitor in tale ufficio lo stesso responsabile del trattamento non può osservare le immagini perchè per gran parte del tempo sta fuori dall’ufficio, quindi quale sarebbe la disposizione più corretta? perchè fuori dall’ufficio contabile gli spazi sono tutti accessibili e visionabili da tutta la clientela.
3. sempre prendendo l’impianto attuale vi sono delle telecamere disposte sopra il banco lavoro della salumeria e delle casse, dove è possibile la ripresa degli addetti anche se a distanza, questo può essere un fatto contestabile dal DTL?
la ringrazio anticipatamente per l’attenzione prestatami.
Scritto il 23-10-2013 alle ore 15:51
@Agata
1. Le registrazioni possono essere “trattate” (cioè raccolte, visionate, archiviate, comunicate, cancellate, ecc.) solamente dal “titolare del trattamento” (cioè dall’azienda, in persona del suo rappresentante) o da un responsabile del trattamento o incaricato del trattamento appositamente e formalmente nominato dal titolare stesso.
2. è in facoltà del titolare nominare un “responsabile esterno del trattamento” (ad es. la ditta installatrice dell’impianto di VDS), ma questo deve essere nominato formalmente, così come qualunque altro responsabile o incaricato (occorre una lettera d’incarico controfirmata, con indicati i compiti e i trattamenti di dati consentiti). Il nominativo di questo responsabile, così come quello di ogni altro responsabile o incaricato, va indicato nell’istanza di autorizzazione all’installazione da presentare alla competente DTL.
3. L’impianto non autorizzato è “a rischio” e andrebbe disinstallato in attesa dell’autorizzazione necessaria.
Il monitor di controllo non deve essere visibile al pubblico, ma solo al responsabile o incaricato del trattamento dei dati.
Fermo restando ciò, non posso dirle io dove collocare il monitor di controllo affinchè sia… costantemente controllato.
4. E’ vietato dallo Statuto dei lavoratori (art.4) riprendere l’attività lavorativa dei dipendenti.
Scritto il 23-10-2013 alle ore 16:16
Sign. Polacchini la ringrazio per la sua celere risposta ai miei suddetti quesiti, e colgo ancora una volta l’occasione approfittando della sua gentilezza per chiederle ulteriori chiarimenti. Nel caso si voglia trasmettere le immagini registrate sulla rete internet, ovviamente sempre visibili dal solo responsabile del trattamento o da un suo incaricato, qual’è la prassi da seguire?
Scritto il 23-10-2013 alle ore 21:07
buongiorno avvocato vi espongo il mio problema ho quasi 61 anni e sono un autista di bus,in estate facciamo un servizio in collaborazione con un’altra ditta,e quindi i passeggeri possono viaggiare sulle nostre linee con i biglietti di questa ditta,( il nostro lavoro è quello di staccare la fiches dal biglietto e riconsegnare il biglietto al cliente, queste fiches a fine stagione vengono consegnate alla nostra ditta).il mio problema è che sono stato accusato di aver venduto a due nostri collaboratori in borghese dei biglietti di questa ditta,alquanto impossibile perchè non sono dati a noi in dotazione,per questo motivo vogliono licenziarmi per giusta causa voglio sapere se possono farlo?e cosa devo fare? la ringrazio attendo una sua risposta.
Scritto il 25-10-2013 alle ore 18:59
Dott. Polacchini, nella stesura dell’istanza ho reperito da internet diversi modelli di moduli per l’Istanza di autorizzazione di inpianti audiovisivi ai sensi dell’Art. 4 della Legge 20 maggio 1970 n.300 (statuto dei lavoratori), che differiscono tra di loro in più punti: tipologia di allegati, numero di copia degli stessi, numero marca da bollo ecc…
può indicarmi dove posso far riferimento per il modulo suddetto in modo da poter avere una fonte certa?
la ringrazio e attendo sua risposta.
Scritto il 28-10-2013 alle ore 11:53
Buongiorno.
La ringrazio per il prezioso contributo fornito e ne approfitto per chiederLe una precisazione: un accordo ex art. 4 S.L. stipulato con le OO.SS. e non con le RSA va bene lo stesso?
Grazie mille.
Scritto il 29-10-2013 alle ore 23:17
Salve, lavoro presso una gelateria all’interno della quale il mio datore di lavoro ha installato 3 telecamere: una nel laboratorio che punta sulla porta, una in area vendita che punta la cassa e una nel retro che punta la porta sul retro appunto. Il problema è che in realtà riprendono tutta l’aerea. Ad esempio quella in area vendita riprende tutto il negozio e la cassa si vede a stento data la bassa qualità del video e la lontananza in cui è stata disposta. Stessa cosa per quella in laboratorio che riprende più che la porta tutta l’attività che svolgo. Inoltre, cosa che più mi lascia dubbiosa, è che più di una volta il figlio di 8 anni mi ha detto cose che mi hanno fatto capire chiaramente che lui stesso mi guardava attraverso le videocamere durante la mia attività lavorativa e nella pausa. Tali telecamere sono collegate ad internet quindi il mio datore, accedendo ad un sito, potrebbe tranquillamente guardarmi da casa in tempo reale. Le registrazioni restano in memoria per una settimana poi si eliminano automaticamente per sovrascrivere quelle nuove tranne se vengono salvate appositamente.
Quello che le chiedo è: è giusto che le telecamere riprendano tutta l’area? E soprattutto che il mio datore, il figlio e chiunque altro possano guardarmi quando non sono fisicamente presenti?
Teoricamente potrei sporgere denuncia?
Grazie
Scritto il 30-10-2013 alle ore 13:24
Noemi dalla sua descrizione direi che le telecamere installate dal suo titolare non sono posizionate in maniera corretta e che la videosorveglianza è illecita.
Come avrà letto sopra, la legge vieta di riprendere i dipendenti intenti nella loro attività lavorativa e di controllarli da distante (art. 4 Statuto Lav.). Inoltre, anche se le riprese non fossero volontarie, ma solo occasionali e incidentali, sarebbe necessario chiedere un’autorizzazione all’Ispettorato del Lavoro prima di installare le telecamere.
Per questo motivo lei può rivolgersi all’Ispettorato del Lavoro stesso, presentando una regolare denuncia circostanziata e chiedendo che venga fatto un sopralluogo sul suo posto di lavoro.
Scritto il 30-10-2013 alle ore 13:26
Gennaro la legge è piuttosto chiara: l’accordo sindacale va stipulato con le R.S.A. (oggi R.S.U.), eventualmente con l’assisttenza delle OO.SS.
Se manca la R.S.U. o se non si raggiunge un accordo il datore di lavoro deve ottenere l’autorizzazione preventiva dell’Ispettorato del Lavoro.
Scritto il 30-10-2013 alle ore 14:54
Grazie mille..
Scritto il 3-11-2013 alle ore 12:08
Buongiorno,
in azienda discutendo sul DPS ci siamo chiesti come và gestita la telefonia mobile in grado di inserirsi continuamente in determinati percorsi informatici come inviare o leggere mail aziendali a distanza, ecc..
Chi utilizza questi strumenti deve essere autorizzato dal responsabile dei dati?
Saluti a tutti
Scritto il 5-11-2013 alle ore 11:28
buongiorno il mio datore di lavoro ha installato delle telecamere in ufficio che non arrivano sulla mia scivania ma nel resto dell ufficio di e ho scoperto che mi le vede attraverso il cellulare e da qualke settimana che dal televisore delle telecamere c’è una strana icona e ho il dubbio che ci sia pure registrazione audio volevo sapere ma la legge consente tutto questo?nell ringrazziarla in anticipo le porgo i miei saluti
Scritto il 5-11-2013 alle ore 17:41
Legga le risposte precedenti Maria.
In ogni caso, direi che il comportamento del suo datore di lavoro non mi sembra corretto.
Scritto il 6-11-2013 alle ore 21:09
Buonasera avvocato,
ho un quesito di natura procedurale.
Il Garante nel 2010 ha chiarito (con provvedimento di carattere generale dell’8 aprile 2010, pubblicato in G.U. n. 99 del 29 aprile 2010 e consultabile sul sito Internet http://www.garanteprivacy.it, doc. web n. 1712680), che la conservazione deve essere limitata al massimo alle ventiquattro ore successive alla rilevazione, consentendo la conservazione per un tempo più ampio, che non superi comunque la settimana, per “peculiari esigenze tecniche” o per la “particolare rischiosità dell’attività svolta dal titolare del trattamento”.
Nel caso di una attività “ad alto rischio” che sia stata autorizzata prima del 2010, si ritiene possibile, richiamando il provvedimento del 2010 e la successiva nota operativa della Direzione generale per l’attività ispettiva prot. 37/0007162 del 16 aprile 2012 (secondo cui alcune attività – es.: ricevitorie, tabaccherie, oreficerie, farmacie, edicole, distributori di carburante, etc. – siano a forte rischio di rapina), inviare apposita comunicazione via PEC per comunicare che l’autorizzazione, rientrando l’attività tra quelle “ad alto rischio”, si intende rilasciata fino alla settimana (e concedendo 60 giorni per la risposta, ai sensi del D.P.C.M. 22 dicembre 2010, n. 275)?
Scritto il 20-11-2013 alle ore 12:04
Buongiorno, lavoro in un supermercato dove avvengono molti furti. La proprietò e la direzione ci chiedono di controllare tutte le borse dei clienti, borse della spesa e borse personali, sia lungo le corsie che al passaggio in cassa. Sulle borse personali io ho qualche remora; è possibile che il cliente possa denunciare noi dipendenti magari per diffamazione, visto che è impossibile farlo lontano da occhi e orecchie indiscrete, o perchè il cliente si sente leso nella sua privacy? Se invitiamo il cliente a raggiungerci in ufficio, ci sono altri clienti che comunque vedono e ascoltano, e possono immaginare o commentare un probabile furto, e aprendo borse in cui non dovesse risultare niente di illecito altresì il cliente potrebbe mostrarsi leso nella privacy….Sinceramente non sappiamo come comportarci; io ho chiesto di aprire una borsa piena di spesa fatta in un altro negozio, oltre al rifiuto mi sono beccata anche una miriade di parolacce dalla signora.Premessto che in negozio non esistono sistemi di antitaccheggio, ma solo le telecamere. La ringrazio anticipatamente
Scritto il 21-11-2013 alle ore 01:17
egr. sig. polacchini volevo porle un quesito, sono un lavoratore autista e i mezzi che guidiamo sono muniti di sistema gps con fonia attiva ,la fonia quando è attivata avviene in modalità silente e appare solo un piccolo telefono sul display poco visibile, quindi capita che io mentre sono impegnato in una conversazione telefonica privata si interpone una chiamata dal centro di controllo senza avviso acustico ed in viva voce, quindi ipoteticamente potrebbero udire la mia conversazione senza che io me ne accorga integralmente. secondo lei ci potrebbe essere una violazione della privacy ed eventualmente punibile con un risarcimento al sottoscritto.la ringrazio anticipatamente se volesse aiutarmi a capire il quesito su un tema di difficile disquisizione. cordiali saluti maurizio.
Scritto il 3-12-2013 alle ore 07:03
Buonasera avvocato,
Sono una giovane dipendente presso un ristorante in cui vi sono 5 telecamere di sorveglianza dichiarate e altre telecamere nascoste non dichiarate sparse per tutto il locale e, molto probabilmente, anche negli spogliatoi dove io e le mie colleghe ci cambiamo. Ho scoperto dell’esistenza di queste telecamere nascoste dopo che un altro mio collega, parente del mio datore di lavoro, mi ha descritto dettagliatamente che cosa stessi facendo e dicendo nello spogliatoio (probabilmente è presente anche un microfono). Successivamente mi è stato detto che hanno messo queste telecamere nascoste perchè del personale rubava la merce. Volevo chiederle se sono nella posizione giusta per prendere qualche provvedimento, o se non posso far altro che accettare e convivere con questo fatto triste ed umiliante.
cordiali saluti.
Scritto il 3-12-2013 alle ore 10:18
Sarah è evidente che questa situazione è illecita e non tollerabile.
Legga le risposte precedenti e si rivolga all’Ispettorato del lavoro.
Scritto il 3-12-2013 alle ore 16:49
la ringrazio immensamente! ma quale sarebbe il modo più giusto per prendere provvedimenti?
Scritto il 4-12-2013 alle ore 18:35
Buonasera Dott. Polacchini,
con la presente volevo chiedere info circa i limiti sul numero di telecamere da istallare all’interno di un locale, sono un tecnico che sta provvedendo per la prima volta all’autorizzazione per l’installazione di telecamere e il mio cliente proprietario di un supermercato mi ha richiesto di inserire il numero di telecamere che il registratore può sostenere, ma a mio avviso considerando i metri quadrati del supermercato mi sembrano eccessive, c’è un limite al numero delle telecamere?
grazie.
Scritto il 5-12-2013 alle ore 09:25
Agata non ci sono limiti numerici alle telecamere di VDS che si possono installare.
Gli unici “limiti” sono il rispetto dell’angolo di ripresa, la durata della conservazione delle immagini registrate, il posizionamento dei cartelli di avviso e il rispetto dell’art. 4 dello Statuto dei lavoratori.
Scritto il 5-12-2013 alle ore 10:49
La ringrazio Dott. Polacchini per la sua celere risposta, se non le chiedo troppo volevo soffermarmi sui limiti rispetto all’angolo di ripresa, cosa si intende? rispetto verso cosa? se non erro la direzione delle telecamere NON deve essere diretta verso i dipendenti al fine di controllo, ma possono essere ripresi in via occasionale (sempre sotto preventiva informazione)giusto? es. se io ho la cassa in prossimità dell’ingresso è normale che se devo riprendere l’ingresso a sua volta la cassiera si troverà sotto il mirino della videocamera. per mia conoscenza sono questi i limiti di angolo di ripresa insieme ovviamente a NON riprendere servizi igienici e spogliatoi. ci sono altri limiti di cui non sono a conoscenza? la prego di aggiornarmi a riguardo.
nuovamente grazie.
Scritto il 5-12-2013 alle ore 13:42
Agata ho deciso da tempo di chiudere questo blog.
Ci sono troppe domande ripetitive e sempre su argomenti di dettaglio, che per di più molto raramente interessano le imprese (io mi occupo solo di privacy nelle aziende). Ho già risposto molte volte a domande come la sua. Basta dare una scorsa alle domande e risposte precedenti e trovare una fattispecie analoga.
Ad ogni modo, e per l’ultima volta, ribadisco che non è ammessa una riprea sistematica e continuativa di persone intente a lavorare, perciò se una telecamera fosse fissa sulla cassiera (angolo di ripresa) non sarebbe lecita. In ogni caso, prima di installare le TLC in un ambiente in cui sono presenti dei lavoratori che anche incidentalmente potessero essere ripresi è necessario presentare apposita istanza alla competente DTL allegando le planimetrie dei locali, con indicata la collocazione delle telecamere che si vogliono installare e del rispettivo angolo di ripresa, indicando anche le eventuali postazioni lavorative fisse (ad es. una cassa). Dopodichè la DTL invierà un funzionario del proprio Servizio Ispettivo a fare un sopralluogo ed entro 60 gg. concederà l’autorizzazione indicando gli accorgimenti tecnici da rispetare (prescrizioni) affinchè l’impianto di VDS possa essere installato lecitamente.
Scritto il 6-12-2013 alle ore 18:44
Salve, sono una RSu che già vi aveva contattato sulle richieste del D. di Lavoro in merito alla richiesta di accordo sindacale sulla video sorveglianza. ho saputo solo ieri da altri delegati RSu più “facili”, che hanno fatto l’accordo senza convocarmi (sapendoche sono il più fastidioso) ! A prescindere che sono in procinto contestare al datore di Lavoro l’accordo neo-nato per la mancata convocazione di tutte le RSU (hanno firmato 3 delegati su 7, ma poi nell’accordo a mio avviso, la durata di 7 gg. delle immagini(senza giustificazioni come il garante prevede a mezzo del provv. 8/4/2010)è eccessiva, visto che parliamo di un gruppo di magazzini che contengono apparati telefonici (e quindi non sono da considerarsi attività particolarmente rischiose), poi nella planimetria non sono evidenziati i campi i limiti del raggio d’azione delle telecamere, si notano solo dei punti rossi 9 circa, tutta la cartina è dipinta di color giallo, ed il punto rosso viene definito nella legenda con la frase “puntamento telecamera), non viè il disegno classico a raggio d’ombra ben definito, secondo me va definito meglio il raggio o angolazione massima di dove possono arrivare le immagini. Poi hanno introdotto il riferimento all’audio/visione, ma non penso che siano luoghi dove è rilevante la registrazione audio.
Vi invio in allegato al vs. indirizzo di postilla l’accordo in questione (di cui vi prego se possibile, solo di valutarne i contenuti senza diffonderlo), intanto mi appresto a scrive una mail al datore di lavoro per contestare l’accordo stesso che non garantisce la completa tutela dei lavoratori in materia di privacy.
Scritto il 7-12-2013 alle ore 12:01
Mauro, pur non avendo letto l’accordo sindacale da lei citato (non mi è mai arrivato) dai rilievi da lei fatti direi che non ci siamo proprio.
Tutte le carenze/inesattezze da lei evidenziate sono a mio avviso perfettamente contestabili.
In particolare:
-i 7 giorni di conservazione delle videoregistrazioni non sono giustificati e, casomai, devono essere autorizzati dal Garante per la privacy;
– nella planimetria devono essere indicate le varie telecamere, con il rispettivo angolo di ripresa e le eventuali postazioni di lavoro fisse;
– non capisco la necessità di registrazioni audio. In ogni caso l’eventuale motivazione va concordata nell’accordo sindacale.
Scritto il 8-12-2013 alle ore 11:35
Buonasera avvocato,
ho un quesito di natura procedurale.
Il Garante nel 2010 ha chiarito (con provvedimento di carattere generale dell’8 aprile 2010, pubblicato in G.U. n. 99 del 29 aprile 2010 e consultabile sul sito Internet http://www.garanteprivacy.it, doc. web n. 1712680), che la conservazione deve essere limitata al massimo alle ventiquattro ore successive alla rilevazione, consentendo la conservazione per un tempo più ampio, che non superi comunque la settimana, per “peculiari esigenze tecniche” o per la “particolare rischiosità dell’attività svolta dal titolare del trattamento”.
Nel caso di una attività “ad alto rischio” che sia stata autorizzata prima del 2010, si ritiene possibile, richiamando il provvedimento del 2010 e la successiva nota operativa della Direzione generale per l’attività ispettiva prot. 37/0007162 del 16 aprile 2012 (secondo cui alcune attività – es.: ricevitorie, tabaccherie, oreficerie, farmacie, edicole, distributori di carburante, etc. – siano a forte rischio di rapina), inviare apposita comunicazione via PEC per comunicare che l’autorizzazione, rientrando l’attività tra quelle “ad alto rischio”, si intende rilasciata fino alla settimana (e concedendo 60 giorni per la risposta, ai sensi del D.P.C.M. 22 dicembre 2010, n. 275)?
Scritto il 8-12-2013 alle ore 19:37
Non ritengo che si possa “comunicare” alla DTL che «l’autorizzazione, rientrando l’attività tra quelle ad alto rischio, si intende rilasciata fino alla settimana» e tantomeno che si possano “concedere” alla DTL i 60 gg. di tempo previsti per la risposta.
E’ l’autorità amministrativa che, preso atto della situazione di elevato rischio, a fronte di un’apposita istanza concede – nei tempi tecnici necessari, cioè di norma entro 60 gg. – la propria autorizzazione ad un prolungamento del tempo di conservazione delle videoregistrazioni, eventualmente omettendo il sopralluogo (considerata l’elevata rischiosità dell’attività esercitata dall’istante).
Scritto il 9-1-2014 alle ore 18:18
buongiorno,
Riassumo in breve i fatti:
In un locale aperto al pubblico si sono verificati dei continui furti. I datori di lavoro imputano questi furti ad un dipendente in particolare, ma non ne hanno le prove.
Sporgono denuncia ai carabinieri e chiedono che questi, ai fini investigativi, installino delle telecamere nascoste al fine di individuare i ladri.
I carabinieri (il comandante per la precisione) afferma che non hanno risorse da impegnare per questioni così piccole e dice ai datori di lavoro di installare loro delle telecamere nascoste, non visionabili ovvero visionabili sono dai carabinieri previa comunicazione scritta da fare al comando dei carabinieri dell’imminente installazione delle telecamere.
Ho sentito personalmente il comandante dei carabinieri per avere conferma di quanto mi riferisco i proprietari del negozio e mi riferisce che ormai è prassi fare così con i negozianti della città in presenza di furti.
Devo scrivere io questa comunicazione, e visto che queste telecamere riprenderanno persone mentre lavorano, senza quindi tutta quella sfilza di autorizzazioni, rimango al quanto perplessa.
Temo che questa comunicazioni fatta alle forze dell’ordine si trasformi in una sorta di autodenuncia è comporti per i miei clienti di dover subire le pesanti sanzioni pecuniarie.
Lei che è esperto in questa materia, che ne pensa?
Grazie.
Scritto il 9-1-2014 alle ore 19:21
Amilda io penso che è una procedura piuttosto anomala, che viola apertamente quanto previsto dall’art. 4 dello Statuto dei lavoratori.
Le sanzioni penali potrebbero scattare in capo al titolare del negozio che abbia installato le telecamere senza aver rispettato la procedura prevista dal comma 2 dell’art. 4 della legge n. 300/1970.
Casomai è il datore di lavoro che dovrebbe essere autorizzato all’installazione (all’insaputa dei dipendenti)dalle forze dell’ordine…. ma ripeto che questa procedura è alquanto anomala.
Scritto il 9-1-2014 alle ore 19:55
Intanto la ringrazio per la tempestiva risposta.
Dalla Sua ultima frase deduco che esiste la possibilità di installare un sistema di videosorveglianza nascosto SU AUTORIZZAZIONE DEI CARABINIERI?
Cioè, in sostanza qui il privato dovrebbe svolgere attività che spettano alla Polizia Giudiziaria che a sua volta viene autorizzato dal magistrato per effettuare le riprese (se non erro).
A me risultano alquanto strane entrambe le procedure.
Quella che chiedono di fare a me sembra una sorta di DIA da fare ai carabinieri, quella che dice Lei sembra una sorta di delega ai privati di effettuare attività investigative.
in entrambi i casi non trovo riferimenti nè normativi nè giurisprudenziali.
Nonostante io abbia chiaramente evidenziato ai clienti le mie perplessità e soprattutto gli ho dotti sulle sanzioni che rischiano, loro vogliono procedere perchè, siccome lo ha detto il carabiniere, credono si possa fare. (pazzesco)
Farò come mi chiedono, ma pensavo di chiedere nella stessa comunicazione, che una copia venga depositata in procura e di “pretendere” un riscontro scritto in cui autorizzano prima dell’installazione.
Certo che questa matteria è ben complessa… è una settimana che la studio approfonditamente e spero di non averci più a che fare.
Molte grazie.
Buonaserata
Scritto il 9-1-2014 alle ore 20:01
Buonasera Sig. Polacchini,
potrebbe aiutarmi a capire la corretta o meno operatività di Agenzie Investigative inerenti a questo tema. Praticamente buona parte delle Agenzie, quando un Cliente Privato o Libero Professionista richiede un servizio d’indagine su coniuge o dipendente usufruendo di microcamere occulte (casa o locali), queste vengono regolarmente istallate non appena il Cliente firma il mandato. Dopo di che, quanto evidenziato, viene consegnato direttamente al Cliente. Tenga presente che i Clienti sono proprietari dei beni dove vengono posizionate le microcamere e a tutela di se, di familiari o delle stesse attività, fanno svolgere questo servizio che altrimenti sarebbe impossibile riscontrare furti, minacce, abuso di droghe o maltrattamenti su minori.
Vorrei capire con precisione se sia corretta questa procedura o una classica prassi per velocizzare i tempi e risultati. Chi esegue il Servizio o l’installatore rischiano qualche procedimento? Il malfattore può rivalersi su qualcuno o annullare quando documentato e riscontrato del suo comportamento illecito?
La ringrazio.
Scritto il 10-1-2014 alle ore 09:46
Max, premesso che, come ribadito più volte, io mi occupo di privacy nelle imprese e non in ambito privato, e che in questo thread soi parla solo di videosorveglianza in un ambiente di lavoro, la risposta alla sua domanda sarebbe troppo lunga e articolata.
Ad ogni modo, con deliberazione n. 60 del 6 novembre 2008, pubblicata sulla G.U. n. 275 del 24 novembre 2008, il Garante per la privacy ha emanato il “ Codice di deontologia e di buona condotta per il trattamento dei dati personali per svolgere investigazioni difensive o per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria”.
Vista la sua attività la invito a leggere il libro “Deontologia privacy per avvocati e investigatori privati: commento al Codice di deontologia e di buona condotta per i trattamenti di dati personali ai fini della difesa in giudizio” degli avv. Diego Fulco e Luca Bolognini (ed. Giuffrè, Milano 2009), dove la materia è trattata ampiamente.
Scritto il 10-1-2014 alle ore 09:56
Amilda, come le ho già detto, a mio avviso si tratta di una procedura piuttosto anomala, che viola apertamente quanto è previsto dal comma 2 dell’art. 4 della legge n. 300/1970, esponendo chi effettua le riprese a delle sanzioni penali.
In effetti, il privato si troverebbe a svolgere attività che spettano alla polizia giudiziaria, la quale, a sua volta per effettuare le riprese dovrebbe essere autorizzata da un magistrato. Al riguardo non trovo riferimenti normativi nè giurisprudenziali specifici.
Ad ogni modo le eventuali sanzioni penali potrebbero scattare in capo ai suoi clienti che abbiano fatto installare le telecamere senza aver rispettato la regolare procedura (essendo loro i “titolari del trattamento” secondo la legge). Fa comunque bene, a mio avviso, a cautelarsi.
Scritto il 10-1-2014 alle ore 11:27
Buongiorno Sig. Polacchini,
grazie per la Sua veloce risposta. Seguirò il suo suggerimento.
Distinti saluti.
Scritto il 21-1-2014 alle ore 12:23
RISTORANTE IN CUI SONO PRESENTI SOLO I SOCI SENZA NESSUN LAVORATORE DIPENDENTE, E’ POSSIBILE INSTALLARE UN IMPIANTO DI VIDEOSORVEGLIANZA SENZA LE APPOSITE RICHIESTE DI AUTORIZZAZIONE.
GRAZIE
Scritto il 27-1-2014 alle ore 18:47
Buongiorno,
lavoro in un’azienda di servizi con appalti in diverse aziende. In una di questa ma anche in altre dove presto attività sono istallate delle tlc,regolarmente autorizzate. Domanda: essendo io dipendente dell’azienda in appalto e prestando attività anche nei luoghi soggetti a riprese, anche le nostre Rsu o in alternativa la Dpl, deve sottoscrivere l’accordo o eventualmente farne uno nuovo? in caso non ci fosse l’accordo o l’autorizzazione della nostra azienda, come bisogna procedere?
Saluti e grazie
Scritto il 29-1-2014 alle ore 15:39
buon pomeriggio,
ho un grande dubbio riguardo alla videosorveglianza.
Il guardiano delegato a visionare in contemporanea le immagini, puo’ guardare le immagini registrate precedentemente?
faccio un esempio se, in assenza di reato, riguardando delle immagini registrate dalla videocamera posta sul perimetro dell’azienda il guardiano vede nella registrazione una persona conosciuta in atteggiamenti che fanno presumere una relazione extraconiugale, può essere denunciato dalla parte ripresa per violazione della privacy in quanto non era possibile riguardare le registrazioni se pur nei limiti temporali di conservazione?
saluti grazie
Scritto il 30-1-2014 alle ore 15:48
Sono un programmatore informatico e ho realizzato un app per smartphone per il controllo a distanza del cellulare (l’app consente di effettuare registrazioni audio, registrare le telefonate, effettuare geolocalizzazioni, richiedere l’invio dei tabulati, sorvegliare una propietà etc…).
E’ chiaro che un app del genere torna utile a moglie e mariti per spiarsi, come può anche essere utilizzata da genitori per controllare un proprio minore in difficoltà o come antifurto.
Premeso che non detengo nessuna informazione riguardante i dati raccolti dallo smartphone su cui è installata l’app, vorrei sapere se è legale vendere un app del genere.
Rinrazio in anticipo per l’attenzione
Scritto il 14-3-2014 alle ore 20:10
BUONASERA
LAVORO IN UNA AZIENDA ALIMENTARE E SONO STATE INSTALLATE 20 TELECAMERE .IO CAPISCO CHE CERTE SONO MESSE SULLE ZONE PRODUTTIVE A RISCHIO MA LE ALTRE SOLO PER CONTROLLARE I LAVORATORI.
IL MIO DATORE POI CONTROLLA GIORNALMENTE DAL SUO
IPAD LE TLECAMERE
MA AL MONTAGGIO NON E’ STATO DETTO NULLA HAI DIPENDENTI NE FATTO FIRMARE CARTE E NEMMENO CON RAPRESENTANTE SINDACALE
DOVE SI PUO RECARSI O AVVISARE QUESTO ILLECCITO?
GRAZIE ROBERTO
Scritto il 22-3-2014 alle ore 11:46
Salve,
volevo installare delle telecamere nella mia attività solo ed esclusivamente contro furti o rapine…ho due dipendenti che eventualmente sottoscriverebbero che sono d’ accordo con l’ istallazione per quanto riguarda la privacy, è possibile sapere come comportarsi e se ci sono tasse da pagare?
Grazie, Tommaso.
Scritto il 31-3-2014 alle ore 22:24
Ma una ditta che abbia delle telecamere regolarmente autorizzate e adeguatamente segnalate all’interno di un locale adibito a ricevere i suoi clienti e subisca da parte di uno di quest’ultimi un danneggiamento volontario a un suo bene (es. una sedia spaccata, etc) può utilizzare le immagini registrate e se si come potrebbe fare se le stesse devono essere dopo al massimo 48 ore cancellate (sette giorni per le banche)? La polizia su reati soggetti a querela non richiede mai motu proprio le immagini e sicuramente non lo farebbe entro 2 (o 7) giorni dall’evento illecito in quanto non farebbe in tempo. Allora come fare ad introdurre nel processo penale le immagini probanti il reato senza incorrere in sanzioni o vedere le immagini ritenute “non utilizzabili” nel processo penale?
Scritto il 3-4-2014 alle ore 11:04
Dott. Polacchini mi sa dire se attraverso la visione di filmati delle telecamere di videosorveglianza della città, gli organi di polizia, in seguito ad incidente stradale, possono sanzionare le infrazioni commesse e che hanno causato l’incidente? premetto che vi è un cartello indicante area videosorvegliata ma che non indica che potrà essere utilizzata ai fini del codice della strada. la ringrazio anticipatamente. Rossella
Scritto il 4-4-2014 alle ore 10:09
BUONASERA
LAVORO IN UNA AZIENDA ALIMENTARE E SONO STATE INSTALLATE 20 TELECAMERE .IO CAPISCO CHE CERTE SONO MESSE SULLE ZONE PRODUTTIVE A RISCHIO MA LE ALTRE SOLO PER CONTROLLARE I LAVORATORI.
IL MIO DATORE POI CONTROLLA GIORNALMENTE DAL SUO
IPAD LE TLECAMERE
MA AL MONTAGGIO NON E’ STATO DETTO NULLA HAI DIPENDENTI NE FATTO FIRMARE CARTE E NEMMENO CON RAPRESENTANTE SINDACALE
DOVE SI PUO RECARSI O AVVISARE QUESTO ILLECCITO?
GRAZIE ROBERTO
Scritto il 4-4-2014 alle ore 15:25
Buongiorno,
vorremmo installare una telecamera di sorveglianza che punta solo sul nostro giardino (è una pertinenza esclusiva in un giardino di condominio da 2 appartamenti), a puro scopo di evitare intrusioni e piccoli furti (di uova ad esempio, dato che nel giardinetto girano due galline). Ho letto in altri suoi post che serve comunque appendere il cartello che avvisa della presenza di telecamere. dove lo devo appendere? la zona ripresa sarebbe un piccolo giardino, senza costruzioni, e lo riprenderei dal terrazzo di casa, al secondo piano. Devo chiedere autorizzazioni?
Grazie molte, Evina
Scritto il 6-6-2014 alle ore 16:26
Salve,Per installare videocamere sulerimetrale esterno di un locale comm.le che riprende pertinenze di esso e gli ingressi di altri esercizi, cosa è necessario? E per la telecamera all’interno di esso rivolta all’area clienti in cui i soci sono lavoratori cosa occorre?
Grazie.
Scritto il 19-7-2014 alle ore 18:30
salve,
io sono un operaio, lavoro in azienda metalmeccanica.in capannone che lavoro non gira l’aria perche e tutto chiuso..per cio oggi era giornata calda,, per cio ho accrociato i miei pantaloni per non soffrire di caldo,,
dopo un po passa nostro RLS da dietro e scatta la mia foto senza chiedere con fotocamera aziendale..e fa stessa cosa con alro lavoratore..
si può…
Scritto il 31-7-2014 alle ore 17:27
Salve,
in un cantiere edile la proprietà vorrebbe installare un sistema TVCC per il controllo dell’area, trattandosi di cantiere lontano dal centro abitato, facilmente accessibile e nel quale sono avvenuti già diversi furti con notevole danno al patrimonio. Faccio notare che è la proprietà che installa e controlla e non la ditta che esegue i lavori. Il problema si presenta poiché un cantiere, per definizione, è un luogo di lavoro, spesso articolato, in quanto possono susseguirsi almeno 5 ditte, lavorando spesso contemporaneamente, oltre a diversi professionisti e a lavoratori autonomi. Come si inserisce questo caso? Qual è l’iter burocratico-amministrativo per l’eventuale valutazione del progetto e per l’ottenimento del nulla osta da parte di tutti gli organi preposti? Grazie
Scritto il 3-8-2014 alle ore 11:22
buon giorno signor marcello avrei bisogno di un consiglio lavoro presso una autofficina da 15 anni da alcuni anni il mio datore di lavoro con l’appoggio del capo officina usa dei comportamenti intimidatori e provocatori con minacce di licenziamento nei miei riguardi , mentre lavorano persone in nero senza contratto che operano senza requisiti di sicurezza e attrezzature specifiche a danno degli altri lavoratori con l’uso di vernici e solventi che si disperdono nell’aria interna del locale per prova ho fatto dei video che mostrano questi fatti avvenuti mi chiedo se potrebbero essermi di aiuto per prove tangibili in caso di problemi futuri che si potrebbero verificare contro di me da parte del datore di lavoro .grazie anticipatamente per la sua disponibilita’
Scritto il 11-9-2014 alle ore 02:19
Salve sono un dipendente presso un Mc Donald.
Il locale presenta un numero di 30 e più dipendenti.
Di questi solo tre sono iscritti regolarmente ad un sindacato e si impuntano nel non voler trovare accordi per utilizzare le telecamere di video sorveglianza nella zona in cui c’è la presenza del “viso” di tutti noi dipendenti.
Considerando che il resto dei dipendenti non è iscritto ad alcun sindacato ed è favorevole affinche le telecamere vengano dirette anche nella zone di cassa per sole questioni di sicurezza(considerando che il locale è in una zona centrale della città e chiude alle 2 di notte ), COSA POSSIAMO FARE PER OTTENERE UN ACCORDO ESCLUDENDO LA SOLA VOLONTà DI TRE ISCRITTI AL SINDACATO, senza essere obbligati ad iscriverci noi stessi (io non ne trovo il bisogno) ?
Raccogliendo delle firme potremmo smuovere qualcosa?
Scritto il 18-9-2014 alle ore 20:03
Buon giorno Dottore, le volevo fare una domanda a cui, anche leggendo, non riesco a dare una risposta. Io sono dipendente di un istituto di credito, ed ho avuto qualche tempo fa’ un diverbio con un cliente che sosteneva di aver versato una somma diversa e maggiore da quella che in realtà la Cash in – cash out ha conteggiato. Ha minacciato di rivolgersi alle autorità. Inoltre, ha anche detto di voler, grazie appunto a queste, visionare le telecamere di video sorveglianza installate all’interno della filiale.
Premesso che io non ho nulla da nascondere, ma l’autorità giudiziaria, può richiedere questi filmati? Può avvalersi in tribunale di una prova video generata appunto dalla video sorveglianza? Perché io leggendo ho capito cose contrastanti, si può fare in quali casi? Protezione del datore di lavoro, ma senza illecitamente intaccare la dignità del lavoratore!! Spero di essere stato chiaro, e spero di ricevere presto una sua risposta.
Intanto la ringrazio e complimenti.
Scritto il 29-9-2014 alle ore 15:16
Buon giorno dottore faccio parte della rsu di un’azienda con oltre 500 dipendenti settore acqua inoltre sono coordinatore dei magazzini dislocati sul territorio in diversi comuni del territorio da noi gestito.Più volte ho chiesto che venissero installate telecamere per controllare questi magazzini che non hanno un magazziniere al loro interno ma hanno solo il controllo accessi con badge per verificare chi entra ovviamente non si può verificare cosa viene prelevato e che quantità da quì la mia richiesta mi hanno sempre risposto che non si poteva installarle per motivi di privacy invece leggendo le recenzioni mi pare che in alcuni casi tra i quali la tutela del materiale di proprietà aziendale sì può essere più chiaro ed indicarmi come fare in modo che possa far richiesta all’azienda? grazie mille
Scritto il 1-10-2014 alle ore 22:50
Egregio Polacchini,
l’azienda per cui lavoro ha installato da qualche anno un sistema di sorveglianza della flotta.(effettuiamo servizio di trasporto pubblico)
Al fine di ottimizzare il servizio,i dirigenti tagliano tutti i tempi morti sulle tabelle di marcia.
I dipendenti per mantenere gli orari riportati sulle pensiline e per offrire un buon servizio, sono costretti a saltare le loro soste ai capolinea e si sentono costretti a violare i limiti di velocità.
Può verificarsi in questo senso una violazione del diritto del lavoratore?
Alle richieste dei sindacati di visionare i dati raccolti dai software collegati ai satelliti, il datore di lavoro nega i dati a suo sfavore, come ad esempio i casi di superamento dei limiti di velocità.
Si può costringere il datore di lavoro a pubblicare tutti i dati ai sindacati con lo scopo di verificarli per tutelare i conducenti?
Faccio presente che non vi è nessun accordo firmato per l’installazione delle apparecchiature per il monitoraggio della flotta.
Grazie per l’attenzione.
Scritto il 14-11-2014 alle ore 20:25
Buonasera,
siamo una s.r.l sportiva senza scopo di lucro,essendo inscritti al coni usufruiamo di agevolazione fiscali,i proprietari stessi della struttura lavoriamo occasionalmente percependo un contributo.
La mia domanda e’ la seguente:
anche se siamo lavoratori occasionali dobbiamo presentare documentazione riguardante l’installazione di videocamere per il tutelare la proprieta’ da furti e atti vandalici.
Saluti
Alessandro
Scritto il 9-1-2015 alle ore 14:11
Buongiorno signor Marcello Polacchini . ho letto molti commenti eho trovato molto interessante el sue risposte.
avrei bisogno del suo aiuto e avere un consiglio per quello che mi e successo.
sono una guardia .p. giurata e presso servizio presso istituto di viglilana da quasi 18 anni.
. 10 giornio fa’ ho prestato servizio in una villa con la mia auto personale controllato 24 su 24 da un sistema di video sorveglianza esternamente.
avendo avuto un richiamo da parte della mia soieta’ ion quando mi accusa di non avere prestato servizio in modo regolare e di avermi trovato nella mia macchina , in quando il servizio era disaggiato senza un bagno e senza una stanza dove riscaldarsi …ma bensi dovevo stare fuori di notte congelandomi dal freddo???.
per legge posso essere ripreso durante il mio servizio e violare la mai pravasy , . le chiedo perche sono accussato di non aver effettuato nessun giro di controllo esterno , in quando dalle telecamere, mi accusano che stavo dormendo in macchina . come poso tutelare i miei diritti ??? grazie in attesa di risposta e spero prima possibile perche capisco che ce’ tanta gente che lei deve rispondere, porgo distinti salutiii e auguri
Scritto il 17-1-2015 alle ore 17:16
Sono titolare d un negozio di abbigliamento, non ho dipendenti,a seguito di alcuni furti, vorrei mettere un sistema di videosorveglianza.
Cosa devo comunicare e a chi?
In attesa di una risposta, cordialmente saluto.
Scritto il 26-1-2015 alle ore 14:32
Buongiorno,
In azienda si sono installate telecamere in accordo con rsa. Le telecamere sono occulte e non segnalate da appositi cartelli con lo scopo di tutela del patrimonio. Il dipendente in questione non è stato informato delle aree video sorvegliate e un dipendente ha accesso alle riprese in tempo reale sul suo pc. Mi chiedo se è lecito installare telecamere occulte cioè non visibili e non segnalate nellvi ufficio di questo dipendente e utilizzare le immagini contro un dipendente per provare il suo scarso rendimento e applicazione a lavoro. Le telecamere sono state installate anche negli antibagni riservati ai dipendenti. Grazie del suo contributo.
Scritto il 19-3-2015 alle ore 12:30
Buongiorno, sono titolare di una attività dove all’interno di questa ho installato una telecamera che non registra ma mi da la facolta di guardare il mio negozio sul cell o pc , all’ingresso ho esposto il cartello che ne indica la presenza, e non ho dipendenti.
Mi può indicare la procedura per essere in regola?
Grazie anticipatamente
Scritto il 21-3-2015 alle ore 17:50
Posso per sventare furti fare filmati all interno degli spogliatoi Dove lavoro?
Scritto il 21-3-2015 alle ore 21:06
Buona sera lavoro in un magazzino con piu di 60 operai si sono verificati furti negli slogliatoi io posso videosorvegliare lo spogliatoi?
Scritto il 11-4-2015 alle ore 01:58
Salve.. le scrivo da parte di dipendenti di una scuola dell’infanzia privata… la nostra direttrice che è in maternità ha pensato bene nelle feste pasquali di mettere delle telecsmere a nostra insaputa nella scuola. .. su nostri chiarimenti ha dichiarato di averlo fatto per i ladri e che le telecamere si attivavano alle 18. Noi non vogliamo essere riprese nell’orario di lavoro e poi un giorno appena entrata ho staccato l’alimentatore del trasmettitore … poche ore dopo ho ricevuto la telefonata della direttrice sulla telecamera che nn funzionava ma non erano le 18 che si attivavano? la telefonata è arrivata alle 13
Scritto il 12-4-2015 alle ore 10:50
Vorrei informare tutti i lettori che dal 2014 ho cessato la mia attività di consulente della privacy.
Preciso inoltre che io mi occupavo di tutela della privacy solo nell’ambito dell’impresa e non in ambito privato.
Un cordiale saluto.
dr. Marcello Polacchini
Scritto il 16-4-2015 alle ore 10:16
Salve,lavoro in una struttura sanitaria privata, con 15 dipendenti, sono RSA aziendale, circa qualche giorno fa ho visto all’interno della struttura che il datore di lavoro aveva fatto istallare delle videosorveglianze senza chiedere di sottoscrivere un accordo. Attualmente sembrano spente! Gli ho inviato una lettera informandolo che violava la legge ma continua ad non ascoltarmi .Come posso comportarmi in questo caso per fargli capire che non può fare tutto questo! Grazie
Scritto il 12-6-2015 alle ore 17:51
Buongiorno.
L’azienda per la quale lavoro ha deciso di dotarci di macchine aziendali nuove.
Questi mezzi sono a noleggio e sono dotati di sistema GPS.
L’azienda che le noleggia ha dato le credenziali alla mia azienda per accedere al sistema di controllo.
La domanda è: può l’azienda che noleggia dare le credenziali del pannello?
Grazie
Saluti
Scritto il 22-6-2015 alle ore 19:56
Chiedo scusa , volevo chiedere se il mio datore ha il diritto di farmi aprire la borsa per controllarne il contenuto ! Se una volta aperta e non trovando nulla posso rivalermi in qualche modo ? Grazie mille
Scritto il 8-7-2015 alle ore 13:27
buongiorno desideravo sapere se è legittimo che il datore di lavoro possa controllare i locali dove sono collocate delle telecamere a circuito chiuso in cui si svolge il normale servizio lavorativo tramite il proprio cellulare.
grazie
Scritto il 30-9-2015 alle ore 19:02
Salve volevo farle una domanda, puo un socio controllare l’altro con telecamera nascosta?
Scritto il 23-10-2015 alle ore 07:21
Una domanda sintetica quando e come un azienda può istallare le telcamere nascoste per sorprendere chi timbra l’entrata o l’uscita per qualcun altro? Grazie
Scritto il 10-12-2015 alle ore 13:46
può il mio datore di lavoro chiedermi una copia della chiave del mio armadietto di spogliatoio?
Scritto il 28-2-2016 alle ore 20:33
Buonasera, volevo sapere se un’azienda con la scusa di installare un’antifurto satellitare e pagare meno di assicurazione, alla fine possa utilizzare lo stesso per controllare il dipendente a sua insaputa.
Grazie
Scritto il 1-3-2016 alle ore 13:48
Buongiorno, una mia collega,per motivi che non posso spiegare,a sottratto dei soldi dal portafoglio del proprietario dell’immobile del locale dove lavoriamo.
Questo signore usata mettere la sua tracolla, con il portafoglio all’interno,nel magazzino del locale.
Il locale è videosorvegliato,
La mia collega è stata convocata nella sede dell’azienda e gli è stato comunicato che era stata scoperta,ma lei spaventata non ha chiesto come.
Ovviamente si è immaginata di essere stata ripresa dalla telecamera.
Gli è stato detto o dai le dimissioni o chiamiamo i carabinieri e tu non trovi più un lavoro.
Lei ha dato le dimissioni e oggi gli sono arrivate le istruzioni per la convalida dove gli si viene chiesto di scrivere che non è stata forzata dall’azienda nel fare le dimissioni ma sono avvenute spontaneamente.
Mi sto aiutare a capire?
Grazie.
Scritto il 4-3-2016 alle ore 20:42
Buonasera, siamo circa 50 dipendenti (maschi e femmine) volevomo chiedere se era un diritto richiedere un armadietto personale (chiuso a chiave)presso la sala operatoria in cui lavoriamo (azienda pubblica) in quanto il regolamento attuale non lo prevede, ma l’accesso allo spogliatoio è aperto a medici ed operatori che accedono alla sala operatoria con la divisa di reparto (che potrebbe non essere pulita), mentre noi infermieri di sala entriamo con abiti borghesi, in più dovremmo conservare le calzature e la divisa per uscire dalla sala.
A fine turno potrebbe anche nascere l’esigenza di una doccia, non essendo un lavoro pulito.
Gli armadietti solitamente non vengono igienizzati, come si può fare?
Grazie
Scritto il 4-3-2016 alle ore 20:49
Buonasera, dimenticavamo la capo sala ha aperto gli armadietti che alcuni dipendenti avevano lasciato chiusi, presso la sala operatoria (azienda pubblica), mentre l’attuale regolamento prevede gli armadietti dello spogliatoio non personalizzabili, quindi a fine turno devono rimanere vuoti e con la chiave inserita.
Lo poteva fare ?
Grazie
Scritto il 20-3-2016 alle ore 02:48
Buonasera, sono un privato cittadino, che vivo in una palazzina composta da due appartamenti primo e secondo piano con cortile comune con il mio vicino. più volte ho avuto atti vandalici e furti alle mie macchine nel cortile, allora ho deciso di istallare delle telecamere che guardano le mie macchine e non altri spazzi comuni ho messo il cartello di avviso che la zona è videosorvegliata e ho fatto denuncia degli atti vandalici ai carabinieri. Ma il mio vicino di appartamento mi dice che devo togliere le telecamere però le telecamere non riprendono portoni di entrata in appartamento finestre e niente altro che possa violare la sua privasy ma solo il cancello principale di entrata nel cortile. vorrei sapere se è lecita la cosa avendo informato i carabinieri del posto degli atti vandalici subiti e che io riprendo solo le macchine di mia proprietà.Come mi devo comportare in merito.
Scritto il 15-6-2016 alle ore 10:18
Buongiorno, io volevo un informazione. Ho visto che questo post è un po vecchio ma ci provo lo stesso. Io lavoro in un gioielleria del centro commerciale, abbiamo x sicurezza le telecamere in negozio. Settimana scorsa la mia collega ha chiesto alla guardia del centro di stare davanti al negozio per controllare ed è andata 4 minuti a prendere una focaccia. Al suo rientro tutto regolare ma riceve una chiamata dala proprietaria del negozio, che in quel momento si trovava in vacanza, che le urlava al telefono di essersene andata via ecc, perché vista dalle telecamere, e comunicando che manderà una lettera di richiamo. Io le chiedo questo : è possibile per la mia collega fare qualcosa? Replicare alla lettera di richiamo in qualche modo? Grazie anticipatamente
Scritto il 27-6-2016 alle ore 15:06
Buon giorno io lavoro presso un’ Azienda municipalizzata. Vorrei sapere se la mia ditta istalla una telecamera di nascosto, senza avere le dovute autorizzazioni e dai video segreti scopre un lavoratore a rubare il video in questione ha valore come prova ? Da tenere presente che la telecamera in essere viene messa a insaputa di tutta l’azienda. Grazie